Una bozza di decreto, esaminato dal Consiglio Superiore dell’Educazione il 3 luglio, prevede la fine delle ripetenze. Solo con il consenso delle famiglie sarà possibile fare ripetere l’anno ad un allievo. In seguito ad un intervento dello Snalc, il testo è stato ora sospeso dal ministero per non conformità con il Codice dell’Educazione. Ma l’Amministrazione è determinata a mettere fine a una pratica che secondo le stime costerebbe 2 miliardi di euro all’anno.
Le ripetenze sono una caratteristica molto spiccata del sistema scolastico francese.
Anche se il tasso di ripetenze è molto diminuito, tuttora il 28% degli studenti francesi di 15 anni, secondo PISA, ha ripetuto almeno un anno contro il 12% della media dei Paesi dell’OCSE.
Nel 2009 il tasso di ripetenze era del 38% e la Francia deteneva il primato fra i Paesi OCSE.
Numerosi studi, a cominciare da quelli di T. Troncin o di D. Meuret, hanno dimostrato l’inefficacia pedagogica delle ripetenze. Per Meuret la ripetenza incide negativamente sulla motivazione e sui comportamenti verso l’apprendimento.
Inoltre, le comparazioni internazionali mostrano che le ripetenze sono inefficaci dal punto di vista dei risultati complessivi dei sistemi educativi.
Ma c’è un altro argomento che condanna le ripetenze: il costo. Un rapporto nazionale francese l’ha valutato in circa 2 miliardi.
La bozza di decreto presentata il 3 di luglio stabilisce che le ripetenze non saranno più ammesse se non a seguito di “una lunga interruzione degli apprendimenti”. La decisione della ripetenza non potrà essere presa senza il consenso scritto dei genitori.
Questa bozza è stata fermata da un intervento dello Snalc (Syndicat National des Lycées et Collèges) , che ha fatto notare che era in contraddizione con il Codice dell’educazione, secondo cui compete al Consiglio di classe pronunciarsi sulle condizioni in cui è possibile per lo studente andare avanti. Per lo Snalc se la ripetenza non è la panacea, il fatto di non proporre nessuna alternativa credibile rischia non solo di non migliorare la situazione, ma di peggiorarla. E aggiunge che non si può fare dipendere l’avvenire dei ragazzi semplicemente da una logica contabile.
Per altri sindacati invece, come Sgen Cfdt, la fine delle ripetenze non pone problemi.
Come è la situazione internazionale
La situazione internazionale si ricava dai dati OCSE PISA, i quali hanno evidenziato che i sistemi scolastici che prevedono la ripetenza non sono assolutamente quelli che ottengono i risultati migliori.
Anzi, in testa alle classifiche di PISA 2009 stanno gli studenti di Paesi dove la pratica della bocciatura è praticamente inesistente (Giappone, Corea) oppure è assolutamente eccezionale non solo nella scuola di base ma anche nella secondaria superiore (Finlandia).
In Italia
La situazione italiana presenta una peculiarità: le bocciature sono concentrate in misura macroscopica negli istituti professionali (ed in misura minore negli istituti tecnici), andando a configurare un fenomeno diverso da quello a carattere psicologico- individuale su cui di solito si assesta la discussione, se avviene fra insegnanti e pedagogisti. Si tratta di un vero e proprio fenomeno sociale, che segnala l’incapacità di una parte notevole della popolazione scolastica di adattarsi all’offerta formativa che si trova davanti.
E non ci vuole molta fantasia per ritenere che l’alta percentuale di bocciature sia in rapporto con gli abbandoni scolastici. Mentre, infatti, nella maggior parte dei casi nei licei ed in parte anche nei tecnici la bocciatura si traduce in ripetenza, nei professionali porta per lo più all’abbandono, e quasi sempre finiscono in quella terra di nessuno di chi non studia né lavora, che sono i NEET.
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LINK
1) Ripetenze in Italia e fuori, Tiziana Pedrizzi, Novembre 2011
3) Gli invisibili: i ragazzi che sfuggono alla scuola, Orazio Niceforo, Atti del seminario O la scuola o la vita, febbraio 2012
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