IL PASTICIACCIO DELLO SCHEMA DI DECRETO 25/3/2004
Alla luce di quanto esposto finora, i principali rilievi che si possono formulare al decreto del 25 marzo 2004, che riordina l'Istituto nazionale di valutazione (INValSI) nato nel 1999, sono i seguenti:
- asservimento del servizio al ministero ed al governo (articolo 4 e articolo 6))
- indipendenza scientifica carente (articolo 4 e articolo 8)
- confusione di compiti e affastellamento di compiti eterogenei (articolo 3)
- mancanza di un disegno strategico di valutazione del sistema scolastico
- occultamento delle relazioni tra valutazione e autonomia scolastica e tra Istituto di valutazione e Regioni, alla luce dei nuovi poteri loro assegnati dal nuovo Titolo V della Costituzione
Il decreto fa chiarezza, ma solo fino ad un certo punto, su due aspetti:
- la missione principale del servizio è la valutazione su larga scala (senza però precisare se queste valutazioni siano su base campionaria oppure su un'intera coorte di studenti)
- assicura la partecipazione italiana a progetti di ricerca europea e internazionale in campo valutativo (sarebbe bastato dire: ai progetti di valutazione internazionali), senza però precisare con quali mezzi e con quali finalità, il che equivale a fare marcia sul posto perché questo era anche il compito del vecchio CEDE.
Riprendiamo con ordine questi rilievi.
Autonomia:
Questo è senz'altro il punto più dolente. Il governo italiano ha fatto la scelta di subordinare totalmente il servizio nazionale di valutazione dell'istruzione al ministero: il servizio si presenta come la "longa manus" del ministero.
- Come abbiamo avuto modo di vedere nelle pagine precedenti, questa questione è cruciale e si è posta in tutti i Paesi. Indipendentemente dalle soluzioni amministrative, ovunque si sono escogitati modelli che garantiscono una reale autonomia al servizio nazionale di valutazione nei confronti del mondo politico, Questa infatti è la condizione "sine qua non" per garantire la credibilità del servizio e per generare un rapporto di fiducia con le scuole, i docenti, i partiti politici.
- Non c'è nello schema di decreto emanato il 25 marzo 2004 nessuna traccia di questa preoccupazione. L'Italia ha fatto la scelta opposta a quella del campo democratico internazionale.
- Basti qui pensare agli Stati Uniti, dove il " Commissione r" del National Center for Education Statistics è nominato dal presidente degli Stati Uniti, per un periodo di quattro anni che non coincide con quello del mandato presidenziale. Se cambia presidente, il " Commissioner " non cambia e resta in carica. Nessuno per altro può interferire con le sue decisioni in materia di pubblicazioni: le scelte del " Commissioner " sono insindacabili. Se sbaglia, lasciando pubblicare dati sbagliati, paga di persona e inoltra le dimissioni, come ha fatto, alcuni anni fa, il Commissioner di origine italo-americana Pat Forgione.
- All'articolo 3, comma 2 del decreto INVALSI si dice invece che " gli esiti delle attività svolte ai sensi del comma 1 sono oggetto di apposite relazioni al Ministro, che ne dà comunicazione alla Conferenza Unificata "; e più oltre: " il Ministero..assicura idonee forme di pubblicità e conoscenza ". Siamo agli antipodi di un servizio scientifico indipendente ed autonomo.
Indipendenza scientifica:
Un altro criterio determinante di credibilità e fiducia, due fattori indispensabili per impostare valutazioni su scala nazionali attendibili, è l'indipendenza scientifica che è garantita non solo dal profilo del personale scientifico che deve essere composto di professionisti in psicometria e statistica ( ce ne sono, di bravi e competenti, nell'INVALSI, ma non in numero sufficiente), ma anche dalla presenza di un qualificato comitato tecnico-scientifico.
- Abbiamo visto che negli altri Paesi ( Stati Uniti, Inghilterra, Spagna, per esempio) è previsto un comitato tecnico-scientifico che ha ampie competenze per controllare il lavoro scientifico del servizio.
- Il comitato direttivo previsto all'articolo 6 non è un comitato tecnico-scientifico "super partes": è un ente che svolge funzioni politiche ( veglia al rispetto delle direttive del Ministro) , funzioni tecniche (esamina i risultati delle verifiche periodiche e sistematiche , che dovrebbero essere le valutazioni) e funzioni di gestione ( delibera il bilancio; delibera l'affidamento dell'incarico dei direttore generale dell'istituto, valuta i risultati dell'attività del direttore generale e la conformità della stessa rispetto agli indirizzi).
Disparità di compiti:
I compiti dell'INVALSI sono elencati al comma 1 dell'articolo 3. Vi si ritrova di tutto:
- verifiche periodiche e sistematiche sulle conoscenze e abilità degli studenti(non si pronuncia il termine valutazione, ma di questo si dovrebbe trattare);
- verifiche sulla qualità complessiva dell'offerta formativa (che è una compito ben diverso dalla valutazione delle conoscenze);
- preparazione delle prove a carattere nazionale previste per l'esame di Stato conclusivo dei cicli di istruzione , che è un altro compito che non dovrebbe essere nelle competenze di un servizio di valutazione (senza contare che si assegna la scelta finale al Ministro, una decisione peraltro inconcepibile, che appare come un controllo politico sui contenuti delle prove);
- ricerche nell'ambito delle sue finalità istituzionali, che esigono un altro genere di competenze;
- attività di valutazione (ecco che il termine finalmente compare) sulle iniziative d'orientamento e di contrasto della dispersione scolastica e formativa ( il che è un doppione con le verifiche periodiche perché se queste sono ben fatte, naturalmente dovrebbero fornire indicazioni sulla dispersione); la valutazione sulle iniziative di orientamento è invece tutt'altra cosa della valutazione delle conoscenze e delle competenze degli studenti;
- rappresentazione dell'Italia nelle indagini internazionali sulle conoscenze e competenze, senza precisare con quali risorse e con quali funzioni, perché un conto è realizzare in Italia le indagini internazionali decise e impostate altrove, un altro conto invece è partecipare attivamente alla concezione, elaborazione e conduzione delle indagini internazionali , il che presuppone la presenza di uno staff di specialisti ad alto livello in grado di dialogare in nome dell'Italia non solo sugli indirizzi tecnici, ma sulle scelte di fondo, gli aspetti finanziari, giuridici, amministrativi e organizzativi ( il servizio potrebbe essere in parte finanziato dai progetti internazionali in cambio di prestazioni tecniche di alto livello, come succede per esempio con Istituti analoghi in Australia, Giappone, Paesi Bassi, Belgio francofono);
- sostegno e assistenza tecnica all'amministrazione scolastica, alle Regioni, agli enti territoriali e alle singole istituzioni scolastiche e formative ( ossia alle singole scuole);
- attività di formazione del personale docente e dirigente della scuola nel campo della valutazione e autovalutazione ( compito che dovrebbe essere espletato dagli organismi di formazione iniziale o continua del personale, perché l'organizzazione di corsi esige competenze particolari che non hanno necessariamente i ricercatori che a loro volta sono impegnati in tutt' altre faccende).
Questa varietà di compiti disparati e poco chiari presuppone la presenza di un personale numeroso e quindi implica investimenti elevati. Sarà alla luce di queste decisioni che si potrà capire meglio cosa potrà fare l'INVALSI.
Mancanza di un disegno strategico
Un servizio di valutazione non è che una tessera della politica di valutazione: il servizio di valutazione ha un senso solo se è concepito come un elemento di una strategia di valutazione di sistema che persegue obiettivi precisi, che si esplica su tutte le componenti del sistema educativo e che si avvale di una panoplia di strumenti complementari l'uno con l' altro.
Possiamo, per esempio, dire che l'Inghilterra ha una politica della valutazione (che, a seconda dei punti di vista, è più o meno coerente), che la Francia pure ne ha una, mentre invece l'Italia non ne ha alcuna.
Il Ministero per ora ha riordinato l' INValSI che era stato istituito con il decreto legislativo n.258 del 20 luglio 1999, ma non ha prodotto una strategia globale di valutazione del sistema educativo. L'INValSI da solo non basta per svolgere questo compito. Per ora, in mancanza di una strategia della valutazione, l'INValSI è un prodotto esoterico, e questo fatto spiega probabilmente l'eterogeneità dei compiti assegnati.
Orbene, una politica coerente di valutazione implica per lo meno gli elementi seguenti:
- la valutazione di massa degli studenti
- la valutazione del personale scolastico, dei dirigenti, del personale ATA
- la valutazione delle scuole ( primarie, medie, superiori, dai licei , agli istituti tecnici e professionali alle scuole professionali)
- la valutazione del sistema globale
Il decreto contempla solo il primo tipo di valutazione e per altro ne parla in modo ambiguo e incompleto.
Occultamento delle relazioni tra valutazione e autonomia scolastica, tra Istituto nazionale di valutazione e Regioni
In tutti i Paesi, i servizi nazionali di valutazione sono sorti sia per pilotare e monitorare l'evoluzione del sistema educativo, sia come contrappeso alle politiche dell'autonomia scolastica. L'esistenza di questi servizi è indispensabile per dare un senso pieno alla riduzione delle competenze dello Stato centrale , il quale non ha più nessun altro strumento per verificare il rispetto dei principi fondamentali e dei livelli essenziali da applicare su tutto il territorio nazionale. Da questo punto di vista, il servizio dovrebbe essere il cemento che tiene in piedi l'impianto decentralizzato.
Nel decreto testé adottato non c'è però nessuna traccia della dialettica che va instaurata tra autonomia da un lato e verifica dei livelli essenziali d'apprendimento.
Manca qualsiasi afflato che dia credibilità e vigore alla politica dell'autonomia. Anzi, è il contrario che traspare da queste norme, ossia una visione centralizzatrice obsoleta, un'ispirazione autoritaria illusoria, che ancora ritiene sia possibile conseguire l'uguaglianza delle opportunità educative, l'equità dell'offerta formativa e, dulcis in fundo , migliori standard educativi e risultati migliori nelle scuole, con un modello burocratico antiquato, saldamente gestito dalla gerarchia statale, che tenta di tenere in mano tutte le leve del potere.
In fondo, questo decreto è rivelatore del fatto che le autorità ministeriali temono l'autonomia, quella delle regioni e quella delle scuole, che non ci credono e che mettono in atto procedure e soluzioni per disattenderla, non rispettando, ciò facendo, il dettato costituzionale.
A questo proposito, non sorprende, ed anzi è perfino consolante, leggere il comunicato stampa del 20 maggio 2004 dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome che chiedono il rinvio della discussione sull'argomento proprio perché non basta sentire il "parere" della Conferenza unificata, ma occorre bensì giungere ad "un'intesa", in quanto le Regioni hanno una competenza esclusiva in materia d' istruzione e formazione professionale, per cui l'attribuzione all'INVALSI di responsabilità per la valutazione in questo campo, ma non solo, deve essere concordata con le Regioni.
Di una cosa si può essere certi, nonostante tutte le sbandate della politica scolastica italiana, la collaborazione tra l'Istituto nazionale di valutazione e le Regioni dev'essere studiata, calibrata e negoziata nei dettagli perché le Regioni sono e saranno, come è il caso in Spagna, le protagoniste della politica dell'educazione.