Brevi News

Contributo di ADi all’incontro di un Tavolo parlamentare su misure contro la dispersione scolastica e le povertà educativa

Confronto sull'educazione socio-affettiva e di genere

di

Traguardi di competenze, snellimento dei curricoli, formazione degli insegnanti tra le premesse per poter raggiungere obiettivi sui temi dell’educazione socio-emotiva

All’incontro ha partecipato per ADi Patrizia Sciarma presentando la posizione di ADi con il seguente documento:

“Rispetto al documento di sintesi che è stato messo a punto dopo l’ultimo incontro del 2 ottobre, a cui purtroppo non abbiamo potuto partecipare, e riflettendo sulle tre proposte di legge, ADi aggiunge solo pochi sintetici incisi per mettere a fuoco quelle che, secondo noi, sono questioni cruciali rispetto ai punti – in astratto tutti condivisibili – fin qui enucleati.

In primis, riguardo all’opportunità o meno di introdurre una specifica disciplina scolastica di Educazione all’affettività, ci sembra importante richiamare la lezione appresa proprio dall’ultima re-introduzione negli ordinamenti dell’Educazione Civica, disciplina che, ricordiamolo, dal 1955 ad oggi ha subito un provvedimento di riforma mediamente ogni 3 anni, ma che ancora vediamo non funzionare, altrimenti non ci troveremmo qui. Che cosa in particolare non ha funzionato? Che l’insegnamento dell’Educazione civica è stato sì inserito come trasversale nell’ambito dell’attuale monte ore complessivo, ma con non meno di 33 ore annue e una specifica valutazione in decimi, periodica e finale. Questo, di fatto, l’ha resa “l’ennesima materia”, vissuta come tale da docenti stanchi e allievi demotivati. Quindi, pur concordando con la proposta di integrare l’Ed. all’affettività nell’ Ed. civica, più che declinare obiettivi specifici di apprendimento, che rischierebbero di farci ricadere nella “trappola disciplinare”, ci sembra più utile indicare traguardi di competenze. Questo però richiede di pensare a lungo termine, cambiando la prospettiva. Non si può persistere nell’errore di intervenire su qualsiasi emergenza di rilevanza scolastica – da ultimo quella, pur urgente e cogente, dell’educazione socio-affettiva e di genere – continuando ad avere in mente, che lo si ammetta o meno, l’antico e tradizionale modello di scuola. Quella che dobbiamo immaginare e prefigurare non è più la “scuola dell’ordine sociale”, ma la scuola come luogo accogliente e fonte di ben-essere, dove si sviluppi prima di tutto il civismo, una scuola organizzata e vissuta come fucina della convivenza democratica. Un luogo in cui gli studenti abbiano la possibilità di esprimersi davvero nella molteplicità dei loro talenti, di godere di spazi di reale autonomia e responsabilità, di apprendere in ambienti educativi fondati su curricoli snelli, sviluppati per progetti, poiché è lavorando per progetti, nella pura accezione metodologica del termine, che si possono sperimentare nella loro reale portata, utilità ed efficacia relazioni basate sul rispetto prima di tutto, e conseguentemente sul riconoscimento dell’eguale valore di ciascuno nella diversità. In ADi non abbiamo ricette, ma tanti esempi. Esempi di scuole di tutto il mondo, anche italiane ovviamente, in cui gli studenti sono realmente al centro dell’organizzazione, e nell’organizzazione acquisiscono autonomia, responsabilità e capacità di lavorare insieme, aperti alla società, capaci di immaginare e sperare, di apprendere con uno scopo ideale e pratico insieme, in quanto fattivamente coinvolti nel cercare soluzioni ai problemi che assillano il mondo. Tutti gli esempi di scuole che vanno verso questa direzione ci dicono che bisogna snellire i curricoli. Basta aggiungere discipline opzionali o trasversali! Perché l’accumulo di discipline non trasforma i curricoli, che rimangono immutati e già oltremodo “bulimici”, ma li appesantisce soltanto. La vera innovazione, finalizzata all’apprendimento autentico, passa per altre strade. Arricchire non vuol dire aggravare, così come semplificare non equivale a banalizzare.

Inutile dire che la formazione degli insegnanti è per noi cruciale. ADi parte dal presupposto che l’insegnamento è una professione, che richiede ciò che è proprio delle professioni: una specifica formazione, standard professionali (che cosa devono sapere e saper fare gli insegnanti), un codice deontologico, una selezione rigorosa, propri organi professionali. E visto che recentemente si è parlato di formazione retribuita se fatta oltre l’orario di servizio vorremmo chiarire subito che ADi esclude l’efficacia di bonus premiali o incentivi una tantum in un sistema che si basa su volontariato, temporaneità degli incarichi, riconoscimenti economici nulli o irrilevanti, mancanza di visione globale dell’istruzione e di prospettiva professionale, ma propone la creazione di una vera e propria carriera docente, basata su quella che è stata definita, anche a livello accademico, leadership diffusa, ecosistemica, fondamentale per rendere attrattiva la professione docente, per sostenere le scuole autonome e per dare futuro e nuovo slancio alla formazione iniziale e continua dei docenti. Una leadership che si costruisce prevedendo uno stato giuridico, diversi livelli retributivi e lo sviluppo di più percorsi di carriera, dentro e fuori la scuola. Ciò può apparire fuori tema, ma per ADi è condizione senza la quale non è possibile realizzare riforme efficaci nella scuola, micro o macro che siano.

Infine, per rispondere efficacemente ai bisogni socio-affettivi degli alunni e contrastare povertà educative e dispersione scolastica, l’ADi non esclude l’eventualità che, sia a livello di prevenzione che di azione, gli insegnanti possano essere affiancati da altre figure di professionisti esterni, di supporto all’azione educativa primaria della scuola e delle famiglie – come psicologi, counselor, coach, associazioni ed enti del Terzo Settore – non potendo gli insegnanti svolgere tutti questi ruoli. Questo avviene in molti altri Paesi ed è sottolineato anche nelle Linee guida per la realizzazione di progetti contro la dispersione scolastica finanziati dal PNRR. Anche per promuovere l’educazione affettiva, quindi, è auspicabile che si formino squadre multidisciplinari in cui insegnanti ed esperti collaborino per il benessere dell’intera comunità educante.”

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