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Era parecchio tempo che non si assisteva ad una mobilitazione così estesa di insegnanti.
Al di là delle rituali celebrazioni di una rinata partecipazione, ci pare importante capire se siamo in presenza di un movimento che crea speranza per il futuro, che propone una visione di scuola e del mestiere di insegnare basata sulla consapevolezza delle trasformazioni profonde e irreversibili in atto nei modi di apprendere dei ragazzi e nell’idea stessa di scuola, o se, al contrario, ci troviamo di fronte ad una mobilitazione puramente difensiva, che ricerca i propri riferimenti nello statu quo ante, nello strenuo rimpianto di una condizione che solo nei ricordi appare autorevole e gratificante.
La miccia
Come noto, la miccia che ha fatto deflagrare la protesta, sono state le 24 ore, su cui abbiamo già espresso le nostre valutazioni ed osservazioni.
Questa miccia si è peraltro innescata su una situazione già in ebollizione per la mancata corresponsione degli scatti di anzianità del 2011, aggravata dal blocco della contrattazione.
Le OOSS: proclamazione e sospensione dello sciopero (ad eccezione di FLC CGIL)
Lo sciopero indetto unitariamente per il 24 novembre aveva avuto inizialmente un solo obiettivo chiaro: il ripristino degli scatti di anzianità, a cui si è aggiunto in seguito quello dell’eliminazione delle 24 ore.
Le due micce sono state ora parzialmente disinnescate: eliminata definitivamente la stupidità delle 24 ore, e riaperta la trattativa per il ripristino degli scatti.
CISL Scuola, UIL Scuola, SNALS e Gilda Unams hanno sospeso lo sciopero, poiché considerano prassi consolidata la sospensione delle azioni di lotta quando la trattativa è in corso. La FLC CGIL, che peraltro aveva aderito allo sciopero solo in un secondo momento, ha deciso invece di mantenere lo sciopero, poiché contraria ad attingere dal fondo d’istituto parte dei finanziamenti per ripristinare gli scatti, e ha contestualmente riproposto tutto il Cahier de Doléances: precariato e mancanza di un piano di stabilizzazioni di docenti e ATA, tagli agli organici, inadeguatezza dei finanziamenti alla scuola pubblica, provvedimenti contro i docenti inidonei, mancato rinnovo contrattuale.
Gli obiettivi espressi dalle assemblee e dai coordinamenti degli insegnanti
Abbiamo cercato di raccogliere le rivendicazioni più ricorrenti, che sono rimbalzate da un’assemblea all’altra. Eccone un elenco:
1) NO a qualunque ipotesi di innalzamento delle ore lavorative. SÌ al riconoscimento di tutto il lavoro sommerso
2) NO allo smantellamento dei finanziamenti alla scuola pubblica previsti dalla spending review. SÌ a maggiori investimenti nell’istruzione
3) NO al finanziamento pubblico alle scuole non statali. SÌ al rispetto dell’art.33 della costituzione (“senza oneri per lo stato”)
4) NO al DDL 3542 (ex Aprea) che, col pretesto di riformare la governance scolastica, favorisce l’ingresso di enti esterni e finanziamenti privati nella scuola pubblica. SÌ al mantenimento del Collegio Docenti e delle sue prerogative
5) NO alla “riforma” Gelmini fondata sull’economia delle risorse e sui tagli di organico.
6) NO alle classi pollaio. SÌ alla diminuzione del numero di allievi per classe
7) NO all’attuale “dimensionamento” della rete scolastica. SÌ alla salvaguardia dell’autonomia e peculiarità delle singole istituzioni scolastiche
8) NO al blocco del contratto di lavoro (congelato al 2009) e degli scatti di anzianità. SÌ all’immediato rinnovo contrattuale e al ripristino degli scatti di anzianità
9) NO al precariato e NO al concorsone dei docenti, inutile spreco di risorse pubbliche. SÌ all’assunzione dei precari su tutti i posti vacanti dalle attuali graduatorie
10) NO alla riconversione dei docenti soprannumerari sul sostegno
11) NO alla riconversione del personale “non idoneo”, SÌ al mantenimento del loro attuale status
12) NO a questa riforma delle pensioni, SÌ alla possibilità di andare in pensione come prima, perché l’insegnamento è un lavoro usurante
Queste posizioni sono state ovviamente articolate, con accenti e sfumature diverse, ma non profondamente diverse.
Le forme di lotta più votate riguardano la sospensione di tutte le attività funzionali all’insegnamento che non siano strettamente obbligatorie.
Nella “piattaforma” due obiettivi positivi …
Molti insegnanti hanno manifestato grande soddisfazione per questa rinata volontà di partecipazione, un risveglio inaspettato, un’orgogliosa difesa del proprio ruolo e della propria dignità.
Fuor di retorica noi scorgiamo due obiettivi positivi:
1) la volontà di riportare l’attenzione sull’istruzione che ha rappresentato una sine cura per i governi che si sono succeduti in questo secolo
2) la difesa del salario per preservare un minimo di dignità retributiva a questa professione.
… ma
la visione che guida questo movimento a noi pare conservatrice, pietrificata nel passato.
Questo movimento pare guidato da una visione profondamente conservatrice e sicuramente molto lontana da quella che l’ADi è venuta elaborando in questi anni, perché:
[stextbox id=”esclamativo”]- è assolutamente statalista, incapace di analizzare i guasti che 150 anni di gestione statale hanno prodotto.
– l’ADi considera irrinunciabile la decentralizzazione dei poteri dello Stato alle autonomie locali e un’autonomia effettiva delle istituzioni scolastiche[/stextbox]
[stextbox id=”esclamativo”]- rifiuta di fatto la legge sulla parità, continua a considerare pubblica la sola scuola statale
– L’ADi da tempo riflette su cosa debba essere considerato pubblico e guarda con interesse a sperimentazioni come le charter schools americane (fortemente sostenute da Obama) e le academies inglesi, nella convinzione che l’autonomia scolastica porti con sé una pluralità di modelli[/stextbox]
[stextbox id=”esclamativo”]- è legata ad una visione individualistica della professione, di cui l’orario di lavoro è una delle espressioni
– L’ADi considera che la professione si pratichi ed evolva nelle relazioni fra le persone, attraverso la costruzione di un forte capitale sociale. Questo comporta un ripensamento e una diversa strutturazione dell’orario di lavoro, in termini di onnicomprensività, capace di consentire più scambi con i colleghi e più disponibilità verso gli studenti[/stextbox]
[stextbox id=”esclamativo”]- è ancorata ad un’organizzazione scolastica di tipo tradizionale con la rigida suddivisione in classi, su cui calcolare il numero degli alunni e dei docenti
– L’ADi riflette da tempo su di una diversa organizzazione degli spazi e dei tempi scolastici che rompano la rigidità della classe, con un computo del numero di alunni non per classe, ma per istituto[/stextbox]
[stextbox id=”esclamativo”]– respinge ogni analisi critica e innovazione degli Organi Collegiali del 1974
– L’ADi, da tempo ha preso atto dello svuotamento degli antichi organi collegiali, compreso l’assemblearismo del Collegio docenti, e l’evanescenza del Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione, e rivendica dentro alla scuola la separazione dei poteri di gestione e partecipazione, compresa una nuova organizzazione tecnica dei docenti, mentre a livello regionale ritiene debbano subentrare i poteri delle autonomie locali e a livello nazionale una rappresentanza dotata di reali poteri, costituita dalla Conferenza permanente degli Assessori Regionali all’Istruzione.[/stextbox]
[stextbox id=”esclamativo”]- Continua a considerare la scuola come valvola di sfogo per la sottoccupazione di diplomati e laureati, da reclutare attraverso inesauribili graduatorie nazionali
– L’ADi considera fondamentale invertire la rotta, innescare un processo di professionalizzazione guidato dal binomio efficienza-innovazione, con una rigorosa programmazione locale del fabbisogno dei docenti e relativa decentralizzazione del reclutamento[/stextbox]
[stextbox id=”esclamativo”]- Ripropone forme di lotta che puntano al disimpegno, e si contrappongono di fatto agli interessi e ai bisogni degli alunni e delle loro famiglie
– L’ADi ritiene che proprio in momenti così pesanti come quello che stiamo vivendo, la mobilitazione e le forme di lotta non debbano mai assumere il carattere del disimpegno. L’intelligenza e la lungimiranza di una professione consiste nel cogliere l’emergenza della crisi per mettere in discussione i riferimenti sui quali ha costruito fino a quel momento il proprio agire, e ricercarne altri che ridiano speranza e prospettiva[/stextbox]
Le elezioni che si avvicinano possono rappresentare un’occasione per fare uscire allo scoperto i partiti sul programma di mandato per l’istruzione, ma occorre saperli incalzare con obiettivi puntuali e lungimiranti.