Brevi News

RAPPORTO INVALSI 2013

di

Tiziana Pedrizzi, che per ADi ha seguito la presentazione del Rapporto INVALSI 2013, ci fornisce un’analisi interessante della situazione, delle novità rispetto alle precedenti rilevazioni, delle regioni in cui si manifesta minore equità, del ruolo della scuola e della società. Infine alcune informazioni rispetto al futuro della valutazione in Italia.

 a cura di Tiziana Pedrizzi

br-inv1-miniRegolamento della Valutazione in Gazzetta Ufficiale

La principale novità del Rapporto INVALSI 2013 presentato a Roma l’11 luglio è che una settimana prima il Regolamento della Valutazione è andato in Gazzetta Ufficiale. Il che significa, da una parte che tutto diviene appunto definitivamente ufficiale  e  dall’altra che viene  chiarito che le prove sono solo una parte di un sistema complessivo di valutazione delle scuole. Sistema  che dovrà comprendere anche elementi di valutazione “qualitativa” relativi al processo, cioè a ciò che fanno le scuole. Il che non servirà -è inutile illudersi- e sedare gli oppositori ad ogni costo, ma dovrebbe togliere argomenti alle loro polemiche.

br_inv2Il carattere del rapporto 2013

Il carattere dell’annata 2013 sembra essere quello del consolidamento e del perfezionamento, in attesa dell’ultimo grande balzo in avanti, cioè della collocazione di una prova standardizzata esterna al termine degli studi di secondaria superiore, che serva da indicatore finalmente attendibile per accesso a studi terziari, per datori di lavoro e per concorsi pubblici.

La graduatoria delle regioni non riserva più, come avviene  in PISA per quella delle nazioni, grandi sorprese. Nord Est e Nord Ovest si contendono la testa nelle diverse annualità e nelle due diverse aree indagate, il Centro vivacchia al centro ed il Sud, ma soprattutto il Sud Isole, si accomoda al fondo. Confermati anche i risultati regionali: la provincia di Trento al top, buon posizionamento subito dopo per Lombardia e Friuli, al centro le Marche superano tutti anche la Toscana, in peggioramento ulteriore il Lazio ed al Sud continua a consolidarsi un asse adriatico virtuoso: Abruzzi, Molise e Puglia.

In presenza di una conferma nel tempo dei risultati, sembra il momento di dare spazio a considerazioni più approfondite fornite dal Rapporto stesso.

Questione delle annualità indagate

Le annualità indagate sono molte ed è una buona notizia che la sovrapposizione 5° elementare-1° media verrà superata con una prova posta all’inizio della 1° media, collocazione che costringerà a prenderla  in considerazione per la progettazione didattica.

Sembra interessante prima di tutto indagare l’inizio e la fine (per ora)del percorso per vedere se e come agisce la scuola (e la società) nelle diverse aree del paese.

br_inv3Questione dell’equità e ruolo della scuola

All’inizio (2° elementare)il divario Nord-Sud e soprattutto Nord- Centro non è così forte e qui si misura sostanzialmente la qualità intrinseca degli individui ed il peso della famiglia. Ma esso si amplia di molto alla fine (2° superiore). Ciò significa che al Sud, ma anche al Centro il ruolo della scuola è carente; è giusto anche aggiungere che la società circostante forse lo è ancora di più, nel non dare peso ed importanza agli apprendimenti.

Il Nord Ovest ed il Nord Est sono più equi perché registrano differenze meno marcate in relazione allo status economico sociale. Le regioni più arretrate come risultati del nostro paese: Calabria e Sicilia presentano un profilo simile a quello di alcuni paesi sudamericani in cui la differenza fra vertice e base sociale e scolastica è molto ampia, anche se i risultati dei licei del Sud (vertice) sono tutt’altro che esaltanti in una comparazione nazionale.

Una seconda osservazione molto evidenziata nella presentazione del Rapporto è che per le regioni del Sud e Sud Isole non virtuose la situazione, invece di migliorare, sembra aggravarsi: al trend decisamente in salita del Nord Est e sostanzialmente in salita del Nord Ovest e Centro si contrappone la discesa da 2009 al 2013 del Sud e di Sud Isole. Questa sembra decisamente l’osservazione più preoccupante.

Ma l’analisi delle determinanti dei risultati non si ferma a quelle territoriali.

La differenza fra i generi si conferma: alle femmine va l’Italiano ai maschi la Matematica. Ma, mentre i maschi con il crescere dell’età sembrano migliorare e riducono il divario, le femmine si allontanano sempre più dalle matematiche.

Gli immigrati di seconda generazione vanno meglio di quelli di prima generazione, ma c’è sempre un divario con gli autoctoni. La matematica, che è materia che si impara solo a scuola, li vede in migliore posizione. Da tutte le analisi anche internazionali risulta che questa area del sapere è quella in cui il gap di conoscenza dovuto allo status si può più facilmente colmare perché hanno meno peso le componenti linguistiche determinate pesantemente dall’ambiente famigliare.

In ogni caso nella presentazione si è affermato, e non per il primo anno, che lo status economico e sociale non è fortunatamente una determinante assoluta. Evidentemente molto può fare la scuola, ma forse è il caso di cominciare a dire che molto può fare anche la società ed in primo luogo la famiglia, in relazione alla importanza che dà al sapere ed all’impegno. Le responsabilità specifiche della scuola si possono capire per esempio dai risultati di matematica che dipendono in modo quasi esclusivo dal suo lavoro; lavoro improbo, lo sappiamo, in un paese che non ha ancora smesso il vezzo di snobbarla, come dimostrano i risultati delle ragazze che, sempre più assertive in generale, qui non mostrano segno di emanciparsi da vecchi stereotipi.

br_inv4Le novità 2013

Consolidamento e perfezionamento si è detto. Quali le novità di quest’anno?

Da quest’anno anche la Formazione Professionale  è entrata in campo (nella prova del 2° anno di scuola superiore), anche se non tutta: battistrada la  Liguria con Lombardia, Trento e Bolzano. C’è chi auspica la definizione di prove apposite per questo segmento di formazione; posto che una certa differenziazione non sarebbe una eresia, tuttavia non va dimenticato che le competenze di base dei cittadini non dovrebbero differire macroscopicamente e programmaticamente. Pazienza se la formazione professionale nel suo complesso si dovesse collocare in fondo alla scala; è probabile che l’ordine di arrivo si invertirebbe se si dovessero misurare le specifiche competenze che ai ragazzi di quell’ordine di studi interessa acquisire.

Le prove tentano di ampliare l’arco delle competenze indagato e di mettersi in diretto rapporto con i contenuti previsti dalla normativa ed in particolare dalle Indicazione per le elementari e le medie e dall’Obbligo, per quel che riguarda la prova del 2° anno superiori. Differentemente  le Indicazioni rischiano di essere delle grida manzoniane – ha giustamente affermato il commissario Sestito. Del resto, il rapporto delle prove INVALSI con quel che insegna e richiede la scuola non sembra di conflittualità: uno degli aspetti più interessanti del Rapporto sta nell’avere dimostrato il parallelismo fra i voti della scuola ed il livello che lo studente evidenzia nelle prove Invalsi- naturalmente all’interno della scala di valori della singola classe che, come abbiamo visto può collocarsi a livelli significativamente diversi, soprattutto a livello territoriale.

Il problema delle copiature sta riducendosi, anche se persiste in Calabria, Sicilia, Campania e Lazio (con che peso di Roma?)paradossalmente proprio nella prova di esame di 3° media in cui il controllo era affidato necessariamente solo ai presidenti di commissione. Oltre alla evidenziazione pubblica del problema con la non consegna dei dati delle classi sospette, nella edizione 2013 sono stati sguinzagliati dei supervisori ed i fascicoli delle prove erano organizzati con ordine di presentazione differenziato, in modo da rendere più difficile la “collaborazione fra pari”.

Perseguita anche la razionalizzazione ed una  maggiore efficienza: riduzione del campione, raccolta elettronica dei dati e restituzione dei dati entro settembre, una performance significativa per i tempi fortemente accorciati.

Attraverso la somministrazione di prove di ancoraggio “coperte” si renderà possibile la analisi longitudinale cioè  sviluppata nel tempo delle performance della singola scuola e del singolo studente; ugualmente  mettendo in collegamento i diversi ordini di scuola che in questo, come in altri campi, scarsamente si parlano; la raccolta sistematica dei risultati universitari degli studenti e la restituzione di questi dati alle scuole secondarie di provenienza permetterà misurazioni di Valore Aggiunto sempre più efficaci

br_inv5Il futuro e una promessa

Si parla di un ampliamento a Inglese e di un ritorno possibile delle Scienze, per cui sono già stati effettuati  pretest di prova. Ma si parla soprattutto del 5° anno delle superiori: una prova a metà dell’anno potrebbe servire all’esame (ma lo dovrà decidere il legislatore) ed alle prove di ammissione all’Università(e questo lo decideranno le Università stesse).I tempi si sono allungati: si tratta di un passo molto delicato ed anche difficile, vista la carenza di punti di riferimento internazionali. Un passo che vedrà presumibilmente osservatori prevenuti e che sembra sensato cercare di preparare al meglio.

Infine una bella promessa: occuparsi di più delle relazioni pubbliche: con la stampa, con il mondo accademico e con le scuole. Un primo passo è stata una curiosità. Cosa succede sui social media quando ci sono le prove? Una interessante analisi di Voices from the Blogs, uno spinoff dell’Università di Milano ci offre alcuni spunti. Le prove sono diventate un fenomeno sociale: i tweet analizzati nell’arco di pochi giorni sono stati 38.000 con una punta nel mezzogiorno del 17 giugno, giorno della prova di 3° media. Questi tweet ci dicono molte cose che vengono attentamente analizzate dalla ricerca che verrà nei giorni prossimi pubblicata. Una curiosità: al Sud il 36% dei messaggi le vede negativamente perché abbassano i voti. Se mettiamo questo spunto in relazione con il fatto che ormai è acclarato che i voti sono gonfiati, diventa poco comprensibile  il continuo battere di alcune organizzazioni e siti sulla richiesta di levare la prova INVALSI dalla valutazione numerica dell’esame. Come se la valutazione fosse una proprietà privata della scuola! In realtà non tutti la pensano così: c’è chi pensa che un controllo dall’esterno delle reali qualità degli allievi possa mettere in rilievo pregi e difetti che la scuola non sempre vede. Le cosiddette intelligenze naturali, magari meno coltivate e socializzate, pare che  in questo tipo di sfide tutt’altro che nozionistiche diano esiti insospettabili.

br_inv6I DATI  DI INVALSI 2013

 13.232 scuole

141.784 classi di cui 9047 campione

2.862.759 studenti di cui 189.493 campione

8.580.000 fascicoli cartacei

You cannot copy content of this page