AMBIENTE DI APPRENDIMENTO: NUOVO PROTAGONISTA DELL’ISTRUZIONE?

di Mariagrazia Marcarini

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Con l’immagine sopra si è voluto riassumere in un colpo d’occhio come una corretta progettazione degli ambienti di apprendimento sia da considerare come condizione necessaria ma non sufficiente al cambiamento di paradigma dell’Istruzione. Accanto all’innovazione degli spazi, vi sono molti altri fattori con un peso altrettanto importante che è bene non trascurare ed è per questo che, nell’affrontare l’argomento, ci lasceremo guidare da una serie di domande che tengano conto di aspetti quali la didattica, la presenza di leader educativi e politici illuminati, il coinvolgimento di docenti e studenti, l’inclusività e molto altro. Le domande guida sono le seguenti:

  1. Perché è importante cambiare gli ambienti di apprendimento?
  2. Come può essere modificato il setting didattico per la personalizzazione dell’insegnamento e dell’apprendimento?
  3. Da dove partire per modificare gli ambienti di apprendimento e quali aspetti tenere presente?
  4. Qual è la sfida che i docenti devono affrontare nell’utilizzo di questi nuovi ambienti?
  5. Qual è il ruolo delle istituzioni locali?
  6. Come possono essere riprogettati e rinnovati gli ambienti di apprendimento nelle scuole già esistenti con investimenti contenuti, rendendoli inclusivi?
  7.   E le scuole nuove costruite con un progetto pedagogico condiviso tra i docenti?
  8.   Che cosa accade nelle scuole dopo che sono stati consegnati ambienti di apprendimento innovativi?
  9.   Solo aule?
  10. Quali sono le ricadute in termini benessere, inclusione, collaborazione e risultati?
  11. E per i docenti?

1) PERCHÉ È IMPORTANTE CAMBIARE GLI AMBIENTI DI APPRENDIMENTO?

Le ragioni per il cambiamento sono molteplici ma ne elenchiamo tre.

  • Stili di apprendimento

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Le tre illustrazioni sopra sono prese da un libro del 1978 di Dunn&Dunn. Già nel ‘78 i due studiosi avevano ragionato su come organizzare gli ambienti di apprendimento a seconda degli stili di apprendimento degli studenti come ad esempio in aree informali, in piccoli e grandi gruppi, in aree più formali. Il fatto che ciascuno studente abbia un proprio stile apprendimento è spesso trascurato e praticamente impossibile da tenere in conto nelle aule di tipo tradizionale. È però importante sottolineare, per ragioni di ricerca scientifica attualmente in atto, che alcuni studiosi  (Fleming; Baume, 2006; Husmann, O’Loughlin 2018) ritengono che gli stili non siano fondamentali per l’apprendimento.

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In classe convivono varie personalità e preferenze, gli studenti si pongono in modo diverso nei confronti dell’apprendimento: se sono persone positive e rinforzano l’apprendimento ad ogni successo o negative e hanno bisogno di continui incoraggiamenti, se amano un ambiente luminoso o riposante per gli occhi, una postura sostenuta o rilassata, un canale sensoriale visivo piuttosto che cinestetico. Lo spazio (inteso come ambiente) è collegato alle relazioni sociali (Simmel, 1983) e hanno anche importanza le condizioni emozionali con cui si vive lo spazio poiché i ricordi richiamano i luoghi (Minkowsky, 1971)

Alla base di ogni successo formativo dell’allievo c’è la relazione con il docente in un “contesto” (Bateson, 1993); la strutturazione degli spazi può favorire una pratica didattica innovativa e inclusiva, ma per migliorare l’istruzione è necessaria una “architettura educatrice” (Rogers, 1947) dove ognuno apprende nella reciprocità e nel well-being (Alexander, 2008; Sen, 2006; 2017).

  • Benessere

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Il benessere è influenzato dal contesto sociale di appartenenza (Keyes, 1998) e dagli spazi fisici (Maslow, 1954; Favretto, Fiorentini, 1994). Il benessere nel caso specifico degli studenti è correlato al successo scolastico (Ocse, 2015). Promuovere il benessere per tutti in un’ottica di integrazione/inclusione, secondo Sen: significa promuovere l’auto-efficacia, l’empowerment e la responsabilità sociale di ogni studente, in modo che possa esprimere le proprie capability. A questa visione si aggiunge quella dell’Organizzazione Mondiale della Sanità secondo cui il benessere abbraccia tutte le dimensioni, fisica, mentale e sociale e non è semplicemente “assenza di malattie o infermità”.

  • Emozioni

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Gli ambienti e gli spazi parlano un linguaggio silenzioso (Hall, 1959; Foucault, 1976) che ci influenza. Spazio e oggetti vengono mappati dai nostri neuroni specchio e gli stimoli ambientali vengono trasformati in azioni di cui rimane traccia nelle nostre memorie emotive (Gallese, 2013; Gallese, Gattara, 2015; Mallgrave, 2015). C’è un meccanismo di connessione tra aspetti cognitivi e aspetti emotivi regolato dall’amigdala. Insieme alle informazioni si codificano anche le emozioni (Goleman, 1995; Ledoux, 1996; Lucangeli, 2017) così che apprendiamo meglio in un ambiente che ci fornisce emozioni positive.

2) COME PUÒ ESSERE MODIFICATO IL SETTING DIDATTICO PER LA PERSONALIZZAZIONE DELL’INSEGNAMENTO E DELL’APPRENDIMENTO?

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L’immagine sopra è tratta da Fisher (2005) che collega ogni setting ad una specifica azione pedagogica e didattica. In realtà Fisher presenta inizialmente un collegamento tra un principio pedagogico (delivering, applying, creating, communicating and decision making) alle implicazioni per la progettazione degli edifici, attraverso le attività pedagogiche che si devono organizzare. Successivamente connette le attività pedagogiche ai setting didattici che poi schematizza in immagini.

Esistono vari modelli che collegano le modalità didattiche agli ambienti. Ad esempio, vi è il modello di Indire “1 + 4” che prevede uno spazio di gruppo, ovvero l’aula, dove si fanno determinate attività che coinvolgono tutta la classe, al quale si aggiungono altri 4 spazi per attività diversificate. L’idea di proporre un Manifesto per le scuole del terzo millennio è nata nel gruppo di ricerca Indire in seguito alle esigenze di chi nella scuola ha l’obiettivo di ripensare gli spazi educativi. Il Manifesto 1+4 è il risultato di un percorso di ricerca e prevede una serie di ambienti diversificati che superano la differenziazione tra ambienti per la didattica e ambienti di passaggio. L’obiettivo è di garantire alla comunità scolastica ambienti di apprendimento diversificati tra loro ma adeguati ad una didattica innovativa. Il Manifesto attinge al paradigma ecologico di Brofenbrenner, proponendo un modello flessibile in grado di supportare la “networked pedagogy” auspicata da Salomon (Salomon, 1996; Borri, 2016, p. 153). I cinque spazi previsti dal Manifesto sono: Spazio informale, Spazio di gruppo, Spazio individuale, Spazio esplorazione, Agorà.

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Il modello di Future Classroom Lab di European Schoolnet prevede, invece, sei zone di lavoro e ciascuna di esse si concentra su un diverso approccio o aspetto dell’insegnamento o dell’apprendimento. Collettivamente, le zone forniscono un modo per visualizzare come diversi approcci didattici innovativi supportati dalle tecnologie possano essere attuati in un’aula e all’interno di un’intera scuola. Le zone riflettono quello che dovrebbe fare un insegnamento ideale: connettere, coinvolgere e stimolare. Sembra che ci voglia molto spazio nelle aule per utilizzare questo modello, in realtà è sufficiente riorganizzare lo spazio-aula a seconda delle attività che si vogliono proporre.

European Schoolnet è la rete di 34 ministeri europei dell’educazione, con sede a Bruxelles, è organizzazione senza fini di lucro, che mira a portare innovazione nell’insegnamento e nell’apprendimento a: ministeri dell’istruzione, scuole, insegnanti, ricercatori e partner del settore.
L’obiettivo è di supportare gli stakeholder dell’istruzione in Europa nella trasformazione dei processi educativi per le società del 21° secolo, identificando, testando pratiche innovative, condividendo le prove del loro impatto e supportando l’integrazione delle pratiche di insegnamento e apprendimento per l’educazione inclusiva. Giovanni Biondi, presidente di Indire è anche membro di European Schoolnet. Il Future Classroom Lab (FCL) è stato creato da European Schoolnet a Bruxelles nel gennaio 2012, è un ambiente di apprendimento stimolante che invita i docenti che lo visitano a far ripensare il ruolo della pedagogia, della tecnologia e del design nelle classi. Attraverso sei zone di apprendimento, si possono esplorare gli elementi essenziali nell’apprendimento del 21° secolo: abilità e ruoli degli studenti e degli insegnanti, stili di apprendimento, progettazione dell’ambiente di apprendimento, tecnologia attuale ed emergente e tendenze sociali che incidono sull’istruzione. Altri FLC si trovano in altri paesi europei.

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Se l’aula diventa ambiente di apprendimento, è evidente che il modello didattico viene profondamente modificato. Ad esempio, la comunicazione in una classe di tipo tradizionale è unidirezionale, dall’insegnante agli studenti. In un ambiente di apprendimento innovativo la comunicazione è orizzontale, reciproca, dialogica. Anche il ruolo del docente cambia. Laddove l’ambiente di apprendimento elimina la cattedra, il docente può sentirsi minacciato dall’apparente perdita del suo ruolo centrale ma ben presto si vede come cambi la tipologia di relazione insegnante-studente: è una relazione orizzontale, non più gerarchica, che favorisce un approccio di coaching e modalità diverse di insegnamento come facilitazione dell’apprendimento.

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3) DA DOVE PARTIRE PER MODIFICARE GLI AMBIENTI
DI APPRENDIMENTO E QUALI ASPETTI TENERE PRESENTE?

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In tutte le esperienze che ho fatto e in tutte le scuole dove il cambiamento è stato possibile, c’è sempre stato un dirigente visionario supportato da un gruppo di docenti motivati, pertanto sta alla dirigenza essere in grado di preparare e costruire il cambiamento. Efficace è il ricorso alla dissonanza cognitiva, quando il dirigente è in grado di mostrare la discrepanza tra lo status quo e lo stato di cambiamento desiderato (Armenakis, Harris, Mossholder, 1993) e soprattutto riesce a creare un senso di urgenza (Kotter, 1996).

Chiaramente la motivazione del docente è importante e può essere sostenuta con la consapevolezza della necessità di cambiare (Armenakis, Harris, Mossholder, 1993) per creare collettivamente il cambiamento e, soprattutto, formando gli insegnanti sulla consapevolezza che un uso appropriato degli spazi di apprendimento è imprescindibile sostegno al cambiamento del paradigma dell’istruzione (Horne-Martin, 2002). D’altra parte, al dirigente scolastico è richiesto spirito di iniziativa e di imprenditorialità, diventando un vero e proprio imprenditore per la comunità, in grado di guidare sia la comunità educante che quella di studenti e genitori verso il cambiamento.

Per quanto riguarda la formazione dei docenti si suggerisce la partecipazione a workshop sia sulle nuove metodologie didattiche, sia sull’uso consapevole degli spazi perché è dimostrato che non sempre il docente sa leggere lo spazio a disposizione. Il workshop aiuta a rendere lo spazio leggibile e a condividere con i colleghi la lettura dello spazio soprattutto laddove c’è un uso condiviso, collaborativo, multidisciplinare.

Per fare un esempio, la presenza di uno o più tavoli grandi in aula fornisce di per sé un messaggio molto chiaro. L’affordance che tavoli siffatti hanno è tale da forzare la didattica verso il gruppo collaborativo, invita di per sé ad un certo tipo di didattica chiaramente non frontale. C’è tuttavia un’organizzazione dello spazio che risponde ad una pedagogia invisibile, uno spazio che agisce sull’insegnante in modo silenzioso e per questo a volte difficile da cogliere. Per questo motivo gli insegnanti devono essere resi consapevoli per non subire l’ambiente bensì per usarlo al meglio.

Riassumendo è necessaria una forte sinergia fra pedagogia e architettura e altre discipline: psicologia, antropologia, economia, etc. (come già aveva auspicato Vituvio nel suo trattato De architectura nel 15 a.C.) per progettare e/o riorganizzare ambienti e spazi di apprendimento secondo alcuni concetti-guida che vanno condivisi:

  1. Flessibilità: assicura una vasta gamma di opportunità di utilizzo degli spazi (built in flexibility) (Hertzberger, 2008; De Bartolomeis, 1983)
  2. Semantotopica: creare e organizzare spazi il cui significato sia comprensibile a tutti (Franceschini & Paggesi, 2000)
  3. Leggibilità: possibilità di categorizzare e di riconoscere immediatamente gli spazi (Kaplan, 1987; Lynch, 2006)
  4. Affordances: proprietà degli oggetti che “invitano” a compiere azioni (Gibson, 1999)
  5. Pedagogia Invisibile o Latente: organizzazione che agisce in modo silenzioso (Bernstein 1979; Bondioli 1979)

4) QUAL È LA SFIDA CHE I DOCENTI DEVONO AFFRONTARE NELL’UTILIZZO DI QUESTI NUOVI AMBIENTI?

workshopIl primo passo è la progettazione collaborativa.
La progettazione collaborativa è importante perché permette di fare gruppo, ma soprattutto di sviluppare quella che si definisce “Cultura ponte” (Sandrone 2007) ovvero la capacità di creare una comunità educante di insegnanti che va oltre i routinari incontri per materia. L’ambiente stesso e la sua organizzazione porta a costruire una collaborazione con i colleghi non disciplinata dall’alto ma sentita e spontanea.

Nei workshop di progettazione si sperimentano diverse tipologie di spazi, si discute nei “circle time” sia tra docenti,  sia con gli studenti. Ci si dedica anche a lavori individuali o di squadra e alla fine ogni gruppo presenta il proprio progetto e la propria idea di scuola. Importante è la presentazione alla comunità sempre nell’ottica di aumentare la consapevolezza ma anche di ottenere sostegno materiale con crowfunding, fondi dalle banche ma anche, perché no, anche sostegno dei genitori che possono prestare il proprio tempo e le proprie capacità con piccoli lavoretti gratuiti per la realizzazione del progetto.

5) QUAL È IL RUOLO DELLE ISTITUZIONI LOCALI?

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Nella foto da sinistra: Sabina Banfi direttore dell’Area Servizi Scolastici ed Educativi del Comune di Milano; Francesco Muraro dirigente IC Giacosa di Milano; Laura Galimberti Assessore all’Educazione e all’Istruzione del Comune di Milano; Massimiliano di Biase Presidente di Assodidattica; Yuri Coppi Dirigente Ufficio X USR Lombardia – Ambito Territoriale di Milano; Samuele Borri di INDIRE

Il ruolo delle istituzioni locali è fondamentale perché Comuni e Province sono garanti per la qualità degli edifici scolastici e, pertanto, devono conoscere le sfide della formazione e sostenere l’attività educativa e didattica facendosi garanti anche della qualità pedagogica degli edifici scolastici (Weyland, 2015).
Il Comune di Milano può essere preso a modello poiché per primo ha sottoscritto con l’Ufficio Scolastico Regionale, Indire e Assodidattica un protocollo d’intesa per promuovere la ricerca educativa e l’innovazione didattica e superare il paradigma dell’aula tradizionale (25 ottobre 2018, Modello Milano). L’edilizia scolastica e gli interventi per la messa in sicurezza dei plessi restano una delle priorità per gli Enti Locali (Anci-Lombardia 2018).

6) COME POSSONO ESSERE PROGETTATI E RINNOVATI GLI AMBIENTI DI APPRENDIMENTO NELLE SCUOLE GIÀ ESISTENTI?

Nuove scuole possono essere ideate fin dal progetto su carta secondo una visione didattica innovativa, ma cosa accade agli istituti esistenti? Il problema con queste strutture, oltre agli spazi piccoli, è soprattutto nel budget che è necessariamente ridotto. Questo tuttavia non deve scoraggiare. Vediamo una carrellata di esempi di scuole in cui, con poco, sono stati realizzati spazi di apprendimento davvero sorprendenti. Iniziamo con un’aula dell’Istituto Don Milani di Montichiari. Nelle due immagini, a sinistra c’è l’aula tradizionale, a destra il rendering di come si desiderava diventasse dopo la ristrutturazione.

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Di seguito vi è una delle aule dopo la ristrutturazione, sempre del Don Milani, dove si vede un angolo verde che vi mostrerò anche nelle prossime immagini. È la “Quiet Area”, un angolo come dice il nome stesso dove sperimentare un po’ di tranquillità da soli o in coppia.

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Nell’immagine qui sopra la “Quiet Area “è messa in evidenza in alto a sinistra (studio autonomo e relax). È interessante notare che l’idea è nata dagli studenti durante un workshop di progettazione collaborativa.

Inizialmente l’esigenza era quella di ricavare un piccolo spazio tranquillo per non allontanare il compagno disabile mentre la classe seguiva la lezione ma poi è divenuto uno spazio utile anche a chi aveva necessità di un debriefing, di un po’ di studio autonomo o semplicemente di rilassarsi.

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Qui sopra la “Quiet Area” dell’Istituto Don Milani dopo la ristrutturazione.

ambienti_Pagina_41Qui sopra un’aula dell’edificio che ospita il Professionale, una scuola che sembrava una prigione perché aveva le inferriate alle finestre. Hanno preso banchi più grandi per lavori collaborativi e sedie che si spostano per agevolare la flessibilità didattica.
Anche in quest’aula è stata realizzata la “Quiet Area”.

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Anche i corridoi possono essere utilizzati come angolo di studio individuale o del piccolo gruppo. La foto mostra la situazione prima e dopo il progetto.

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Sebbene l’atrio della scuola è già di per sé un bello spazio, è positivo che abbiano modificato l’organizzazione trasformandolo in spazio agorà, aumentando il senso di comunità.

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Alla scuola di Vado vicina a Bologna hanno usato gli armadi come divisori dello spazio, creando anche qui una quiet area.

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All’Istituto Fermi di Mantova, vi era un’aula lunga e stretta, con pochissimo margine di miglioramento. Eppure, lo spazio è stato aumentato con disegni alle pareti che allargassero lo sguardo al di là delle quattro mura. È un’aula di Filosofia e ora è possibile stimolare l’immaginazione grazie ai disegni che i ragazzi stessi hanno progettato.

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Quella sopra è l’aula di lingue. Anche qui c’è la “Quiet Area” in cui ad esempio fare conversazione in lingua.

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Nel Centro di Formazione CIA “A.Manzoni” (Centro d’Istruzione per l’Adulto e l’Adolescente) del comune di Milano, è stata riarredata una prima aula con arredi innovativi, altre quattro verranno arredate a settembre: in questa aula la cattedra è stata sostituita con un tavolo modulare a tre sedute per ottimizzare le copresenze con gli educatori e i colleghi. Nello stesso Istituto sono state fatte scelte di arredi che abituano i ragazzi all’ascolto, spazi di lettura o altri spazi per potenziare le capacità di ascolto.

Anche in questa aula è presente la “Quiet area” che può essere riconfigurata a seconda delle esigenze didattiche.

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All’IC Giacosa (Parco Trotter) che è una scuola secondaria di primo grado di Milano, i docenti con il preside Prof. Muraro, in seguito a un progetto pedagogico di Milano hanno scelto arredi polifunzionali. Questi arredi sono multifunzionali e permettono attraverso la flessibilità di sperimentare diverse metodologie didattiche. Ad esempio, i carrelli con ruote permettono agli studenti di avere uno spazio in cui porre i loro oggetti, ma possono anche essere spostati al bisogno o utilizzati come elementi separatori.

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Lo stesso si può dire per la disposizione dei banchi. Mostreremo più avanti come un insegnante poco consapevole possa in autonomia ripristinare l’uso tradizionale dei banchi anche se l’immagine sopra ne suggerisce un uso diverso.

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Nella scuola IC “R.Massa” di Milano vi sono sezioni sperimentali Montessoriane e la preside, Prof.ssa Milena Piscozzo, ha modificato gli ambienti di apprendimento per meglio organizzare le attività attraverso la pedagogia Montessoriana acquistando arredi utili per le finalità didattiche previste.

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E ora una scuola danese, una scuola molto datata, riprogettata e riorganizzata.

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Quella illustrata sopra è una scuola estremamente interessante, progettata da Lene Lesby Lange che ha partecipato anche al seminario internazionale ADi, è una scuola costruita nel 1910 ed è stata riadattata e riprogettata basandosi su un bilancio modesto ma con risultati straordinari.

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Le classi sono tutte aperte, ci sono spazi classe ma sono spazi uno dentro l’altro, senza porte. Hanno la cucina, spazi formativi, uno spazio relax. Sono andata a trovare la scuola quasi senza preavviso e ho trovato una situazione di vero benessere.

7) E NELLE SCUOLE NUOVE COSTRUITE CON UN PROGETTO PEDAGOGICO CONDIVISO TRA I DOCENTI?

Vediamo ora scuole interamente nuove, progettate in collaborazione con i docenti:

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La scuola IC3 Mattarella di Modena è stata inaugurata nel mese di settembre del 2016 da Matteo Renzi. Era appena stata terminata la costruzione della scuola, con ambienti molto innovativi e con le aule disciplinari. La vicepreside, Prof.ssa Cecilia Rivalenti, con un gruppo i docenti è riuscita a proporre e a far realizzare al Comune di Modena il progetto pedagogico per una scuola innovativa con le aule disciplinari. L’edificio scolastico era inizialmente destinato a ospitare una scuola primaria, ma decadendo la necessità di avere una scuola primaria nel quartiere, si è deciso di destinarlo a una scuola secondaria di primo grado. Il percorso per arrivare a realizzare la scuola è stato lungo e difficile, ma la perseveranza dei docenti è stata premiata. È  già stato detto quanto la sinergia con gli Enti locali sia fondamentale per la riuscita del cambiamento.

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Anche in questa scuola, in quasi tutte le aule, c’è uno spazio che loro chiamano “L’isola che c’è”, una sorta di “Quiet area” in modo che gli studenti che ne sentono la necessità possano stare un po’ soli o conversare e rilassarsi con un compagno.

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Questa è una scuola in Danimarca progettata in modo innovativo. C’è uno spazio Agorà e una scala che usano per ascoltare delle performance musicali o altre attività che vengono organizzate.

ambienti_Pagina_64Anche la scuola Katrinedals a Copenhagen è nuova e progettata secondo idee innovative. Nell’aula della foto sopra, ad esempio, hanno anche una chaise longue. Sopra l’armadio, sia nella parte bassa sia in alto, ci sono dei cuscini e i ragazzi possono salirvi per studiare. Gli insegnanti danno le consegne e gli studenti scelgono il luogo a loro più consono per svolgerle. È interessante sapere anche che gli studenti scelgono quale docente seguire. C’è un gruppo di docenti di Letteratura che segue una progettazione comune del curricolo e lo studente sceglie con chi di loro fare attività. Periodicamente si trovano per la valutazione. Non è facile per gli insegnanti entrare in quest’ottica ma hanno riscontro dai ragazzi che l’andamento è più produttivo.

8) COSA ACCADE NELLE SCUOLE DOPO CHE SONO STATI CONSEGNATI AMBIENTI DI APPRENDIMENTO INNOVATIVI?

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Come dicevamo qualche immagine fa, è importante che le scelte siano condivise e consapevoli poiché vi è il rischio di ricadere nell’uso consueto dei banchi se non si è ricevuta adeguata formazione sulla trasformazione delle metodologie che gli ambienti di apprendimento innovativi richiedono.

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Vi è anche la situazione opposta. Sebbene a volte non ci siano i fondi per acquistare nuovi arredi o riprogettare i muri della classe, gli insegnanti adeguatamente formati sono in grado di gestire gli spazi con consapevolezza e fare di necessità virtù.

9) SOLO AULE?

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Non solo le aule sono destinatarie di usi innovativi, esistono anche gli spazi informali. Qui sopra ne vediamo uno adatto per lo studio di gruppo. Al Polo Manzoni del Comune di Milano sono stati realizzati tre spazi denominati “Spazi colore” (Spazio Blu, Spazio Rosso e Spazio Verde). Questi tre spazi sono stati realizzati riutilizzando spazi dedicati alle attività di segreteria, spostate in altri spazi. Possono essere utilizzati in vari modi, sia per superare la lezione frontale, quindi il docente può decidere di portare la propria classe fuori dall’aula per poter disporre di spazi organizzati diversamente per attività di gruppo, per lo studio individuale o il relax.

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Lo spazio biblioteca è spesso un luogo creativo che si presta a usi diversificati. Ne abbiamo esempi all’IC Giacosa (Parco Trotter) di Milano, nelle due scuole danesi, all’Istituto IC3 Matterella di Modena e all’IPS Verne di Roma.

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10) QUALI SONO LE RICADUTE IN TERMINI DI BENESSERE, INCLUSIONE, COLLABORAZIONE E RISULTATI?

Per ora sono tre gli strumenti che sono usati anche in Italia per indagare le ricadute degli ambienti di apprendimento in termini di benessere a scuola e apprendimento.

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Il primo strumento è un questionario (per ora distribuito a Milano e Bologna) che il Ministero dell’Istruzione danese diffonde a maggio presso tutte le scuole del regno di ogni ordine e grado. Il questionario ha tanti indicatori ma ce ne sono di specifici relativi agli spazi di apprendimento.

ambienti_Pagina_85Il secondo strumento, dell’università di Melbourne, indaga l’impatto di cinque diverse tipologie di aula e il tempo di adattamento di un insegnante allo spazio innovativo. Andrebbe adattarlo alla tipologia di aule della scuola italiana, ma è comunque interessante conoscere il punto di vista del docente.

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Infine, c’è il questionario dell’OCSE, tradotto da ADi, con il quale si indaga sia sugli spazi esistenti che sulle ricadute dopo l’utilizzo di un diverso ambiente di apprendimento (post-occupancy evaluation).

Cosa dire sui risultati di apprendimento? Finora sono state fatte alcune ricerche, nell’articolo “DO CLASSROOM RENOVATIONS BOOST PUPILS’ LEARNING?“ del 12 luglio 2019, pubblicato su TES (Times Educational Supplement) settimanale del TIMES dal 1910, l’autrice, Irena Barker, indaga sui risultati di apprendimento citando alcune ricerche che sono stati effettuare relativamente alle ricadute sull’apprendimento degli studenti in ambienti innovativi o che abbiano alcune condizioni fisiche particolari.

Secondo l’autrice, finora una tra le ricerche più ampie e convincenti è sui “fattori di comfort” nelle aule, come la temperatura, la luce e l’aria (Goodman, Hurwitz, Park, Smith, 2018). Inoltre, uno studio statunitense ha mostrato che gli studenti universitari in un corso di composizione scritta ottenevano voti più alti di fine semestre se avevano una visione della natura dalla finestra dell’aula (Benfield, Rainbolt, Bell, Donovan, 2015).

ambienti_Pagina_88Una ricerca importante è stata effettuata dal prof. Barret. Nella sua ricerca “Clever Classrooms” vi sono abbondanti dati significativi che mostrano con chiara evidenza che in una scuola ben progettata le prestazioni scolastiche dei bambini migliorano sensibilmente in lettura, scrittura e matematica.

Ma la sfida è soprattutto nella transizione da un insegnamento negli spazi tradizionali agli spazi innovativi.

Il prof. Imms dell’Università di Melbourne, con il progetto ILETC (Innovative Learning Environments and Teacher Change), sta esaminando, con il prof. Hattie, l’efficacia degli spazi di apprendimento non tradizionali e prevede che aiutino i bambini a diventare “più collaborativi, più comunicativi, con un migliore pensiero critico” (Hattie, 2015; Imms 2016).

E PER I DOCENTI?

Anche i docenti hanno diritto al benessere. Ecco alcuni esempi di sale insegnanti, le immagini parlano da sole!

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In preparazione…

Bibliografia

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