FORUM SULLE POLITICHE EDUCATIVE
4 Novembre 2010
a cura di Claudio Gentili
Claudio Gentili, Direttore di Education Confindustria e membro del BIAC (Business and Industry Advisory Committee all’OCSE), ha dato conto in diretta da Parigi (4/11/2010) degli interventi all’ Education Policy Forum sul tema INVESTING IN SKILLS FOR THE 21st CENTURY (INVESTIRE NELLE COMPETENZE PER IL XXI SECOLO), svolto in occasione dell’incontro tra i Ministri dell’educazione dei 38 paesi dell’OCSE.
[stextbox id=”warning” caption=”Relazione di Charles Leadbeater” image=”null”]
L’inglese Charles Leadbeater è uno dei pensatori più innovativi circa il futuro dell’educazione, sia nel mondo sviluppato che in quello sottosviluppato.
I suoi due bestseller sono Living on Thin Air e We Think, e non va taciuto il suo ultimo rapporto sulle dirompenti innovazioni in educazione, Learning from the Extremes.[/stextbox]
Charles Leadbeater ha affrontato quattro strategie:
1) Migliorare le scuole: importante ma non sufficiente
Per sapere cosa ci riserva il futuro dell’educazione tutti direbbero che bisogna guardare alla Finlandia. È raro però che l’innovazione parta dal centro. È più frequente che parta dalla periferia.
Gli innovatori di solito hanno poche risorse. Per guardare dove le innovazioni si realizzeranno bisogna guardare alle favelas del Brasile.
Rodriguo è un brasiliano che viveva in una favela e ha abbandonato l’istruzione a 14 anni perché era troppo nozionistica. E si è dato al commercio della droga.
A 16 anni aveva 200 persone che lavoravano per lui. Ed era molto ricco. Non sentiva la mancanza della scuola.
A 18 anni ha avuto una fortuna: è stato arrestato. In cella ha trovato un pc. Ha imparato, ha capito che senza istruzione non si è nulla. Così, uscito dalla prigione, si è occupato dei ragazzi che rischiavano di fare la sua stessa fine, nelle mani di chi gestisce il commercio della droga. E ora dirige un’impresa che si occupa dell’istruzione on line di 20mila ragazzi delle favelas.
In Kenia non funziona l’istruzione pubblica. Ma funzionano i cellulari. E con i cellulari ci si istruisce.
In una baraccopoli di Delhi alcune ragazze hanno imparato col pc senza andare a scuola, perché era divertente.
2) Reinventare la scuola
Non si tratta di capire cosa si fa di meglio e di diffonderlo ma di capire quali sono le esigenze.
Tutti hanno fiducia nell’istruzione. È come una religione mondiale. Nelle baraccopoli africane chiedevo ai ragazzi: in cosa hai fiducia? E mi rispondevano: “nell’istruzione e nella tecnologia. Cosi avremo le competenze per uscire di qui.”
L’istruzione è oggi astratta. Fondata su procedure sclerotizzate. Non fa quello che fa il privato: vedere quale è l’offerta e prendere il meglio.
Ci sono due tipi di innovazione: quella di sostenimento (che sostiene le cose nuove) e quella di rottura (che trova modi nuovi di fare cose nuove).
Il sistema educativo del Regno Unito è scadente.
C’è sicuramente possibilità di migliorare produttività ed efficacia. Ci vogliono buoni insegnanti, motivati e competenti.
Ma questo richiede molto tempo. E in molte zone del mondo non ci sono questi insegnanti.
Per diffondere nei paesi poveri il sistema di istruzione tradizionale ci vogliono 50 anni.
Oppure si può reinventare la scuola (gli edifici, la pedagogia).
Si deve incoraggiare l’apprendimento interattivo, piuttosto che l’insegnamento trasmissivo.
Si deve fare in modo che il bambino impari in modo partecipativo, in spazi che non sono aule, divertendosi.
L’educazione è fondata sui rapporti umani. Gli insegnanti devono essere dei coach, degli allenatori.
Molte scuole si sono reinventate quando hanno accolto una filosofia diversa. Non ci si chiede più come avere un bel voto ma che cosa si può imparare.
Molte cose devono essere fatte fuori dalla scuola.
3) Integrare la scuola: investire nelle famiglie nelle comunità
Ed ecco la terza strategia: occorre puntare sulla collaborazione scuola – famiglia e scuola-territorio.
A Pratan in India è stata creata nel 1984 una scuola materna in cui i bambini vedono come funziona una comunità educativa attraverso imprese sociali.
Oppure un programma che combina la scuola con un intervento sul territorio per alleviare alcune piaghe sociali.
Vi sono spinte emotive e sociali. Vi sono innovazioni che spesso avvengono fuori della scuola e senza insegnanti ufficiali
4) Innovazioni dirompenti: una nuova logica per apprendere
E arrivo all’ultima strategia.
Come fare a insegnare quando non ci sono le risorse classiche (scuole, insegnanti e libri di testo)?
Come sottrarre i ragazzi alle bande di strada?
C’è bisogno di rendere l’istruzione più attraente.
Imparare attraverso la danza, il calcio, la cucina, il pc. Senza dimenticare ovviamente le discipline.
C’è una scuola in Venezuela in cui si usa la musica classica per attrarre gli studenti.
Insomma bisogna far si che l’insegnamento non sia una cosa astratta.
E occorre sfidare il sistema tradizionale a fare qualcosa di diverso.
Ma il sistema educativo è lento rispetto all’innovazione. Spesso la tendenza al miglioramento viene fagocitata e annullata. I sistemi pubblici di istruzione sono straordinariamente resistenti al cambiamento, e il rischio è di creare versioni nuove dei sistemi tradizionali in cui i ragazzi continuano a recitare la lezione.
Bisogna veramente sostenere le soluzioni nuove, si pensi a Hole in the Wall di Sugata Mitra, o al Barefoot College in India, o al Sistema in Venezuela, o al Centre for Digital Inclusion in Brasile e molti altri.
[stextbox id=”warning” caption=”Relazione di H. E. Shuyun Shi” image=”null”]
H. E. Shuyun Shi è l’ambasciatrice che guida la delegazione permanente della Repubblica Popolare Cinese presso l’Unesco[/stextbox]
Negli ultimi 30 anni in Cina il sistema educativo ha fornito molti tecnici, ma vive ancora nell’ombra di un sistema a economia pianificata. L’industria non è ancora coinvolta nell’istruzione, anche se siamo impegnati a cambiare il nostro sistema educativo, integrando prassi e teoria e migliorando la collaborazione tra imprese e università.
Tre sono le condizioni per la riforma del sistema di istruzione cinese:
1) la professionalità degli insegnanti (per garantire il successo di ogni individuo)
2) un riforma della pedagogia (la sfida per i docenti è ripensare non cosa insegnano ma come insegnano)
3) meccanismi di valutazione adeguati e diversificati (non abbiamo solo bisogno dei talenti ai più alti livelli ma di molte persone dotate di pensiero critico, di capacità di risolvere i problemi e di autonomia)
La vera missione della scuola è fare degli studenti dei cittadini consapevoli. Senza possedere senso di responsabilità sociale e capacità di cooperare, nessuno può avere successo. In Cina puntiamo sia sull’istruzione che sulla responsabilità civile.
[stextbox id=”warning” caption=”Relazione di Bruce Friend” image=”null”]
Bruce Friend, è Direttore di SAS Curriculum Pathways, USA e già vice presidente del North American Council for Online Learning.[/stextbox]
Quando chiediamo agli studenti: “Perché abbandonate gli studi?”, ci dicono: “Perché mi sono stufato” o “Perché l’istruzione non è collegata alla vita”.
È colpa loro o è colpa nostra?
Sono loro che non capiscono l’importanza dell’istruzione o siamo noi che non la rendiamo attraente?
Se uno insegna chimica, algebra, storia come deve fare a far capire a un giovane che queste materie sono importanti per acquisire competenze indispensabili nel 21mo secolo?
Negli Stati Uniti abbiamo premiato le scuole che hanno realizzato progetti che migliorano il rendimento degli studenti.
[stextbox id=”warning” caption=”Relazione di Bert Clough” image=”null”]
Bert Clough è direttore di ricerca all’Unionlearn, l’organizzazione per l’apprendimento e le competenze del Trades Union Congress (TUC) del Regno Unito.[/stextbox]
La scuola non serve solo a trovare un lavoro ma a essere cittadini.
In quasi tutti i paesi la domanda non corrisponde all’offerta. Questa è solo una parte del problema. Ma l’altro problema, almeno nel Regno Unito, è la bassa domanda di qualifiche alte.
Per la forza lavoro non è un problema di iperqualificazione, ma di sottoutilizzazione della qualificazione.
Relazione di Holly Strang
[stextbox id=”warning” caption=”Relazione di Holly Strang” image=”null”]
La studentessa canadese, Holly Strang, vive e studia ad Alberta dove è membro del Consiglio degli studenti, l’organismo che viene consultato dal ministro dell’istruzione e fa parte della Commissione della gioventù del governo di Alberta per la prevenzione del bullismo.[/stextbox]
Ci vuole un’istruzione che aiuti le persone a crescere. Sono importanti le capacità sociali, la capacità di relazionarsi e di interagire con gli altri. Quando discuto con una persona devo capire i valori in cui crede. Ci vuole un curriculum che aiuti gli studenti a capire gli altri, a essere più tolleranti e più competenti. Facebook e gli SMS mi hanno incoraggiato a esprimermi in maniera informale. E questo non è sempre sintatticamente corretto. Su Google posso trovare cose interessanti. Ma il copia e incolla non ha nulla di scientifico.
Le capacità matematiche sono molto importanti, aiutano a risolvere i problemi, e aiutano nella vita quotidiana, per esempio a gestire un conto in banca.
La formazione scientifica aumenta la curiosità. Nei curricoli ci vogliono più informazioni sulle tecnologie verdi, perche il mondo di domani sia più vivibile.
[stextbox id=”warning” caption=”Relazione di Robert Harris” image=”null”]
L’australiano Robert Harris è il presidente del gruppo di lavoro del TUAC sulle politiche dell’educazione, della formazione e del lavoro e cofondatore di Education International[/stextbox]
Io sono cresciuto con Piaget, che sosteneva che a scuola i bambini devono fare delle scoperte. Vent’anni fa l’Unesco con Delors ha chiesto un grande cambiamento nell’istruzione.
Abbiamo bisogno della fantasia creativa degli insegnanti. Il successo del miracolo dell’educazione sono gli insegnanti.
Possiamo parlare di fondi, formazione e programmi. Ma chi fa la differenza sono sempre gli insegnanti.
Cent’anni fa l’idea rivoluzionaria era l’istruzione per tutti.
Oggi l’art 26 della Dichiarazione dei diritti dell’uomo lo sancisce.
Ma ci siamo riusciti? Non ancora.
L’equità nell’istruzione va di pari passo con la qualità. La combinazione di qualità ed equità è la base della crescita economica e della democrazia.
È normale che gli insegnanti abbiano sindacati molto forti che li difendono, ma il sindacato non è solo questo, si è impegnato anche nel miglioramento dell’istruzione.
I ministri dell’istruzione devono coinvolgere i sindacati nelle riforme e devono mostrare la stessa grinta dei ministri dell’economia.
[stextbox id=”warning” caption=”Relazione di Attilio Oliva” image=”null”]
Attilio Oliva, è responsabile della Commissione dell’educazione della BIAC [/stextbox]
La cultura imprenditoriale può essere d’aiuto specialmente in un momento di tagli
all’istruzione. Non vi parlerò della solita retorica dell’importanza dell’istruzione. Vi parlerò del buon uso del denaro e delle risorse umane.
Abbiamo una certa esperienza sul modo con cui utilizzare le risorse umane e finanziarie.
L’ingegneria del sistema scolastico è importante.
Ci sono due nemici:
- l’eccesso di centralismo
- l’eccesso di anarchia.
Il “che cosa” insegnare lo decide il Parlamento e deve essere centralizzato.
Il “come” insegnare deve essere decentralizzato, dando la libertà massima alle scuole e agli insegnanti.
Ciò che deve essere centralizzato è il controllo e la valutazione dei risultati.
Vorrei mettere l’accento su tre aspetti della valutazione:
- test centralizzati delle competenze degli studenti
- la valutazione delle scuole attraverso delle ispezioni (è molto cara ma molto importante)
- la valutazione degli insegnanti e dei presidi.
Tutti i paesi cercano un modo efficace per valutare gli insegnanti. Vogliamo ridurre il carattere arbitrario delle valutazioni. Sappiamo che gli insegnanti sono diversi. Nelle scuole tutti sanno quali sono gli insegnanti migliori. Dobbiamo dare una ricompensa ai migliori. E dobbiamo
attrarre gli studenti migliori verso la professione di insegnante. Occorre dare un buon compenso economico agli insegnanti e motivarli e incentivarli a diventare migliori.
La soluzione però non è alzare un po’ lo stipendio a tutti ma pagare di più i più bravi. Una volta creata un’aristocrazia degli insegnanti, tra questi si potranno scegliere i migliori capi d’istituto.
Gli incentivi non sono solo economici ma anche motivazionali: occorre sia il prestigio, sia gli aumenti di stipendio.
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Il BIAC ha presentato al Forum un proprio documento sulle competenze per il XXI secolo, Investing in Human and Social Capital: New Challenges
[stextbox id=”warning” caption=”Relazione di Frank Vandenbroucke” image=”null”]
Frank Vandenbroucke è attualmente membro del Parlamento belga, comunità fiamminga. Dal 2004 al 2009 è stato ministro dell’istruzione[/stextbox]
Dobbiamo abbandonare l’idea che ci sia una correlazione automatica tra diploma e professione.
Molte ricerche dimostrano che questo rapporto non c’è.
Assistiamo a una polarizzazione nel mercato del lavoro tra posti di lavoro ripetitivi e alte qualificazioni.
L’espressione “economia della conoscenza” forse non è adeguata. Bisognerebbe parlare di una società competente. Voler spingere tutti verso i titoli di studio più alti è ingannevole.
Molti lavoratori sono delusi perché sono competenti ma occupano posti di routine.
Non bisognerebbe distaccarsi tanto dalla tradizione nell’insegnamento.
Saper legger, scrivere, far di conto restano fondamentali. E molti discorsi sulle competenze appaiono fumosi, anche se le competenze chiave di cui parla l’Ocse sono molto concrete.
Nella comunità fiamminga, in Belgio, nell’ultima legislatura le politiche per l’istruzione e per il lavoro erano unificate. Oggi sono di nuovo separate.
In Belgio ora si parla di “Agenda delle competenze”. Abbiamo definito linee guida, nuove strutture per l’istruzione superiore e via dicendo. È un piano molto innovativo che spero abbia successo.
La gestione delle competenze comprende l’apprendimento per tutta la vita.
Questo vale anche per gli insegnanti che possono uscire dalle scuole, fare stage nelle imprese e continuare la loro formazione.
[stextbox id=”warning” caption=”Relazione di Bernard Hugonnier” image=”null”]
Bernard Hugonnier è vice direttore per l’educazione all’OCSE[/stextbox]
Abbiamo bisogno di nuove competenze per raggiungere i nostri obiettivi economici. Dobbiamo
prestare più attenzione all’ambiente. Abbiamo bisogno di nuove competenze per partecipare alla vita democratica.
Dobbiamo rinnovare profondamente i programmi scolastici.
Molte qualifiche nel passato venivano facilmente insegnate, ora non è più così
Il sistema di istruzione non può star fermo, deve reagire alla nuova situazione della globalizzazione.
La partecipazione degli imprenditori all’educazione cresce.
Molti paesi stanno sovvenzionando le scuole più innovative.
Come fare per avere un insegnamento efficace? Come fare per ridurre gli abbandoni e avere un sistema più equo?
Alcune idee sono state formulate questa mattina:
– occorre una filosofia educativa diversa,
– occorre attrarre gli insegnanti più motivati,
– occorre diffondere le nuove tecnologie
– occorre migliorare il rapporto scuola- famiglia e scuola-imprese
[stextbox id=”warning” caption=”Conclusioni di Anne Tolley” image=”null”]
Anne Tolley è co-presidente del Convegno e ministro dell’ educazione in Nuova Zelanda[/stextbox]
Vorrei ringraziare tutti i partecipanti a questo meeting.
Noi siamo un paese giovane. Coloro che hanno fondato la Nuova Zelanda erano dei
navigatori dell’Oceano Pacifico che aveva senso imprenditoriale e creatività.
È importante guardare il mondo che ci circonda con questo spirito e scoprire le nuove competenze necessarie per avventurarci nel 21mo secolo