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L’implosione della scuola precaria

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[stextbox id=”grey” image=”null”][/stextbox] Il nostro sistema scolastico sta implodendo sotto il peso del precariato, un precariato atipico, con un’età media di  39 anni. Una scuola instabile, che ha perso identità, attraversata da un corpo docente che presenta due tristi facce: precarizzazione e proletarizzazione . La precarizzazione, in un mercato del lavoro burocraticamente amministrato dal Centro, […]

[stextbox id=”grey” image=”null”]Implosione[/stextbox]

Il nostro sistema scolastico sta implodendo sotto il peso del precariato, un precariato atipico, con un’età media di  39 anni.

Una scuola instabile, che ha perso identità, attraversata da un corpo docente che presenta due tristi facce: precarizzazione e proletarizzazione .

La precarizzazione, in un mercato del lavoro burocraticamente amministrato dal Centro, pare essere il solo strumento in mano ai ministri economici per controllare la spesa dell’istruzione.

La proletarizzazione è l’altra faccia della stessa medaglia e consiste nel mantenere un alto numero di insegnanti mal pagati, privi di status sociale, non selezionati e non valutati, senza carriera e prospettive.

Ora, minacciato da ricorsi di massa, il MIUR dovrà finalmente risolversi ad assumere.

Ma se null’altro sarà fatto, non sarà la fine ma solo l’inizio di una nuova fase di precariato. Così come capita da oltre 50 anni.

Promesse e tentativi  di mettere a norma formazione iniziale e reclutamento sono finora miseramente falliti. E’ fallito il disegno di legge Aprea , è fallita la formazione iniziale avulsa dal reclutamento, pare fallito prima di nascere il TFA, il così detto Tirocinio Formativo Attivo. La pressione sul TFA è infatti altissima e ancora una volta, mancando un criterio valido di programmazione, sarà l’anticamera delle graduatorie ipocritamente dette ad esaurimento. Questo non deve succedere. Non deve succedere che giovani e bravi laureati non entrino mai di ruolo nella scuola.

Che fare?

Oggi è sicuramente indispensabile assumere i precari su tutti i posti vacanti e disponibili, sapendo peraltro che ciò non comporterà nell’immediato nessun aggravio aggiuntivo.

Ma questo non basta. Bisogna guardare subito oltre. Ciò significa rompere con il centralismo e trasferire al livello locale il potere di programmare e assumere, come richiede il Titolo V della Costituzione, e a questo livello indire rigorosi concorsi, bloccati da oltre 10 anni. Solo così si consentirà anche ai giovani capaci e preparati di essere assunti nella scuola e non di andare ad ingrossare le file di graduatorie ridivenute permanenti.

Ma se si ha a cuore la stabilità della scuola, occorre anche altro: si trasformi la mobilità annuale in triennale. Ogni anno 220.000 insegnanti migrano fra scuole diverse e province diverse, è una situazione assurda e insostenibile, è tempo di porvi rimedio.

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