Nella mattina del 3 ottobre sono stati presentati da OCSE i risultati di Education at a Glance, Uno sguardo sull’educazione 2022; in contemporanea si è tenuta la conferenza stampa del ministro Patrizio Bianchi che ha presentato i risultati per l’Italia nella sede di Save the Children, una organizzazione che ha sempre più messo al centro del suo interesse i temi legati all’Istruzione. Nel 2021 aveva ad esempio realizzato un rapporto sui periodi di chiusura delle diverse regioni italiane, mettendoli in relazione con i risultati di apprendimento registrati da Invalsi.
Italia: spesa dell’istruzione
Per quanto riguarda l’Italia, nel 2019 ha speso il 3,8% del PIL in istruzione, meno del 2018 (4,1%) e meno della media dei paesi OCSE (4,9%). Stesso trend per quanto riguarda il rapporto con la spesa pubblica totale: 7,4% in Italia e 10,6% nei paesi OCSE.
In valori assoluti continua, in Italia, la tendenza a spendere di più nella scuola primaria, anche rispetto alla media OCSE, e poi a scendere fino ad arrivare ad un sensibile divario in negativo per quanto riguarda l’istruzione universitaria.
Italia: la preoccupante situazione dell’istruzione terziaria
L’attenzione di questa edizione 2022 si è puntata sulla istruzione terziaria, il punto debole dell’Italia. Con la laurea-sostiene OCSE – aumentano le possibilità di occupazione e lo stipendio. Questo vale soprattutto per le donne che, nel nostro Paese, se sono ferme alla terza media sono occupate solo per un terzo, mentre il 70,5% delle laureate ha un impiego stabile. La differenza per gli uomini è molto minore: 64% contro 71% dei laureati.
In generale l’Italia ha meno della metà dei laureati degli altri paesi: 20% contro 41% della media OCSE. Le cause; sopra i 50 anni sono pochissimi i laureati ed una crescita minore fra i giovani che in altri paesi: in 20 anni solamente dal 10 al 28%. Il dato comunque eclatante è che in Italia è quasi assente l’istruzione terziaria non universitaria (i nostri ITS sono una goccia rispetto ai percorsi tecnico professionali terziari non accademici degli altri Paesi)
Ma sembra ancora più grave il problema del tipo di laurea: nei paesi OCSE sono più gettonati i corsi economici gestionali e politici mentre in Italia 1 studente su 5 sceglie indirizzi letterari o artistici, fra cui sono annoverati Scienze della Formazione e della Comunicazione, Psicologia etc. Le lauree meno richieste dal mercato del lavoro, tanto che con il 69% di occupati, i laureati in questo campo sono meno occupabili dei semplici diplomati (-2%). C’è da dire che anche nei paesi OCSE in particolare in Europa le lauree scientifiche e tecnologiche sono meno diffuse di quanto sarebbe necessario a fronte della realtà dei paesi asiatici.
Inoltre, tutti o quasi tutti gli studenti universitari italiani proseguono fino alla laurea magistrale di 5 anni, ma solo il 21% si laurea nei tempi previsti e solo il 53% entro i tre anni successivi a fronte del 68% in OCSE). Le tasse universitarie sono nella media OCSE ma fra le più alte all’interno della UE.
Pochi finanziamenti dunque, ma, dalla parte della domanda, percorsi poco interessanti per il mercato del lavoro e prolungati oltre il necessario. Basti dire che i laureati in tecnologie della formazione e della comunicazione pur con l’88% degli occupati sono solo il 2% del totale dei laureati a fronte del 6% OCSE.
NEET
Nel periodo Covid è aumentata la quota di Neet (giovani non a scuola né al lavoro); in Italia in particolare si è passati dal 31,7% del 2020 al 34,6% del 2021 con una percentuale maggiore fra le donne.
Docenti e dirigenti
E infine il più gettonato dei temi sulla scuola anche in campagna elettorale. Le retribuzioni dei docenti italiani si confermano più basse della media OCSE. In tutti i paesi gli insegnanti guadagnano meno degli altri laureati, ma in Italia lo svantaggio è del 27,4%, a fronte di un europeo 11% .
Diverso il discorso per i dirigenti scolastici: gli stipendi arrivano a più del 73% di quelli degli altri laureati contro il 31% della media europea.