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ECONOMIA NELLE SCUOLE, A CHE PUNTO SIAMO?

di Enrico Castrovilli, AEEE Italia, www.aeeeitalia.it

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La proposta di distaccare la piccola e gracile opzione economico-sociale del Liceo delle Scienze Umane per trasformarla in un settimo autonomo Liceo delle Scienze Economiche e Sociali

L’importanza dell’economia

Congiunzione astrale negativa per l’economia e le altre scienze sociali nella scuola italiana. La situazione è paradossale. Le elezioni politiche sono giocate in gran parte sulle questioni economiche, dalla tassazione al debito pubblico, dall’occupazione al jobs act, dal ruolo delle banche all’euro, dalle pensioni al reddito di cittadinanza. L’economia aiuta a capire altre questioni centrali nella campagna elettorale, l’immigrazione e l’Europa, l’ambiente e l’energia, la demografia e le politiche per la famiglia. I temi economici sono la base per gli elettori che vogliano votare con cognizione di causa. I più giovani in particolare, ma non solo loro, hanno bisogno come il pane di un quadro di concetti e criteri (competenze le chiamerebbe un docente) che li mettano in grado di distinguere le proposte demagogiche da quelle razionali, i loro effetti nell’immediato, nel medio e nel lungo periodo. Così da scegliere programmi politici realizzabili e coerenti alle proprie propensioni ideali. Nulla è peggio della schizofrenia.

La sconsolante situazione dell’economia nelle scuole italiane

Al Ministero dell’istruzione si è operato per avvicinare i programmi scolastici ai problemi dell’economia e delle altre scienze sociali (diritto, sociologia, economia aziendale, etc.), offrendo un più ampio paniere di competenze per leggere la società contemporanea, i suoi problemi, le sue difficoltà e le sue opportunità? La risposta è sconsolante. Le competenze economiche all’inizio de “La buona scuola” erano state definite priorità nel miglioramento dei curricoli, si proponeva di modificare l’ordinamento dell’Opzione economico-sociale del Liceo delle Scienze Umane (il cosiddetto Liceo Economico Sociale LES), si voleva ampliare l’insegnamento dell’economia nei licei classici e scientifici, il tutto partendo dalla constatazione della carenza italiana di literacy economica e finanziaria, che era allora appena emersa dai pessimi risultati (l’Italia risultò penultima!!) dell’OCSE PISA nella financial literacy del 2012. Questo interesse è progressivamente scemato, non tanto nella struttura amministrativa del MIUR, bensì nei decisori politici che si sono succeduti al Ministero nei governi Renzi e Gentiloni. Essi hanno evidentemente ritenuto l’insegnamento dell’economia e delle altre scienze sociali un tema che non avrebbe garantito un gran consenso politico e addirittura che poteva risultare controproducente. Hanno preferito altre corde. Di conseguenza non si è ritenuto importante che un più ampio numero di giovani nelle scuole secondarie conoscesse più a fondo gli aspetti teorici e tecnici (di economia politica e aziendale) relativi a mercati, imprese, prezzi, lavoro, profitti, investimenti, imprenditorialità, banche, moneta, commercio internazionale, imposte, bilancio delle imprese e dello stato e così via. L’Italia ha visto infiniti scaricabarile tra i partiti sulle crisi bancarie e la riforma delle pensioni. Ma non è diffusa l’onestà intellettuale di far capire ai propri cittadini le basi effettive dei problemi, con quali strumenti e con quali ricette operare per dare soluzioni positive al paese.

Un autonomo Liceo delle Scienze Economiche e Sociali

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L’opinione pubblica, le famiglie e i giovani restano disorientati. La società italiana è abituata ad avere dalla scuola la certezza che le culture e le scienze fondamentali di un paese siano contrassegnate dall’esistenza di appositi corsi scolastici liceali e se fossero tecniche da corsi di natura tecnica e professionale. In Italia l’economia, il diritto, l’antropologia, la sociologia, la statistica economica paiono non meritare il riconoscimento di uno statuto scientifico, non vi è un forte e distinto Liceo delle Scienze Economiche e Sociali, ma solo un’opzione all’interno del Liceo delle Scienze Umane. Forse così facendo si convinceranno gli italiani a votare per partiti che enucleano prospettive economiche fantasiose, anche se prive di fondamento? Ma è davvero questo quello che si vuole? La partita della legislatura per l’insegnamento dell’economia, del diritto e delle altre scienze sociali si è così chiusa molto male. Sul tavolo dei ministri e dei sottosegretari è posta da tempo dalle società scientifiche degli economisti, aziendalisti, statistici, sociologi, da enti economici e finanziari, da AEEE Italia e dalla Rete dei Licei Economici Sociali LES, la richiesta di distaccare la piccola e gracile Opzione economico-sociale del Liceo delle Scienze Umane per trasformarla in un settimo autonomo Liceo delle Scienze Economiche e Sociali, vedi a http://www.aeeeitalia.it/wp/wp-content/uploads/2017/12/Revisione-LES_pdf.pdf.
Chi scrive ritiene che questa promozione culturale avrebbe avuto un formidabile ruolo di traino per il sistema scolastico contribuendo a migliorare l’orientamento alle scelte dei corsi scolastici dei ragazzi. Occorre superare i pregiudizi sulla scienza economica, rappresentati da due distorte concezioni. Da un lato considerare spregevolmente le proposte economiche (basate sulla teoria economica, gli inglesi la chiamano economics) delle fake news in servizio permanente effettivo. Dall’altro supporre che l’economia (in questo caso si tratta dell’economia reale del mondo delle imprese, del lavoro e del risparmio, quella che gli inglesi chiamano economy) come qualcosa di facilmente manipolabile, dove impera la deleteria categoria dei tempi moderni, quella del “basta volerlo! basta crederci!”. La costituzione di un Liceo delle Scienze Economiche e Sociali aiuterebbe a superare queste idee sbagliate. La sua realizzazione presenterebbe tra l’altro un costo prossimo a zero per la casse dell’amministrazione. Pensando male, si potrebbe supporre che questa sia stata una delle cause che hanno portato ad abbandonare la trasformazione dell’Opzione economico-sociale in un autonomo liceo. I decisori politici nel campo dell’istruzione hanno preferito realizzare più sostanziose politiche keynesiane di spesa pubblica, non importa se in deficit. Contemporaneamente gli studenti dei corsi negli ultimi tre anni delle superiori dove si insegna economia sono scesi sotto il 15% del totale: oggi sono l’11% negli ITE e il 2,4% nell’Opzione economico-sociale del Liceo delle Scienze Umane. Niente studi di economia per il restante 85% dei ragazzi.

Tre carte da giocare

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Occorre avere pazienza e individuare nuove carte da giocare. Eccone alcune, nella speranza che il nuovo Parlamento esprima un Governo dove siano presenti disponibilità a dare lo spazio che meritano alle competenze economiche e delle scienze sociali.

  1. La prima è quella di inserire dei Moduli preparatori di economia a di finanza nei percorsi di Alternanza Scuola Lavoro ASL. A questa idea stanno lavorando l’USR Lombardia, AEEE Italia, Società Italiana degli Economisti SIE, Associazione dei docenti di Economia degli Intermediari e dei Mercati finanziari ADEIMF, Università Bocconi e Università Cattolica di Milano. Obiettivo è quello di creare un set di lezioni di Economia, Impresa, Organizzazione, Finanza (con slide, materiali didattici, etc.) che saranno messe a disposizione per i docenti delle scuole che nelle classi terze preparano i ragazzi all’ASL. L’Alternanza nelle classi successive potrà anche comprendere i progetti di Educazione economica e finanziaria e lo svolgimento di tirocini in enti bancari, finanziari, previdenziali, assicurativi, in imprese private e pubbliche. Il progetto presenta un duplice vantaggio. Il primo è quello di rendere l’Alternanza più motivante grazie alla maggiore capacità dei ragazzi di operare nel contesto delle diverse organizzazioni. Il secondo quello di trovare uno stabile veicolo curricolare, qual è l’ASL, per ampliare in modo coordinato i progetti di educazione economica e finanziaria, sui quali sta lavorando il Comitato per l’Educazione Finanziaria diretto da Annamaria Lusardi.
  2. La seconda è quella di realizzare Progetti di eccellenza nel campo degli studi economici, qual è il Concorso EconoMia, che si svolge nel contesto del Festival dell’Economia di Trento, Concorso giunto quest’anno alla sua VI^ Edizione. Il premio per i 20 vincitori consiste nell’ospitalità a Trento nelle giornate del Festival, quest’anno dedicato a “Lavoro e Tecnologia” e nella somma di 200€, vedi http://concorsoeconomia.it/ Il Concorso è riconosciuto dal MIUR tra le competizioni del Programma nazionale per la valorizzazione delle eccellenze. I migliori 8 vincitori del Concorso EconoMia nei due scorsi anni sono stati anche premiati come Fuoriclasse della scuola, competizione di FEDUF, Museo del Risparmio e ABI in collaborazione con il MIUR, che raccoglie i fuoriclasse dei 13 principali concorsi nazionali degli studenti. Sia chiaro che l’economia non è scienza adatta solo per gli eccellenti, ma stimolare i ragazzi ad emergere può diffondere cultura e responsabilità.
  3. La terza è quello di costruire una filiera di corsi di Istruzione Tecnica Superiore ITS nell’area gestionale amministrativa. Gli Istituti Tecnici Economici, eredi dei fortissimi corsi per ragionieri e periti aziendali, sono in crisi di vocazione. Gli sbocchi offerti ai loro diplomati sono o quello di un lavoro sempre meno qualificato con in mano solo il diploma, oppure la necessità di frequentare per tre o cinque anni corsi di universitari. Non tutte le famiglie possono permetterselo, il costo-opportunità della frequenza universitaria, causato soprattutto della perdita dei redditi che possono si ottenere da lavori seppur modesti dopo il diploma, è assai elevato. La maggior parte delle grandi e medie imprese utilizza i cosiddetti sistemi software ERP Enterprise Resource Planning. Si tratta di sistemi software mutevoli e complessi, che sono in grado di gestire processi aziendali chiave, quali la contabilità, le vendite, la logistica e la produzione, in maniera perfettamente integrata, ottimizzata e distribuita geograficamente. Per preparare le nuove figure professionali specialistiche, utili all’industria 4.0, sono sorti in Italia i Corsi ITS, per ora frequentati da un esiguo numero di diplomati. Tra le 29 figure di riferimento negli attuali Corsi ITS non sono però previste figure gestionali amministrative, quando una loro presenza darebbe un rinnovato senso all’iscrizione agli Istituti Tecnici Economici rendendone più ricchi gli sbocchi.

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