Intervento di Alessandra Cenerini
Presidente nazionale ADi
Continuano al MIUR gli incontri sui temi della legge 107/2015 oggetto di delega.
Il 13 ottobre 2015 ha avuto luogo quello sul sistema integrato di educazione e di istruzione 0-6
LUCI E OMBRE NEI CONTENUTI DELLA DELEGA
La delega contenuta nella Legge 107/15 art.1 comma 181 e) , Istituzione del sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita fino a sei anni, presenta luci ed ombre.
- E’ sicuramente positivo escludere i nidi dai “servizi a domanda individuale”, come definito al punto 3 del comma 181 e) e renderli a pieno titolo servizi educativi. Si prende in tal modo atto delle esperienze comunali più avanzate, dove i nidi d’infanzia hanno da tempo superato l’impostazione socio assistenziale della legge istitutiva, L.1044/1971, che all’art.1 recita: “Gli asili-nido hanno lo scopo di provvedere alla temporanea custodia dei bambini, per assicurare una adeguata assistenza alla famiglia e anche per facilitare l’accesso della donna al lavoro nel quadro di un completo sistema di sicurezza sociale”.
- E’ invece preoccupante l’unificazione tout court del segmento 0-6, poiché tale assimilazione pare dimenticare il percorso compiuto dalla scuola dell’infanzia, dalla sua istituzione, come scuola statale, nel 1968 (L.444), agli Orientamenti del 1991 fino al DPR 89/2009 e alle Indicazioni Nazionali per il Curricolo del 2012. Un percorso che ha fatto assurgere la scuola dell’infanzia a scuola inserita a pieno titolo nel sistema d’istruzione, scuola gratuita, con l’assoluta scomparsa di qualsiasi tratto assistenzialistico e con la puntuale definizione dei livelli essenziali del curricolo, della definizione dei titoli di studio per l’accesso a tale insegnamento, ecc.. Rispetto a queste conquiste la delega della L.107/15 arretra e rimette in primo piano finalità legate alla custodia dei figli rispetto ai tempi di lavoro dei genitori. Il comma 181e) pone infatti fra le prime finalità la “ conciliazione tra tempi di vita, di cura e di lavoro dei genitori”, mettendo in secondo piano la centralità del bambino. E propone una “compartecipazione delle famiglie utenti del servizio” alle spese per la scuola dell’infanzia. Due ipotesi che vanno con forza respinte: la scuola dell’infanzia ha al centro il bambino, non i bisogni del mondo del lavoro, ed è e deve rimanere gratuita.
UN PROBLEMA DIRIMENTE NON ESPLICITAMENTE AFFRONTATO: LA DIVISIONE FRA SCUOLA DELL’INFANZIA STATALE E COMUNALE
Vi è un problema molto serio legato alla scuola dell’infanzia ed è la persistente e ormai insostenibile divisione fra scuola dell’infanzia statale e comunale. La prima copre il 60% della domanda dei bambini in età e la seconda il 12% ed è concentrata nelle grandi città del Nord, Centro e Sud. Questa dicotomia non è affrontata esplicitamente nella delega. Una dicotomia solo italiana, dove la scuola comunale è addirittura considerata scuola paritaria, come se il Comune non fosse parte della Repubblica esattamente come lo Stato (Costituzione art. 114). Il percorso così detto “ integrato” non ha assolutamente risolto il problema. Ormai da anni, le scuole dell’infanzia comunali si trovano in una condizione di preoccupante instabilità. Molti Comuni stanno progressivamente chiudendo le loro scuole per fare posto o a quelle statali o a quelle paritarie private, mentre i grandi Comuni che le hanno mantenute (Milano e Bologna sono le municipalità dove è assolutamente preponderante la presenza delle scuole dell’infanzia comunali) vivono situazioni di difficoltà in relazione alle risorse umane ed economiche.
Allora occorre rispondere con chiarezza alla domanda:”A chi compete la gestione delle scuole dell’infanzia?” Secondo Costituzione, allo Stato non dovrebbe spettare la gestione di nessun grado scolastico, tantomeno della scuola dell’infanzia, ma siccome la questione si protrae da 15 anni senza soluzione ( basti ricordare i tanti tentativi di accordo Stato-Regioni sul tema, l’ultimo del 19 giugno 2012, sempre arenati sulla gestione del personale che vuole rimanere statale.), bisogna trovare soluzioni di transizione verso l’unificazione delle due gestioni. In questa prospettiva la prima questione da affrontare è la definizione dello stesso contratto di lavoro per insegnanti comunali e statali, ben sapendo che 25 ore frontali con sezioni di 25 bambini dai 3 ai 6 anni sono il massimo che si possa chiedere a un insegnante, a cui compete in aggiunta tutto il lavoro collegiale e individuale.
La questione è urgentissima. Valga per tutti un esempio. Nella scuola comunale dell’infanzia di Bologna dove, per la lungimiranza di antichi amministratori, è sempre stata in vigore l’equiparazione contrattuale degli insegnanti comunali con quelli statali, da quest’anno è stato introdotto per gli insegnanti nuovi assunti il contratto dell’Ente Locale, ed è stato distruttivo. Si è verificato un esodo massiccio di insegnanti comunali verso lo Stato e il clima nelle scuole è pessimo. Dove vige il Contratto Autonomie locali per gli insegnanti, con 30 ore di insegnamento settimanali e un monteore annuo di 155 ore, la fuga delle insegnanti verso la scuola statale è inarrestabile. A questa situazione va posto rimedio. Il personale insegnante comunale deve avere lo stesso contratto del corrispondente personale statale, ed essere retribuito dallo Stato. Non c’è nulla di strano in ciò. Se in Francia lo Stato assegna il personale docente alla scuole paritarie, potrà ben lo Stato retribuire il personale docente comunale assunto regolarmente tramite concorso, e andare progressivamente all’unificazione delle graduatorie.
UN SOLO SEGMENTO 0/6 NON E’ PERCORRIBILE A LIVELLO NAZIONALE
Unificare in un solo segmento l’educazione e l’istruzione 0-6 non è percorribile, se si ha una visione nazionale del problema.
Mentre la scuola dell’infanzia è ormai generalizzata sul territorio nazionale e la parte pubblica , statale e comunale, copre il 75% dell’utenza in età, la situazione dei nidi di infanzia è lontanissima da questi numeri e la prospettiva indicata è quella del 30% sul territorio nazionale.
Per i nidi si tratta in primo luogo di superare la concezione socio-assistenziale della L.1044/1971, consolidare le situazioni in cui operano nidi e scuole dell’infanzia.
E soprattutto occorre riproporre e ripensare le “sezioni primavera” introdotte in via sperimentale dalla “legge finanziaria per il 2007, laddove non ci sono i nidi. Si tratta di sezioni da aggregare alla scuola dell’infanzia, per accogliere bambini di età compresa tra i 24 e i 36 mesi. Questo è un obiettivo credibile e realizzabile. Basti peraltro guardare alla vicina Francia dove, se ci sono posti disponibili ( il bilancio deve quadrare!!), la scuola dell’infanzia accoglie i bambini che hanno 2 anni all’inizio dell’anno scolastico.
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TESTO DELLA DELEGA
LEGGE 107/15 ART.1 COMMA 181e
e) ISTITUZIONE DEL SISTEMA INTEGRATO DI EDUCAZIONE E DI ISTRUZIONE DALLA NASCITA FINO A SEI ANNI, costituito dai servizi educativi per l’infanzia e dalle scuole dell’infanzia, al fine di garantire ai bambini e alle bambine pari opportunita’ di educazione, istruzione, cura, relazione e gioco, superando disuguaglianze e barriere territoriali, economiche, etniche e culturali, nonche’ ai fini della conciliazione tra tempi di vita, di cura e di lavoro dei genitori, della promozione della qualita’ dell’offerta educativa e della continuita’ tra i vari servizi educativi e scolastici e la
partecipazione delle famiglie, attraverso:
1) la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni della scuola dell’infanzia e dei servizi educativi per l’infanzia previsti dal Nomenclatore interregionale degli interventi e dei servizi sociali, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, prevedendo:
1.1) la generalizzazione della scuola dell’infanzia;
1.2) la qualificazione universitaria e la formazione continua del personale dei servizi educativi per l’infanzia e della scuola dell’infanzia;
1.3) gli standard strutturali, organizzativi e qualitativi dei servizi educativi per l’infanzia e della scuola dell’infanzia, diversificati in base alla tipologia, all’eta’ dei bambini e agli orari di servizio, prevedendo tempi di compresenza del personale dei servizi educativi per l’infanzia e dei docenti di scuola dell’infanzia, nonche’ il coordinamento pedagogico territoriale e il riferimento alle Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione, adottate con il regolamento di cui al decreto del Ministro dell’istruzione, dell’universita’ e della ricerca 16 novembre 2012, n. 254;
2) la definizione delle funzioni e dei compiti delle regioni e degli enti locali al fine di potenziare la ricettivita’ dei servizi educativi per l’infanzia e la qualificazione del sistema integrato di cui alla presente lettera;
3) l’esclusione dei servizi educativi per l’infanzia e delle scuole dell’infanzia dai servizi a domanda individuale;
4) l’istituzione di una quota capitaria per il raggiungimento dei livelli essenziali, prevedendo il cofinanziamento dei costi di gestione, da parte dello Stato con trasferimenti diretti o con la gestione diretta delle scuole dell’infanzia e da parte delle regioni e degli enti locali al netto delle entrate da compartecipazione delle famiglie utenti del servizio;
5) l’approvazione e il finanziamento di un piano di azione nazionale per la promozione del sistema integrato di cui alla presente lettera, finalizzato al raggiungimento dei livelli essenziali delle prestazioni;
6) la copertura dei posti della scuola dell’infanzia per l’attuazione del piano di azione nazionale per la promozione del sistema integrato anche avvalendosi della graduatoria a esaurimento per il medesimo grado di istruzione come risultante alla data di entrata in vigore della presente legge;
7) la promozione della costituzione di poli per l’infanzia per bambini di eta’ fino a sei anni, anche aggregati a scuole primarie e istituti comprensivi;
8) l’istituzione, senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato, di un’apposita commissione con compiti consultivi e propositivi, composta da esperti nominati dal Ministero dell’istruzione, dell’universita’ e della ricerca, dalle regioni e dagli enti locali.
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