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Riportiamo con piacere l’intervento che Dora Acri, maestra della scuola dell’infanzia, nostra iscritta, ha fatto al seminario di Bologna, Storie di inclusione ed esclusione, organizzato dal Centro A.A.A., Affido Accoglienza Adozione.
[stextbox id=”info” image=”null”]Intervento di Dora Acri[/stextbox]
Il mio secondo figlio quest’anno ha iniziato la prima classe della scuola primaria. L’altro giorno è tornato triste. Una delle sue maestre, senza una parola, senza una spiegazione, gli ha preso e buttato via la pallina che si era costruito con la carta stagnola del panino portato da casa. Un suo prodotto, una cosa fatta da lui… Ha appoggiato e nascosto la testa sul banco perchè gli venivano le lacrime, mi ha detto.
Accogliere è uno stile di vita, un modo di essere. La scuola dovrebbe essere un luogo sempre accogliente. Ma non è così.
Sono una insegnante di scuola dell’Infanzia; lo scorso anno ho frequentato il corso d’aggiornamento organizzato dal centro AAA (Adozione Affido Accoglienza). Mi è stato chiesto di portare la mia testimonianza sul corso, le criticità che ho rilevato e i punti di forza. Di criticità ne posso rilevare soltanto una: è stato frequentato da insegnanti già “sensibili” e quindi disposti a mettersi in gioco, mentre credo che queste esperienze dovrebbero essere obbligatorie per tutti gli insegnanti. Ma, ahimè, l’aggiornamento ha perso il carattere di obbligatorietà per la mia categoria già da anni, assumendo quello di diritto/dovere, a proprie eventuali spese e senza riconoscimento alcuno.
Diversi invece i punti di forza: il primo è stato scoprire l’esistenza del centro stesso e la possibilità, anche per gli insegnanti, di trovarvi sostegno in caso di bisogno. Il corso mi ha poi aiutato a mettere a fuoco alcune cose fondamentali per il mio lavoro di insegnante, ma anche per la mia esperienza di mamma e di cittadina. Ho trovato le parole per spiegare qualcosa che era già presente nel mio sentire e nel mio vissuto. Sono queste:
Adultizzazione. Nonostante l’attenzione al mondo dell’Infanzia, nonostante le indicazioni che tanti pedagogisti ci hanno fornito almeno negli ultimi 2 secoli, la nostra società non tiene conto dei bisogni reali dei bambini, ha avviato un processo di adultizzazione nei loro confronti che trovo imperdonabile. Stiamo chiedendo ai nostri figli, ai nostri alunni, di adeguarsi ai tempi frenetici della nostra vita: stare al passo a scuola, una scuola spesso a tempo pieno, primeggiare negli sport, essere sempre pronti, non deludere le nostre aspettative… C’è un bellissimo video della pedagogista Maria Grazia Contini, “(Non) c’era una volta l’infanzia” che lo spiega molto bene… Tutti gli educatori, genitori e insegnanti, dovrebbero riflettere su questo.
Rispetto delle storie individuali. In questa corsa frenetica a volte non trova spazio la cura della persona che il bambino è. I bambini sono creature fragili, anche se tirano fuori risorse inaspettate quando meno ce lo aspettiamo… Sono tanto più fragili in quanto si fidano ciecamente degli adulti che hanno vicino, se qualcosa non funziona i bambini si sentono sbagliati. E più delicati ancora sono i bambini che vivono esperienze di adozione e di affido. E’ necessario accoglierli, i bambini, con la storia che hanno, con le famiglie che hanno, e rispettare profondamente tutto quanto portano con sé, avvicinandoli con le giuste parole.
Le giuste parole. Il linguaggio che usiamo è molto importante, racconta quello che siamo e che pensiamo. L’insieme delle attività didattiche che ogni insegnante si prefigge di svolgere è detto curricolo. Ma c’è qualcosa che l’insegnante trasmette senza programmarlo, senza volerlo, attraverso il proprio modo di agire e attraverso le parole che usa… ed è il curricolo nascosto. Per questo è importante curare il modo in cui ci poniamo e in cui parliamo, le nostre parole possono ferire o curare, spaventare o rassicurare …
Autorevolezza. L’ autorevolezza dell’adulto dipende dall’esempio di giustizia e coerenza che riesce a trasmettere. La scuola è il luogo in cui i bambini vivono le loro prime esperienze di cittadinanza e scoprono la necessità di stabilire regole condivise. E’ importante che gli insegnanti si riprendano il ruolo che spetta loro, quello di valorizzare la vita della scuola intesa come comunità, esigendo – se e quando necessario – con fermezza il rispetto del proprio ruolo e del ruolo della scuola, luogo dove imparare a vivere INSIEME, nel rispetto delle diversità. Tutti, genitori e insegnanti, stiamo diventando sempre più individualisti e diffidenti. E spaesati. Per questo ha ancora più valore l’accoglienza, intesa proprio come un modo di essere che dovremmo trasmettere con il nostro esempio a tutti i bambini e le bambine, perché lo facciano proprio!
Condivisione delle metodologie. Gli insegnanti, esattamente come i genitori, devono concordare una linea comune e non contraddirsi in presenza degli alunni; per questo hanno il dovere di parlare tra loro: l’azione educativa funziona se condivisa. A prescindere dalle sensibilità individuali, è importante che gli insegnanti condividano intenzionalità e metodologie. Gli alunni, in un contesto di coerenza, si sentono rassicurati, e questo va a vantaggio di tutti (insegnanti e alunni) in particolare dei bambini con bisogni educativi speciali.
In poche parole, accogliere significa riconoscere i bambini in quanto tali e far sentire loro che li accettiamo e li amiamo come sono, ognuno con la sua storia.
Significa non lasciare mai spazio a comportamenti contrari all’inclusione, anche e soprattutto quando ci sono genitori ad assumerli.
Significa ricordarsi che l’accoglienza non finisce mai e che tutti abbiamo bisogno di sentirci accolti.
E che i bambini ne hanno anche il diritto.