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La scuola nell’età dello tsunami

Recensione del libro di Daniele Barca a cura di Mariagrazia Marcarini

di

Un testo che propone un ripensamento radicale della scuola secondaria di I grado

Nel libro “La scuola nell’età dello tsunami”, l’autore, Daniele Barca, dirigente scolastico della scuola “Mattarella” di Modena, accompagna il lettore in un percorso di ricostruzione, di riflessione critica e proposte concrete per far uscire la “scuola media” da quella parentesi in cui è racchiusa e dove gli allievi galleggiano, tra il passato della scuola “elementare” e il “futuro” della scuola superiore, in un presente in cui la scuola “media” viene compressa in un senso di indeterminatezza.

L’identità della scuola “media” o secondaria di primo grado, fa fatica ad emergere e, scrive l’autore, è come se non avesse una sua connotazione, “stretta tra la necessaria e più̀ antica, post unitaria scuola primaria e la secondaria come preparazione alla vita attiva” e che oggi costituisce, anche nell’immaginario dei genitori, il passaggio dalla scuola primaria, definita di “custodia” ad una scuola che prepara alla “vera esperienza di apprendimento” delle superiori con i voti e le verifiche e i test stringenti.

Dopo la sintesi introduttiva, il libro si sviluppa in tre capitoli.

Nel primo capitolo, nei titoli dei paragrafi sono presenti termini, attribuiti alla scuola, tra loro in relazione, due facce di una stessa medaglia: umanistica/tecnologica; per pochi/per tutti; contenuti/relazioni; unica/differenziata, generalista/specialista; …

Viene tracciato il ritratto di una scuola che non è collegata alla realtà e all’acquisizione di quelle competenze che necessarie alla società odierna e che continua ad insegnare “molte cose inutili”. Inoltre, i ragazzi ad alto rischio di dispersione, solitamente, se riescono a salvarsi e a sviluppare resilienza, rivolgono la loro riconoscenza ad un insegnante che si è preso cura di loro e che li ha aiutati credere in se stessi e nelle proprie potenzialità, sviluppando un rapporto fortemente empatico.

L’autore fa presente che ogni scuola, come istituzione e con l’autonomia scolastica che viene concessa, si fonda su quattro cantoni che definisce come interni: l’aula, la classe, il tempo, il curricolo e la coerenza tra loro caratterizza lo stile di scuola. Affianca a questi quattro cantoni esterni: società̀, sapere, persona e politica che possono permettere lo sviluppo di modelli di scuola molto innovativi, ma che restano chiusi, limitati e circoscritti solo in singole comunità̀ senza una reale diffusione sul territorio nazionale.

Sono sessant’anni che esiste la “media unica”, e se anche è stata superata la discriminazione degli studenti che c’era in passato dopo la scuola elementare, resta comunque una evidente disciplinarizzazione e separazione delle materie, che viaggiano su binari paralleli, con una visione molto specialistica che la fa assomigliare al biennio della scuola superiore. L’apprendimento è molto incentrato sulle nozioni e molto meno su come utilizzarle nel problem solving o nella realtà quotidiana.

Il primo capitolo si conclude con molte proposte, che derivano sia dallo studio e dall’esperienza dell’autore e sia dai suggerimenti di altri autori che vengono raccolti in una cornice propositiva. Queste idee non sono elencate in ordine di precedenza, ma di sviluppo logico, e derivano dall’attuazione dei 4 cantoni “interni” ed “esterni” proposti dall’autore.

Il secondo capitolo è a carattere esperienziale, ma l’autore prima di presentare la proposta innovativa che contraddistingue la scuola “Mattarella” che dirige dal 2016, nel primo e nel secondo paragrafo evidenziato, attraverso descrizioni accurate di situazioni reali durante la pandemia, alcune prospettive da cui è nata la necessità di modificare la presenza delle persone e il loro rapporto con lo spazio, le condizioni, i tempi e i curricoli dell’apprendimento.

L’autore ha sottolineato come la scuola media duri un attimo, sono tre anni che volano e l’urgenza del tempo che corre e della tempesta emotiva che contraddistingue gli anni della preadolescenza, devono portare a riflettere su una diversa suddivisione delle classi, non più e non solo secondo l’età, ma con percorsi individuali in cui gli studenti sono raggruppati secondo alcune caratteristiche, attraverso micro-progettazione, individuando i nodi essenziali delle discipline. Il suggerimento è di ripensare a una diversa scansione dei cicli scolastici, magari unificando in un unico ciclo elementari e medie (e magari infanzia) cioè un ciclo per l’età̀ evolutiva.

Inoltre, deve essere una scuola in cui si sta bene sia individualmente, sia in gruppo secondo le cosiddette Big Five: Estroversione, Amicalità, Coscienziosità, Stabilità emotiva, Apertura Mentale, non ancora così diffuse nella scuola italiana.

Nel terzo paragrafo di questo stesso capitolo viene presentata l’esperienza di autonomia dell’IC3 di Modena, che è, come scrive Barca, una sfida ancora in corso: l’esigenza di cambiare e il percorso per il portare il cambiamento. È un racconto di riflessione didattica realizzata a partire da marzo 2020, ed è riassumibile, nello slogan “oggi si potrebbe”, perché́ in qualche modo le vicende di trasformazione e di adattamento imposte dalla pandemia hanno dato un impulso a un ciclo virtuoso e a un cambiamento di prospettiva.

Però, al di là del forte impulso all’innovazione avvenuto dal 2020, l’evoluzione delle proposte formative che distinguono e caratterizzano la scuola sono nate per tappe, in cui la sperimentazione ha permesso di introdurne sempre di nuove e di più articolate: nel 2016/2017 il progetto DADA (Didattica per Ambienti Di Apprendimento) sperimentando modalità̀ didattiche legate ad un miglior sfruttamento di spazi e tempi; nel 2017/2018 il progetto Aladin@ (Aule Laboratorio DIsciplinari Nuova Adozione) e sperimentazione dei tablet personali (BYON) e Chromebook; nel 2018/2019, nuova scansione oraria su 5 giorni con i due rientri per realizzare i Club pomeridiani.

La pandemia nel 2019/2020 ha rappresentato un’occasione di crescita e riflessione per sperimentare ed approfondire nuovi modelli di lavoro on line, di tutoraggio individuale, di valutazione narrativa superando la valutazione tradizionale.

Nel terzo e ultimo capitolo, nell’anno dell’anniversario dei Sessant’anni della scuola media, l’autore ci invita non solo a sognare una scuola che possa davvero acquisire una sua identità, ma suggerisce, con il “Manifesto” presente nell’ultimo capitolo del libro, alcune proposte e suggerimenti e invita ad uscire dall’età del “Rinuncianesimo”, tentando, appunto, di tracciare un percorso di rinnovamento che già alcune scuole, oltre la sua, stanno, con successo mettendo in atto.

Suggerisce di uscire dalla logica stantia dei “conservare, mantenere, lasciare, confermare” e anche del “riprodurre e proporre,” e di perseguire l’idea del “rimuovere” le barriere sociali e le differenze territoriali.

Ed ecco i dieci punti del manifesto proposti dall’autore:

  • Fare una scuola del presente;
  • Avere una identità̀ formativa legata ai tre anni di massima trasformazione dell’essere umano (la scuola dell’adolescenza);
  • Dar vita al ciclo dell’evoluzione (0-14 anni) premessa al ciclo della maturità̀ (14-18 anni);
  • Trasformare le aule come spazi di vita e di apprendimento;
  • Realizzare percorsi multidisciplinari ancorati alla realtà̀ (scienza, vita, corpo, materia);
  • Distinguere, per ogni alunno, percorsi comuni e percorsi personalizzati;
  • Superare l’unità classe/leva per nascita a favore dell’unità classe per apprendere;
  • Normalizzare le tecnologie come tappeto digitale che accompagna tutti gli apprendimenti;
  • Valutare lo studente raccontandolo e facendolo raccontare per quel che sa fare;
  • Passare dalle verifiche alle sfide per sé stessi, la famiglia e la comunità̀ scolastica .

Il suo sogno e il suo auspicio, per usare le sue parole, è di “lavorare su un diverso modo di insegnare, di considerare le discipline superandone le barricate, integrando digitale e reale, avviandosi anche, dopo averlo fatto con la primaria, verso una valutazione che superi il voto numerico, più allineata con la certificazione delle competenze” e che “la socializzazione e il recupero delle distanze sociali oltre che il benessere a scuola siano affiancati  alla serietà degli studi e alla qualità dell’offerta formativa”.

Un libro interessante, che va letto, non solo per il taglio diacronico che permette di avere chiari i passaggi avvenuti nel tempo e per l’analisi lucida della situazione attuale ma anche per le proposte operative e gli spunti di riflessione che suggerisce e che, attraverso la “riflessione in-azione”, sta sperimentando e documentando.

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