Un tentativo di rilancio prima delle imminenti iscrizioni. Ma servirà?
Il 15 gennaio 2016 si è svolta in 104 licei classici italiani la seconda edizione di “La notte bianca del liceo classico”. Un modo per cercare di attirare, a pochi giorni dalle iscrizioni , l’attenzione su questo liceo che vive una fuga drammatica di iscritti, come è testimoniato dai dati tratti dal Servizio Statistico del MIUR.
Nell’a.s. 2008-09 la percentuale di iscritti al 1° anno del liceo classico su tutti gli iscritti al 1° anno della scuola secondaria di 2° grado era del 10,8%, nell’a.s. 2015-16 è calata al 5,8%, quasi la metà in 7 anni. Se osserviamo la percentuale solo rispetto agli iscritti ai licei si passa dal 20% all’11,5%, anche in questo caso quasi la metà.
Contemporaneamente si fanno più marcate due caratteristiche del liceo classico:
- la meridionalizzazione, nell’a.s. 2015-16 la percentuale degli iscritti al 1° anno del liceo classico sul totale degli iscritti ai licei è dell’8,2% nel Nord Est e del 13% nel Sud e del 14, 9 % nelle isole;
- la femminilizzazione, nel 2015-16 le femmine iscritte al 1° anno sono molto più del doppio dei maschi, il 69,3% rispetto al 30,7%.
Così, nato come scuola dei maschi e per la formazione della futura élite dirigente, il liceo classico si è trasformato in un scuola per signorine della “buona borghesia”, collocate principalmente al Sud.
E’ evidente, a noi pare, che sia un errore isolare oggi la questione del liceo classico e dell’insegnamento delle lingue classiche dal contesto in cui hanno trovato, nel passato, legittimità e prestigio.
PRENDIAMO IL LATINO.
L’insegnamento del latino ha avuto una sua relativa vitalità in due condizioni:
- quando era una disciplina professionale (per teologi, giuristi, notai, letterati, etc.) e una lingua veicolare della cultura internazionale;
- quando il liceo classico era finalizzato alla selezione delle élite nazionali.
Questo modello, di provenienza gesuitica, ha ceduto a cominciare dal secondo Dopoguerra ed è stato travolto dall’avvento della scuola di massa.
Se si parte da queste considerazioni, l’insegnamento del latino può oggi giustificarsi laicamente se si libera dell’alone di giustificazioni tradizionali ( forma l’uomo, apre la mente, insegna il ragionamento critico) e accetta il criterio di una duplice utilità:
- preparare a una scelta professionale specialistica- le professioni dell’antichistica, quelle dell’alta burocrazia ecclesiastica,
- dare all’uomo colto la possibilità della lettura diretta del grande patrimonio letterario e filosofico del mondo antico.
Se non raggiungono questi obiettivi, il latino è destinato a morire definitivamente insieme al liceo classico, che ne è il vero custode.
Se si accetta questa impostazione, l’insegnamento del latino ( e del greco) non potrà che essere riproposto come opzionale, cioè come una scelta individuale, frutto di attitudini, aspirazioni e vocazioni o curiosità particolari.
Condividiamo in conclusione, le parole di un grande latinista, Alfonso Traina:
“Il latino si salva (se veramente vuole essere salvato, e non le sue cattedre) non facendolo studiare male a molti, ma bene a pochi. In altre parole riservando lo studio del latino ai professionisti della cultura umanistico-letteraria.(….) Possiamo solo auspicare che il latino divenga una specialità, nel senso più dignitoso del termine. È questa l’opportunità che possiamo offrirgli e la speranza se vogliamo che parole come memoria ed Europa abbiano veramente un senso” (1983).