di Giacomo Zagardo
recensione di N. Bottani
Giacomo Zagardo, La punta di diamante. Scenari di scolarizzazione e formazione in Europa, Ediguida, ISFOL, Roma 2010.
Il libro di Giacomo Zagardo, pubblicato dall’Isfol per la collana Temi&Ricerche, prende in esame la riforma dei sistemi d’istruzione e formazione e i processi di innovazione in campo educativo, prendendo come punto di riferimento tre sistemi scolastici europei: Finlandia, Francia e Gran Bretagna. Questi tre sistemi sono tra loro assai diversi e conseguono anche risultati differenti, ma tutti sono in permanente trasformazione. Le novità sono incessanti, le riforme si succedono senza interruzione, le proposte di cambiamento si accumulano. Il volume qui recensito prende questi sistemi come termine di paragone per analizzare il sistema scolastico italiano.
Per fronteggiare l’“emergenza educativa” e contrastare la crisi profonda e globale dei sistemi educativi, si impongono coraggiose strategie di cambiamento. Modelli e prassi innovative per la formazione del capitale umano a cui guardare e riferirsi si dirigono verso una maggiore attenzione alle performance nel raggiungimento degli obiettivi e verso una governance basata su un’efficace sinergia tra i diversi attori coinvolti. Scelte coraggiose che si prefiggono di colmare il divario tra società civile e mondo dell’istruzione e della formazione avvicinandosi al territorio, riconoscendone i bisogni e le difficoltà, catalizzando risorse e creando una competitività virtuosa.
(….)
Gli interventi di riforma in Europa presentano differenti sfaccettature, di qui il riferimento al diamante del titolo, ma appare diffusa e comune la consapevolezza di dover riposizionare lo Stato da “gestore privilegiato” al ruolo di garante e promotore di qualità.
E’ palese inoltre l’esigenza di doversi orientare all’autonomia, alla valutazione, all’apertura al territorio e alla libera scelta della scuola da parte dei genitori, con un peso sempre maggiore delle condizioni “al contorno” del sistema, a cominciare da politiche di sostegno familiare e servizi di supporto extrascolastici.
Chiudono il cerchio la promozione di una maggiore autonomia, la forte valutazione del sistema e delle singole scuole sulla base dei risultati, gli investimenti per creare nuova occupazione utile e qualificata, il potenziamento della funzione ispettiva e di controllo da parte dello Stato.”
In questo fa scuola la Finlandia, con la sua strategia di cambiamento reale e non cosmetica, puntando su cooperazione e inclusione e promuovendo strumenti di flessibilità e personalizzazione dei percorsi formativi.
Fa eco l’esempio del Regno Unito, dove ogni scuola può diventare una fondazione aperta alle partnership, mentre la Francia, pur restando ancora indietro nel ranking Ocse, sta provando a superare le rigidità di un centralismo esasperato. (dal sito Isfol)
[stextbox id=”warning” image=”null”]Punti forti dello studio meritevoli di considerazione [/stextbox]
Non ci sono scapppatoie: tutti gli indicatori prodotti dalle indagini sui sistemi scolastici convergono su alcuni parametri che si ritrovano nelle analisi dei fattori di miglioramento dei risultati. Non si può proprio dire che Regno Unito e Francia abbiano sistemi scolastici eccellenti, ma nemmeno il sistema scolastico finlandese nel suo insieme è perfetto. Per esempio:
- ci sono problemi nel settore della formazione superiore nonostante i cambiamenti radicali di questi ultimi decenni che hanno generato una crescita fantastica nella percentuale di studenti che accedono all’università, ma la disoccupazione dei laureati in Finlandia è preoccupante, anche se, ovviamente, questa questione non è imputabile unicamente al sistema scolastico.
- Resta debole il comparto della formazione professionale.
- Il 5,9% degli studenti non proseguono gli studi dopo l’obbligo a 16 anni e non conseguono nessun diploma di formazione secondaria.
E’ comprovata l’impossibilità per il momento di stabilire una classifica dei sistemi scolastici per ordine di qualità. Ogni sistema ha i suoi punti forti e i suoi punti deboli, aspetti buoni e meno buoni, più o meno esplicitati, più o meno noti. Anche in un sistema malandato come quello italiano o quello americano ci sono sfaccettature brillanti. Per esempio, negli Stati Uniti, l’insegnamento superiore è eccellente e in Italia la creatività e l’innovazione nelle crepe del sistema è strepitosa.
In Finlandia non c’è dubbio, l’inizio della scolarizzazione è paradisiaco. Si sottolineano:
- la mancanza di competizione
- la capacità della scuola di articolarsi con le numerose iniziative associative locali di carattere formativo (sportive, manuali, artistiche, culturali di ogni genere, ecc.) esistenti al di fuori della scuola. Zagardo parla a questo proposito di “area di confine”, che è un’espressione più che mai appropriata
- la positiva influenza dell’alto livello di cultura generale della popolazione
- l’accogliente atmosfera delle scuole
- la grande professionalità degli insegnanti
Dal punto di vista politico va sottolineatoun aspetto sovente trascurato: ossia la distribuzione percentuale della spesa per l’istruzione.
In Finlandia, la spesa per il personale rappresentava nel 2008 solo del 60% della spesa globale per l’istruzione (fonte “Statistics Finland”) mentre in Italia era di gran lunga superiore al 90%. In Italia nulla è cambiato a questo riguardo dal 1990. Vent’anni passati senza che si sia modificata la proporzione fra spesa corrente e investimenti, mentre la tendenza a una riduzione radicale delle spese per il personale scolastico era già evidente a quel tempo.
In Finlandia la valutazione non ha un gran peso. Fino ad alcuni decenni fa era quasi del tutto inesistente. Nel sistema scolastico finlandese si scommette sulla professionalità degli insegnanti, ma occorre qui non scordare che la Finlandia è un paese relativamente piccolo (circa 10 milioni di abitanti) per cui è meno difficile gestire il sistema scolastico che non in Italia o in Francia, ed è un paese piuttosto omogeneo sia dal punto di vista geografico che culturale. Se si considera l’estensione geografica occorre dire che la Finlandia è scarsamente popolata, per cui si capisce l’accento posto sull’equità del sistema e l’impegno per garantire lo stesso livello di formazione anche negli angoli più remoti del paese, dalla Lapponia al Nord alla Karelia nel Sud del Paese. Ci sono una minoranza svedese ed una russa che hanno avuto non pochi problemi, sono fattori esogeni al sistema scolastico che non si possono però trascurare. Per questa ragione le comparazioni sono ardue e giustamente Zagardo, in apertura, precisa, e ha fatto bene a dirlo, che il volume non è uno studio comparato.
Il paradigma finlandese non si ritrova né in Francia né nel Regno Unito e forse questo fattore concorre a spiegare i risultati meno brillanti di questi due sistemi scolastici. Inoltre, Francia e Regno Unito hanno una popolazione sei volte superiore a quella della Finlandia.
Zagardo tenta di mettere in evidenza la presenza di parametri analoghi a quelli finlandesi nell’evoluzione recente dei sistemi scolastici britannico e francese. Se è vero che in questi due paesi europei è più difficile cambiare il sistema scolastico e le trasformazioni sono più lente, è anche vero che l’orientamento non è dissimile da quello finlandese:
- ridurre la competizione
- migliorare la qualità e la professionalità degli insegnanti
- promuovere modelli di scolarizzazione alternativi
- accentuare la responabilizzazione delle scuole ( che è un corollario della professionalità degli insegnanti)
- scommettere su dirigenti scolastici di stampo nuovo
- accantonare la pretesa di trasformare la società con la scuola
- rendere il sistema più equo
- trasformare le scuole in luoghi dove sia piacevole andare e starci, fare sì che le scuole siano accoglienti, pulite, non rumorose.
Sia in Francia che nel Regno Unito c’è ancora molta strada da compiere, ma il sistema scolastico britannico è più pragmatico di quello francese, ha una marcia in più. Quello francese è troppo rigido, è anchiliosato
Tra le maggiori differenze esistenti tra Regno Unito, Francia e Finlandia si possono citare:
- l’ossessione per le valutazioni che in Francia e nel Regno Unito si spiega forse con la preoccupazione di governare un sistema che ha una popolazione scolastica molto più numerosa di quella finlandese,
- lo spirito di competizione (pressoché assente in Finlandia) che è invece esacerbato sia in Francia che nel Regno Unito.
[stextbox id=”warning” image=”null”]Alcuni punti critici dello studio[/stextbox]
L’autore si ferma all’Europa e dà l’impressione di credere nell’Europa della scuola, che è teleguidata dalla burocrazia di Bruxelles, dai finlandesi e dagli scandinavi in genere, mentre settori più corposi della politica sono riserva di caccia di altri membri dell’Unione Europea, di quelli che contano, come la Germania, la Francia e l’Inghilterra.
Orbene, le tendenze internazionali nel campo delle politiche scolastiche sono oggi dettate dagli Stati Uniti, dal Canada o dall’Australia, ossia dai paesi che hanno la massa critica più forte di ricercatori nel campo scolastico.
L’autore prende come criterio di giudizio gli obiettivi di Lisbona che sono mutuati dagli indicatori dell’OCSE e che non innovano affatto, ma questa è un’altra storia che tralasciamo di commentare in questa sede.
Carente è la parte riservata alla formazione superiore, che è trattata in modo affrettato, ma per la verità pochi se ne occupano, anche se sarebbe importante farlo.
Assente è l’analisi dei curricoli, non tanto dei contenuti ma delle procedure adottate per forgiarli.
Inoltre, quel che succede realmente dentro le scuole rimane una scatola nera. Se ne sa qualcosa di più per la Finlandia, molto meno invece per la Francia e per il Regno Unito, anche per la scarsissima penetrabilità del lavoro degli insegnanti
[stextbox id=”warning” image=”null”]Conclusione[/stextbox]
Piacevole è la citazione, posta all’inizio, di François Dubet che interverrà al prossimo seminario internazionale dell’ADI “Il dito e la luna“:
“Le riforme più conservatrici e più autoritarie sono passate con qualche baratto mentre le riforme più innovative sono state uccise prima di nascere. C’è qualcosa di tragico in questa storia: dover assistere a un sistema che lavora ostinatamente per il proprio indebolimento”.
Dubet allude alla politica francese, ma la massima vale ovunque, purtroppo. Ci sono sistemi scolastici in cui pervicacemente si lavora per insabbiarli e indebolirli e altri invece nei quali le forze sociali congiunte operano per smantellare le barriere poste dalle resistenze di ogni tipo, dagli interessi occulti che si prestano a tutti i giochi di potere, dalle capriole verbali che descrivono progetti fantasmagorici per mascherare losche operazioni di potere. Il merito degli Scandinavi e della società finlandese risiede appunto nella presenza di ampie coalizioni sociali tese verso il miglioramento. Ci si può chiedere se dinamiche virtuose come queste potranno essere innestate anche nel federalismo scolastico italiano, sempreché si riesca a realizzarlo. Zagardo non si pone questa domanda.
In conclusione si tratta di un lavoro encomiabile, molto utile e documentato.
Permette di farsi un’idea chiara, ancorché parziale perché i sistemi scolastici evolvono incessantemente, di quel che succede in Francia e nel Regno Unito.
L’analisi del sistema scolastico finlandese è eccellente.
Lo studio è tutt’altro che settario anche se, a volte, pecca di qualche ingenuità. Se ne raccomanda la lettura.
[stextbox id=”download”]Giacomo Zagardo, La punta di diamante. Scenari di scolarizzazione e formazione in Europa, 2010. Testo scaricabile in pdf[/stextbox]