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La presente nota, che si inserisce nel contesto delle osservazioni fatte nella mia precedente pubblicazione Evoluzione e riforma dell’apprendistato in Italia, contiene alcune osservazioni e proposte riguardanti la riforma dell’apprendistato varata dal governo con il decreto legislativo del 28 luglio 2011 (Testo unico dell’apprendistato) . La riforma ha avuto il parere favorevole delle Regioni e delle parti sociali. La nostra nota propone anche misure in favore dell’occupazione giovanile
[stextbox id=”alert” image=”null”]No a tre tipologie di apprendistato. Vanno ricondotte a due[/stextbox]
In opposizione a quanto prevede la riforma si propone di istituire non tre ma due tipi di apprendistato:
- apprendistato A per il conseguimento di una qualificazione professionale
- apprendistato B superiore ( l’Apprendistato di alta formazione e di ricerca dell’art. 5 del Testo Unico)
Con la prima tipologia A) si propone di ricondurre ad un unico modello le due tipologie previste dagli artt.3 e 4 del Testo Unico ( Art. 3 Apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale e Art. 4 Apprendistato professionalizzante o contratto di mestiere). Infatti tale separazione indebolisce l’apprendistato dei minori, come dimostra l’elevata diminuzione di allievi, inoltre induce sentimenti di ghettizzazione.
[stextbox id=”alert” image=”null”]Immotivato inizio dell’apprendistato professionalizzante a 18 anni[/stextbox]
La riforma fissa, senza motivo, a 18 anni compiuti l’ingresso di allievi nel cosiddetto apprendistato professionalizzante. La nostra controproposta consiste nel fissare il livello minimo d’ingresso uguale sia per l’apprendistato professionalizzante sia per l’apprendistato per la qualifica e il diploma che noi vorremmo ricomposti in un’unica tipologia A (apprendistato per il conseguimento di una qualificazione professionale) Non vi è nessun paese in Europa – tranne l’Italia – che impedisce di entrare in apprendistato professionalizzante prima dei 18 anni. In questo momento di crisi dell’occupazione giovanile non è assolutamente opportuno posticipare l’età di inizio della formazione professionale.
Per quanto concerne invece la diatriba tra fissare l’età minima di ingresso in apprendistato a 15 o a 16 anni, non esprimiamo al riguardo nessuna pregiudiziale di tipo “ideologico” nei confronti dell’ingresso a 15 anni, che peraltro serve a rimotivare ragazzi che hanno già ripetuto almeno un anno nella scuola secondaria di 1° grado. In generale, però,occorre trovare forme serie di raccordo con l’IeFP, dove si entra a 14 anni e lì si assolve all’obbligo di istruzione. Ho già posto nel mio precedente intervento, Evoluzione e riforma dell’apprendistato in Italia, la mia assoluta contrarietà rispetto al fatto che in Italia non si voglia considerare l’apprendistato all’interno del sistema educativo e che dell’apprendistato non se ne occupi anche il MIUR. Si tratta di trovare il modo di valorizzare questa forma di istruzione e di inserirla a pieno titolo e organicamente nei percorsi educativi.
[stextbox id=”alert” image=”null”]Apprendistato superiore o di alta formazione e di ricerca[/stextbox]
Riteniamo invece condivisibile la tipologia indicata dall’art.5 del Testo Unico come Apprendistato di alta formazione e di ricerca (che può essere semplicemente denominato apprendistato superiore). Tramite esso si introducono varie formule di apprendistato di livello alto.
Tali percorsi meritano di essere definiti e approfonditi nelle sedi adeguate. Ci si limita qui ad alcune osservazioni.
1) Mancano i dati circa l’entità dei flussi di domanda e offerta di apprendistato superiore. Ne parliamo quindi a prescindere dalla loro reale consistenza.
2) L’innovazione più importante consiste nel poter conseguire, per via di apprendistato, titoli di studio con valore legale. Essi sono: la laurea, la laurea specialistica, il diploma di maturità tecnica e il diploma di maturità professionale.
Questi titoli possono essere conseguiti in regime di apprendistato anche eventualmente limitando questo regime agli ultimi anni di ciascun corso (es. ultimi due anni dell’istituto tecnico). Oltre a questi percorsi verso un titolo di studio legale si possono realizzare corsi post diploma o post laurea (quali: i corsi per tecnici superiori, i master universitari e i dottorati).
3) Vanno individuate le autorità competenti e i soggetti interessati per la programmazione e gestione di queste attività.
[stextbox id=”alert” image=”null”]Occupazione giovanile[/stextbox]
Infine vorrei aggiungere che l’apprendistato non può essere l’unica misura per affrontare i problemi dell’occupazione giovanile.
Vi sono due tipi di intervento che sarebbe opportuno attivare.
1) Il primo è rivolto ai giovani che svolgono una attività non qualificata, ripetitiva. Gli inglesi la chiamano lavoro senza formazione. Questi giovani talvolta o di frequente sono reclutati come apprendisti. In realtà sono apprendisti finti, privi di prospettive di sviluppo professionale. L’intervento pubblico dovrebbe prevedere anche per essi un contratto di lavoro part-time al fine di consentire di dedicare una parte del loro tempo (40 o 50%) per formarsi come lavoratore qualificato in un altro settore.
2) Il secondo intervento fa riferimento alla situazione di disoccupato, situazione da affrontare mediante incentivi alle aziende per favorire l’inserimento lavorativo. I giovani disoccupati rischiano di diventare disoccupati di lungo periodo o permanenti. Se non c’è lavoro lo si inventa (con l’aiuto di incentivi pubblici, delle grandi imprese e organizzazioni).
[stextbox id=”download” caption=”Download”]1) Il Testo Unico dell’Apprendistato, D.lgs 28-07-11[/stextbox]
[stextbox id=”info” caption=”Link”]1) Livio Pescia, Evoluzione e riforma dell’apprendistato in Italia, febbraio 2011
2) Alessandra Cenerini, Il ripristino dell’apprendistato a 15 anni è legge ,ottobre 2010
3) Livio Pescia, La missione dell’apprendistato, Luglio 2007 [/stextbox]