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COSA SI PENSA NELLE SCUOLE DELLE RILEVAZIONI INVALSI? QUALI SONO I FATTORI CHE INFLUENZANO GLI APPRENDIMENTI?

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Nei giorni 28 e 29 ottobre l’INVALSI ha tenuto a Formia un seminario di approfondimento sui risultati del Questionario Insegnanti e del Questionario Scuola, volti ad indagare da un lato i pareri sulle prove INVALSI e dall’altro i fattori che influenzano i risultati. All’interno gli esiti dei questionari.

Qualche lume in più dal Seminario Invalsi del 28-29 ottobre a Formia

a cura di Tiziana Pedrizzi

[stextbox id=”grey” image=”null”]Seminario INVALSI  sui  risultati del Questionario Insegnanti e del Questionario Scuola[/stextbox]

A fianco e parallelamente al percorso della Buona Scuola si va svolgendo la vicenda della valutazione degli apprendimenti e delle scuole.

Come ricorda il titolo di un’iniziativa prevista per il 4-5 dicembre “10 anni di prove Invalsi”, è ormai da tempo che questa vicenda si snoda fra alti e bassi, a cominciare dal ministero Moratti per passare attraverso Fioroni, Gelmini, Profumo, Carrozza ed ora Giannini. Nessuno di questi ministri ha dimostrato particolare interesse ed entusiasmo per questo terreno, nemmeno i ministri dei governi più direttamente ispirati dall’Europa, che è il patrocinatore, piuttosto silenzioso ma potente, di tutto ciò.

Nonostante questa “freddezza” nei confronti dell’INVALSI, lentamente si è avanzati e si è ora arrivati al consolidamento del Servizio Nazionale di Valutazione, alla permanenza nell’esame della media di una prova standardizzata, alla prospettiva di un qualche puntello più convincente dei commissari esterni da collocarsi nelle prove della maturità. Si è anche arrivati alla messa in campo del Regolamento per la Valutazione con l’obiettivo della valutazione/autovalutazione delle scuola.

A Formia i risultati dei Questionari Insegnanti e Scuola        

Questionari Insegnanti e  ScuolaNei giorni 28 e 29 ottobre si è tenuto a Formia un seminario di approfondimento sui risultati del Questionario Insegnanti e del Questionario Scuola , che Invalsi somministra in via sperimentale da due anni a insegnanti e dirigenti scolastici delle scuole campionate durante le prove del SNV. Un discorso per ora di confronto fra esperti e ricercatori che si occupano di istruzione, ma che la presidente Ajello ha detto di volere allargare ad un pubblico più vasto, alle scuole.

In effetti gli oggetti dei questionari sono di grande interesse. Le direzioni sembrano essere due.

  1. Da un lato si chiede per la prima volta ad una platea molto ampia di insegnanti e dirigenti scolastici il parere sulle prove del SNV dal punto di vista sia dei loro contenuti, sia delle modalità organizzative della somministrazione e della restituzione dei risultati. Si chiede anche il parere su alcuni dei risultati più interessanti, quali ad esempio la differenza fra Nord, Centro e Sud.
  2.  Dall’altro si cerca di approfondire quelli che vengono comunemente indicati come fattori scuola o fattori classe (modalità della didattica ecc..) e di metterli in relazione con il livello degli esiti di apprendimento. E’ la strada di PISA che da più di 10 anni non si limita a stilare graduatorie di Paesi, ma cerca di individuare, ad uso soprattutto dei policy makers, quali sono le possibili leve da utilizzare per migliorare le situazioni.

1^ Direzione: parere sulle prove INVALSI

 prove INVALSILa prima direzione è forse nell’immediato la più importante. A lungo e da più parti si è rimproverata all’Invalsi una sorta di arroccamento che forse poteva giustificarsi con la estrema difficoltà con cui l’Istituto è riuscito ad avanzare nel suo lavoro, per la evidente ostilità e/o indifferenza non tanto delle scuole quanto dell’establishment politico- pedagogico – sindacale. Che questo fosse e sia vero lo dimostrano i dati.

Agli insegnanti delle scuole campionate delle due materie indagate (Italiano e Matematica) è stato chiesto di rispondere su una piattaforma web ad una serie di domande (tempo ipotizzato 30 minuti) nel periodo dal 4 luglio al 24 settembre, in periodo notoriamente morto per le scuole. Stessa cosa per i Dirigenti Scolastici. La percentuale dei docenti rispondenti è stata mediamente, su un totale di 6552 classi, del 76,6% per gli insegnanti di Italiano e, su un totale di 6479 classi,dell’81,8% per gli insegnanti di Matematica, andando dal 75,1% degli insegnanti di italiano del biennio delle superiori all’88,7% degli insegnanti di Matematica della terza media. Indubbiamente un buon risultato.

Istituire un rapporto diretto di raccolta di opinioni e suggerimenti è molto importante, non solo per motivi di immagine e di acquisizione del consenso, ma anche ovviamente perché dalle scuole possono pervenire suggerimenti e rilievi preziosi.

Le risposte degli insegnanti

Le risposte degli insegnanti Nel corso del Seminario sono state presentate alcune delle risposte al Questionario degli insegnanti, rassegna che attende di essere completata soprattutto per quanto riguarda il contenuto delle prove, la loro congruenza con le Indicazioni nazionali e con il lavoro svolto in classe e le reali capacità degli allievi. Punti molto importanti su cui Invalsi è riuscita a completare solo l’analisi delle risposte aperte che era possibile dare in una parte del questionario, opportunità colta solo dal 12% dei rispondenti, soprattutto insegnanti di 3^ secondaria di 1° grado per i quali la Prova Nazionale era stata di evidente interesse, andando ad incidere sul voto di esame. In questa sezione giudizi assolutamente negativi e assolutamente positivi sembrano equilibrarsi, mentre la maggioranza esprime osservazioni più o meno critiche, dalle quali si può dedurre che i punti caldi sono:

  • la possibile contraddizione fra prove standardizzate e personalizzazione dell’insegnamento (alle elementari),
  • l’inclusione di tali prove fra quelle di esame
  • ed infine l’equità della comparazione dei risultati fra scuole con composizione diversa degli allievi, in particolare in relazione alla presenza di stranieri e di problemi di apprendimento di diversa gravità.

Abbiamo invece già il risultato delle risposte su altri punti di interesse:

  • il giudizio parzialmente o totalmente positivo sulla reperibilità e fruibilità delle informazioni si aggirano fra il 73 ed l’82%,
  • il giudizio positivo o parzialmente positivo sui tempi di restituzione oscilla fra il 64 e l’81%,
  • il giudizio positivo o parzialmente positivo sulla chiarezza delle informazioni si colloca fra il 67 e l’82%.
  • meno entusiastico il giudizio sulla utilizzabilità dei risultati, espresso dal 56% degli insegnanti di italiano del biennio –che si confermano i più critici –compensati dal 74% dei colleghi della terza media. Qui si rilevano anche differenze territoriali, assenti nelle altre risposte: in questo caso il Sud ed il Sud Isole, in particolare la Puglia, superano le altre parti di Italia, forse anche per l’esperienza acquisita nel quadro dei Progetti PON. Se poi si domanda in cosa concretamente questi dati potrebbero essere utilizzati, il consenso maggiore viene riscontrato dal loro utilizzo all’interno della autovalutazione di istituto che supera decisamente l’utilizzo per la valutazione degli studenti, per il confronto fra i livelli di apprendimento delle diverse classi della scuola e soprattutto per la pubblicizzazione ed il confronto con le altre scuole, finalità che si colloca abbastanza prevedibilmente in fondo alla graduatoria. Un viatico almeno parzialmente positivo dunque per un’attenzione agli esiti nel quadro della valutazione/autovalutazione di istituto che sta partendo, ma forse una non ancora completa consapevolezza che questa comporterà una certa pubblicizzazione degli esiti delle prove, anche se non strutturalmente in forma di classificazione.

Quanto poi al punto molto delicato del divario delle competenze degli studenti fra Nord e Sud costantemente registrato dalle indagini, la percentuale di insegnanti (articolati per le classi e la disciplina insegnata) che si dichiara d’accordo con questa analisi va dal 38,7 al 50,1 % degli insegnanti di lettere del biennio con una crescita coerente con l’ effettivo aumento del divario. Non è irrilevante peraltro la percentuale di chi si dichiara in disaccordo, percentuale inferiore ma che mediamente si attesta intorno al 35%. La maggioranza di questi insegnanti si colloca nel Sud Isole (57,2%) e nel Sud (51,8% ) dove coloro che non esprimono una opinione non superano il 12%, a fronte del 25-29% del Nord e del Centro. Ne rimane confermata la tesi che la principale ragione per cui queste aree del territorio italiano non migliorano è che non ritengono di doverlo fare. E neanche di poter riuscire a farlo: il 10-11% nel Sud e Sud Isole ritiene che insegnanti e presidi non possano contribuire a ridurlo, a fronte del 5-7% del Nord e del Centro; a riprova, gli ottimisti circa la possibilità di ridurre il divario in maniera importante vanno dal 49% del Nord al 33-35% del Sud e Sud Isole.

Le risposte dei dirigenti

Le risposte dei dirigentiAssieme al Questionario insegnanti, secondo le stesse modalità e con la stessa duplice finalità, è stato proposto un Questionario Scuola rivolto ai dirigenti scolastici delle scuole campione. I quali hanno risposto con meno zelo dei loro docenti raggiungendo solo il 52%, suddividendosi in maniera abbastanza omogenea fra le diverse aree geografiche, con una minore risposta nell’area Sud e Isole.

Quelli che hanno risposto, hanno espresso:

  • un giudizio positivo sulle procedure, sulla chiarezza delle informazioni sui risultati e sulla loro reperibilità nonché sulla loro utilizzabilità. Particolarmente positivo il giudizio dei dirigenti del Sud, anche qui probabilmente grazie alle esperienze maturate nei progetti PON.
  • I dirigenti, come gli insegnanti, vedono positivo il collocarsi delle rilevazioni nell’ambito della autovalutazione di istituto e del confronto fra le classi, mentre esprimono contrarietà nei confronti della pubblicizzazione e del confronto fra scuole. Se si passa però al loro utilizzo effettivo (peraltro dichiarato), le uniche attività un po’ diffuse sembrano essere
    1) la presentazione al Collegio Docenti (33,8%),
    2) la discussione con insegnanti delle discipline (18.6%),
    3) il commento in una commissione apposita (15,1%),
    4) la discussione con i singoli insegnanti(14,9%).
  • Quando si esce dall’ambito ristretto degli addetti ai lavori poi, le percentuali si atomizzano: solo il 7,4% li discute con il Presidente del Consiglio di Istituto (si ricordi che dall’anno scorso questi riceve d’ufficio i dati dall’Invalsi), solo l’8% li discute con i genitori nei Consigli di Classe ed infine si arriva al 2,2% per la presentazione a soggetti esterni alla scuola. E si ricordi che si tratta del dichiarato della metà che ha ritenuto di rispondere.

Anni fa c’era chi sosteneva che l’utilizzo dei risultati si sarebbe espanso spontaneamente senza forzature esterne. per la spinta interna delle scuole a migliorarsi. Questi dati sembrano dire altro, a conferma di una impressione oramai abbastanza consolidata. Del resto questi stessi dirigenti ritengono che i più favorevoli alle rilevazioni siano nell’ordine:

  • i membri del Consiglio di Istituto,
  • i genitori,
  • gli studenti
  • e solo per ultimi i docenti.

2^ Direzione: i fattori correlati ai risultati

Fattori correlati ai risultatiSe passiamo invece al secondo obiettivo della rilevazione, le cose si fanno più complicate. E’ oramai noto che, allo stato attuale di sviluppo degli strumenti della ricerca, cercare e trovare le correlazioni fra livello degli esiti e fattori individuali e di scuola non è sempre facile. Ci provano le analisi internazionali, con l’obiettivo di indicare strade di intervento, di policy, come si dice. Comincia a provarci anche Invalsi con lenti più focalizzate sul caso nazionale e perciò potenzialmente più convincenti.

I fattori individuali (genere, nazionalità, status economico-sociale) la fanno sempre da padrone.

Quando si passa ai fattori scuola e/o classe cominciano le complicazioni ed anche le delusioni, perché talvolta si scopre che alcuni fattori che a priori si son sempre pensati come influenti in senso positivo non sembrano essere di gran peso. Il caso più noto, ribadito da oramai 5 edizioni di PISA, è quello degli input quantitativi: basso numero di studenti per classe, risorse presenti (non utilizzate …) nella scuola, tempo scuola non sembrano contare granché, quando addirittura non sono correlate in senso inverso, non necessariamente in un rapporto causale.

Una delle ragioni, molto sottolineata nel seminario, è che si tratta di autodichiarazioni e perciò possono essere distorte, anche quando non si voglia pensare che non riflettono la realtà per ragioni di desiderabilità sociale,. Necessitano pertanto di riscontri oggettivi che possono derivare da evidenze o anche da osservazioni dirette.

Ad esempio non sempre si sono trovate correlazioni fra metodologie coinvolgenti ed innovative auto-dichiarate e buoni esiti. Più volte in PISA si è argomentato che in molte nazioni gli indirizzi che attirano gli studenti a più alto status economico-sociale e pertanto con migliori esiti garantiti sono anche quelli più tradizionalmente conservativi, perché non hanno bisogno di cambiare per continuare a funzionare. E’ ad esempio il caso dei licei italiani. Altri sostengono che sia tutta da dimostrare la reale efficacia di queste metodologie, soprattutto nei confronti di studenti poco dotati di autonomia cognitiva e caratteriale. Fatto sta che le dichiarazioni degli studenti quando, come spesso accade, sono convergenti, sembrano essere un indicatore più attendibile delle autodichiarazioni degli insegnanti, di quanto effettivamente avviene in classe da questo punto di vista. Particolarmente interessante l’approfondimento sugli studenti che OCSE definisce “resilienti” che cioè ottengono risultati al di sopra di quelli attesi in relazione al loro status economico-sociale. Si tratta di un tema molto importante ai fini dell’ equità sociale e dello sviluppo delle nostre società. Un problema particolarmente forte nel nostro paese caratterizzato da scarsissima mobilità sociale.

Una domanda in conclusione

Una domanda in conclusioneSorge alla fine una domanda: che rapporto c’è fra questo lavoro e la valutazione delle scuole che sta partendo?

Gli obiettivi sono certo in parte diversi.

Qui si cercano i fattori correlati agli esiti a livello di sistema macro, sia pure con le sue articolazioni territoriali: il ruolo degli esiti è centrale. Inoltre si vogliono raccogliere le opinioni degli insegnanti sui contenuti delle prove INVALSI, anche mettendo in relazione i risultati con le pratiche didattiche.

Là si vuole avviare un sistema di autovalutazione/valutazione esterna delle scuole con l’obiettivo del miglioramento: in tale modello il ruolo centrale degli esiti (che non son solo le prove Invalsi) sembra in via di consolidamento, dopo un inizio molto attento ai processi. Dunque l’indagine legata al questionario insegnante e al questionario scuola potrebbe essere utile e in una certa misura convergere, anche in un’ottica di razionalizzazione delle risorse che continuano per Invalsi ad essere scarse, con i paradigmi di riferimento del processo di autovalutazione e azioni di miglioramento delle scuole

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