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La Commissione
A fine novembre il ministro Carrozza ha insediato una commissione per selezionare la rosa di nomi tra cui designare il nuovo presidente dell’Invalsi, dopo le dimissioni di Paolo Sestito.
La commissione è così costituita :
- Tullio De Mauro, presidente,
- Benedetto Vertecchi,
- Clotilde Pontecorvo,
- Cristina Lavinio,
- Giorgio Israel.
Fatta salva la grande stima che portiamo a Tullio De Mauro, non possiamo esimerci dal sottolineare come la composizione di questa commissione non lasci dubbi sulle intenzioni del Ministro Carrozza. E speriamo che quelle del governo Letta, dopo la nomina del nuovo segretario del PD, Matteo Renzi, non coincidano con le sue!
E’ chiara, e non da ora, la volontà dell’attuale inquilina di Viale Trastevere di smantellare quanto l’INVALSI ha faticosamente costruito in questi anni, peraltro anche con leggi che sarà difficile cancellare.
Ci si riferisce in particolare alle seguenti realizzazioni del SNV :
- la valutazione annuale “censuaria” delle competenze in Italiano e Matematica degli studenti in alcune classi dei vari ordini e gradi scolastici
- la presenza di una piccola parte di valutazione basata su prove esterne in uno dei due esami di stato italiani.
Se si esaminano i componenti della Commissione si riscontra che:
- dal punto di vista della professionalità non è presente nessun economista dell’istruzione, nessuno statistico, ma principalmente pedagogisti ed esperti in didattica di discipline appartenenti al filone più tradizionale della pedagogia impropriamente detta “progressista”.
- dal punto di vista delle posizioni nel merito del problema della valutazione, si tratta di universitari contrari all’impostazione attuale di INVALSI, con qualche lieve copertura.
Particolari che spiccano:
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- il prof Israel (forse messo in quota al centro destra?) è da sempre su tutti i media il più virulento oppositore delle valutazioni standardizzate;
- il prof Vertecchi ha anch’egli da sempre espresso pesanti perplessità sulle attuali attività dell’Istituto di Valutazione. Non bisogna dimenticare che egli ha presieduto il CEDE – il papà dell’INVALSI- fino all’inizio del nuovo secolo e sotto la sua gestione l’impianto è stato quello di ricerche di nicchia e di una partecipazione “silenziosa” alle valutazioni internazionali, mentre fuori dai nostri confini si scatenava lo tsunami valutativo. Silenziosa nel senso che nessuno ne sapeva nulla, come successe per PISA 2000.
Le battaglie di retroguardia dell’Accademia
A sostegno di questo “colpo di mano”, che evidentemente era preparato da tempo, è uscito anche un appello a firma di cordate intere di universitari di ogni livello e di ogni tipo di competenza sulla valutazione, appartenenti per lo più a Scienze della Formazione. Vale la pena di sottolineare che in questi dipartimenti tutto si insegna agli studenti tranne che a confezionare, testare ed analizzare prove per la misurazione degli apprendimenti e delle competenze. Quando va bene, le esperienze che i firmatari possono vantare sono di nicchia, iniziatiche e programmaticamente ostili a qualsiasi operazione su larga scala.
I firmatari addirittura ipotizzano che l’ostilità delle scuole sia dovuta all’assenza della loro prestigiosa supervisione accademica … Suvvia!
Peccato che non si abbia memoria di nessuna bella battaglia scientifica a viso aperto fatta da questi firmatari contro gli incompetenti che avevano assaltato e preso la fortezza del CEDE …
Dove vogliono andare a parare questi revenants? Vogliono essere loro a fare meglio il lavoro degli attuali esperti INVALSI? O dare copertura accademica alla definitiva collocazione dell’Italia fra i paesi in via di sottosviluppo, nascondendo i dati sull’istruzione e chiudendo gli occhi sulla situazione preoccupante della scuola nel nostro Paese con le sue drammatiche differenze! I dati non sono la soluzione dei problemi, ma l’indispensabile premessa per risolverli!
Gli obiettivi dell’assalto
Interessante è evidenziare quali sono i presumibili obiettivi della “normalizzazione” che si ha intenzione di realizzare, e cioè:
° L’abbandono del “censuario” (ossia di tutte le scuole) per ritornare al “campionario” (ossia solo di alcune, che possono dare un’idea del livello di diversi territori). Un PISA autarchico? Fatto magari copiando i framework di PISA? Soldi buttati.
Una controriforma già tentata dal Ministro Fioroni appena insediatosi, ma che lo stesso ministro stava successivamente correggendo, avendo capito quanto strumentali fossero i consigli dei suoi consiglieri. Strumentali agli interessi di alcuni sindacati, che pensano di acquistare popolarità e tessere evitando alle scuole un rispecchiamento preciso della loro situazione che è possibile solo con il censuario.
La scusa è che i dati di somministrazioni così massicce non sempre sarebbero attendibili. Ma grazie a Dio ci sono scuole che non fanno copiare e bisognerebbe fare in modo – con le buone o con le cattive – che tutti facciano così e non darla vinta a chi ha la coda di paglia ed otterebbe alla fine, con il passaggio al campionario, di continuare nella impunità della “autovalutazione”. L’obiettivo sarebbe infatti quello di tornare all’ininfluente CEDE della fine del secolo scorso, interessante solo per i ricercatori che vi soggiornavano.
Ma non si può, perchè oramai il dubbio su ciò che davvero imparano i ragazzi a scuola è entrato nella testa dei cittadini!
° Il secondo obiettivo è quello di tenere lontano ogni forma di valutazione esterna dai voti degli esami di stato (3^ secondaria di 1° grado e 5^ secondaria di 2° grado), in modo tale che la scuola non sia in alcun modo verificata sull’attendibilità dei giudizi che dà sui suoi studenti.
Oggi in realtà la Prova Nazionale influisce per meno del 20% sul voto dell’esame di 3^ nella secondaria di 1° grado, mentre il voto del diploma nel 2° ciclo sta come sempre nelle mani delle Commissioni. Però l’attendibilità di quest’ultimo tende allo zero da quando sia PISA sia le prove INVALSI hanno dimostrato che i territori con i più bassi livelli sono quelli in cui i voti di maturità sono più alti .
In realtà, al momento, nessuno ha pensato di cambiare il diploma (con il Parlamento che abbiamo!), ma è in corso l’ipotesi di realizzare una prova simile a quelle somministrate negli altri anni anche nel corso dell’ultimo anno, senza peraltro alcuna ricaduta sul voto finale. Certo, se Università o datori di lavoro vorranno sapere qualcosa di attendibile su ciò che sanno davvero fare gli studenti , è lì che forse dovranno guardare.
Ai difensori col coltello fra i denti del valore legale del titolo di studio bisognerebbe ricordare l’antico detto che non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca: mano libera sui voti e su ciò che si insegna e contemporaneamente credibilità. In ogni caso, per ora, ciò che viene determinato dalla prova standardizzata esterna è solo meno di un quinto del voto finale di terza media, voto che non ha alcuna ricaduta sul futuro dello studente. Mancano peraltro dati su quanti 10 (sembra sia questo il problema) le scuole non abbiano potuto dare a causa di questo crudele marchingegno. Non importa.
Da quando è stata istituita la Prova Nazionale, esiste una parte di dirigenti scolastici e sindacati che lamentano di non potere determinare in modo totale l’immagine dello studente che deriva dal voto. Delirio di onnipotenza? PISA afferma, sulla base di dati internazionali, che esiste un gap fra voti di scuola (si intende in Lingua 1, Matematica e Scienze) e prestazioni effettive nell’indagine, a favore di un certo genere di studenti più socializzato, quali ragazze e studenti di background alto.
Non è forse uno dei must del pensiero progressista nella scuola quello di valorizzare tutte le intelligenze, anche quelle “naturali” che si trovano in strati sociali non favoriti? Le prove esterne (in Germania sono state adottate da tempo addirittura nel loro prestigioso Abitur) servono anche a questo, uno stimolo cioè a incrementare gli apprendimenti. E’ noto che dopo l’introduzione della Prova Nazionale di Matematica i risultati degli studenti italiani in TIMSS 2011 hanno registrato il maggiore incremento a livello mondiale fra il 2007 ed il 2011.
Sarà difficile che la scuola riprenda quota nella stima dei cittadini se pensa di sottrarsi pervicacemente ad ogni di tipo di valutazione.
Ma davvero queste tendenze riflettono gli atteggiamenti delle scuole o quanto meno della loro parte migliore?
Ci si domanda anche se questo tentativo di oscuramento sulla realtà della nostra scuola sia in linea con le intenzioni di una classe dirigente che sappia guardare al futuro.