MINISTRO, ABBIA CORAGGIO!
TRE INTERVENTI SUBITO PER SALVARE L’ISTRUZIONE

Onorevole Ministro,

nei 22 anni di questo travagliato secolo lei è il tredicesimo inquilino di Viale Trastevere, con una variante: a lei pare data la possibilità di interrompere la sequela dei traslochi e di rimanervi per i prossimi 5 anni, come fu per Letizia Moratti. Una condizione di grande privilegio, non le pare? Perché? Perché può realizzare  riforme indispensabili, senza dover compiacere alla vulgata di turno, senza dover indulgere a pregiudizi  antichi che da anni bloccano riforme essenziali.

Noi le proponiamo tre riforme che consideriamo vitali, irrinunciabili, se si vuole salvare, se ancora sarà possibile, una scuola  da cui i ragazzi fuggono, dando all’Italia alcuni dolorosi primati.

Le aggiungerò che le tre riforme che le proponiamo hanno per lei un vantaggio: l’ideologia dominante le considera di “destra”. Un’etichettatura a noi da sempre incomprensibile, ma così è stato in questi anni, a partire dai sindacati, ma non solo.

Ecco dunque le nostre proposte, di cui se vorrà, le forniremo ampia documentazione.

1. LEADERSHIP SISTEMICA E LEADERSHIP  INTERMEDIA

Si tratta di un problema che la scuola si trascina da  quasi 40 anni e, in maniera più pressante, dall’avvio dell’autonomia scolastica.

Bisogna definitivamente sfatare  la convinzione che l’insegnamento sia un’ attività individuale, che per avere una buona scuola basti il bravo insegnante solitario, il cui mito vive nonostante l’istruzione di massa e il milione di insegnanti in servizio. E’ l’idea fallace che il solo potere dei singoli sia in grado di cambiare il sistema.

Su questo mito si sono costruite quelle che Andy Hargreaves chiama «proposte stravaganti»: pagare meglio gli insegnanti più bravi (merit pay), penalizzare quelli meno bravi, mettere gli insegnanti in competizione, monitorarli costantemente per indurli a fare meglio.

Ciò di cui c’è invece indilazionabile bisogno è la costruzione nella scuola di un “capitale socialeben strutturato e organizzato, capace di  sviluppare la  collaborazione, la responsabilità collettiva e la reciproca assistenza. Questo comporta il superamento dell’attuale piatta organizzazione e la costruzione di forme più diffuse e strutturate di leadership con il superamento di un altro mito: l’unicità della funzione docente.

E’ indilazionabile predisporre una differenziazione della carriera docente con possibilità di stabili avanzamenti professionali che configurino nuove figure di leadership e nuovi ruoli, da definire prima con legge nello stato giuridico poi nel contratto.

Le ragioni che sorreggono questa scelta sono due:

1)  favorire e guidare  migliori forme di apprendimento, sostenendo l’autonomia scolastica, le reti di scuole  e gli ambiti territoriali;

2) valorizzare la professione docente, ora piatta e senza sbocchi, che allontana i migliori da questa professione.

2. RILANCIARE L’AUTONOMIA SCOLASTICA:
DARE ALI A CHI VUOLE VOLARE

Tutti sappiamo che qualsiasi tentativo di rilanciare l’educazione,  di personalizzare l’apprendimento, di dare voce agli studenti si imbatte nelle rigidità del sistema burocratico (organici dei docenti, reclutamento, sovraccarico dei curricoli, orari, ecc.). Allora bisogna avere il coraggio di rompere molte di queste inflessibilità, dando autentica autonomia alle scuole, che significa autonomia organizzativa e didattica, con la possibilità di modificare curricoli e orariautonomia finanziaria e assunzione diretta del personale.

Dopo tanti fallimenti occorre però avere la lucida consapevolezza che non ci sarà da subito la possibilità di rilanciare in tutte le scuole un’autonomia autentica.

Così, mentre si deve cercare di rimuovere da tutto il sistema  ostacoli e impedimenti, diventa necessario sperimentare situazioni di autonomia avanzata  laddove ci siano  idee e volontà di innovazione.

Per sperimentare un’autonomia scolastica incisiva, che possa intervenire sui curricoli, sugli organici, sulle assunzioni, sui tempi scuola, non è sufficiente l’utilizzo dell’art. 11 del DPR 275/99, Regolamento dell’Autonomia

Per questo ADi ha predisposto un disegno di legge per la costituzione di Istituti Scolastici ad Autonomia Speciale,  ISAS.  

Occorre trovare i modi per dare  nuovo slancio ai tanti che hanno voglia di innovare e migliorare. Non si può più rimanere inermi o rispolverare vecchie proposte per contrastare la drammatica dispersione scolastica che oggi colpisce anche “i bravi”, che stanno assenti per lunghi periodi, perché si sentono alienati rispetto a questa scuola. A questo fine non appare inopportuno coinvolgere altri soggetti, non solo la scuola pubblica. L’esperienza delle charter schools americane e dei vouchers può essere sperimentata, purchè a benficiarne siano in primo luogo bambini e ragazzi privi di mezzi. E non ci si deve fare intimorire da chi invoca l’art. 33, quando quegli stessi accolgono e sostengono il fatto che la formazione professionale sia tutta gestita da enti privati, pur essendo un livello di istruzione e formazione in cui si assolve l’obbligo.

3. UNA NUOVA NARRAZIONE
PER L’ISTRUZIONE TECNICA E PROFESSIONALE

ADi auspica da sempre un percorso tecnico professionale unitario fra istruzione e formazione secondaria superiore e istruzione terziaria non universitaria.

In quest’ottica ADi ritiene necessario dare attuazione alla Costituzione, che sia nel 1948 sia nel 2001 ha attribuito alle Regioni l’Istruzione professionale.
Questa convinzione è sostenuta in primo luogo dalla constatazione dell’enorme spreco umano ed economico dell’istruzione professionale statale, dove il tasso di abbandono (32,1%) è il più alto del 2° ciclo, dove  le iscrizioni al 1° anno sono passate  dal 25%  del totale  nell’a.s. 2000-2001 al  12,7% (la metà) nell’a.s. 2022-23, ed infine  solo il 2,1% dei laureati proviene dal percorso quinquennale dell’istruzione professionale statale (rapporto di Alma Laurea 2020).

Alla luce di tutto questo, da anni ADi sostiene l’opportunità di assumere il modello trentino, che ha eliminato gli  Istituti Professionali, facendoli confluire in parte negli Istituti Tecnici e in parte nell’Istruzione e Formazione Professionale. In questo modo si è razionalizzata l’istruzione secondaria di 2° grado, strutturandola solo su 3 “gambe” (licei, istituti tecnici, istruzione e formazione professionale).

Gli Istituti Professionali statali non morirebbero, al contrario dovrebbero diventare centri pubblici di eccellenza della IeFP, dovrebbero disporre degli insegnanti migliori, pagati meglio,  con modifica di stato giuridico e orario. Dovrebbe essere considerato un privilegio insegnare nella IeFP. Con il passaggio gli insegnanti dovrebbero diventare regionali? Non è questo l’ostacolo! Le soluzioni si troverebbero anche mantenendoli statali.
Questi centri dovrebbero avere gli edifici più belli, assumendo anche la forma di Convitti e utilizzando anche quelli esistenti.

Inoltre è fondamentale dare alla IeFP la dignità di percorso quadriennale, con la possibilità di proseguimento diretto negli ITS Academy. La IeFP sarebbe anticipatrice di quella prospettiva generale, che dovrà vedere la  scolarizzazione finire per tutti ai 18 anni, ossia alla maggiore età.

Infine IeFP, Apprendistato, Istituti Tecnici e ITS Academy dovrebbero costituire un solo ecosistema in continuità. Di solito si guarda a queste diverse parti come pezzi separati, autonomi l’uno dall’altro, invece  tutto dovrebbe essere in continuità orizzontale e verticale.

E si dovrebbe ribaltare la norma:  per accedere all’ITS Academy l’esame integrativo dovrebbe essere richiesto a chi viene dai licei generalisti ed è privo di qualsiasi competenza tecnico-professionale. E ancora  l’ITS Academy triennale dovrebbe fornire titoli equipollenti alle lauree triennali non ai diplomi.

A noi pare che questa impostazione sia il solo vero modo per valorizzare questo percorso e farlo uscire dalle secche della marginalità e della segregazione e per contribuire a superare la dolorosa piaga dei NEET e della disoccupazione giovanile.

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