UNO SGUARDO SULL’ISTRUZIONE 2018 – SCHEDA ITALIA

Slide a cura di Francesco Avvisati, Giovanni Maria Semeraro

education 2 at a glance 2018

Il peso delle origini sociali sulle carriere educative

Solo un bambino su quattro (24%) in Italia frequenta istituzioni di educazione e cura per la prima infanzia.

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Il tasso di accesso a tali istituzioni è maggiore tra i bambini di madri laureate (31%) rispetto ai bambini di madri non laureate (21%).

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I giovani tra i 18 e i 24 anni hanno più probabilità di accedere all’istruzione terziaria se i loro genitori hanno un livello d’istruzione terziaria.

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I giovani tra i 18 e i 24 anni hanno più probabilità di accedere all’istruzione terziaria se i loro genitori hanno un livello d’istruzione terziaria.

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La mobilità intergenerazionale rispetto al livello d’istruzione raggiunto è, storicamente, relativamente bassa (2012).

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Il peso delle origini sociali sulle carriere educative:

  • I risultati ai test PISA a 15 anni, e l’accesso all’istruzione terziaria, sono e restano fortemente legati all’origine sociale in Italia, e in particolare all’avere un genitore laureato. Ma differenze nelle carriere educative emergono, in realtà, già prima dell’ingresso nella scuola dell’infanzia.
  • I processi di sviluppo e apprendimento che sottendono il benessere infantile sono processi cumulativi in cui ogni tappa può influenzare il periodo successivo e il percorso globale. Per
    questa ragione l’educazione e cura della prima infanzia (ECEC) si ritiene possa svolgere un ruolo essenziale per lo sviluppo, l’apprendimento e il benessere infantile.
  • I Paesi nordici, dove la mobilità sociale è maggiore (Norvegia, Danimarca), hanno tassi di partecipazione nelle istituzioni per la prima infanzia più alti, in particolare per i bambini meno
    avvantaggiati.

 

Differenze di genere nella transizione al mercato del lavoro

Il 30% dei 20-24enni era senza lavoro, non studiava e non frequentava nessun corso di formazione (i cosiddetti NEET) e la quota di NEET è ancora più elevata per i 25-29enni.

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Questa quota varia solo leggermente in base al genere fino ai 24 anni, ma il divario aumenta per i 25-29enni (28% per gli uomini e 40% per le donne).

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Il tasso di inattività è più elevato per le donne, anche se diminuisce con il livello d’istruzione raggiunto.

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Le retribuzioni medie delle donne sono inferiori rispetto a quelle degli uomini e il divario aumenta
per le donne laureate.

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Una percentuale maggiore di donne ha conseguito un titolo di istruzione terziaria, rispetto agli uomini.

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Differenze di genere nella transizione al mercato del lavoro:

  • Le traiettorie delle giovani donne e dei giovani uomini nella transizione dalla scuola al lavoro sono significativamente diverse.
    – Gli uomini tendono ad affrontare tale transizione prima, perché sono più numerosi nei percorsi di istruzione superiore tecnici e professionali, e sono meno numerosi tra coloro che si iscrivono a
    studi terziari.
    – Tra le giovani donne senza laurea il tasso di partecipazione al mercato del lavoro è molto più basso, rispetto agli uomini, e le retribuzioni degli occupati più basse di circa un quarto.
    – Tra le giovani donne laureate il tasso di partecipazione al mercato del lavoro è simile a quello degli uomini, ma il tipo di occupazione è associato a retribuzioni inferiori di circa un terzo
  • La quota di NEET tra le donne aumenta notevolmente tra i 25 e i 29 anni.

Uno sguardo sull’istruzione della popolazione nata all’estero

Il livello di istruzione degli adulti nati all’estero è inferiore al livello di istruzione degli adulti nati in Italia.

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Il tasso di occupazione dei giovani laureati nati all’estero è inferiore a quello dei laureati autoctoni…

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… ma i giovani nati all’estero senza un’istruzione secondaria superiore hanno più probabilità di trovare un impiego degli autoctoni.

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È più probabile che le persone nate all’estero guadagnino di meno rispetto agli autoctoni e tale divario retributivo aumenta con il livello d’istruzione conseguito.

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Uno sguardo sull’istruzione della popolazione nata all’estero

  • I dati mostrano come in Italia si stabiliscano prevalentemente immigrati scarsamente qualificati, e che competono, sul mercato del lavoro, con la popolazione italiana senza titolo di studio.
  • Contrariamente a ciò che avviene in altri Paesi, gli immigrati laureati finiscono anch’essi, in Italia, per occupare lavori meno qualificati, come indicato da retribuzioni inferiori.

Divari regionali nell’accesso e negli esiti dell’istruzione

I maggiori divari regionali nei tassi di partecipazione all’istruzione/formazione in Italia si riscontrano tra i 20-29enni.15

Il tasso di occupazione è generalmente più basso nel Sud Italia e nelle Isole…

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… ma sono ancora più bassi per i giovani adulti rispetto all’intera popolazione in età lavorativa…

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… e il divario aumenta per i giovani adulti laureati più nelle regioni meridionali e nelle isole che nel Nord e Centro Italia.

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Si osserva una grande differenza nella percentuale dei NEET 15-29enni tra le diverse regioni italiane.

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Divari regionali nell’accesso e negli esiti dell’istruzione:

  • Tutte le regioni – tranne una – hanno una quota di NEET superiore alla media OCSE; ma le differenze tra le regioni italiane sono grandi quasi quanto le differenze tra le medie nazionali dei Paesi OCSE.
  • La partecipazione all’istruzione nella fascia di età 20-29, varia fortemente tra regioni, anche per via
    della migrazione interna legata agli studi.
  • Per le regioni del Sud, le prospettive di “rientro dei cervelli” sono molto basse: il divario generazionale nei tassi di occupazione è particolarmente forte nelle regioni meridionali per i laureati.

Università e mobilità degli studenti

L’Italia ha uno dei più bassi tassi di occupazione dei giovani laureati, in calo dal 2007.

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Nella maggior parte degli altri Paesi, il tasso di occupazione dei giovani laureati è superiore a quello dei 55-64enni laureati.

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Il numero di italiani che studiano all’estero a livello terziario è aumentato del 36% in soli 3 anni.

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La meta più frequente per gli studenti italiani è il Regno Unito, seguito da Francia, Austria e Germania.

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Nel frattempo (2013-16) il numero di studenti stranieri iscritti all’università in Italia è aumentato solo del 12%.

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Università e mobilità degli studenti:

  • L’Italia presenta due dati anomali per quanto riguarda le prospettive occupazionali dei giovani laureati italiani. Se il loro numero è aumentato, in linea con quanto osservato anche in altri Paesi, le loro prospettive di occupazione si sono degradate, a partire da un livello già basso, nei dieci anni dal 2007 al 2017.
  • E contrariamente a quanto si vede negli altri Paesi, il tasso di occupazione dei giovani laureati in Italia è di molto inferiore a quello dei laureati intorno ai 60 anni.
  • Le competenze trasmesse dall’università italiana non sembrano ricercate dalle imprese, e le competenze più avanzate entrano in maniera molto più limitata che altrove nel tessuto produttivo del Paese.

Altri risultati

Spesa per l’istruzione e corpo docente:

  • La spesa per studente nelle istituzioni scolastiche dalla scuola primaria agli istituti postsecondari non terziari ha ritrovato gli stessi livelli del 2010 solo nel 2015.
  • Al livello dell’istruzione terziaria, la spesa per studente è aumentata dell’1% nel 2015 rispetto al 2010.
  • Il corpo docente è tra i più anziani dei Paesi dell’area OCSE ma la quota degli insegnanti anziani è iniziata a diminuire nel 2016 in seguito alle nuove assunzioni.
  • Le retribuzioni contrattuali dei docenti nella scuola pre-primaria fino alla scuola secondaria nel settore pubblico sono diminuite costantemente tra il 2010 e il 2016, in termini reali; nel 2016 gli
    stipendi degli insegnanti corrispondevano al 93% del loro valore rispetto al 2005.
  • L’Italia è uno dei Paesi che prevede il più alto compenso retributivo per i dirigenti scolastici
    rispetto agli insegnanti.
  • In Italia, oltre la metà delle decisioni nelle scuole secondarie inferiori sono prese a livello centrale.
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