Plusdotazione: le basi teoriche del concetto e le modalità di individuazione

di Maria Assunta Zanetti

Cosa si intende per Plusdotazione?

Innanzitutto, bisogna fare un po’ di chiarezza su che cosa si intenda per Plusdotazione poiché non c’è una definizione univoca. Sicuramente il termine inglese è molto più evocativo, gifted = dono, mentre il termine plusdotato talvolta porta con sé un po’ di pregiudizio, anche se certamente è migliore del termine iperdotato o superdotato che talvolta può assumere un aspetto più caricaturale. La definizione che utilizzerò l’ho ricavata mettendo insieme definizioni di alcuni autori con una convergenza nel significato.

Che cosa si intende allora per uno studente plusdotato? Solitamente è “un individuo che rispetto ai pari di età cronologica mostra o ha il potenziale per mostrare un’abilità sorprendente in un determinato momento in specifiche aree considerate di rilievo nella propria cultura di appartenenza” (Keating, 2009; Pfeiffer, 2012; Sternberg et al., 2011). Questa definizione fa emergere diversi aspetti. Innanzitutto, le parole “ha il potenziale per mostrare”, come docenti ed educatori richiedono di indossare le lenti giuste per saper riconoscere il potenziale anche dietro alcuni comportamenti, che talvolta si osservano,  a scuola e in classe, quali i comportamenti di disturbo, di oppositività, di disaffezione. Spesso dietro a questi comportamenti vi sono studentesse e  studenti che non si sentono coinvolti, non si sentono accolti sperimentano noia.

Vorrei inoltre porre l’attenzione sulla la frase ”un’abilità sorprendente in un determinato momento e in specifiche aree considerate di rilievo”, che ci dimostra che possedere un alto potenziale non significa avere alte prestazioni e in tutto. Per cui togliamo subito il pregiudizio che, se una persona ha un QI di 130 possa eccellere in tutto. Evitiamo anche, e mi rivolgo agli psicologi, di restituire alla famiglia la valutazione di plusdotazione ponendo l’accento sul punteggio ottenuto ma è preferibile presentare le modalità di funzionamento, perché quel numero rischia di diventare uno stigma.

Nelle definizioni che seguono altri due aspetti risultano interessanti, la non fissità del potenziale e quindi il suo sviluppo risulta anche sensibile alle stimolazioni o no che il contesto propone.

“La plusdotazione non è un tratto fisso e costante (Bronfenbrenner & Ceci, 1994; Ceci & Williams, 1997). La giftedness è un termine utile a categorizzare uno studente che mostra un’abilità eccezionale o non comune, rispetto ai suoi pari, in un dato momento temporale e in determinate aree (Keating, 2009)”.

Infine, c’è un altro aspetto: “in specifiche aree considerate di rilievo della propria cultura” significa che è importante il contesto culturale. Oggi noi sappiamo come il costrutto dell’intelligenza si declina sulle nove intelligenze multiple che possano avere manifestazioni diverse anche in base al contesto culturale che privilegia alcuni aspetti rispetto al altri. Mi piace quindi affermare che il potenziale è democratico, tuttavia bisogna saperlo riconoscere e accompagnare. E avere un’intelligenza più cinestesica, più legata, come nel contesto dei Maori di cui parlava Tiziana Pedrizzi anticipandomi, o in altre culture, in cui vengono privilegiati aspetti più interpersonali. Le diverse manifestazioni in cui l’intelligenza si manifesta anch’esse hanno una rilevanza sul potenziale e ciò ha un effetto a cascata sull’investimento cognitivo.

Tra i modelli proposti in letteratura, a me piace molto il modello di Gagné: dal dono al talento. Vale a dire il potenziale si manifesta come un dono, una dotazione, spesso correlata geneticamente, ma da solo il dono non si può sviluppare in talento se non trovo le condizioni e un contesto che lo favoriscano.

Il contesto deve essere di supporto, ma il contesto non è sufficiente se non c’è l’impegno, la fatica. Per cui questi bambini, i ragazzi, devono poter essere accolti, riconosciuti e vedere quel dono non come un problema, ma una risorsa. Troppo spesso il loro “essere oltre”, sapere già, viene considerato qualcosa di negativo e si rischia di costruire addosso a questi bambini un cliché che non rappresenta il loro modo di funzionare. Secondo una ulteriore definizione, “la giftedness è uno speciale tipo di intelligenza caratterizzata non solo da alto QI ed aumentate funzioni esecutive ma anche da un’eccezionale creatività ed alti livelli di motivazione in tratti specifici” (Kalbfleisch, 2004; Kießwetter, 1985; Renzulli, 1978, 1998; Sternberg, 2010; Sternberg e Davidson, 2005). Certo, una misura di QI è importante ed è un indicatore che dà conto di quella caratteristica di funzionamento ma, accanto a quello, è importante valutare anche la creatività e la motivazione. Sappiamo bene, chi ha avuto già esperienze con alunne e alunni plusdotati lo sa, che, se interessati, sono pienamente immersi dentro l’argomento di loro interesse e quindi con comportamenti maggiormente adeguati

Tra i modelli, è interessante quello di Pfeiffer per il quale il potenziale deve essere visto  con la lente giusta e propone tre tipi di lenti, per rimanere con questa metafora:

  • La lente dell’elevata intelligenza
  • La lente dei risultati eccezionali
  • La lente del potenziale per eccellere

In alcuni casi, è evidente, c’è un’elevata intelligenza, che possiamo ricondurre ai sei profili individuati da Neihart e Betts (1988, 2010, 2011[1]) . Io ne ho aggiunto uno, il settimo, che ho chiamato “mascheramento culturale”, proprio perché spesso, nelle nostre scuole italiane, bambini e ragazzi che provengono da contesti culturali altri, in cui vengono privilegiate altre modalità di espressione della loro intelligenza,  rischiano che il loro potenziale non venga riconosciuto con conseguenze, soprattutto nel momento della scelta del percorso di studi per  la scuola secondaria di secondo grado, di vedersi limitati rispetto alle loro possibili capacità/potenzialità.

La prima lente  dell’elevata intelligenza rimanda alla prospettiva  che  la plusdotazione sia  una caratteristica innata che viene individuata mediante il riscontro di un quoziente intellettivo molto alto rispetto allo standard della popolazione e poca importanza viene attribuita agli apprendimenti e allo sviluppo delle competenze affinché questo potenziale possa esprimersi appieno in una specifica area.

La lente dei risultati eccezionali è più facilmente individuabile perché presenta manifestazioni precoci, imparano a leggere, contare, scrivere senza che ci sia stato un apprendimento diretto, sono veloci negli apprendimenti e si possono anche riconoscere elementi predittivi del successo scolastico, quali motivazione, impegno, persistenza e passione.

Ecco che allora l’insegnante deve non solo riconoscerlo, ma anche mettere l’alunna/o nella condizione di poter sviluppare la padronanza, la competenza, vale a dire mastery.

Non ci si deve quindi fermare alla prestazione, ai risultati eccellenti ma consentire a quel bambino di poter sviluppare il suo talento.

E poi c’è la lente del potenziale per eccellere. Ci sono i bambini silenti, quelli che spesso provengono da situazioni familiari svantaggiate che non permettono loro di esprimere le loro potenzialità o che non presentano tratti o caratteristiche di personalità che li caratterizzano come plusdotati.

Per evitare che il potenziale si disperda è importante che gli insegnanti prestino particolare attenzione ad alcuni comportamenti che tali alunni mostrano: curiosità, immaginazione, desiderio di apprendere e rapidità di nell’apprendimento.

La plusdotazione a scuola

Andiamo ora a vedere la plusdotazione a scuola. Sicuramente è già è stato detto, c’è una differenza tra plusdotazione e talento. Ci sono dei talenti che non necessariamente sono supportati da un’elevata dotazione cognitiva; tuttavia, se ci lavori puoi accompagnarli a sviluppare quel talento. Nel contesto scolastico la differenza tra abilità naturali (dono) e talento si osserva come differenza tra il potenziale e la possibile realizzazione o fra attitudine e il risultato raggiunto (Gagné, 2015).

Il potenziale indica quindi il possesso e l’uso di abilità non derivanti dall’apprendimento, che esprimono abilità naturali e ciò può costituire un’ottima base di partenza.

Il talento invece è l’eccezionale padronanza di competenze che sono state sviluppate in maniera sistematica (sia conoscenza sia abilità), in almeno un campo delle attività umane a un grado molto elevato.

Dobbiamo fare in modo che queste due dimensioni siano integrate e allora, come dice Gagné, il talento emerge dall’abilità e è una conseguenza delle esperienze di apprendimento (“Talent emerges from ability as a consequence of the student’s learning experience – Gagné, 2005”). E qui come insegnanti abbiamo una grossa responsabilità perché spesso abbiamo dei talenti che non riconosciamo e pertanto li mandiamo in sotto-rendimento.

Concezioni del potenziale e basi neurobiologiche

Il potenziale ha una dimensione biologica.

Il potenziale è una risorsa geneticamente data, “geni si nasce” diciamo, che l’individuo possiede indipendentemente dalle circostanze e che può essere rivelata o scoperta con appositi strumenti, ad esempio test.

Ma il potenziale descrive anche uno stato dell’individuo che viene creato e modificato tramite le risposte dell’individuo stesso nella sua interazione con l’ambiente in cui è inserito.

Io dico sempre che la genetica propone, ma l’epigenetica dispone.

L’epigenetica è la modulazione dell’espressione dei nostri geni in base al nostro comportamento in relazione alle stimolazioni ambientali. Gli anglosassoni contrappongono le due dimensioni con le parole Nature/Nurture (natura, cultura).

Nature si riferisce a tutti i geni e ai fattori ereditari che influenzano ciò che siamo: dal nostro aspetto fisico alle caratteristiche della nostra personalità.

Nurture si riferisce a tutte le variabili ambientali che influenzano chi siamo, le nostre relazioni sociali e la nostra cultura circostante.

Il contesto, dunque, gioca un ruolo centrale e gli insegnanti possono aiutare poiché il ruolo dell’insegnante è quello di essere caring, pertanto di alimentare, nurture.

Dal punto di vista neurobiologico ci sono evidenze che mostrano aree cerebrali molto più sviluppate, in anticipo rispetto allo sviluppo tipico, e correlate con un alto punteggio nel QI. La teoria dell’integrazione fronto-parietale sostiene che ogni area parietale presenta connessioni predominanti con un’area frontale motoria, e connessioni secondarie con altre aree motorie. Le aree parietali e frontali che mostrano connessioni predominanti mostrano anche proprietà funzionali simili. Ad esempio, nello sviluppo frontale sappiamo che c’è un’area legata al giudizio il cui sviluppo solitamente arriva in età più adulta ma, analizzandone l’attivazione, si è visto che questi bambini anticipano contenuti, temi, anche in età precoce, che sono temi adolescenziali.

Interessante sarebbe vedere alcune risonanze magnetiche che mostrano come il funzionamento di alcune aree cerebrali di questi bambini sia sovraeccitato proprio perché c’è una attivazione cerebrale maggiore, un processamento diverso delle informazioni.

Nella prima immagine vedete come le persone apprendono a seguito di esposizioni ripetute, le nuove esperienze diventano routine e le loro principali aree di elaborazione corticale richiedono un passaggio dall’emisfero destro all’emisfero sinistro. Nei gifted, invece, gli stimoli provenienti dal mondo esterno vengono ricevuti dalla parte posteriore del cervello, integrati a livello centrale e interpretati a livello dei lobi frontali. I gifted sono in grado di farlo più velocemente e con maggiore precisione rispetto agli individui tipici. Talvolta la risposta immediata, intuitiva, è una risposta che ha bisogno di essere portata a consapevolezza e gli insegnanti possono aiutare in questo.

Dal punto di vista delle evidenze neurobiologiche, c’è stretta relazione tra fattori neuroanatomici, bio-comportamentali, genetici, socio-culturali, familiari e influenze ambientali nello sviluppo della plusdotazione (Bloom, 1985; Mrazik, Dombrowski 2010; Sternberg, 2001; Subotnik, et al, 2011).

Ecco un elenco di evidenze:

  1. Maggiore densità di neuroni nelle aree frontali (Orzheckhovskaia, 1996)
  2. Maggiore attivazione aree cerebrali
  3. Maggiore sensibilità sensoriale
  4. Differenza significativa nello sviluppo corteccia cerebrale soprattutto in adolescenza (Shwa et al., 2006)
  5. Volume delle aree cerebrali regionali più ampio
  6. Maggiore velocità neurale ed efficienza della funzione prefrontale.
  7. Significative differenze di attivazione neurale specifiche per regione, con tempi di reazione più accelerati, maggiore connettività
  8. Maggiore sensibilità sensoriale (Gere, Capps, Mitchell, Grubbs,2009)
  9. Aumento delle aree cerebrali associate all’elaborazione emotiva
  10. Eccessiva attivazione dell’emisfero destro (Magnie, 2003)

L’ultimo punto, una eccessiva attivazione dell’emisfero destro, spiega perché questi bambini sono maggiormente competenti in area matematica. Non necessariamente solo in quella, chiaramente, tuttavia sono chiamati visual-spatial learner. Per cui questa maturazione precoce, questa corteccia più sottile con un maggiore pruning sinaptico (processo di eliminazione delle sinapsi che avviene tra la prima infanzia e l’inizio della pubertà) aumenta la velocità nella risposta e questo consente di avere delle prestazioni superiori non solo nei test cognitivi ma anche in quelli creativi. La creatività è pensiero, la creatività deve entrare dentro la didattica proprio perché è problem solving, è pianificazione.

Caratteristiche e criticità

Quali sono le caratteristiche dei plusdotati?

1) La curiosità, la curiosità epistemica, va sostenuta, accompagnata e portata a divenire conoscenza. Piaget ha costruito la sua teoria dell’epistemologia genetica per cui i metodi usati per ottenere e creare la conoscenza influenzano la validità della conoscenza risultante. Come insegnanti abbiamo responsabilità in questo.

2) Un pensiero complesso e ragionamenti avanzati che non devono essere scoraggiati. Troppo spesso bambini che chiedono già alla scuola primaria o anche negli altri ordini di scuola di poter andare oltre vengono frenati o ostacolati nel loro percorso.

3) Alta competenza verbale e di memoria. Su questo dobbiamo lavorarci perché la scuola spesso si accontenta, soprattutto nella scuola primaria e secondaria di primo grado, di questa loro alta competenza verbale, unita a buona memoria spesso li ha messi nella condizione di non imparare un metodo di studio, di essere strategici. Proprio studiando questo aspetto, abbiamo prodotto anche dei materiali come il Diario del pensiero, il Diario dell’apprendimento autoregolato, strumenti di autovalutazione che possono consentire di superare l’apprendimento mnemonico, e sono di aiuto non solo per il bambino plusdotato, ma per l’intera classe. È necessariamente un lavoro che va fatto sulla classe, proprio perché è un lavoro inclusivo, per allargare lo sguardo. Inoltre, non posso pensare di fare inclusione mettendo strumenti a disposizione solo di coloro che hanno delle difficoltà conclamate, questi strumenti servono anche a coloro che hanno delle potenzialità che devono essere accompagnate.

4) Pensatori originali, dobbiamo tenerlo presente, la creatività è questo.

5) L’elevata sensibilità

6) Il senso della giustizia e dell’equità. Sono bambini che spesso vivono male le ingiustizie, hanno un profondo senso di giustizia e precoci riflessioni su aspetti etico-morali o tematiche di carattere sociale che, in certi bambini, possono provocare manifestazioni emotive molto intense, non facilmente gestibili dagli adulti di riferimento.

Quali sono le criticità?

Ecco le criticità che il bambino plusdotato vive a scuola:

  1. Noia.
  2. Disinteresse per le attività ripetitive.
  3. Mancanza di un metodo di studio.
  4. Frustrazione.
  5. Demotivazione.
  6. Aggressività.
  7. Underachievement (rendimento scolastico inferiore alle loro possibilità).
  8. Rischio di abbandono scolastico.

Riconoscimento

Conosciamo le caratteristiche e le criticità di questo tipo di studenti, cosa possiamo fare? Siamo insegnanti, possiamo riconoscerli. La letteratura ci dice che, se arriviamo a identificarli troppo tardi, il rischio è che possano andare incontro a un sotto-rendimento o una situazione emotivamente molto critica.

Questo ce lo dice soprattutto Maureen Neihart, che è una clinica che dall’America si è spostata in Asia, a Singapore, perché Singapore, e tutto l’Est asiatico, sta lavorando molto in questa direzione. Non solo, bisogna tener conto che, se non arriviamo a fornire gli insegnanti degli strumenti di identificazione, rischiamo di perdere del capitale umano. Il rischio? Sotto-rendimento, drop out, perdita di autostima, isolamento sociale o mis-diagnosis.

Quanti bambini arrivano da noi a seguito di valutazioni sbagliate? La letteratura scientifica è piena di questi casi e tutto questo in alcuni casi può portarli ad adottare comportamenti quali disturbo oppositivo provocatorio, disturbo ossessivo compulsivo, ecc.… che non sono però all’origine, ma ne sono la conseguenza. E allora che cosa fare? Dobbiamo fare in modo che questi bambini vivano l’esperienza scolastica in modo positivo e non farli aspettare che gli altri arrivino. Troppo spesso mi viene detto: “eh però queste cose le imparerà”.

No, perché la need for cognition è proprio una delle caratteristiche che viene presentata da questi bambini. E allora di che cosa avrebbero bisogno? Sicuramente di poter contare su metodologie adeguate che consentano di poter avere accelerazioni o possibilità di classi aperte o gruppi con bambini con caratteristiche simili, in modo che possano confrontarsi, poter contare su programmi, attività differenziate all’interno della classe e tutto ciò la normativa sull’autonomia scolastica lo consente.

Ci sono scuole che già dal 2012 a seguito dell’Accordo La scuola educa il  talento, in cui proponiamo una formazione specifica e un supporto ai docenti,  hanno adottato questo modo di lavorare .Ciò significa realmente personalizzare il percorso  formativo per consentire a questi alunni di vivere l’esperienza scolastica in modo più sereno e di poter sviluppare le proprie potenzialità non solo in ottica individuale ma socializzate. Nel 2021 il Ministero ha emanato un decreto concernente gli esami integrativi e gli esami di idoneità nei percorsi del sistema nazionale di istruzione in cui finalmente è scritto nero su bianco che non è necessario interrompere la frequenza del bambino da scuola se si ritiene di fargli fare un salto di classe. L’importante è che ci sia una valutazione emotiva. (Decreto Ministeriale n. 5 dell’ 8 febbraio 2021, Art.2 Comma 5: Possono accedere, altresì, all’esame di idoneità per l’anno in corso successivo a quello cui possono essere ammessi a seguito di scrutinio finale, senza interruzione della frequenza scolastica, gli alunni ad alto potenziale intellettivo con opportuna certificazione attestante anche il grado di maturazione affettivo-relazionale su richiesta delle famiglie e su parere favorevole espresso all’unanimità dai docenti della classe o dal consiglio di classe).

Nella mia esperienza, già dal 2014 avevo proposto un percorso di accelerazione in verticale senza il ritiro dalla scuola entro il 15 marzo, come era previsto, con un programma integrato e concordato con i docenti delle due classi in cui è stata posta attenzione non solo alla dimensione cognitiva con accelerazione sui contenuti ma si è lavorato anche sul versante socioemotivo. Tutto ciò è stato possibile in quanto il dirigente si è assunto la responsabilità di fare un’accelerazione all’interno del percorso scolastico e accompagnare il bambino al salto di classe senza ritirarlo da scuola. In altri casi, invece, la scuola non ha accolto questa proposta e quindi l’alunno è stato ritirato da scuola, ma abbiamo fatto un lavoro di supporto socioemotivo per evitare di enfatizzarne la diversità.

Chi deve valutare? Non solo psicologi e professionisti della salute ma anche gli insegnanti. Infatti gli insegnanti, passando molto tempo con i bambini, hanno la possibilità di osservarli e interagire con loro e, pertanto, di esprimere validi giudizi (Kenny & Chekaluk, 1993, Meisel, Bickel, Nicholson, Xue, & Atkins-Burnett, 2001; Perry & Meisels, 1996).

Per questo il loro parere costituisce un dato importante di cui tener conto (Davidson, 1986; Pfeiffer, 2002).

Potendo contare su un sistema di screening valido e affidabile, oltre che economicamente sostenibile, le scuole possono più realisticamente intraprendere il percorso dell’identificazione e del sostegno agli alunni ad alto potenziale/plusdotati.

Queste misure efficaci ed economiche possono offrirsi come un pratico strumento da prendere in considerazione per lo sviluppo di politiche e programmi in favore dell’istruzione dei soggetti ad alto potenziale.

All’Università di Pavia stiamo mettendo a punto alcuni strumenti di osservazione e screening per gli insegnanti, io personalmente ho fatto la validazione italiana delle Gifted Rating Scales nell’ambito di un progetto di ricerca di dottorato.

Stiamo lavorando con un CTS, un Comitato Tecnico Scientifico, e un gruppo di scuole in Veneto per l’utilizzo di checklist per lo screening. Il Veneto è una delle regioni che maggiormente ha investito su questo, e io sono stata coinvolta negli anni 2012 e 2013 nella formazione degli insegnanti grazie al progetto Education to Talent.

Formare i docenti su questo tema è importante e, nel caso dell’Accordo di rete La scuola educa il talento, è il dirigente che se ne assume la responsabilità per il proprio istituto sottoscrivendo una convenzione con il LabTalento dell’Università di Pavia, anche se io penso dovrebbe esserci una responsabilità generale, e diventare oggetto di formazione dei docenti sin dal percorso accademico. Non possiamo pensare che sia tutto lasciato alla responsabilità individuale.  Il 15 novembre 2018 è stato istituito presso il Ministero dell’Istruzione un Tavolo Tecnico per la stesura delle Linee guida per il diritto allo studio degli alunni e degli studenti con plusdotazione intellettiva e per lo sviluppo del potenziale e del talento che sono state consegnate al Ministero nel luglio del 2019. Io personalmente ho fatto parte del tavolo tecnico e le Linee Guida avrebbero dovuto entrare in vigore nella scuola italiana a partire dall’a.s. 2109-2020 ma così non è avvenuto… Mi dispiace dover dire che sono chiuse lì, in un cassetto del Ministero.

Certo, riconosco che  nel frattempo si sono avvicendati tre ministri, ma è bene ricordare che  la ministra Azzolina nell’Atto di indirizzo politico-istituzionale per l’anno 2020,  ne fa esplicito riferimento:

  • L’inclusione scolastica deve essere un impegno costante per garantire la piena integrazione – in ambito scolastico ma anche nel più generale contesto di vita – non solo dello studente il cui percorso di istruzione sia connotato da condizione di disabilità, da specifici disturbi dell’apprendimento o da altre situazioni di svantaggio socio economico, linguistico o culturale, ma anche di quegli studenti ad alto potenziale che necessitano, a loro volta, di strategie didattiche coerenti con la loro speciale condizione.
    1. azione propulsiva tesa a dare attuazione al dettato normativo e alle previsioni di cui al D. Lgs. 66/2017, affinché si completi la cornice strutturale di rinnovamento entro la quale realizzare il sistema inclusivo nazionale;
    2. politica tesa all’aumento del personale specializzato e all’incremento del livello di competenza dei docenti attraverso specifica formazione, anche in ambito inclusivo, ricompresa tra gli obblighi contrattuali.

Purtroppo l’emergenza Covid ha bloccato tutto.

Il contesto italiano appare attualmente uno dei pochi rimasti che ancora non dispone di programmi di ricerca e di intervento specifici nel campo della plusdotazione.

Conclusioni

Vi lascio alcune citazioni dal libro “Troppo intelligenti per essere felici? La plusdotazione intellettiva; riconoscerla, comprenderla, conviverci” di Jeanne Siaud-Facchin:

  • “Avere capacità sopra la media significa avere costantemente l’emozione a fior di labbra e il pensiero ai confini dell’infinito”.
  • “L’ipersensibilità gioco un ruolo chiave nella personalità del plusdotato. Abbiamo infatti a che fare con una vera e propria spugna, che in qualsiasi momento assorbe persino la più piccola particella emozionale sospesa nell’aria.”
  • “L’incontro-scontro con la scuola è destinato a intaccare sempre più il capitale di fiducia del bambino plusdotato.”
  • “…la plusdotazione regala un’intelligenza dai tratti peculiari che cambia il modo di percepire, comprendere e analizzare il mondo. È necessario aver capito una volta per tutte che la dimensione affettiva è una componente essenziale della personalità di questi esseri così particolari. Al punto che forse, in fin dei conti, i plusdotati pensano più con il cuore, che con la testa.”
  • “Il ritmo è il grande problema del plusdotato: lui è sempre fuori tempo! Non è mai sincronizzato con il movimento generale. Vive in perenne sfasamento: quando non è in anticipo è in ritardo, oppure in standby.”

Per concludere faccio mio lo slogan “Non uno, non una di meno”. Dobbiamo quindi spostare il focus non solo sulla fragilità ma anche sulla potenzialità e riconoscere il potenziale individuale e formare così una generazione di giovani che conosca i propri talenti e li sappia utilizzare per il bene di tutti.

Troppo spesso il nostro sistema educativo sopprime o “non riconosce” questa unicità. Nessun Paese può permettersi di sprecare dei talenti, dunque la nostra responsabilità educativa è coltivare i talenti. Grazie.

***

Bibliografia

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