LE SCUOLE INTERNAZIONALI

A cura di Tiziana Pedrizzi

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INTRODUZIONE

image010Sono molti i campi nei quali è in atto una sfida al modello liberista occidentale che è sembrato del tutto egemonico nelle ideologie, prima ancora che nel campo economico, dopo il crollo del modello comunista nell’89. Anche se non sembriamo accorgercene, ciò sta avvenendo anche nel campo dell’educazione-istruzione.

Le indagini internazionali, i posizionamenti di OCSE e delle grandi agenzie ce ne danno alcuni segnali. Nel campo dei Paesi affluenti si registra una certa staticità, dopo l’entusiasmo riformatore dell’inizio del millennio, non sembra che il problema di allargare l’istruzione alle fasce di popolazione più difficili da raggiungere stia facendo significativi passi in avanti, con ricadute negative non solo sulla giustizia sociale, ma anche sulla produttività economica. In Occidente passi avanti sull’equità non se ne fanno molti. A livello internazionale, i significativi investimenti delle organizzazioni internazionali, a partire da quelli della Banca Mondiale nei Paesi più poveri, hanno innalzato la frequenza formale, ma non necessariamente i risultati di apprendimento, causando notevoli dubbi che la istruzione sia in grado di cambiare società statiche con potenti ceti parassitari. Soprattutto con una esportazione acritica delle best practices occidentali. In cambio l’Asia si sta muovendo potentemente con duro lavoro- come direbbe A Schleicher- soprattutto nel campo delle competenze scientifico-tecniche. E se si osservano le metodologie usate nelle sue classi risulta fallacemente consolatoria l’idea che i cinesi ed i giapponesi “copino”, mentre gli occidentali “creano”. Ed eventualmente per quanto ancora?

Per questo può essere interessante dare un’occhiata all’ultima uscita degli Oxford Studies in Comparative Education “International Schools – current issues and future prospects”  che si occupa delle Scuole Internazionali, scuole  che negli ultimi 20 anni hanno registrato una vera e propria esplosione numerica, soprattutto in Estremo Oriente e nei Paesi Arabi. I quali ultimi stanno negli ultimi tempi riconvertendo le proprie strategie, in previsione di una diminuzione dei proventi del petrolio, con significativi interventi nel campo del turismo, di investimenti produttivi ed in generale conseguentemente dell’istruzione. E che stanno zitti zitti risalendo nei League Table internazionali. Di cui il  contesto in cui si è tenuto il famigerato intervento di Renzi è stato un indicatore.

Il testo e le sue osservazioni critiche vanno lette collocandolo nel contesto del mondo anglosassone in cui una impostazione decostruttiva rispetto ai contenuti è andata molto avanti. In Italia e in generale nei paesi latini con una lunga storia culturale il problema è l’opposto. Per questo può essere stimolante l’impostazione sincretistica nei confronti della cultura asiatica ed in particolare cinese che è portatrice –efficace a quanto sembra- di valori tradizionali disponibile al confronto.

LE SCUOLE INTERNAZIONALI

L’origine delle Scuole Internazionali

Le Scuole Internazionali nascono come scuole per i figli dei funzionari della Società delle Nazioni a Ginevra e si sviluppano nel Novecento come le scuole della élite internazionale politico- economica.

  • image012L’International School di Ginevra (Ecolint) nata nel 1924 come scuola per i figli dei funzionari della Società delle Nazioni a Ginevra è stata, fra le altre cose, il luogo ne l quale è stato varato l’International Baccaleaureat. Nella sua impostazione è forte l’influenza di tutta la pedagogia progressista coeva, anche perché Ginevra è stata il luogo di elezione di Piaget. A partire dal 1948, dopo la terribile esperienza della Seconda Guerra Mondiale, il direttore si pose il problema di quale fosse il curricolo più adatto per sviluppare la pace, al di là del fatto di ospitare nei suoi banchi studenti di diverse nazionalità. Gli aspetti fondamentali che ne uscirono: contro il nazionalismo e il razzismo una visione del mondo da atlante con tutti  i paesi posti sullo stesso piano, un insegnamento della storia nelle età più giovani con una impostazione a medaglioni (al centro le esplorazioni ed i problemi sociali internazionali) e successivamente con un taglio comparatistico e da ultimo un focus sulla organizzazione di assemblee di discussione su problemi internazionali.
  • img-collegeL’United Nation International School di New York, nata nel 1947 con la stessa funzione di Ecolint nei confronti dei figli dei funzionari ONU. Il suo focus era bilanciato fra fini idealistici da ONU e fini pragmatici, fra nazionalismo culturale ed internazionalismo. Interessante ricordare che all’inizio si pose il problema della lingua per il dualismo tra  francese ed inglese che si portava dietro anche diverse impostazioni di base ben visibili attraverso i libri di testo: ad esempio una matematica di impostazione filosofica dei francesi ed invece essenzialmente  funzionale degli inglesi. Problema poi risolto dal dilagare dell’inglese.
  • image014L’United World College from Atlantic-Atlantic College nato nel  1962 in Galles ad opera della Nato in funzione della formazione per i 2 anni di pre-università e che ha dato origine ai 15 Collegi attuali. Fondato sul principio della selezione dei migliori dal pedagogista Hahn, profugo tedesco in Scozia viene descritta come dura nello stile educativo, con una impostazione esplicitamente idealistica che superò nel reclutamento degli allievi anche i limiti della cortina di ferro. Esemplificativo in proposito il training esperienziale effettuato attraverso il salvataggio di vite nel British Channel. Parole d’ordine di riferimento: durezza, sfida e compassione. E’ venuto in primo piano per la recente contrastata iscrizione della erede al trono di Spagna

Gli sviluppi e l’esplosione attuale

Le Scuole Internazionali hanno avuto dopo il 1947 uno sviluppo eccezionale. Nel ’49, al primo Convegno Unesco ad esse dedicato, erano 15 i dirigenti delle scuole partecipanti. Dal 2000 sono cresciute del 200% per arrivare  nel 2015 al numero di 8000 con 4 milioni di studenti ed in previsione nel 2025 raggiungeranno il numero di 15000 scuole con 8 milioni di studenti. Ciò avviene  anche se le organizzazioni internazionali (Società delle Nazioni, Unesco ) che ne hanno creato i prototipi riconoscono che le nazioni hanno competenza esclusiva sulla educazione. Un “segreto ben tenuto” fino ad ora, come viene spesso detto. Ed in effetti non se ne sente spesso parlare, almeno in Italia, anche in un periodo di esplosione della dimensione internazionale dell’educazione.

A queste scuole hanno accesso principalmente le élite economiche e sociali dei diversi paesi del Terzo Mondo che vi cercano una certificazione di privilegio e di accesso alle reti internazionali di formazione superiore, anche attraverso il pieno possesso dell’inglese.

image016Si parla  qui soprattutto delle  classi medie dei paesi del Medio Oriente e dell’East Asia,  non soddisfatte della educazione nazionale e desiderose di acquisire titoli spendibili nel mercato della globalizzazione parlante inglese. Ciò avviene peraltro  anche se alcuni Paesi hanno messo limiti alla loro espansione: in Cina,  ad esempio, che ne registra una vera e propria esplosione tanto da essere il paese che ne ospita la maggioranza, gli autoctoni possono iscrivervisi solo se la scuola risulta a capitale cinese. Principalmente collocate nelle metropoli internazionali di quei paesi , utilizzano personale dirigente e docente  internazionale e ospitano allievi multiculturali. Il personale è madrelingua inglese e proviene non solo dall’Inghilterra e dagli USA, ma anche da Australia e Nuova Zelanda. Nel caso della Gran Bretagna alcuni contributi sottolineano il rischio che un crescente flusso in uscita di docenti qualificati, attratti sia dalle condizioni buone di impiego che dalla possibilità di viaggiare, possa addirittura arrivare a mettere in difficoltà il sistema scolastico nazionale. Un’altra caratteristica recente e di rilevante interesse sta nella crescente tendenza all’investimento in questo tipo di scuole da parte del mercato dei capitali, soprattutto per quanto riguarda la Cina ed i Paesi Arabi.

Quattro tipologie di scuole

Il testo in più contributi opera una distinzione fra 4 tipologie:

  1. le scuole originarie storiche nate nel seno delle organizzazioni internazionali.
  2. Le scuole ideologiche basate su una forte impostazione ideologica tipo quella del sopra citato Hahn o pacifista.
  3. Le scuole di tipo non tradizionale, basate sui ceti medi aspirazionali del Medio Oriente  e dell’East Asia in concorrenza con le scuole locali ,con curricolo e lingua occidentale.  Molte di queste scuole sono satelliti di College britannici e alcune si limitano ad offrire più inglese ed una consulenza straniera.
  4. Le scuole che deriverebbe dalla tendenza da parte del mercato ad assorbire le scuole originarie di tipo A o B. anche per motivi economici. Da ciò deriverebbe la necessità che il vecchio establishment dirigente si rinnovi.

I governi dei Paesi ospitanti stanno elaborando delle strategie di relazione: in alcuni casi queste scuole ed il loro curricolo tendono ad avere un impatto diretto sulla impostazione dei sistemi nazionali, in altri paesi più assertivi come la Cina vengono posti precisi limiti quali vietare le iscrizioni agli autoctoni se  non in scuole gestite con capitali locali. In generale viene segnalata la tendenza da parte degli stati ad assorbire o comunque a condizionare queste scuole, nella misura in cui assumono importanza e rilievo all’interno del sistema scolastico nazionale.

Il problema è che non esiste nessuna forma di accreditamento del brand e perciò le scuole possono liberamente fregiarsi del titolo di Internazionale senza doversi sottoporre ad alcun genere di condizione. Ovviamente il miglior modo per distinguerle è l’impostazione del curricolo; indicativo in proposito il fatto che solo un quarto segue quello dell’International Baccalaureat (IB).

L’International Baccalaureat venne  fondato nel 1968 in Ecolint, la Scuola  Internazionale di Ginevra sopra descritta, che ha elaborato nell’ordine la struttura organizzativa della scuola media (middle years), della scuola primaria (primary) e della scuola secondaria di 2° grado (career), delle loro finalità (mission statements), programmi e istruzioni per le prove esterne. Furono gli stessi insegnanti della scuola a creare questi materiali fondativi, e, dovendo tenere conto della necessità di rispondere ai diversi programmi nazionali, puntarono soprattutto su valori  e metodologie. Conseguentemente, i programmi sono decisamente aspirazionali ed idealistici  e mirano principalmente alla global consciousness, all’insegna del multilinguismo, della comprensione interculturale e di un impegno globale.

IDEE CHIAVE ED IMPOSTAZIONE PEDAGOGICA.
UNA PRESENTAZIONE CRITICA

Alcuni contributi collocano il discorso sulla realtà e la storia delle Scuole Internazionali nel  quadro di una riflessione sulla pedagogia e sui curricoli del Novecento occidentale. Interessante la definizione che le colloca fra altri alle origini del dominio internazionale di uno zeitgeist progressista occidentalizzante: sarebbero fra gli antecedenti della attuale ideologia prevalente OCSE.

Provocatoria, in tempi di progettazione di Framework internazionali nei più vari campi, l’affermazione che la prospettiva di un programma di studi  internazionale sarebbe appena meno allarmante di quella di un governo mondiale.

Esaminiamo alcune caratteristiche chiave

  • Scuole Internazionali e filosofia dei lumi

image018Giova ricordarne l’origine cioè la spinta a vivere insieme armoniosamente dopo gli orrori della Prima Guerra Mondiale. Secondo gli autori ogni teoria della educazione deriva generalmente da una filosofia della vita e per questo diventa un problema di tipo religioso: una sindrome ideologica che copre sentimenti, attitudini e valori e che in questo caso si può definire illuminismo liberale o liberalismo illuminista.

 La Scuola di Ginevra Ecolint ha importanti basi comuni con la Dichiarazione dei Diritti dell’uomo: individualismo, libertà, democrazia, egualitarismo, razionalismo, ottimismo, universalismo, a formare l’idea di una pedagogia democratica e perciò di una organizzazione della classe democratica. Questa visione sarebbe oggi così accettata universalmente  -anche se attualmente la sua capacità di influenza sembra diminuita- che, secondo alcuni autori dei contributi, non se ne coglie il valore relativo. Ma in questo modo si disconosce  il valore della differenza ed il peso della storia; questo genera la difficoltà a capire il modo di pensare diverso e perciò anche a combatterlo, come si deve fare, sempre secondo gli autori, contro  i regimi autoritari o quelli della Sharia. Il riconoscere il loro valore storicamente relativo non deve portare alla indifferenza su valori che sono oggettivamente contrastanti. Bisogna insomma confermare l’orgoglio di principi che anche molta parte delle società non occidentali desidera.

  • Scuole Internazionali e utopismo-sentimentalismo

image020Sempre secondo questi autori, l’utopismo è cablato nel pensiero occidentale, ma può essere letale. Si ricorda che Dewey definisce il sentimentalismo (espressione eccessiva e pubblica dei propri sentimenti, senza valutazione) come uno dei grandi mali dell’educazione insieme a stupidità, formalismo e routine. Oggi lo possiamo considerare come la conseguenza di un mondo dominato dalla pubblicità, in cui i sentimenti sono eccessivi e non aiutano l’equilibrio fra testa e cuore e lo sviluppo del senso di realtà. Il sentimentalismo pensa che le verità spiacevoli possano essere ignorate, se mettono in discussione il nostro ottimismo e che, se c’è un problema, c’è sicuramente qualcosa da fare per sentirci tutti bene. La scuola invece deve preparare anche  al contrasto, non usare una eccessiva retorica e guardarsi dal dominio del cuore sulla testa. La conoscenza della realtà deve insomma portare ad un realismo da adulti.

  • Scuole Internazionali e Nazione

image022Il silenzio sugli stati  nazione è comprensibile, considerando il periodo della nascita delle International Schools che, visti i tempi, partivano dall’ipotesi che essere un individuo fosse più importante di essere un cittadino. Oggi tuttavia, secondo alcuni autori, bisogna prendere atto che il mondo è sempre più dominato dalle nazioni e che la denazionalizzazione delle idee, almeno a parole ed in alcune parti dell’Ovest, è andata troppo avanti. Coloro che per le ragioni più diverse girano per il mondo sono infine solo il 3%. Il capitalismo globale promuove l’innovazione per l’innovazione e questo rischia di andare fuori controllo: vi possono essere effetti positivi, ma anche distruttivi e bisogna massimizzare i primi e minimizzare i secondi. Cosi il concetto di cittadinanza globale rischia di diventare “aria fritta” senza contenuti, soddisfacente emozionalmente ma intellettualmente fraudolento. Ne è un esempio la facile creazione di emozioni per cause lontane, senza fronteggiare realisticamente e positivamente quelle che  ci sono vicine: l’esotismo ci fa più facilmente accettare l’umanità di gente aliena che quella dei vicini.

  • Scuola Internazionale e Lingua inglese

img-engIl multilinguismo è un principio importante perchè potrebbe consentire di conoscere dal di dentro le altre società. Però nella realtà le Scuole Internazionali hanno rinforzato l’egemonia del mondo anglosassone ed USA, anche perchè la maggior parte degli allievi è straniera (gli anglosassoni bilingui sono sempre molto pochi) ed è evidente che l’egemonia dell’inglese è un colpo alla diversità. Un effetto egemonico si realizza anche attraverso l’orientamento agli studi terziari in paesi di lingua inglese.

  • Scuole internazionali e progressismo pedagogico

 image024La pedagogia prevalente nelle Scuole Internazionali storiche è quella del progressismo pedagogico, anche per la contiguità temporale dell’affermarsi dei due fenomeni – il periodo successivo alla Prima Guerra Mondiale- e la contiguità territoriale -Ginevra, patria di Piaget  e della sua Ecole Nouvelle. Gli obiettivi della Società delle Nazioni nel cui seno nacque Ecolint erano coerenti con un ideale di discussione, collaborazione, dibattito e ricerca. Questa impostazione pedagogica divenne in breve egemonica nel mondo anglosassone e fra le élite intellettuali internazionali. Secondo Bourdieu la educazione viene  generalmente modellata dallo spirito del tempo (zeitgeist) senza che se ne sia peraltro consapevoli: viene parlata ( spoken)  invece di parlare (speak).E questo zeitgeist avrebbe visto un mondo nel quale, a livello delle idee, l’individuo sarebbe stato libero di modellare  il proprio significato, i propri valori, la propria ragione, libero insomma di mettere da parte il passato e di costruire il mondo da capo, secondo i totem di individualismo, democrazia ed egualitarismo. Non che siano mancati i nemici di questa visione del mondo e dell’ educazione e di essi viene fatta una breve rassegna: Anna Arendt  che la definisce una corrente di pensiero nata in Mitteleuropa e costituita da un insieme pasticciato di elementi di senso e nonsenso, George Steiner che ne parla come di amnesia pianificata, Oakeshott che depreca l’abbandono dell’ acquisizione del sapere come il principale obiettivo della scuola a scapito dei non privilegiati, Hirsch che la vede come un tentativo di liberazione dal qui e ora con la richiesta di mondo a parte  ed infine Williams e Young che difendono l’importanza del sapere delle materie e del loro  insegnamento.

Si tratta di critiche in parte condivise dagli autori della pubblicazione. Due osservazioni in proposito che possono dare spunti di riflessione. Soprattutto in Gran Bretagna la crisi della teoria del curricolo sarebbe legata all’idea che il sapere in sé non è intrinsecamente significativo, ma è anzi intimidente ed irrilevante. Mentre il sapere darebbe nuovi strumenti per pensare intorno al mondo, strumenti che non facilmente vengono acquisiti attraverso la ricerca e l’esperienza. Il sapere sviluppato dalle discipline accademiche non è lo stesso insomma della vita di ogni giorno.

Si tratta come si è visto di un insieme di osservazioni tutt’altro che scontate e popolari almeno nell’ambiente pedagogico occidentale; lungi da volerle imporre a priori gli autori chiedono un confronto reale, anche per aiutare a motivare meglio quelle predominanti opposte.

Dunque le Scuole Internazionali nascono da incontro fra i bisogni di famiglie internazionali ed una tendenza pedagogica in crescita nell’Europa del secolo scorso: un insieme di idealismo e pragmatismo. Alla base un’idea di insegnamento che valuti il sapere e le esperienze degli studenti e, connettendo il nuovo sapere al loro vecchio, lo faccia emergere ed apprezzare per edificare su di esso. Un altro punto fermo è l’ aspirazione a sviluppare lo spirito critico che nascerebbe dalla ricerca alla pari fra studenti ed insegnanti: è sì necessario più tempo, ma gli apprendimenti sono più significativi e persistenti. Non memorizzazione dunque, ma applicazione di concetti.

Altri punti fermi: insegnamento come collaborazione di cui l’insegnante deve essere il modello, insegnamento differenziato per tutti perchè ogni studente è unico, insegnamento contestualizzato, insegnamento guidato dalla valutazione che deve essere sempre formativa ed solo alla fine esterna, con una pari attenzione al processo ed al contenuto. L’insegnante ideale si caratterizza per la collaborazione, la cooperazione, la ricerca alla pari, ma al contempo diventa colui  che motiva ed infonde l’eccitazione del sapere.

  • Scuole internazionali e curricolo

image026La definizione originaria del curricolo delle Scuole Internazionali “fare del mondo un posto migliore, si incarnava in  un idealismo con anche applicazioni pratiche, in una politica plurilinguistica con crescente prevalenza dell’inglese, in pratiche interculturali o di persona o vicariate ed in discussioni assembleari anche su temi caldi. Centrale è la consapevolezza del tipo di persona si vuole creare a livello internazionale: è necessario un senso degli altri maggiormente sviluppato perché lo sviluppo umano andrebbe in parallelo con il declino dell’egocentrismo. Se capire e stimare l’altro dovrebbe dunque essere il compito di tutte le scuole, le Scuole Internazionali dovrebbero essere all’avanguardia e garantire esperienze ripetute ed  efficaci in questo campo.

Ma dopo più di 70 anni le Scuole Internazionali sono passate da un modello che doveva  rispondere a questi ideali prescritti su modelli autodefiniti ad una situazione molto differenziata in cui più di due terzi delle scuole sono collocati in Asia, hanno finalità di profitto che cercano di realizzare anche con tariffe più basse  utilizzando personale locale con formazione poco occidentalizzante.

Le scuole internazionali dovrebbero avere un curricolo comparabile. Ma, mentre le prime dovevano averlo per permettere i passaggi dei figli dei funzionari internazionali, ora il cambiamento della loro natura fa sì che le pedagogie e le ideologie nazionali filtrino fortemente anche al loro interno e che perciò ne dovranno tenere sempre più conto. Sembra che sia necessario superare l’idea di una educazione in chiave “ingegneristica”, poco attenta alla nazione e alla cultura locale, volta a creare una cultura internazionale sostanzialmente colonizzante caratterizzata dalla democratizzazione e dalla cultura globale con una radicale trasformazione e non  una trasmissione del portato culturale locale.

Poichè la gran parte delle nuove Scuole Internazionali è collocata nell’East Asia ed in particolare in Cina ne risulta un confronto diretto fra le forme che oggi ha preso la pedagogia costruttivista e quella derivata dai principi del confucianesimo. Le due  tendenze avrebbero elementi di sovrapposizione in modo da  non essere viste come alternative.

Il Costruttivismo è attivo? L’ insegnante è un facilitatore e l’allievo scopre attraverso le domande e la ricerca. Secondo il testo si tratta di una teoria di come si apprende, ma non di come si deve insegnare. Viene semplicisticamente associato con la ricerca e la scoperta individuale e di gruppo.

Il Confucianesimo è passivo? L’insegnante è una sorgente riverita di sapienza e di sapere, di “istruzione diretta”, in un contesto di duro lavoro e persistenza in cui fa valere ordini severi. Dagli allievi  ci si aspetta attenzione e l’umiltà che viene incoraggiata; l’essere rumorosi e parlare troppo viene condannato perché il silenzio rappresenta riflessione  e pensiero profondo da parte degli studenti. A titolo esemplificativo si cita il parere di studenti asiatici in Australia: i compagni autoctoni  non studiano sufficientemente e pongono domande stupide. La memorizzazione è un’importante modalità di sviluppo del pensiero e le domande pubbliche e il pensiero critico sono posposti alla padronanza delle basi cognitive. D’altra parte è provato dalle riprese delle lezioni di matematica alle elementari in paesi asiatici che queste non sono passivizzanti e sarebbero all’origine dei loro alti risultati nelle valutazioni internazionali. In questo universo pedagogico i valori chiave sono lo sforzo e la resilienza, mentre le caratteristiche di abilità ed intelligenza sono pensate come malleabili. L’attività faticosa può essere sostenuta per poco, ma  porta alla differenza fra esperti e non esperti.

Un altro nodo problematico è quello di Disciplinarità contro Interdisciplinarità. La differenza fra conoscenza di tutti i giorni e conoscenze basate sul curricolo e sulle scuole è che la struttura di questo dà accesso al sapere basato sulle materie e alle metodologie che si estendono al di là della esperienza di tutti i giorni. Le materie offrono strutture, stabilità e coerenza e sostengono progressi misurabili. Il buon apprendimento richiede di capire il sapere come un insieme e di fare collegamenti fra concetti e aree di studio. Il sapere interdisciplinare è essenziale per fare collegamenti fra le diverse discipline, ma deve essere eccellente e fermamente radicato nella disciplinarità.

L’utopismo digitale può essere eccitante ma la capacità emancipatoria dell’ICT può essere stata sopravvalutata: OCSE ha dimostrato che un significativo investimento in ICT non influisce significativamente sugli apprendimenti.

L’enfatizzazione del pensiero critico isolatamente dai contenuti può essere una ragione di crescente diseguaglianza ed infatti secondo gli autori  contribuisce ai cattivi risultati degli Stati Uniti. Perché in realtà gli allievi non sanno cosa non sanno.

Confrontando le prospettive pedagogiche: quella  centrata sull’allievo (child-centred o student-centred)  è sostanzialmente empirica, evoluzionista, fondata su fenomeni e sulle competenze mentre quella centrata sulla conoscenza (knowlwdge centred) è razionalista, basata sui saperi e sulla tradizione classico umanistica.

La pedagogia centrata sull’allievo e quella centrata sulla conoscenza, secondo gli autori, dovrebbero essere complementari e non in opposizione, anche perché bisogna tenere conto della cultura locale per definire l’equilibrio fra costruttivismo e istruzione diretta. L’associazione bilanciata fra ricerca e istruzione diretta deve dipendere dal contesto. In effetti ci si può incontrare: a Singapore la parola d’ordine del 2006 è stata: Teach less, learn more

LE SCUOLE INTERNAZIONALI NELLA REALTÀ ODIERNA

image028Vi è stato molto investimento di capitali nelle nuove scuole internazionali, perché si tratta di una nicchia di mercato molto promettente divenuta un elemento importante nel panorama internazionale dell’educazione.

Non si tratta più di scuole singole molto orientate dai genitori, ma di catene di scuole gestite internazionalmente e le cui caratteristiche sono determinate dalla globalizzazione. Nel 2015 solo l’11% apparteneva alle seguenti catene: Taalem ESOL e GEMS del Dubai, Bellevue Education e Cognita dell’United Kingdom e Nord Anglia di Hong Kong. Ma negli anni successivi se ne è registrata una concentrazione crescente.

Si tratta dunque della proliferazione di scuole di élite che non sono alimentate dalle vecchie ideologie idealistiche ma strumentali al momento internazionale: cultura sostanzialmente occidentale, lingua inglese e legami internazionali elitari. Obiettivi di queste scuole sono la padronanza dell’inglese, buoni risultati nelle graduatorie high stakes nelle quali certo non contano l’ internazionalismo e le altre competenze. In questa situazione è rilevabile una certa contraddizione fra l’esigenza di una omogenea identità di gruppo e quella di rispondere almeno in parte ai curricoli nazionali, soprattutto in Europa.

Le finalità di profitto sono ben garantite e anche il periodo della crisi del 2008 non ha generato una diminuzione delle iscrizioni, dimostrando che le Scuole Internazionali crescono indipendentemente dal clima economico. Piuttosto dal punto di vista economico problemi in prospettiva possono venire dal fatto che queste catene mirano prioritariamente ai profitti abbassando i costi e perciò la qualità dell’offerta.

Il punto di vista della pubblicazione è sostanzialmente che è necessario combinare pragmatismo con lo sviluppo di una cittadinanza globale ed anche con lo sviluppo dei Paesi a basso livello economico.

Le Scuole Internazionali hanno poi una significativa percentuale di scuole residenziali, che derivano in particolare dallo sviluppo del franchising di scuole private britanniche. Vengono in particolare citate le 15 UWC,  un  modello educativo globale che opera su larga scala a partire dal 1962. Come nel caso originario britannico, le boarding schools  hanno un grande potenziale nel trasmettere valori ed “inculcare” comportamenti, anche maggiore di quelle normali. E’ necessario però levare loro di dosso l’immagine ottocentesca di sofferenza ed estraneazione. A questo fine mettono molta cura nel tutoraggio di bambini che si trovano in contesto nuovo, con lingua, persone ed abitudini stili di vita sconosciute. Il problema della lingua diventa importante perché, senza il suo possesso anche parziale, manca il tramite di espressione di sentimenti in un contesto estraneo-un esempio è la difficolta degli studenti giapponesi per i quali il silenzio è un valore

La Keystone Academy di Pechino

image030Nata nel 2011, la Chinese Thread School bilingual boarding school Keystone Academy di Pechino  rappresenta un caso di particolare interesse e forse anche di avanguardia. Parliamo della fondazione e dell’ organizzazione di una scuola cinese-americana-internazionale di cui l’aspetto principale dichiarato è quello cinese, con curricolo e lingua inglese- cinese, con il cinese in quantità discendente.

Alla base i cinque principi confuciani:

  1. compassion,
  2. giustizia,
  3. rispetto,
  4. saggezza,
  5. onestà.

Obiettivo dichiarato rivitalizzare la conoscenza della tradizione e dell’arte cinese dopo i guasti della Rivoluzione Culturale.

Il curriculo è dunque cinese, con contenuti dell’International Baccalaureat e un significativo pluralismo pedagogico.

Grandi questioni pedagogiche in discussione sono ad esempio il ruolo del gioco, l’importanza dell’apprendimento a memoria, il modo per promuovere la partecipazione orale, le pratiche di costruzione del carattere.  Pensiero critico, insomma, insieme però anche alla memorizzazione.

Dal punto di vista organizzativo-funzionale, la scuola è partita con il finanziamento di  ricchi cinesi, l’attenzione e l’ accreditamento dell’Occidente, una dirigenza occidentale, un middle management cinese e, last but not least, pari condizioni per dipendenti stranieri e cinesi.

CONCLUSIONI E COMPITI

image032In sintesi si sta passando dall’Europa all’Asia, dal no profit al profit, dallo straniero al locale.

Le Scuole Internazionali sono solo lo 0.5% dell’offerta formativa mondiale, ma il loro impatto è stato alto anche attraverso la loro influenza sulle scuole nazionali. Ciò è avvenuto anche per la crescente internazionalizzazione dell’educazione con un rapido aumento della mobilità a livello terziario, la crescita dell’e-learning e della educazione transnazionale, lo sviluppo dei servizi globali di educazione e la grande popolarità delle League Tables.

La maggioranza delle scuole internazionali segue il curricolo britannico in inglese. Ma si pone seriamente il problema di avere un Centro che faccia da audit; non è possibile seguire il criterio dell’ appellation contrôlée, ma incoraggiare le scuole ad acquisire un’ispirazione maggiore.

Può l’International Baccalaureat  Diploma Programm del 1968 avere un ruolo? Se non cambia il modo di operare declinerà, visto lo sviluppo incontrollato delle Scuole Internazionali.

Gli autori della pubblicazione vedono come prospettive possibili il fatto che il nucleo più qualificato di queste scuole, che segue appunto il curricolo IB, possa influenzare i curricoli nazionali attraverso le altre  Scuole Internazionali del Paese ed i loro genitori ed allievi. E d’altra parte – attenzione importante- la piegatura occidentalizzante potrebbe essere contrastata con un viraggio orientale, visto anche il largo numero di scuole cinesi.

  1. Pertanto la prima importante prospettiva potrebbe essere quella di un sostegno alla trasformazione del curricolo nazionale nei Paesi in sviluppo, attraverso il tramite dell’impostazione OCSE ed UE, al fine di migliorare la loro posizione nelle classificazioni internazionali, ma anche la situazione di apprendimento dei ragazzi svantaggiati.
  1. Un secondo importante obiettivo potrebbe essere dato dalla libertà di sperimentare approcci innovativi, essendo libere da pressioni nazionali. E questo in particolare liberandosi dall’obbligo di salire sulle ultime BANDWAGON, termine qui usato per indicare le mode pedagogiche cui tutti si sentono in dovere o sono obbligati ad aderire.
  1. Ultimo singolare obiettivo potrebbe essere quello di fornire orientamento alle scuole per immigrati presenti nelle diverse nazioni occidentali, vista la grande esperienza maturata di educare ai valori occidentali in un contesto diverso se non ostile.

Scarica qui il paper in formato pdf: Scuole internazionali di Tiziana Pedrizzi

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