Qualche parola per introdurre questi due giorni.
Parlare di “senso perduto” e di scuola è quasi un ossimoro, perché poche realtà hanno tanto profondamente e intrinsecamente senso quanto la scuola.
Eppure, in questo tempo la scuola – che condivide il travaglio della società – è attraversata da dubbi, incertezze, malesseri, fatiche, a volte da disfunzionamenti, e quindi sperimenta momenti di smarrimento e di perdita di senso.
Di fronte a una crisi che cosa succede? Una reazione istintiva, l’abbiamo detto tante volte, è quella di guardare indietro. Da qui la nostalgia a cui allude il titolo del nostro seminario. Nostalgia per un passato ritenuto migliore… nostalgia per una scuola che non c’è più, legata a un mondo che non c’è più.
Ma oggi qualcuno dice che c’è anche un’altra forma di nostalgia. È la nostalgia di cui ha parlato Barbara Cassin, dell’Académie Française, filologa e filosofa, autrice di un libro sulla nostalgia che è stato anche tradotto in italiano[1]. Barbara Cassin dice che oggi abbiamo nostalgia di un passato in cui credevamo nel futuro, cioè abbiamo nostalgia di un tempo passato in cui eravamo convinti che il futuro sarebbe stato migliore del presente, e la formula in cui condensa questo pensiero è “Hier, c’etait mieux demain”, cioè “Ieri, il domani era migliore”. È una nostalgia dell’ottimismo di ieri.
Allora, per superare questa tendenza, questa tentazione di nostalgia, e guardare avanti occorre riannodare i fili della speranza, nella definizione che ne ha dato Vaclav Havel, che ha detto che la speranza non è la convinzione che qualcosa andrà bene, ma è la certezza che qualcosa ha senso a prescindere da come andrà a finire.
Proprio per fare questo, per coltivare questo tipo di speranza, in questi giorni vogliamo insieme riflettere sul senso della scuola e lo faremo dal punto di vista degli insegnanti, degli studenti e del sapere. Lo faremo attraverso i nostri relatori e anche nei momenti di scambio tra di noi.
Adesso, a proposito di scambio sarebbe bello poter cominciare un giro di tavola, perché ciascuna e ciascuno possa dire qual è il senso del suo lavoro nella scuola e per la scuola, che cosa la/lo motiva. Questo giro di tavola purtroppo non lo possiamo fare, però vi propongo di prendere comunque un momento per pensare a che cosa mi motiva nel mio lavoro, nella scuola o per la scuola. Qual è la motivazione profonda che ho? E poi vi propongo di girarvi verso la vostra vicina, il vostro vicino, e a turno condividere in 30 secondi ciascuno la propria risposta a questa domanda.
(…)
Così abbiamo cominciato questa riflessione sul senso del sistema scuola partendo da un componente fondamentale di quel sistema che siamo ciascuno di noi.
Adesso presento la coordinatrice della prima sessione che è Giulia Guglielmini. È Presidente della Fondazione per la Scuola, ha insegnato nella scuola primaria, negli Istituti Professionali, all’Università, si è occupata di problematiche di apprendimento, di metodologie di insegnamento, di valutazione e da più anni lavora con scuole ad alta complessità.
Prima però di dare la parola a Giulia vi racconto una piccola cosa. In questi giorni mi ha scritto una persona, una persona che conosce profondamente la scuola italiana. Mi ha scritto: “Sarò presente con interesse e curiosità”. Mi è sembrata una bellissima descrizione dell’atteggiamento che auguro a tutti noi in questi giorni.
Buon ascolto, interessato e curioso!