LA FOTOGRAFIA PER UN MONDO SOSTENIBILE

di Manuela Fugenzi

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Sono una giornalista photo-editor e nei giornali e libri d’attualità ricerco nella produzione giornaliera le photo-news dei fatti del giorno ed eventi recenti o propongo le inchieste di approfondimento dei fotogiornalisti per sviluppare le notizie che verranno poi scritte.

L’esperienza della ricerca delle fotografie per il libro UN MONDO SOSTENIBILE IN 100 FOTO – Editori Laterza

Scaricabile in versione e-pub dal sito dedicato www.unmondosostenibile.it e da Scuola2030, il portale di Indire per l’educazione allo Sviluppo Sostenibile.

Questo libro, frutto della collaborazione con Enrico Giovannini e Donato Speroni, offre una visione d’insieme e un approccio ai 17 obiettivi dell’Agenda  per lo Sviluppo Sostenibile 2030, il programma di sviluppo economico, sociale e ambientale che 193 Paesi membri dell’ONU hanno sottoscritto nel 2015, attraverso gli sguardi della fotografia, siano esse storie del quotidiano o testimonianze di eventi epocali.

La fotografia è uno strumento straordinario attraverso il quale entrare in contatto col mondo e il libro fotografico è un’opportunità di conoscenza rara e preziosa oggi perché permette di osservare le immagini stampate su carta con un tempo di lettura più lento e riflessivo, a differenza della prevalente fruizione contemporanea della fotografia sui dispositivi digitali.

Le fotografie sono state selezionate per dialogare con il titolo e il contenuto della scheda, a volte lo hanno anche suggerito loro stesse. Sono “belle fotografie” perché contengono una dimensione estetica, etica e ontologica, sono polisemiche così come lo è la bellezza.

Che genere di fotografia è presente nel libro?

Principalmente la fotografia documentaria, sociale, il fotogiornalismo, generi fotografici che per vocazione guardano alle fragilità del mondo e sono quindi implicitamente coinvolti nelle tematiche della sostenibilità. Danno voce a chi non ha voce, parlano delle periferie del mondo, per citare parole di papa Francesco. In questo senso l’informazione è la prima forma di solidarietà.

La maggior parte le ho rintracciate nei siti di fotografi, agenzie, fondazioni, premi. Fanno parte di progetti più ampi o di precise indagini, così come indicato nei crediti in didascalia. E nel libro nella parte finale dedicata agli approfondimenti troverete il mio testo LA FOTOGRAFIA PER UN MONDO SOSTENIBILE con tanti link attraverso i quali conoscere questo mondo.

E’  il caso dei fotogiornalisti scelti per testimoniare alcune realtà socio-politiche, come Sergey Ponomarev, che con il progetto fotografico Europe Migration Crisis, testimonia uno dei principali problemi epocali del nostro tempo. Questa fotografia, come altre presenti nel libro, è stata premiata al World Press Photo, la più imponente competizione annuale di fotogiornalismo, capace di “mettere in contatto il mondo con le storie che contano”, ed è stata tra i finalisti di del Prix Pictet, fondato nel 2008 e diventato il primo premio al mondo di fotografia dedicato alla sostenibilità e che ad oggi ha declinato nelle otto edizioni i temi acqua, terra, crescita, potere, consumo, disordine, spazio e speranza. Quella dei premi è una vetrina che permette di conoscere il lavoro meritevole dei fotografi impegnati nella lettura del nostro contemporaneo.

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Barca con 150 migranti siriani approda sull’isola di Lesbo (Grecia), 16 novembre 2015. © Sergey Ponomarev-The New York Times/Contrasto

Questa foto di Sergey Ponomarev su uno sbarco nell’isola di Lesbos durante l’emergenza del 2015 lavora su un altro registro, di forte impatto emotivo, generato dal punto di vista ravvicinato al soggetto e dal trattamento digitale dell’immagine, fino a renderla quasi pittorica.

Il rimando iconografico è al celebre quadro di Théodore Géricault La zattera della Medusa. Realizzato nel 1818-19 e conservato nel Museo del Louvre di Parigi rappresenta un momento di una tragedia all’epoca di risonanza internazionale: il naufragio della fregata francese Méduse, avvenuto il 2 luglio 1816 davanti alle coste dell’attuale Mauritania. Oltre 250 persone si salvarono grazie alle scialuppe, ma delle rimanenti 150, la ciurma, imbarcate su una zattera di fortuna, soltanto 15 fecero ritorno a casa. Il dipinto diventò uno dei quadri più influenti nel determinare le tendenze romantiche della pittura francese.

Immagini iconiche

Non è casuale, anche se non sempre intenzionale, il riferimento alla cultura figurativa classica e determina di fatto il gradimento e il successo globale di certe fotografie.

In genere scegliamo e ricordiamo immagini iconiche, cominciando da noi professionisti che ve le proponiamo in editoria, ad esempio. Ossia immagini che come le icone sacre (dal greco eikon, immagine) sono immediatamente riconoscibili, perché sono progettate, diffuse, pubblicate e ripubblicate così da essere familiari al pubblico al quale sono rivolte.

E’ la loro confezione e diffusione (quindi la politica dell’informazione messa in atto a seconda delle circostanze, pensiamo alle foto di guerra ad esempio) che le ha rese simboliche, rivestite di un profondo significato per una nazione o una comunità.  Con loro instauriamo una relazione significante ed emotiva. Che nutre la nostra anima, la nostra spiritualità, per questo il diritto alla bellezza va difeso e educare allo sguardo è un impegno politico.

Ce le rende familiari, facili da leggere e riconoscibili, oltre alla consuetudine dovuta alla diffusione, il linguaggio della rappresentazione usato nella fotografia, ereditato a sua volta dal linguaggio iconico della pittura e della scultura, di carattere religioso principalmente. E’ la cultura del fotografo assieme a quella del suo tempo che permettono di selezionare nella realtà del momento luci, composizioni, contenuti e di creare quell’immagine che noi apprezzeremo e riconosceremo a nostra volta, anche se non consapevolmente.

Amaia, bambina unupiat di 11 anni, sul Mar Glaciale Artico nell’estremo nord dell’Alaska (USA), 2016. © Vlad Sokhin-Panos Pictures/Luzphoto

Torniamo al nostro libro, alla copertina che tanto è piaciuta. Anch’essa è iconica: una sorta di Cappuccetto Rosso contemporaneo, dove tutto è rovesciato: al posto del bosco minaccioso c’è una natura minacciata, non c’è più il lupo (gli orsi polari se ne sono andati). Lei ci guarda e ci chiede conto e ci suggerisce con la sua presenza la protesta delle ultimissime generazioni di Fridayforfuture.

La fotografia deve saper parlare, trasmettere contenuti. La voce dei giovani: le agenzie fotografiche sono piene di fotografie di manifestazioni, ma non ci sorprendono, hanno un impatto visivo scarsissimo.

C., quindici anni, partecipa a un corteo organizzato dagli studenti a Milano, 14 ottobre 2011. © Stefano De Luigi, dalla serie Screamers, 2014

Ecco perchè ho scelto questa fotografia di un fotogiornalista che sperimenta il linguaggio fotografico per rompere l’apatia con cui guardiamo alle foto di cronaca: Stefano De Luigi membro dell’agenzia VII. Fa parte di un suo lavoro intitolato Screamers, dedicato alle mobilitazioni di piazza del 2011, quando cominciò a manifestarsi la richiesta di una democrazia dal basso e contro la politica gestita dai partiti. Tra i vari volti fotografati (che ci restituiscono una sorta di Italia molto arrabbiata) c’è questa ragazza a sinistra.

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Bambina che vive con la sua famiglia sulle sponde del fiume a Saigon va a scuola, Vietnam 2002. © Philip Jones Griffiths-Magnum Photos/Contrasto

Quando scelgo una fotografia faccio appello anche al mio bagaglio personale, recuperando dalla mia memoria fotografie che mi hanno colpito che mi tornano in mente sollecitate dai temi che devo comunicare visivamente. Per la scheda sull’istruzione femminile ho scelto una fotografia di un grande fotografo dell’agenzia Magnum Photo, Philip Jones Griffith, il cui lavoro durante la guerra nel Vietnam della seconda metà degli anni Sessanta contribuirà a sostenere le richieste di quella parte di opinione pubblica americana che voleva la fine della guerra. Ha poi continuato la sua carriera, tornando però più volte in Vietnam, dove nel 2002 scatta questa fotografia…. che comunica lo svantaggio ma anche la caparbietà tutta femminile di volercela fare.

Iguana marina (Amblyrhynchus cristatus), Isole Galapagos (Ecuador) 2004. © Sebastião Salgado-Amazonas Images/Contrasto

Non poteva mancare in questa selezione un grande maestro della fotografia documentaria, forse il più famoso: Sebastião Salgado, attento all’ambiente prima ancora di diventare fotografo, sin dai suoi studi di economia, nonchè fondatore di un’organizzazione dedicata allo sviluppo sostenibile della Valle del fiume Doce in Brasile dove è nato. A 60 anni, nel 2003, si pone l’obiettivo di dedicare i successivi 10 anni di attività a fotografare i luoghi più incontaminati (e quindi più fragili) del nostro pianeta, per sottolineare la necessità di salvaguardarlo. Chiamerà questo progetto Genesi, da cui è tratta questa fotografia per la scheda ANIMALI ESTINTI.

Il contesto delle immagini

La fotografia è uno strumento di testimonianza e interpretazione straordinario a patto che sia utilizzato con responsabilità, dal fotografo tanto per cominciare, con la consapevolezza e la generosità di passare ad altri, agli spettatori, l’esperienza della propria testimonianza, della propria indagine. Poi da noi professionisti che la utilizziamo per informare e divulgare, che la mettiamo nei libri di scuola, nelle mostre.

Non è vero che una foto vale più di 1000 parole, anzi può essere facilmente manipolabile, perché l’immagine è polisemica, ossia accoglie tanti segni e quindi diversi piani di lettura. Ed è il contesto in cui la osserviamo, la presenza o meno di testi e didascalie ad esempio, ad imporre una prima chiave di lettura. E’ qui che la fotografia può essere facilmente manipolata, come spesso si dimostra oggi nello streaming delle fotografie online e nei social.

Se guardiamo da una prospettiva storica notiamo come la fotografia è stata lo strumento principe della propaganda dei regimi totalitari del 900. Se invece il contesto è eticamente corretto aprirà ulteriori piani di lettura, si aprirà alla nostra immaginazione e alla nostra cultura, rendendo noi spettatori partecipi e in parte autori a nostra volta. La fotografia può essere uno strumento di riflessione e approfondimento straordinario da utilizzare per esempio, come peraltro molti docenti fanno, nella didattica. Anche se sempre di più si evidenzia la necessità di una specifica didattica per insegnare a leggere le immagini, così come impariamo a leggere la scrittura. Per dare strumenti critici e di comprensione ai nostri figli che crescono in rete immersi in un flusso continuo e inquinante di immagini di ogni genere e sviluppare il pensiero critico, per sconfiggere l’analfabetismo funzionale.

Il campione indonesiano di surf Dede Suryana durante un allenamento, Giava (Indonesia) 2013. © Zac Noyle/A-Frame

Al contrario di Salgado, l’autore di questa fotografia non aveva nessuna intenzione di parlare di inquinamento dei mari…. Ma è diventata virale su Internet ed ho fatto una vera caccia al fotografo per ottenere l’autorizzazione alla pubblicazione e per pagare i dovuti diritti di riproduzione. A realizzarla è sì un fotografo professionista, ma di fotografia sportiva, anzi solo di surf: Zac Noyle, deve essere surfista egli stesso e sul suo sito scopriamo che vende i suoi scatti per copertine di giornali specializzati sul surf o realizza splendidi poster per gli appassionati del genere.

Questa è una foto per lui sbagliata: il soggetto è un grande campione, ma il mare è sporco! Per noi diventa un’immagine di forte impatto che ci fa riflettere sul fatto che quella sporcizia lì effettivamente non ci deve stare!

Questo piatto è l’unico pasto della giornata per Ramata Modou (58 anni) e I suoi 6 figli, Camerun, 2017. © Chris de Bode-Panos Pictures/Luzphoto

Panos Pictures troviamo Chris De Bode. Come altri suoi colleghi collabora a progetti umanitari, come per One Meal A Day, Un pasto al giorno, realizzato per la British Red Cross. Nel panorama attuale infatti sempre più fotografi e agenzie fotografiche cercano nuovi canali di produzione e diffusione attraverso le collaborazioni con organizzazioni non profit e istituzioni, come la Fao e l’Unicef, i cui archivi fotografici online si offrono quale risorsa imprescindibile per le tematiche di questo volume. Questa fotografia, scelta per la scheda LA FAME E L’INSICUREZZA ALIMENTARE, è più efficace della solita foto del bambino denutrito perché crea un cortocircuito utilizzando gli stilemi del photofood (quasi fosse il piatto di uno chef stellato). Ricordo Ali Farka Turè, il grande musicista del Mali, che alla domanda “Cosa è importante nella vita?” rispose: “Mangiare. L’uomo affamato non riesce a pensare….”

Veduta notturna della regione delle serre di Westland (Paesi Bassi), 2017. © Luca Locatelli.
Veduta notturna della regione delle serre di Westland (Paesi Bassi), 2017. © Luca Locatelli.

Quindi non solo bisogna essere dei veri giornalisti e ricercatori per individuare le storie che contano e che è importante conoscere, ma bisogna anche trovare una chiave visiva per raccontarle in modo che l’immagine non ci sia indifferente e ci faccia riflettere.

E’ il caso di Luca Locatelli fotografo del National Geographic e di altre testate internazionali, che affronta le sue storie sull’interazione tra persone, tecnologia e ambiente in collaborazione con giornalisti, ambientalisti e scienziati, come per Hunger Solutions, premiato nel 2018 e finalista nello stesso anno anche del più recente Food Sustainability Media Award, un progetto sulle ultime frontiere dell’agricoltura industriale. Questa fotografia ha qualcosa in più: scattata di notte, da un elicottero o da un drone ci informa su come abbiamo trasformato la superficie della Terra nella regione delle serre in Olanda e dell’energia che serve per far crescere frutta e verdura senza interruzione, ma anche di quanto lavoro e ricerca c’è dietro….

Metafore

Quartieri spagnoli, Napoli 2001. © Raffaela Mariniello dalla serie Napoli veduta immaginaria 2001

In questo libro ogni foto ha una storia, ma per motivi di spazio vorrei concludere con due fotografie per sottolineare come la fotografia documentaria in certi casi non ce la fa ad accompagnare/visualizzare temi più astratti e generali, come LE RETI INTELLIGENTI di distribuzione dell’energia elettrica, oppure il principio di “economia circolare”, per restare sui temi del libro. Spesso sui giornali, sui libri trovate illustrazioni o fotografie che in modo semplicistico e prevedibile ci offrono una metafora. A mio avviso i migliori produttori di metafora sono gli artisti, e anche in questo libro ho cercato il loro sguardo, capace di restituire la complessità attraverso un’immagine non necessariamente documentaristica. E’ il caso di Raffaela Mariniello, con il suo lavoro visionario su Napoli per il concetto della SMART GRID, della rete intelligente per la distribuzione dell’energia elettrica. E di un prodotto di eco-design ideato da 2 italiani, Anna Citelli e Raoul Bretzel, dalle forti suggestioni poetiche, per aiutarci a comprendere che il nuovo modello di sostenibilità che siamo chiamati ad applicare impone a tutti un cambiamento radicale della nostra visione del mondo e dello sviluppo.  Nella scheda del libro la definizione di ECONOMIA CIRCOLARE dice:

“dove il ciclo di vita della Terra deve essere un modello, per cui ogni scarto diventa materia prima di un altro processo, e tutto questo compone senza scarti l’armonia e l’equilibrio della vita”.

Quindi una metafora che nutre immaginazione e riflessione è senza dubbio a mio avviso Capsula Mundi (2003) che si offre come alternativa alle bare tradizionali: il corpo del defunto è accolto in posizione fetale in un contenitore biodegradabile, che una volta piantato a terra contribuirà alla crescita di un albero.

Capsula Mundi, 2003. © Francesco D’Angelo

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