Gli eccellenti italiani in Invalsi ed in PISA

di Paolo Barabanti

Vorrei apportare un altro punto di vista alla discussione di oggi, non necessariamente antitetico, a volte complementare.

Vi chiederete come mai, dopo aver parlato di plusdotazione, giftedness e talento, sia necessario introdurre un altro concetto, quello di eccellenza. Ma c’è un motivo.

Cercheremo poi anche di capire se le prove standardizzate possano essere uno degli strumenti, come diceva anche  Ignace Ryheul, che ci permettono di aprire delle finestre, delle possibilità di riflessione, oppure se le dobbiamo scartare, tout court, a prescindere da posizioni ideologiche, perché riteniamo che non ci possano servire.

Plusdotati, top performer ed eccellenti

Per poter far questo, dobbiamo innanzitutto capire la distinzione che c’è tra plusdotazione, talento ed eccellenza. Non torno sulla definizione di plusdotazione, egregiamente esposta dalla professoressa Zanetti.

Io partirò dall’eccellenza. Dagli studi sociologici di Talcott Parsons, ma anche da altri studi molto più recenti, secondo i docenti e i dirigenti che hanno fatto parte di alcune ricerche, emerge sostanzialmente che l’eccellenza non è l’essere “secchione”. L’eccellenza si caratterizza dalla presenza di due dimensioni: una dimensione cognitiva e una dimensione morale, etica, sociale. Entrambe sono le anime che fanno considerare eccellente uno studente, al punto che potremmo dire che il “secchione” non necessariamente è eccellente, perché sappiamo che ad esempio a volte non ha capacità di leadership o di gestire l’aiuto o di essere disponibile. Va da sé quindi che lo studente più studioso non è necessariamente l’eccellente.

Ho evidenziato una zona di intersezione, perché potrebbero esserci studenti così detti, ad esempio, plusdotati e contemporaneamente anche eccellenti, ma come è stato detto quando si è parlato di double-labelled, ci sono anche gli underachievers, ci sono anche le difficoltà nell’interagire con i compagni.

Proviamo a riflettere anche sul termine top performer, che non necessariamente si equivale con gli altri.

Chi è uno studente top performer? Secondo una letteratura condivisa, un top performer, lo dice la parola stessa, è uno studente che sta in una posizione più in alto rispetto a una distribuzione, si trova al top rispetto ad alcune dimensioni. Solitamente quando si utilizzano le prove standardizzate, non solo italiane ma anche internazionali, il top performer viene definito come quello studente che riesce bene in questo tipo di prove; ma non necessariamente si equivale al termine di studente eccellente perché può darsi che ci siano top performer solo in una dimensione più cognitiva e, seppure non monitorato con i test, casi di top performer solo da un punto di vista delle competenze socio-emozionali.

Le due dimensioni dell’eccellenza

Sappiamo che nella scuola esistono numerose esperienze di successo scolastico. Ce ne sono tantissime e, per semplicità, possiamo suddividerle in due grandi dimensioni. Quello che è tutto il mondo del cognitivo, del disciplinare, delle hard skills, per usare dei termini che a me piacciono poco ma che aiutano a circoscrivere questo tipo di dominio che è più afferente alle discipline. C’è poi un’altra dimensione, e non è vero che questa a scuola non conta, anzi forse ci facciamo più attenzione ma in modo latente, in modo indiretto: è tutto il mondo delle character skills, o soft skills, o non-cognitive skills, o social-emotional skills, ecc…

Gli studenti eccellenti sono studenti che hanno sviluppato entrambe queste dimensioni. Tuttavia, il termine eccellenza non è un termine standardizzato.

Che cosa significa? Che in fondo spetta ai docenti individuare, all’interno dei propri contesti, le dimensioni di eccellenza. Questo emerge anche da alcune ricerche. In fondo stare in una scuola primaria o in una scuola secondaria di secondo grado in un quartiere un po’ disagiato fuori provincia non ha lo stesso peso, gli stessi elementi, per definire l’eccellenza, rispetto a una scuola liceale, upper class in centro città.

Entrambe le dimensioni sono importanti e il contesto fa sì che l’una abbia più peso rispetto all’altra. Invece, nel definire i top performer, non necessariamente ci sono entrambe le dimensioni, può darsi che uno studente abbia più forte una dimensione rispetto all’altra e viceversa.

L’eccellenza nelle indagini internazionali

Solitamente siamo abituati a vedere la dimensione cognitiva nelle prove standardizzate, nelle prove INVALSI stesse, oppure, allargandoci in un’ottica internazionale, nelle prove OCSE-PISA, ma anche in tante altre prove come TIMMS, PIRLS, per esempio. Tutte esplorano questo dominio. Le indagini standardizzate tengono monitorate alcune dimensioni proprie della performance, ma è solo la punta dell’iceberg. L’altro aspetto tocca una dimensione più latente ed è qualcosa che agisce anche sugli apprendimenti, ma non emerge, come la parte sottostante dell’iceberg che non si vede, e anche questo tipo di prove lo può “annusare”, uso questo termine perché non mi piace il termine monitorare. In che modo? Per esempio, utilizzando dei questionari che non sono i questionari cognitivi come quelli che richiedono problem solving, oppure la risposta esatta su una scelta multipla, ma che toccano alcune dimensioni socio-emotive su cui gli studenti potrebbero fornire una serie di risposte.

Perché su queste dimensioni non basta, a questo livello, l’opinione dei docenti? Perché, facciamocene una ragione, le prove dei docenti sono incommensurabili, cioè quello che emerge dalla valutazione di un docente non può essere confrontato in modo lineare con la valutazione di un altro docente. La docimologia è nata per questo, è nata proprio per far fronte all’arbitrarietà, si ricordi l’inchiesta effettuata in Francia sugli esami di baccalauréat. Il docente ha tutta un’altra serie di dimensioni che le prove standardizzate non monitorano, il progresso dello studente, l’aspetto contestuale… ma è chiaro che, se vogliamo ragionare in una logica di sistema, non possiamo utilizzare le prove dei docenti per loro stessa natura.

Dunque, quale potrebbe essere un’idea per saggiare la dimensione latente di cui si parlava sopra? L’idea è stata quella di usare le prove OCSE-PISA, che si somministrano agli studenti quindicenni in oltre 80 Paesi nel mondo, con prove a campione ogni tre anni su lettura, matematica e scienze. Si possono esplorare anche tutta un’altra serie di aspetti che possono essere monitorati, non valutati, attraverso, per esempio, il questionario studente. Su quali aspetti? Su quale dimensioni? Sulle Big Five, ovvero le social emotional skills che riguardano l’aspetto emotivo, la resistenza, lo stress, la capacità di controllare le proprie emozioni, la curiosità, la cooperazione, l’empatia Dimensioni che OCSE-PISA ha provato a monitorare.

 

Proviamo a vedere cosa è emerso.

Per quanto riguarda le competenze più cognitive, sappiamo che i top performer sono studenti che hanno i risultati più alti, cioè si pongono a livello 5 e 6 della scala di valutazione. Inoltre, in viola nell’immagine sopra, è indicata l’Italia e possiamo vedere se ci sono elementi di prossimità o meno rispetto ad altri Paesi Europei.

Per esempio, in lettura e matematica non abbiamo una grande differenza con l’Europa, invece nelle scienze abbiamo meno top performer rispetto all’Europa.

Vediamo ora cosa accade sulla dimensione delle social emotional skills.

 

C’è un questionario con una batteria di domande per ogni dimensione. C’è da precisare che questa batteria di domande è stata pre-testata secondo alcuni standard di affidabilità, tra cui l’Alpha di Cronbach che ci informa se c’è affidabilità statistica. Da queste batterie possiamo costruire degli indici. Questi indici non sono la verità ma certamente ci permettono di avvicinarci, di inquadrare, di utilizzarli come elementi di osservazione nelle nostre scuole.

L’OCSE, dunque, costruisce degli indici, espressi per mezzo di punteggi, per ciascuna di queste dimensioni. Andiamo ora a vedere quali sono i top performer, cioè quelli che sono nell’ultimo quartile.

Se mettessimo in ordine tutti i nostri studenti per ciascuno di questi indici, da quello che ha un valore più basso a quello con il valore più alto, e li dividiamo in quattro gruppi, il gruppo con i punteggi più alti in questo indice è il quarto quartile.

E possiamo notare, per esempio, nell’immagine sottostante, che rispetto a un confronto europeo, a parte la curiosità dove non c’è una grande differenza, su tutte le altre dimensioni, i quindicenni italiani sono meno resistenti allo stress, hanno meno empatia, riescono a gestire meno le emozioni.

Al di là che potrebbe esserci un po’ di desiderabilità sociale nel rispondere ai questionari, è difficile che vengano celati proprio tutti i problemi; quindi, prendiamo lo strumento per ciò che può darci di positivo. E il buono è dato, a mio avviso, anche dal fatto che questi dati possono essere stratificati rispetto a delle variabili.

Ad esempio, c’è differenza tra maschi e femmine? C’è differenza tra chi viene da un contesto svantaggiato? Magari sulla dimensione della gestione dello stress chi viene da un contesto svantaggiato mostra una difficoltà maggiore. Oppure c’è chi ha un background migratorio.

Avere questo tipo di dati ci consente di fare anche questo tipo di analisi. E l’altra cosa importante è che possiamo raccogliere molti dati e con una frequenza triennale, per esempio. Quindi si può monitorare, anche se su coorti diverse, una stessa dimensione.

La stessa cosa si può fare con le prove INVALSI, oggi unicamente sulla dimensione cognitiva perché non esiste un questionario studente che permette di monitorare questi aspetti socio-emotivi.

Il grande vantaggio di inserire batterie di domande sulle Big Five nelle prove IVNALSI rispetto alle prove internazionali sarebbe che lo stesso studente svolge nella sua carriera scolastica 5 prove e, quindi, sarebbe possibile osservare alcune dimensioni nel tempo ed eventualmente riscontrare se in alcuni punti c’è un cambio in positivo o in negativo, o se resta una sorta di  stabilizzazione. Potremmo quindi ragionare sull’eccellenza, integrandola, chiaramente, a tante altre variabili.

Grazie.

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