Il Senato ha varato il Ddl 924
Il 31/01/24 il Senato ha approvato il Ddl 924 sulla filiera tecnologico-professionale, presentato in ottobre dal Ministro Valditara, un nuovo tassello della riforma di questo settore disposta nell’ambito del PNRR.
Va subito chiarito che non si tratta di una riforma ordinamentale, tale da coinvolgere l’intero sistema tecnico e professionale, bensì di un percorso, su base volontaria, che si affianca agli attuali ordinamenti.
Arduino Salatin ha svolto, nel novembre 2023, sul sito ADi, un’eccellente e approfondita analisi di questo provvedimento, che rimane fondamentale per capire gli aspetti sia positivi che critici della norma ora varata dal Senato. Ad essa pertanto si rimanda, riservando qui solo alcune note aggiuntive.
ADi ha ripetutamente sostenuto, con convegni e documenti, l’esigenza di rilanciare l’insieme dell’istruzione e formazione tecnica e professionale, entro una filiera unitaria che colleghi l’istruzione secondaria a quella terziaria, in particolare agli ITS. Per questo guarda con interesse a questo tentativo e ne auspica un esito positivo, ivi compresa la quadriennalizzazione dei percorsi. Un obiettivo, quest’ultimo, che ADi persegue da sempre, nella convinzione che tutta la scolarizzazione debba concludersi alla maggiore età.
Alcune questioni che collidono con la buona riuscita
Ciò premesso, riproponiamo alcune questioni, rispetto a quelle già rilevate da Arduino Salatin, che collidono con la buona riuscita del progetto.
1. Questa sperimentazione, come quasi tutte quelle varate dai diversi Ministri dell’Istruzione, contiene due punti immarcescibili e cioè dal provvedimento non devono derivare 1) situazioni di esubero di personale, 2) nuovi maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Quindi l’organico non si tocca e contestualmente i finanziamenti rimangono invariati. La questione dell’intoccabilità dell’organico, fatta soprattutto per non creare ulteriori ostilità fra i docenti, è diventata insostenibile. Non ha senso affermare che in tal modo, data la riduzione di un anno, si usufruisce di un maggior numero di docenti, perché il curricolo di questo progetto dovrebbe essere profondamente rivisitato, con una nuova e diversa ripartizione e ridefinizione delle discipline, delle attività laboratoriali e dell’alternanza scuola lavoro. Tutto questo comporta una modificazione inevitabile dell’organico, che porta con sé anche un più razionale utilizzo delle risorse finanziarie.
2. La seconda questione, strettamente collegata alla precedente, è che si richiedono le stesse conoscenze e abilità dei corrispondenti percorsi di istruzione di 2° grado e si mantengono le stesse disposizioni vigenti in materia di esame di stato conclusivo del 2° ciclo di istruzione. Tali vincoli costituiscono da sempre un pesantissimo condizionamento per gli insegnanti, e limitano fortemente le indispensabili innovazioni curricolari, necessarie per superare, come invoca il disegno di legge, l’attuale mismatch tra domanda e offerta di competenze professionali.
3. La terza questione riguarda l’orario, come indicato nella relazione di presentazione. In ottemperanza ai due punti precedenti, e in virtù dell’autonomia didattica e organizzativa, si dà la possibilità di comprimere nei 4 anni anche le ore del quinto anno, pari a 1056 ore negli istituti tecnici e professionali. È quanto è già avvenuto nell’esistente sperimentazione quadriennale. Questo porta con sé l’inevitabile tentazione (visti gli obiettivi e la permanenza dello stesso organico) dell’accumulo nei 4 anche degli interi contenuti quinquennali delle discipline, quando la tendenza a livello internazionale è, come noto, quella dell’essenzialità dei curricoli, e del superamento del loro sovraccarico.
Tutti questi elementi possono mettere in crisi le finalità che si attribuiscono a questi percorsi.
Cosa richiederebbe un’autentica innovazione
La prima questione richiesta da un’autentica innovazione sarebbe il superamento della dicotomia fra Istruzione Professionale statale e Istruzione e Formazione Professionale regionale.
Ma su questo punto non c’è nessun avanzamento, nonostante sia chiaro a tutti che da un lato gli Istituti Professionali subiscono da anni una progressiva pesantissima diminuzione delle iscrizioni, e dall’altro la IeFP è pressochè assente nelle regioni meridionali e nelle isole, ed è affidata, in tutte le regioni, a centri privati accreditati.
Da anni ADI sostiene l‘unificazione fra IP e IeFP, così come è stata realizzata nella Provincia di Trento. Le soluzioni per evitare la tanto osteggiata regionalizzazione di insegnanti e dirigenti scolastici non sono insormontabili. Non si capisce infatti perché la IeFP possa essere affidata a centri privati e non alle scuole statali a seguito di un processo di fusione, che veda precise intese fra Stato e Regioni che superino gli attuali parziali e tortuosi accordi.
La seconda questioneè che una legge come l’attuale avrebbe dovuto sostenere un’efficace e forte innovazione curricolare e la relativa scelta degli insegnanti, attraverso il superamento dell’art. 11 del Regolamento sull’autonomia, DPR 275/1999, a cui il Ddl continua invece a fare riferimento. Si sarebbe dovuto approfittare di questa occasione per dar vita a un’autonomia autentica come quella che ADI ha definito nel proprio disegno di legge sugli ISAS , Istituti Scolastici ad Autonomia Speciale.
La sperimentazione per l’a.s. 2024-25
In anticipo rispetto alla approvazione della riforma qui presentata, è stato emanato un Decreto Ministeriale (DM n. 240 del 7/12//2023) che ha avviato l’implementazione del nuovo modello sperimentale a partire dall’a.s. 2024/25. In sostanza i contenuti della proposta ancora non approvata dal Senato (e poi comunque da inviarsi alla Camera) sono stati resi operativi da un atto ministeriale che ha permesso la costituzione di filiere formative tecnico-professionali entro il 30 dicembre 2023 (con proroga al 10 febbraio 2024) per avviare già dal prossimo settembre la sperimentazione quadriennale.
Il CSPI ha dato parere contrario, adducendo, tra le varie considerazioni, l’inopportunità della promozione della sperimentazione prima dell’approvazione del disegno di legge. Ma il parere, non vincolante, non è stato tenuto in considerazione.
Sono 171 gli istituti tecnici e professionali (193 corsi) ammessi alla sperimentazione dalla commissione tecnica del MIM, a seguito dell’istruttoria condotta sulle candidature finora pervenute. Le maggiori adesioni si sono avute in Calabria e in Lombardia.