ADi esprime un sentito ringraziamento e apprezzamento ad Arduino Salatin, uno dei maggiori esperti nel campo dell’istruzione tecnico-professionale, per questa utilissima, approfondita e documentata analisi dello schema del Ddl Valditara fatta a novembre 2023.
CONSIDERAZIONI SULLA ISTITUZIONE
DELLA FILIERA FORMATIVA TECNOLOGICO-PROFESSIONALE IN ITALIA
Premessa
Come è noto, il Governo Meloni ha deciso e di avviare un progetto sperimentale di istituzione della filiera formativa tecnologico-professionale. L’obiettivo è quello di farlo entrare in vigore per l’avvio dell’anno scolastico 2024-25. Il progetto ha suscitato molte aspettative, unitamente a molte perplessità e critiche, in quanto apre di fatto ad una “criptoriforma” del secondo ciclo di istruzione basata sulla sua quadriennalizzazione. Anche se mancano ancora molte indicazioni analitiche sulle modalità di implementazione della sperimentazione, in questo contributo cercheremo di inquadrare l’iniziativa sia rispetto ai processi di riforma previsti dal PNRR, sia rispetto alle tendenze evolutive in atto a livello europeo, in particolare per quanto concerne i sistemi VET[1] .
1. Il progetto sperimentale e i suoi principali contenuti
Il PNRR ha riaperto in Italia il dibattito sulla cosiddetta “filiera professionalizzante”. Un esempio emblematico, riconducibile alla Missione 4 del Piano[2], è il cosiddetto “Ddl Valditara” il cui schema è stato approvato dal Consiglio dei Ministri il 18 settembre 2023. Esso ha come obiettivo la promozione delle “sinergie tra la filiera formativa tecnologico-professionale, costituita dagli istituti tecnici, gli istituti professionali e gli istituti tecnologici superiori (ITS Academy), e il settore imprenditoriale, industriale e scientifico-tecnologico”.
Tale provvedimento, che ha ottenuto la procedura di urgenza, si affianca al percorso “ordinamentale” di riforma dell’istruzione tecnica e professionale, avviato dal precedente governo[3]. Esso si propone di contribuire a contrastare alcune derive critiche del sistema formativo nazionale, tra cui:
– la crescente licealizzazione del secondo ciclo di istruzione, nonostante si riscontri una forte carenza di figure professionali qualificate di livello intermedio (tecnici diplomati),
– il deficit programmatorio delle politiche educative e la scarsa efficacia di una regia inter-istituzionale tra Stato e Regioni.
Le novità del Ddl Valditara, che non ha carattere ordinamentale, sono numerose e potenzialmente incisive, non solo per il secondo ciclo di istruzione, ma anche per la formazione professionale iniziale (IeFP) gestita dalla Regioni, nonchè per i nuovi ITS Academy.
La sperimentazione sembra preludere ad un cambiamento profondo della scuola secondaria di secondo grado, riprendendo in qualche modo quanto previsto nel 2003 – anche se poi non realizzato – dalla Riforma Moratti e cioè la creazione di due aree di offerta formativa: quella liceale e quella tecnico-professionale.
L’obiettivo esplicito è quello di ridurre il mismatch di profili tecnici e di competenze STEM, lamentato dal mondo del lavoro, in modo da rendere più competitivo il nostro sistema produttivo, cercando di offrire sempre maggiori opportunità ai giovani in base alle loro professionalità e ai loro talenti.
I punti chiave del provvedimento, da richiamare in questa sede, sono soprattutto:
– il ridisegno dell’intera offerta di istruzione tecnica e professionale (compresa l’offerta regionale di IeFP) concepita come una “filiera”, cioè seguendo un approccio unitario sia di tipo orizzontale (favorendone i passaggi), sia di tipo verticale (in termini di progressioni formative per livelli di competenza crescenti fino al post-diploma);
– la riduzione della durata dei nuovi percorsi di istruzione tecnica e professionale da cinque a quattro anni, con un incremento delle ore di laboratorio e delle discipline professionalizzanti. Lo sbocco naturale (anche se non obbligato) diventa quello offerto dai percorsi degli ITS Academy biennali (modello 4+2), corrispondenti al livello 5 EQF (Quadro europeo dei titoli e delle qualificazioni);
– l’introduzione del modello formativo “campus”, che aggrega le varie istituzioni formative del territorio, puntando ad una maggiore flessibilità organizzativa e didattica, accresciuta da una più forte sinergia col mondo del lavoro e delle professioni (chiamato a fornire anche molte risorse di docenza specializzata), con il rilancio dell’apprendistato formativo e l’aumento delle ore di formazione on the job,
– l’accesso agli ITS Academy, ora consentito anche agli studenti diplomati nei percorsi quadriennali regionali di IeFP, a condizione che le competenze di questi allievi siano validate dall’Invalsi attraverso apposite rilevazioni.
Per garantire inoltre un adeguato impatto di sistema, si prevede che il progetto coinvolga, pur su base volontaria, un elevato numero di Istituti tecnici e professionali, nonché di Centri di formazione professionale, fino ad un terzo del totale, da stabilire attraverso appositi accordi interministeriali e inter-istituzionali con le Regioni.
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[1] Vocational Education and Training è l’acronimo inglese utilizzato per denominare i sistemi di istruzione e formazione professionale. E’ noto che in Italia non esiste ancora un vero e proprio sistema VET, nonostante siano trascorsi oltre 40 anni dalla “legge quadro” n.845/1978, 18 anni dal Decreto legislativo 226/2005 e 7 anni dal lancio della “via italiana al duale” (2016). In particolare, è sotto gli occhi di tutti che il diritto costituzionale alla IeFP (introdotto dal 2001) non viene ancora garantito a tutti i cittadini e in tutte le Regioni.
[2] La Missione 4 riguarda gli interventi di riforma e/o di investimento relativi alla scuola, all’università e alla ricerca. I provvedimenti specifici cui ci riferiamo in questa sede sono quelli relativi all’istruzione tecnica e professionale e agli ITS. Un ulteriore intervento collegato si trova nella Missione 5 (politiche del lavoro e politiche sociali) e concerne le misure per il “sistema duale”.
[3] La riforma dell’istruzione tecnica e professionale prevista dal PNRR è stata approvata col Decreto-legge 23 settembre 2022, n. 144. Essa disegnava tuttavia solo una cornice di riferimento, rinviando ad una serie di provvedimenti attuativi (Accordi interministeriali, Regolamenti e Linee guida) l’implementazione. Il governo Meloni, dopo aver messo inizialmente in stand by il Decreto-legge 144, ha presentato all’aula del Senato agli inizi di novembre 2023 un provvedimento attuativo specifico relativo all’istruzione tecnica, dato che quella professionale era già stata oggetto della riforma avviata col Dl. 61/2017.
2. Le critiche al Ddl: alcuni esempi
Va detto che non sono mancati i rilievi critici al disegno di legge, sia sul piano formale (in particolare per le contraddizioni rilevate da alcuni sul piano giuridico e anche costituzionale), sia nel merito (in particolare sulla praticabilità della sperimentazione, a livello politico, sindacale e organizzativo)[4].
A livello formale, ad esempio, Salerno (2023) segnala da un lato, l’evidente disomogeneità del disegno di legge. Esso, infatti affronta due questioni tra loro totalmente distinte, quella relativa all’istituzione della filiera professionalizzante, e quella concernente la valutazione del “comportamento” degli studenti. Emerge inoltre un nodo rilevante: quello della competenza legislativa sull’istruzione e formazione professionale (IeFP) che la Costituzione attribuisce espressamente alle Regioni, ai sensi dell’art. 117, comma 3, oggetto di revisione nel 2001.
Gotti (2023), dopo aver sottolineato la debolezza della VET italiana[5], ha invece evidenziato che questa iniziativa rappresenta un primo passo verso la quadriennalizzazione dell’intero secondo ciclo di istruzione. Proprio tale caratteristica ha sollevato preoccupazioni nel mondo della IeFP regionale, in quanto ciò farebbe perdere ai corsi quadriennali di IeFP un vantaggio competitivo che oggi ha rispetto all’istruzione liceale, tecnica e professionale quinquennale. Inoltre, la sperimentazione ripropone il nodo irrisolto da vent’anni del rapporto tra la IeFP e l’istruzione professionale statale[6].
Non sono poi mancate delle precise obiezioni sia da parte di singoli Enti della FP, sia dalle loro associazioni (cfr. la sintesi riportata nella tab. 1).
Il Cnos-fap, per esempio, ha segnalato le problematiche relative alle carenze dell’attuale sistema di orientamento. Diventa complesso infatti colmare la difficoltà di reperibilità di figure professionali da parte delle imprese se, per prima cosa, non si interviene sulla reticenza culturale di studenti e famiglie nell’intraprendere percorsi tecnico-professionali. Infatti, se questo problema si riscontra già nella formazione iniziale, viene amplificato nella scelta dei percorsi post diploma, dove il sistema ITS sconta ancora il confronto con l’università[7].
L’associazione FORMA, che raggruppa i principali Enti nazionali di formazione professionale, in una sua Nota del settembre 2023, ha segnalato diversi rischi che il testo attuale presenta per il comparto della IeFP. Tra questi, l’Associazione richiama ad esempio:
– i criteri di accesso diretto all’esame di Stato per i propri diplomati quadriennali, accesso che dovrebbe però avvenire senza il previo sostenimento di un esame preliminare, e dunque senza la frequenza dell’annualità aggiuntiva ed appositamente disciplinata nel d.lgs. n. 61/2017;
– la necessità di chiarire il ruolo della “Struttura tecnica per la promozione della filiera formativa tecnologico-professionale”, in quanto non prevede la partecipazione delle istituzioni formative regionali che erogano i percorsi di IeFP,
– l’assenza di risorse aggiuntive, in quanto il Ddl prevede un intervento senza ulteriori oneri per lo Stato.
Tab. 1 – Possibili vantaggi e rischi per la IeFP
Vantaggi | Rischi |
Accesso diretto agli ITS Academy | – Rischio di «ghettizzazione» nel canale B dei nuovi ITS (compresa la reale spendibilità del titolo (art.1)
– Aumento effetti selettivi sugli allievi più svantaggiati (es. superamento prove Invalsi e modalità esame di Stato) |
Rafforzamento possibilità integrazione della IeFP nella filiera in futuro, anche a livello ordinamentale | – coordinamento in capo al MIM (art.2)
– Debolezza complessiva del sistema a livello nazionale, con spinte ulteriori di frammentazione delle politiche regionali – condizioni per partecipare alle reti (modello campus e n. massimo CFP partecipanti) – Incertezza sui finanziamenti agli Enti accreditati (nozze coi fichi secchi?) |
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[4] Cfr. “Tuttoscuola” del 25.9.2023.
[5] E’ evidente che questa è una debolezza strutturale nel secondo ciclo di studi, nel quale convivono due sistemi separati, quello di Istruzione Professionale quinquennale (IP) e quello di Istruzione e Formazione Professionale (IeFP), entrambi vocati alla professionalizzazione, ma ancora non convergenti in termini di proposta formativa, di metodi didattici, di organizzazione e di rapporti con il mondo del lavoro e, quindi, anche di esiti di qualificazione professionale.
[6] Su questo secondo punto il Governo ha già in parte rassicurato i CFP, prevedendo il mantenimento della distinzione tra IP e IeFP, soluzione ben diversa da quella prospettato dalla Commissione Bertagna che prefigurava invece la necessità di muoversi verso l’unificazione tra IP e IeFP.
[7] Cfr. Cnos-fap, PTS, Report di Analisi degli Avvisi in ambito istruzione, formazione e lavoro. Analisi avvisi pubblicati dal 1° gennaio al 31 dicembre 2022, novembre 2023.
3. I numeri della nuova filiera ipotizzata
Per capire meglio la situazione, è forse utile richiamare qualche numero. Considerando ad esempio gli iscritti all’anno scolastico 2022-23 ai vari percorsi della prevista filiera[8], si può ottenere il seguente prospetto (Tab. 2):
Tab. 2 – Gli studenti potenzialmente interessati alla sperimentazione del modello 4+2
Tipologia istituzioni e percorsi | Totale studenti | Iscritti al quinto anno (terminale) | Iscritti al quarto anno (terminale) |
Istruzione tecnica (quinquennale) | 835.164 | 149.710 | |
Istruzione professionale (quinquennale) | 445.406 | 85.536 | |
IeFP accreditata regionale* (qualifiche e diplomi) | 151.641 | 15.337 | |
IFTS* | 1.456 | ||
ITS Academy** | 21.353 | ||
Totale | 1.455.020 |
Un ulteriore elemento è dato anche dal confronto tra gli iscritti ai percorsi IP e a quelli della IeFP.
Secondo il Rapporto Inapp 2023, il segmento della IeFP accreditata dalle Regioni risulta in espansione (vedi figura 1), anche se – nel complesso – si perpetua la frammentarietà della sua offerta a livello territoriale.
Fig. 1 – L’andamento degli iscritti ai Centri di formazione professionale regionale e agli istituti professionali statali e paritari
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[8] Ultimi dati disponibili.
4. Un breve confronto con gli orientamenti dell’Unione Europea in materia di VET
E’ opportuno chiedersi, a questo punto, se il processo di riforma avviato e, segnatamente, il Ddl vada o meno nella direzione auspicata a livello europeo ed internazionale.
Secondo il CEDEFOP (2020), occorre una nuova educazione al lavoro che integri valori sociali e competenze di: cittadinanza, tecnico-professionali, personali. In tale orizzonte, appare evidente l’aumento dei livelli di qualificazione (e di titoli di studio) richiesti nel mercato del lavoro, con la conseguente necessità di innalzare la preparazione culturale e scientifica di base (e rivedere i curriculi). Per raggiungere questi obiettivi, la VET può assolvere un ruolo essenziale.
L’ultimo studio del Cedefop (2023) inoltre, dopo aver richiamato le tre «anime» della VET (educativa, sociale ed economica), ribadisce che in Europa il «pendolo delle riforme» appare caratterizzato dall’oscillazione tra un’istanza di accademizzazione (academic drift) e una più orientata alla vocazionalità (vocational drift).
Gli effetti di tale “pendolo” hanno portato alla compresenza di politiche di «distinzione» e/o di “integrazione” della VET, rispetto al sistema formativo generale, in particolare manifestando:
– una crescente diversificazione dei modelli istituzionali adottati nei vari Paesi (es. riduzione del numero di indirizzi formativi o loro espansione, la separazione netta tra scuola e FP o la sua ibridazione, la standardizzazione o l’individualizzazione dei curricoli);
– la necessità, comunque, di far acquisire a tutti gli studenti una base di conoscenze teoriche più solida, ma senza intaccare il ruolo determinante del modello dell’alternanza formativa,
– l’evoluzione in corso nel rapporto tra la VET, la formazione continua e la formazione terziaria non accademica (in Italia rappresentata dagli ITS Academy), caratterizzato da una crescente istanza di connessioni e dalla conseguente necessità di un adeguato accompagnamento alle transizioni formative e lavorative.
La prospettiva europea evidenzia quindi, da un lato, il superamento di una rigida separazione tra modello academic drift e vocational drift, verso un sistema più “pluralistico”, maggiormente integrato e flessibile (fig.2), dall’altro lato, una maggiore integrazione tra competenze tecniche (hard skill) e soft skill (cfr. fig.3).
Seguendo tale criterio interpretativo, ci pare che il Ddl Valditara vada solo in parte nella direzione suggerita dall’UE.
Rispetto al modello europeo, infatti, il Ddl:
– include nella nuova filiera VET il segmento dell’istruzione tecnica, che in Italia mantiene un impianto ancora “generalista”,
– accentua la propria enfasi sul modello «duale» (vocational drift) e sulla specializzazione professionale, ma senza precisare bene i raccordi con l’intera offerta formativa del secondo ciclo di istruzione e con l’offerta post-diploma (accademica e non). Ciò chiama in causa anche la recente riforma degli ITS Academy.
Fig.2 – Le line di tendenza del ruolo e della natura della VET in Europa (Cedefop 2020)
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Fig.3 – Il processo di ibridazione delle competenze richieste dai nuovi profili professionali (Cedefop 2020)
5. Quali prospettive?
Di fronte a questa anomalia italiana, è possibile prefigurare varie soluzioni.
Tra di esse merita richiamare in questa sede quella auspicata da tempo dall’ADI (e realizzata finora solo dalla Provincia autonoma di Trento), e cioè la unificazione fra istruzione professionale statale e IeFP regionale, trovando soluzioni per superare la tanto osteggiata regionalizzazione di insegnanti e dirigenti scolastici.
Gotti (2023) osserva infatti che in Italia “da almeno un secolo è stato privilegiato l’approccio liceale ed istruzionista e si fatica a riconoscere il valore della VET, a differenza dei competitor europei, ma anche di larga parte dei Paesi OCSE. La prospettiva di avere anche in Italia un forte sistema VET non è nuova. Essa era già prefigurata nella cosiddetta riforma Moratti del 2003 ed era da tempo richiesta da pressanti bisogni, in particolare quello di innovazione del sistema educativo e formativo e quello di qualificazione professionale del mercato del lavoro e dello sviluppo economico e sociale. In tal senso la legge 53/2003 prevedeva un unico ordinamento di IeFP, dove sarebbe confluita anche l’istruzione professionale, sotto la competenza regionale, lasciando invece l’istruzione alla competenza statale”. Lo stesso autore rileva che “l’operazione di riordino dell’istruzione professionale con il D.lgs. 61 nel 2017 ha visto elementi che potenzialmente potevano essere elementi rilevanti … verso un modello VET. Sono tuttavia oggi chiari i limiti di quella riforma[9]. Da un lato infatti sono rimasti per i rinnovati istituti professionali i vincoli tipici dell’organizzazione delle scuole del sistema di istruzione. Cattedre di insegnamento fisse, frammentazione in numerose discipline – sebbene aggregate in assi -, assenza di figure di sistema e didattiche per la progettualità comune ed il raccordo costante con le imprese. Sono tutti elementi che tengono lontani gli istituti professionali dall’esperienza delle scuole di stampo VET in Europa e dalle stesse istituzioni formative accreditate dalle regioni per la realizzazione dei percorsi IeFP”.
In tale prospettiva “un grande sistema VET ben potrebbe superare l’attuale frammentazione (per la IeFP) e la sua deriva scolasticistica (per la IP)”. Non è casuale, infatti, che “la maggior parte degli allievi, sia all’IP sia alla IeFP, siano iscritti nei medesimi settori: ristorazione e accoglienza turistica, meccanica, servizi alla persona e sanità. IP e IeFP insieme sarebbero forti di 600 mila studenti, di un sistema VET presente in tutte le Regioni, che ben potrebbe avere la forza per imporre una propria identità: didattica, pedagogica, ma anche economica ed organizzativa”.
Si tratta ovviamente di una soluzione non priva di ostacoli, soprattutto sul terreno sindacale[10], ma va detto che non mancano anche alcune opportunità concomitanti, come quella rappresentata dalla introduzione dei LEP previsti dal disegno di riforma dell’“autonomia differenziata”.
A tale proposito, tra le questioni sollevate dal testo attuale del Ddl, oltre a quelle già accennate nel paragrafo 3, vanno considerate le seguenti:
– il “perimetro” della filiera e in particolare l’inclusione o meno dell’istruzione tecnica, almeno nella forma dell’attuale ordinamento,
– i probabili effetti selettivi della riduzione della durata dei percorsi quinquennali, a partire dalla raggiungibilità dei traguardi finali di competenza (che resterebbero identici a quelli attuali)[11],
– la necessità di una nuova governance “multilivello”[12] che privilegi i diritti degli utenti (gli studenti in questo caso), rispetto agli erogatori dei servizi formativi.
Alla luce di queste riflessioni, il DDL Valditara non potrà non essere, quantomeno, rivisto ed integrato, pena la sua inapplicabilità e/o inefficacia a medio termine.
Esso, comunque, ha già assolto il compito di riaprire questioni strategiche per il futuro del sistema formativo italiano e in particolare costringere a riflettere e dibattere sui modelli e sulle condizioni di possibilità per istituire anche in Italia un moderno sistema VET.
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[9] Non è un caso, osserva sempre Gotti, che la IP perda costantemente iscritti. Dall’anno scolastico 2015/16 al 2023/24 il trend delle iscrizioni è costante e gli Istituti Professionali passano dal 18,6% al 12,1% delle scelte degli studenti alle classi prime del secondo ciclo. In termini assoluti la IP in questi anni ha perso quasi 100 mila studenti frequentanti, dai 534 mila studenti del 2015/2016 ai 443 mila studenti del 2021/2022.
[10] Si pensi solamente al fatto che ridurre di un anno i percorsi scolastici attuali comporterebbe un esubero di alcune decine di miglia di insegnanti.
[11] In sostanza: si possono fare 5 anni in 4? Senza modificare i contenuti curriculari? Quali e quanti studenti sarebbero in grado di reggere il nuovo quadriennio sperimentale? Su questi aspetti, la sperimentazione avviata dalla ministra Fedeli nei licei dovrebbe essere oggetto di una attenta analisi.
[12] Si tratterebbe in particolare di rafforzare il livello di coordinamento tra Stato e Regioni. Secondo Gotti (2023) infatti, da un lato dovrebbe permanere la piena competenza regionale, ma contemporaneamente il ruolo statale risulterebbe indispensabile “nel garantire i diritti di tutti i cittadini attraverso la verifica che i servizi riconosciuti come LEP vengano assicurati in tutti i territori regionali, attraverso un finanziamento garantito dalla fiscalità generale e trovando una corretta forma di governo nell’erogazione del sistema VET” (centri di formazione professionale e istituti professionali).
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
– Cedefop (2020), Vocational education and training in Europe, 1995-2035: scenarios for European vocational education and training in the 21st century. Luxembourg: Publications Office. Cedefop reference series, No114. http://data.europa.eu/doi/10.2801/794471
– Cedefop (2023), The future of vocational education and training in Europe: synthesis report. Luxembourg: Publications Office. Cedefop reference series; No 125. http://data.europa.eu/doi/10.2801/08824
– Cnos-Fap – PTS (2023), Report di Analisi degli Avvisi in ambito istruzione, formazione e lavoro Analisi avvisi pubblicati dal 1° gennaio al 31 dicembre 2022, Roma, 8 novembre 2023
– Gotti E. (2023), La sperimentazione Valditara: un’occasione per tornare a parlare di VET, di prossima pubblicazione su “Rassegna Cnos”
– Crispolti E. (a cura di), XX° Rapporto di monitoraggio del Sistema di Istruzione e Formazione Professionale e dei Percorsi in Duale nella IeFP. a.f. 2020-21, INAPP, Roma, febbraio 2023
– Salerno G. (2023), Il disegno di legge sulla istituzione della filiera formativa tecnologico-professionale: il punto di vista giuridico-istituzionale, di prossima pubblicazione su “Rassegna Cnos”.