LA CULTURA GLOBALE DELLA VALUTAZIONE STANDARDIZZATA

Come si forgiano le politiche, le percezioni e le pratiche educative - a cura di Tiziana Pedrizzi

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PRESENTAZIONE

29Il testo The Global Testing Culture shaping education policy, perceptions, and practice, della collana Symposium Books, Oxford studies in comparative education, trae la sua significatività non tanto dalla attualità dei contributi (pur sempre di interesse per il panorama a tutto tondo che offrono), quanto dalla posizione che esprime su ciò che viene indicata come Global Testing Culture, cioè Cultura globale della valutazione standardizzata.
Si tratta del frutto, come tutta la collana cui appartiene, di un ambiente accademico inglese a forte riferimento laburista, antiliberista ed antiblairiano che ha nel passato espresso contrarietà e diffidenza nei confronti delle valutazioni standardizzate.

Passati oramai i decenni, la posizione è piu variegata e possibilista. Non mancano un contributo che riconduce quella diffidenza addirittura alle categorie foucaultiane del sorvegliare e punire e neppure le posizioni dei sostenitori ad oltranza della esclusività della valutazione formativa, ma si odono anche le voci di chi la ritiene complementare e non antitetica a quella sommativa.
Se ne critica soprattutto l’uso high stake ossia la posta molto alta di queste prove che determina i destini di allievi, insegnanti e scuole incitando di fatto a comportamenti opportunistici, ma si riconosce che gli altri tipi di valutazione – degli insegnanti e formative- hanno poca attendibilità e fruibilità come strumento di comprensione di quanto in realtà avviene nelle scuole a livello internazionale.
La logica delle critiche alla Global Testing Culture è per lo più quella di rilevarne i limiti, gli eccessi, ma anche per certi versi la inevitabilità, per la sua unicità al fine di comprendere, sia pure grosso modo, l’andamento degli apprendimenti nel mondo.
A fuoco viene messo il rapporto di dipendenza dei Paesi dagli organismi internazionali, i quali condizionano i sostegni finanziari al controllo delle condizioni di avanzamento dell’istruzione.
Si scopre poi che l’America Latina è un continente estremamente composito, con un Cile che presenta elementi di contiguità con la nostra realtà ed un Salvador in cui un certo liberismo degli anni ‘90 e 2000 ha avuto mano libera per gli esperimenti sociali piu arditi.Esiste poi un’area di Paesi in situazione intermedia, quali quelli del Sud Asia e dell’Est Europeo che hanno una particolare attenzione per gli strumenti di canalizzazione scolastica.
L’area più storicamente interessata da questi processi di valutazione è poi rappresentata dai Paesi nordici, di cui si scoprono aspetti anche inediti, quali le difficoltà incontrate dalla molto decantata decentralizzazione svedese ed il loro travagliato affermarsi anche in Paesi pilota quali la Danimarca.

Nella Introduzione si afferma che la Cultura Globale dei Test (Global Testing Culture) permea oramai tutto il campo della Educazione, riconcettualizzandola. Al punto che oramai è diffusa l’ equivalenza fra somministrazione ed uso dei test, accountability e qualità dell’educazione. I valori, i modelli culturali fondamentali, le ipotesi di fondo nel campo educativo sembrano derivare dai quadri di riferimento della Global Testing Culture.Infatti negli ultimi trent’anni si è registrata una grande espansione delle indagini standardizzate internazionali in un vasta maggioranza dei Paesi.

Perché i diversi Paesi vi partecipano?

  1. Una prima ragione sta in quanto detto sopra, cioè nella identificazione della qualità della scuola con l’accountability, cioè con la trasparenza dei risultati relativamente ai livelli di accettabilità nelle valutazioni internazionali.
  2. Per la forte influenza delle agenzie internazionali quali Unicef, World Bank ecc. che determinano l’accesso dei diversi Paesi ad aiuti economici e lo condizionano al miglioramento dei sistemi di istruzione.In un primo tempo l’obiettivo è stato l’accesso universale dei cittadini all’istruzione, ma attualmente si è passati al raggiungimento di standard minimi, misurati appunto dalle valutazioni standardizzate.
  3. Per rinforzare l’idea e la legittimità dello Stato presso i cittadini che chiedono educazione di qualità.

I 16 capitoli del testo sono raggruppati attorno a tre ampie tematiche:

  1. LA CULTURA GLOBALE DELLA VALUTAZIONE STANDARDIZZATA E L’AGENDA INTERNAZIONALE SULL’ISTRUZIONE
  1. L’ASSENZA DI VALUTAZIONE FORMATIVA E LA POLITICA DELL’ACCOUNTABILITY
  1. LA CULTURA GLOBALE DELLA VALUTAZIONE STANDARDIZZATA NEL CONTESTO NAZIONALE

LA CULTURA GLOBALE DELLA VALUTAZIONE STANDARDIZZATA E L’AGENDA INTERNAZIONALE SULL’ISTRUZIONE

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I risultati degli studenti in PISA: effetto delle politiche scolastiche o del retroterra culturale? (Ji Liu)

Il contributo di Ji Liu – Risultati degli studenti in PISA: effetto delle politiche scolastiche o del retroterra culturale? – affronta un tema divenuto oramai cruciale nelle analisi dei risultati delle valutazioni internazionali in particolare di PISA, cioè quello delle “cause” dei diversi livelli di apprendimento registrati fra le nazioni partecipanti e pertanto delle leve da mettere in campo per il miglioramento. In tutto il primo decennio di PISA la scommessa è stata sulle strutture dei sistemi scolastici e sulla formazione e caratteristiche del corpo docente, con una particolare sottolineatura della unitarietà del sistema formativo. Attualmente l’attenzione sembra essersi maggiormente spostata su ciò che avviene in classe, ivi compresi gli aspetti “disciplinari” (attenzione, rapporto positivo fra allievi e con l’insegnante ecc.) e conseguentemente sulle caratteristiche “culturali” del contesto. Da qui è breve il passo verso la storia, la grande trascurata in questo scorcio di secolo che -dopo la sbornia novecentesca- l’ha sostanzialmente rimossa dal panorama eziologico dei fenomeni sociali.

Il contributo parte dalle tesi di Feniger – Leifstein per i quali le caratteristiche culturali nazionali sono più importanti per determinare il livello dei risultati della struttura dei sistemi scolastici. Tale tesi si basa sull’analisi della realtà degli studenti cinesi emigrati in Nuova Zelanda ed in Australia, i quali presentano risultati più simili a quelli dei coetanei di Shanghai che a quelli degli autoctoni. A lato è da notare che questo angolo di mondo, per noi quasi inesistente, sta diventando cruciale non solo dal punto di vista economico, ma anche culturale, perché presenta una triangolazione virtuosa fra un Occidente fresco (Nuova Zelanda e Australia) ed un Oriente in rapida crescita (Cina e Giappone).

Siamo comunque all’inizio di un percorso di ricerca in proposito e questo contributo sostiene che né la tesi tradizionale di PISA sull’importanza delle strutture di sistema, né questa ultima nata sono allo stato generalizzabili.

Sulla base dei dati analizzati, infatti, l’effetto del Paese di origine si riduce di metà se si inseriscono le differenze del livello scuola; analizzando inoltre la lista di coppie di studenti che hanno lo stesso Paese di origine si dimostra che non c’è un modello identico. Questo dipenderebbe dal fatto che il livello di partenza degli immigrati è fin dall’inizio differenziato a seconda del livello economico e culturale dei diversi Paesi di provenienza.
Ma la strada per queste riflessioni inedite è oramai aperta.

La misurazione dei risultati dell’apprendimento e l’educazione allo sviluppo sostenibile: il nuovo traguardo dello sviluppo educativo (Angeline M. Barrett)

Una parte della raccolta mette a fuoco in particolare la realtà in proposito dei Paesi coinvolti nelle politiche dei SDG, Sustainable Development Goals,Traguardi dello Sviluppo Sostenibile.
L’edizione 2015-20 dei Sustainable Development Goals è la prima a comprendere degli obiettivi di apprendimento, i quali vengono collocati al quarto posto e definiti come “assicurare una qualità dell’apprendimento inclusiva ed equa e promuovere opportunità per tutti di lifelong learning”.
In questo contesto le valutazioni standardizzate assumono una grandissima valorizzazione internazionale in quanto rappresentano lo strumento di controllo del raggiungimento degli obiettivi, per larga parte attribuito alla partecipazione alle valutazioni standardizzate dei vari Paesi e al livello dei risultati raggiunto.
Prima dei SGD, l’obiettivo principale è stato la riduzione della povertà ed i dati diffusi dalle organizzazioni internazionali in proposito parlano del passaggio da 2 miliardi di poveri a 800 milioni circa: l’estremo Oriente con in testa la Cina ha contribuito a questo passaggio, al contrario dell’Africa.

Con il passaggio agli Obiettivi dello Sviluppo Sostenibile attraverso un progresso sociale ed ambientale, nel campo educativo non si parla più di educazione universale primaria, ma del raggiungimento di obiettivi di reale apprendimento, poichè si è visto che le due cose non necessariamente coincidono. Il Focus delle organizzazioni internazionali è passato dunque dall’enrolement al learning, dall’accesso all’apprendimento, poichè si è constatato che, a fronte di una iscrizione formale che supera il 90% a livello mondiale sui 650 milioni target, 250 non imparano le nozioni elementari del leggere-scrivere e fare di conto nel Sud ed Ovest dell’Asia e nell’Africa Subsahariana. Come è peraltro scontato, l’ autrice, Angeline M. Barrett, sottilinea che il legame fra status economico sociale e risultati è particolarmente forte in queste zone.I finanziamenti internazionali in questa nuova impostazione sarebbero erogati solo se si raggiungono i risultati attesi di apprendimento.

Non mancano nel contributo critiche a questa impostazione: l’ambito dei test è ristretto alle due literacy matematica e linguistica, mentre sarebbe più significativa una impostazione basata sul problem solving interdisciplinare, perchè sono necessari risultati piu ampi in termini di benefici per i singoli e per la società.
Gli obiettivi di apprendimento proposti insomma sarebbero solo parziali perchè ristretti ed a causa di ciò non si puo essere certi che equivalgano a benefici sicuri nella prospettiva dello sviluppo ricercato.
Una misurazione dei risultati a finalizzazione individuale sarebbe dunque in tensione con una agenda più complessiva a finalizzazione sociale, che dissolverebbe la differenza fra processo e risultati.
In una prospettiva decisamente ampia, gli autori identificano questo passaggio con il superamento del neoliberismo nella direzione di un Framework di giustizia sociale per tutti.

Il coinvolgimento del Cile nelle valutazioni transnazionali (Rie Kijima & Jane Leer)

Il Cile è stato uno dei primi Paesi partecipanti alle ricerche IEA – come ad esempio la pionieristica Six Subjects. Con Pinochet sono state realizzate riforme di ispirazione liberal, anche se le valutazioni internazionali erano state sospese; il governo democratico succedutogli ha mantenuto sostanzialmente la loro struttura, orientandole però verso l’equità. I movimenti popolari del 2006 e del 2011 erano a favore di più Stato ed in effetti, a partire dal 2015, sono diminuite le privatizzazioni.
Ed è ripresa pienamente la partecipazione alle valutazioni internazionali nelle quali, pur essendo sul fondo della classifica OCSE, il Cile è tuttavia primo fra i paesi dell’America Latina, condividendo peraltro con questi la grande diseguaglianza interna.
Il paese si è anche dotato di una valutazione nazionale standardizzata, partita tuttavia con difficoltà dopo la fine del boicottaggio degli insegnanti, grazie alla introduzione di forme di incentivazione.

Il contributo di Rie Kijima & Jane Leer riferisce di una ricerca intorno alle motivazioni di questa situazione, condotta attraverso interviste qualitative a testimoni privilegiati e decisori politici ed amministrativi.

Le motivazioni riscontrate possono essere così sintetizzate:

  1. effettuare efficaci comparazioni internazionali e regionali – dalle quali ultime peraltro il Cile esce discretamente. Le indagini internazionali sono bene accettate anche dalle scuole, perchè non sono high-stakes cioè con forti ricadute su scuole, studenti ed insegnanti come quelle nazionali. L’unico problema che viene sentito è quello dell’eccesso di test;
  2. costruire nelle istituzioni nazionali le competenze necessarie a gestire i test nazionali, soprattutto attraverso la partecipazione a TIMSS- IEA in cui vengono utilizzati solo esperti nazionali;
  3. allineare il Curriculo e gli Standard nazionali alla situazione internazionale, utilizzando i contenuti dei Framework e le caratteristiche delle prove;
  4. ma molto importante in particolare è la motivazione relativa alla accountability pubblica, vissuta come un elemento di ritorno alla democrazia contro l’autoritarismo di Pinochet del cui regime peraltro vengono mantenute la decentralizzazione e la privatizzazione. La stampa dà grandissima importanza a TIMSS-IEA e CIVED-IEA e perciò i governi non possono affrontare il rischio della non partecipazione. Scarso però è l’impatto dei risultati sulle decisioni dei policy makers. Insomma, la partecipazione aumenta la legittimazione del governo ed in questo modo si giustificano le riforme che allineano il paese al “Club” della élite dei paesi sviluppati, anche attraverso policy “prestate”;

In conclusione, il Cile non è obbligato come altri dalla World Bank, ma lo fa sulla base di interessi autonomi dello Stato a dimostrare trasparenza e democrazia nei rapporti con i cittadini.

La partecipazione è finalizzata alla legittimazione dello Stato perché, secondo il governo, la gente è ossessionata da valutazione e competizione. Nel clima di ritorno alla democrazia il governo vuole dimostrare di essere interessato alla educazione che vogliono i cittadini.

Una tempesta perfetta: l’economia politica del management basato sulla comunità, la valutazione degli insegnanti e le valutazioni d’impatto in El Salvador e l’agenda globale. (Brent Edwards Jr.)

14Profondamente diversa è invece la situazione di El Salvador analizzata nel contributo di Brent Edwards Jr., perchè molto diverso è il suo contesto economico, sociale e culturale. Il capitolo ha come oggetto l’esperienza di EDUCO (Education with Community Partecipation) nel periodo 2009-15 e 2012-13, nel quadro del World Development Report. Non si è trattato di una evoluzione locale autonoma, come nel caso del Cile, ma di una evidente imposizione della World Bank che condiziona qui, come nei paesi similari, i suoi finanziamenti ad interventi significativi anche nel campo della educazione.
Il contesto salvadoregno è quello della guerra civile, con l’arrivo dal 1989 di un presidente di destra sostenuto dall’USA, molto lontano dal programma Duarte di riforma agraria e sviluppo del welfare e con la valorizzazione del neoliberismo USAID (United States Agency for International Development).
In fatto di istruzione, venne dall’Unesco la proposta di inglobare il modello dei territori controllati dal Farabundo Marti che prevedeva la gestione delle scuole da parte dei genitori, mettendo però al centro la accountability degli insegnanti con il dare alle famiglie rurali la possibilità di assumerli e licenziarli. Dopo perplessità iniziali la World Bank assunse la decisione di varare l’esperienza considerandola una forma di decentramento, suo tema chiave di carattere neo-liberale.

Nelle comunità ex Farabundo Marti incorporate,in sintesi, i genitori costruiscono e mantengono la scuola e sono responsabili del budget e dei materiali, mentre gli insegnanti hanno un contratto di un anno rinnovabile.
Secondo Brent Edwards Jr, in realtà, si è passati dalla nozione di solidarietà e dagli obiettivi di consapevolezza critica, alla centralità delle attività di monitoraggio con la possibilità di arrivare anche a forme di sanzioni nei confronti degli insegnanti.
Nel quadro di una crescente espansione già nel 1994 erano migliaia le comunità coinvolte e nel 2004 il 55% delle scuole era organizzato secondo tali modalità.

A scopo promozionale, in parallelo si registrava una ricerca della World Bank con lo scopo di propagandare tale sviluppo anche attraverso pubblicazioni: soprattutto importante il Rapporto sullo Sviluppo del 2004 in cui figurano studi positivi su EDUCO.Gli studi quantitativi fatti dimostrerebbero che i risultati non sono significativi ma l’affermazione finale del rapporto in proposito sostiene in modo incongruo la loro positività.Ad esempio, le minori assenze potrebbero essere dovute al fatto di avere ricevuto una nuova scuola. Secondo una interpretazione alternativa non positiva questo modello non presenta reali miglioramenti, impone costi ai genitori, cerca di indebolire i sindacati indipendenti, vuole indebolire l’FMLN.

Si tratterebbe di un caso di tempesta perfetta: a partire dalle circostanze favorevoli dell’ espansione mondiale neoliberista fino ad un uso improprio delle ricerche.
In realtà Brent Edwards Jr ritiene che gli studi economici non possono individuare le reali causali dei risultati di apprendimento perchè non sono in grado di leggere la black box della didattica, mentre le organizzazioni economiche internazionali attualmente condizionano o addirittura creano le politiche di gestione interna dei Paesi finanziati.

Insegnare al mondo che Meno è Meglio: la valutazione globale dell’istruzione e il marchio nazionale finlandese (Hilla Aurén & Devin Joshi)

15Una parte dei contributi focalizza la sua attenzione sui paesi scandinavi ed in particolare su Finlandia, Danimarca e Svezia.
Si parla della Finlandia a partire da quello che viene definito Il brand nazionale Finlandese, che è stato largamente esportato negli ultimi anni a partire dagli ottimi risultati del primo decennio PISA e che avrebbe insegnato al mondo che Meno è Meglio. Il contributo di Hilla Aurén & Devin Joshi sottolinea che a questi risultati si era giunti senza utilizzare i test high stakes a contenuto disciplinare nel sistema scolastico. Il successo finlandese di lunga durata sarebbe stato ottenuto attraverso la attenzione all’equità e l’uso di test supportivi. E’ da notare però che, nel secondo decennio di PISA, la Finlandia ha perso il suo primato a favore delle “tigri asiatiche” e che nell’ultimo periodo ha innestato una serie di riforme che mirano a modernizzare secondo i criteri oggi più quotati quello che era una struttura curriculare sia nei contenuti che nelle metodologie sostanzialmente tradizionale.

La esportazione del brand ha interessato molti Paesi ma il successo del suo innesto è dipeso da quanto realmente la equità è stata abbracciata come mezzo e come fine. Gli autori individuano infatti l’equità del sistema insieme all’alto livello ed all’alta stima degli insegnanti come i fattori fondamentali del successo finlandese.Del pari, nei colloqui che costituiscono il materiale fondamentale del contributo, la fiducia verso gli studenti è alla base dello stesso successo.
I test vengono somministrati solo alla fine della scuola secondaria e solo a metà della popolazione perche la metà frequenta le scuole professionali; si tratta peraltro di una indagine campionaria e non censuaria che ha come fine il miglioramento e non le graduatorie delle scuole.Molto interessante per noi poi il fatto che i rapporti di valutazione servano come strumento di formazione degli insegnanti.

In definitiva la Finlandia ha esportato in questi anni il suo modello sia attraverso modelli di formazione degli insegnanti che attraverso strumenti di apprendimento online.
Il suo modello ha assunto importanza anche in contrapposizione ai modelli di valutazione high stakes attraverso la sua valutazione light e supportiva. Pur nel loro giudizio positivo, gli autori esprimono perplessità sulla possibilita di esportazione del modello finlandese al di là del suo contesto e peraltro notano che già dal 2012 i punteggi finlandesi sono slittati giù dall’apice della classifica, con preoccupazione dei politici, anche in relazione alle possibilita di proficua esportazione.

Lo spazio internazionale della comunità danese per la valutazione nel periodo post-bellico (Karen E. Andreasen & Christian Ydesen)

16Il volume presenta due contributi sulla Danimarca caratterizzati da una significativa eterogeneità, il primo, qui trattato, e il secondo sui test e la riforma scolastica danese sviluppato nella 3^ parte.
Il contributo di Karen E. Andreasen & Christian Ydesen, qui descritto tratta del rapporto, esistito dal 1945 agli anni ’90, fra le politiche educative danesi, i centri di valutazione internazionale e le organizzazioni internazionali non governative.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale si registrò in Danim arca un grande interesse per lo sviluppo della scuola ed il tent ativo di orientare la pedagogia a divenire scienza attraverso l’individuazione dei fattori più efficaci per l’apprendimento. Il focus si spostò dai test di intelligenza che venivano molto criticati ai test standardizzati. Tuttavia anche in Danimarca i test standardizzati non hanno mai sostituito il sistema degli esami finali.

A partire dal 1955 il Danish National Institution of Education acquisì un forte carattere internazionale ed assunse fra i suoi principali obiettivi la disseminazione di test.(Si scopre qui che il famoso statistico Rasch padre delle metodologie alla base di PISA è danese!). Solo nel 2010 si è arrivati peraltro alla realizzazione del modello completo; nel frattempo i test sono stati usati in un contesto pedagogico o per l’educazione speciale oppure ancora in via sperimentale per lo streaming ovvero per la canalizzazione fra i vari tipi di scuola superiore.
Infatti nel 1964 questo Istituto viene sostituito dal Centro Nazionale per la Sperimentazione Pedagogica che era a favore della valutazione pedagogica ovvero interna ovvero formativa e che ostacolò lo sviluppo dei test fino agli anni ’90.

A partire da quel momento cominciarono a verificarsi le condizioni del loro sviluppo: l’importazione di forti stimoli da parte di studiosi dell’area scandinava ed anglosassone, diverse iniziative delle organizzazioni internazionali, l’interesse nella pedagogia come scienza ed infine la commercializzazione di materiale pedagogico orientato in quella direzione.I test standardizzati infatti filtrano impostazioni pedagogiche, bisogni economici e rapporti fra sistema e scuole. In questo campo in Danimarca sono ben presenti sensibilità anche differenziate quali da una parte un forte radicamento degli studi pedagogici nella psicologia e nella matematica-statistica con una impostazione scientista e dall’altra il riferimento a principi di educazione progressiva come la valutazione onnicomprensiva del bambino- persona e del suo contesto.

L’ASSENZA DI VALUTAZIONE FORMATIVA E LE POLITICHE DELL’ACCOUNTABILITY

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Facilitazione dell’apprendimento degli studenti: un confronto fra la valutazione di classe e quella per l’accountability (Sumera Ahsan & William C. Smith)

18Sono presenti nel volume anche contributi che proseguono nella linea di radicale opposizione all’impostazione ed alla finalità delle valutazioni standardizzate.
Cuore delle argomentazioni è ancora una volta la contrapposizione con la valutazione formativa.
Nel contributo di Sumera Ahsan & William C. Smith, dal titolo significativo Facilitazione dell’apprendimento degli studenti: un confronto fra la valutazione di classe e quella per l’accountability, la valutazione degli insegnanti – che viene correntemente definita interna e formativa – è la sola che può sviluppare per quanto possibile le performance degli allievi, secondo il concetto di Zona di Sviluppo Prossimale (o meglio Prossimo) di Vigotskij. Si tratta della teoria base del pedagogista russo che definisce tale Zona come la distanza fra il livello di sviluppo attuale di un soggetto e quello del suo sviluppo potenziale, che può essere raggiunto con l’aiuto di altre persone che siano adulti o pari con livello di competenza maggiore. Necessaria perciò a questo fine l’interazione con adulti competenti che vengono definiti MKO (More Knowdgeable Other); gli insegnanti sarebbero adulti competenti più efficaci dei produttori di prove.
Ed infatti l’assessment accountability, la valutazione per l’accountability, sarebbe centralizzante, non democratica e incurante delle diversità.

Inoltre i tempi di restituzione non permetterebbero un feedback effettivo, anche perchè viene sottratta autorità agli insegnanti senza promuoverne l’autoriflessione. Una speranza di miglioramento sembrerebbe venire dallo sviluppo e dall’espansione del Computer Adapted Assessment (CAT). Si tratta di una forma di test somministrata attraverso il computer che adatta i test somministrati alle capacità del candidato individuata attraverso le sue risposte corrette o errate. Per questo il punteggio è basato sia sul numero di risposte che sulla difficolta delle domande.

In conclusione, il controllo e l’attenzione sui processi di apprendimento sono centrali nell’educazione, mentre oggi l’attenzione sugli achievments (cioè sui risultati)supererebbe quella sul learning (cioè sul processo di apprendimento).

Oltre i test su larga scala delle competenze di base: l’uso della valutazione formativa per facilitare l’apprendimento (Renáta Tichá & Brian Abery)

19Meno oppositiva della precedente è l’impostazione del contributo di Renáta Tichá & Brian Abery Oltre i test su larga scala delle competenze di base: l’uso della valutazione formativa per facilitare l’apprendimento. Vi si ammette infatti che la valutazione formativa ha il difetto di essere troppo informale e perciò non controllabile.
D’altra parte però le valutazioni sommative – come vengono anche chiamate quelle standardizzate – presuppongono che gli allievi siano stati esposti a Opportunità di Imparare (Opportunity To Learn, OTL), che sono invece spesso inesistenti a causa del malfunzionamento dei sistemi di istruzione. Questo avverrebbe soprattutto nei Paesi sottoposti al monitoraggio dell’Unesco. Non basta: secondo gli autori l’impostazione del Framework e delle prove non tiene sufficientemente conto delle peculiarità dei diversi Paesi e le modalità di somministrazione lasciano molto a desiderare, rendendo i risultati poco attendibili. Effetto probabilmente del “cinismo” dei governanti che aderiscono alle somministrazioni solo per il “ricatto” della Banca Mondiale, soprattutto nei Paesi, dove non si manifesta una sostanziale opinione pubblica.
Proprio per le differenze costitutive fra valutazione sommativa e formativa gli autori si dichiarano contro l’uso a livello internazionale a fini sommativi di strumenti valutativi eleborati negli USA a fini formativi, miranti a monitorare i progressi a distanze di tempo ravvicinate. E’ da notarsi che qui si intende per formativo l’essere in progress e non definitivo e non, come si intende in Italia, personalizzato e necessariamente informale.

Pur apprezzando gli autori le buone intenzioni di UNESCO di fornire ai Paesi che non sono in grado di finanziarne la costruzione degli strumenti valutativi oggettivi da utilizzare in breve tempo, non sarebbe positivo il fatto che EGRA (il progetto internazionale UNESCO rivolto ai Paesi in difficoltà che mira a valutare le competenze linguistiche) abbia preso lo strumento USA (CAB) e l’abbia trasformato da formativo in sommativo. Non sarebbe sufficiente fornire delle linee-guida per articolare lo strumento ed adattarlo ai bisogni dei diversi Paesi: sarebbe invece necessario che i ricercatori si incontrassero con i pianificatori dei diversi interventi cioè con i politicy makers.

Pedagogia, esami e valutazioni internazionali nei Paesi a basso reddito (Anthony Somerset, Centre of International Education, University of Sussex, CIE)

Diverso l’obiettivo del contributo Pedagogia, esami e valutazioni internazionali nei paesi a basso reddito che sostiene la tesi che in questi paesi è necessario soprattutto migliorare il modo di porre le domande da parte dell’insegnante a scopo di valutazione formativa.
Oggi, sia per il basso livello della formazione degli insegnanti che per il numero di studenti e la scarsità o sottovalutazione di materiale di studio per la scrittura, gli insegnanti pongono domande semplici di basso livello che chiedono risposte elementari e legate alla memorizzazione; spesso la risposta è addirittura corale e non individuale, con il risultato di entrare in contatto solo con i migliori. Del pari le domande delle valutazioni nazionali presentano un basso livello ed, essendo rese pubbliche, servono di fatto da modello per la didattica degli insegnanti.

Le domande delle indagini internazionali invece sono di livello molto alto, anche perchè gli esperti che le formulano sono molti ed hanno tempo e risorse a disposizione. al contrario di quelli che operano a livello nazionale. Essendo poi segretate, gli insegnanti non vedono che i risultati globali e non le utilizzano per la loro didattica.
Per di più gli esami nazionali sono high stakes per allievi (determinando promozioni e punteggi degli esami) e per scuole, ma non per i policy makers interni, mentre le valutazioni internazionali presentano le caratteristiche contrarie, soprattutto nei frequenti casi in cui gli organismi internazionali condizionano i loro finanziamenti ai risultati relativi al livello degli apprendimenti.

Il contributo cerca di individuare le strategie utili in questo contesto: migliorare le competenze degli insegnanti aiutandoli soprattutto ad identificare e combattere le preconoscenze errate, migliorare le condizioni di lavoro dei team che preparano le domande nazionali collaborando con insegnanti, porre infine attenzione non alle graduatorie internazionali, ma all’analisi delle caratteristiche delle domande ed a quelle dei loro risultati.

Scuole pubbliche, tutoraggio privato ed equilibrio (Mariam Orkodashvili)

21Fra i fattori causali esaminati nelle indagini internazionali, in particolare della IEA, non sono stati ad avviso di Mariam Orkodashvili, autrice del contributo Scuole pubbliche, tutoraggio privato ed equilibrio, ben indagati gli effetti del tutoraggio privato, soprattutto differenziando i casi a seconda del momento del suo inizio. Il contributo è perciò focalizzato sugli effetti del tutoraggio privato in Paesi con prove high stakes, tutoraggio privato e risultati alti o bassi nelle indagini internazionali. Anticipando le conclusioni, si può dire che se il tutoraggio inizia presto, i risultati TIMSS o PIRLS sono alti, se inizia tardi, tendono a rimanere bassi.
Nei paesi dell’East Asia con risultati IEA di alto livello, per accedere a scuole prestigiose gli allievi seguono il tutoraggio privato fin da piccoli, con la finalità di superare gli esami che sono high stakes; ciò ricade sui risultati IEA senza che sia necessaria una preparazione specifica. Si tratta di società con forte investimento in capitale umano.
Nei paesi in transizione della ex URSS sono presenti forme di tutoraggio privato, ma avanti nel tempo al fine di entrare all’Università. In tutto il percorso di studi la scuola pubblica consente passaggi senza problemi e perciò gli studenti arrivano all’eta delle valutazioni internazionali con preparazioni di piu basso livello.

Ci troviamo di fronte dunque ad eccessi di due tipi a proposito dei quali viene fatto riferimento alla Legge di Campbell secondo la quale se ad un indicatore, come gli esami high stakes, si dà troppa importanza ciò distorce l’equilibrio atteso fra due tendenze L’obiettivo dunque sarebbe trovare un equilibrio fra eccessi di due tipi.

Una valutazione di come le “Politiche USA dei test” impattano sui programmi di valutazione standardizzata globale (Sean W. Mulvenon & Sandra G. Bowman)

22Il contributo di Sean W. Mulvenon & Sandra G. Bowman, ambientato nel Paese madre di tutte le valutazioni, ovvero gli USA, si intitola titolo “Come impattano sui programmi di valutazione standardizzata globale le “Politiche USA dei test”.
Secondo gli autori, negli USA la Global Testing Culture è una definizione poco accettata e popolare nel Paese.

In generale non vengono chiamati in causa e messi in discussione la struttura dei test e la loro validità, ma le politiche che li utilizzano.
I risultati verrebbero utilizzati infatti in modo troppo poco flessibile per valutare allievi, insegnanti e scuole; in tale modo si causano inganni e anche manipolazioni a livello tecnico per fare risultare migliori i risultati.

Gli autori esprimono una posizione moderata: i test dovrebbero essere valutati in modo più flessibile e utilizzati di più per migliorare gli apprendimenti attraverso analisi significative del Framework sotteso alle prove e delle performance degli allievi.

LA CULTURA GLOBALE DELLA VALUTAZIONE STANDARDIZZATA NEL CONTESTO NAZIONALE

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Il sistema di accountability nella Corea del Sud e i test nazionali (Pearl J. Chung & Hyeonwoo Chea)

25La Corea del Sud si colloca in posizione apicale nelle ultime graduatorie PISA, come ricordato in questo contributo di Pearl J. Chung & Hyeonwoo Chea.
In proposito si è scritto molto sull’influenza del confucianesimo e sul forte contributo della educazione-ombra sullo sfondo dell’eccezionale sviluppo economico nazionale.
Il contributo mette a fuoco alcuni aspetti della situazione del Paese scarsamente conosciuti.

Dal 2008 vi si è registrata una espansione della valutazione nazionale, passata da campionaria a censuaria con forti ricadute sulle scuole, attraverso premi per le scuole migliori e la pubblicizzazione delle scuole di basso livello. Sono state insomma introdotte valutazioni nazionali high-stakes secondo il modello liberista di accountability, con pesanti e serie ricadute.

Recentemente il cambio di governo ha portato all’abolizione di questo sistema per le scuole elementari con una decisione top-down. La causa: il disagio generalizzato dei genitori e la contrarietà degli insegnanti per la restrizione del curriculo che una tale impostazione delle prove comportava. Soprattutto, un elemento fondamentale per tale decisione è stato che i risultati di PISA 2012 indicavano che gli studenti coreani erano a livello internazionale quelli con i peggiori rapporti con la scuola.Un prezzo da pagare troppo alto.

Il ruolo di Matric, l’esame finale dell’istruzione secondaria superiore: c’è spazio per una nuova visione dell’istruzione secondaria in Sud Africa? (David Balwanz)

26Il contributo di David Balwanz sul Sud Africa mette a fuoco il ruolo dell’esame finale dell’istruzione secondaria superiore di nome Matric, che ricopre un ruolo chiave in tutto il sistema. Sistema ancora sostanzialmente modellato sulle strutture del tempo coloniale e caratterizzato da grande inequità e da bassi livelli complessivi.
Questo ruolo cruciale è dovuto al fatto che nei gradi precedenti non vengono effettuati altri esami e che, come dice il nome, i suoi risultati costituiscono la chiave d’accesso al college. Ma il limite principale che gli viene attribuito è quello di essere puntato sul controllo di conoscenze astratte di carattere strumentale, in modo tale da impedire l’approfondimento di altre conoscenze di carattere più umanistico ed olistico. Come si vede, anche in un contesto cosi diverso, le critiche sono sempre simili.

A parte queste osservazioni critiche, il fatto è però che Matric ha grossi problemi, soprattutto per la crisi economica che ha aumentato la disoccupazione anche di chi possiede questo ambito titolo. Titolo che ha peraltro perso di peso, anche in relazione alla universalizzazione della istruzione ed all’aumento della scolarità.
Il contributo pone il problema dell’alternativa necessaria, ma prende atto della inesistenza di possibilità realistiche: l’auspicio principale rimane pertanto quello dello sviluppo di una formazione più umanistica e meno condizionata da un pesante orientamento tecnico-scientifico.

Problema comune…

Accountability orizzontale, gestione municiplae e uso dei data: il caso della Svezia (Tracey Burns, Patrick Blanchenay & Florian Koester)

27Infine il caso della Svezia  e l’analisi del rapporto fra riforme e miglioramento dei risultati.
20 Anni fa, in Svezia è stata operata una riforma radicale sulla base degli orientamenti neo-liberisti: forte decentralizzazione a livello dei Comuni, accountability molto ampia paragonabile solo a quella di USA, Regno Unito ed Olanda, ma senza ricadute dirette su scuole, allievi ed insegnanti (cioè non high- stake), libertà di scelta dei genitori che hanno a disposizione i dati dei risultati degli allievi delle diverse scuole.

Ma nonostante ciò, dopo 20 anni, il livello dei risultati dei quindicenni svedesi in PISA sta diminuendo in una misura non verificata in alcun altro Paese.
Spiegazioni? I Comuni non sarebbero stati in grado di prendere in considerazione tutti i dati a disposizione in modo approfondito ed avrebbero preso le decisioni -soprattutto in materia di attribuzione dei fondi- sulla base delle classifiche dei media più scandalistiche. Da parte loro poi, i genitori non utilizzerebbero abbastanza bene le loro possibilità ed il loro potere nei confronti dei Comuni. Sarebbe mancata infine la capacità di guida dal centro ed una divisione chiara e realistica delle responsabilità reciproche.

Test e riforma scolastica del sistema educativo danese: un’analisi basata sui concetti chiave del dispositivo di Foucault (Kristine Kousholt & Bjorn Hamre)

24Che in Danimarca sia nonostante tutto presente una forte opposizione ai test lo dimostra il contributo di Kristine Kousholt & Bjorn Hamre che mette in relazione iTest nazionali danesi con i concetti chiave della teoria del dispositivo di Foucault.

La tesi che vi viene sostenuta è che i nuovi test adattivi danesi (si veda il precedente contributo sulla Danimarca) rispondono alle caratteristiche dei dispositivi di Foucault di controllo della società: disciplina, sicurezza ed ottimizzazione. Sono quindi visti come strumenti negativi di controllo della società attraverso le sue istituzioni formative, in un ganglio dunque delicato ed essenziale.

Pure la sottolineatura che viene fatta dell’orientamento formativo nell’uso dei test nazionali- anche attraverso le loro caratteristiche adattive- viene vista come un sofisticato tentativo di valorizzarli e di validarli nascondendone la reale natura, vista la tradizione progressista della pedagogia danese.

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