L’educazione per la piena realizzazione umana al tempo dell’intelligenza artificiale

Andreas Schleicher

Introduzione

Buongiorno, grazie per questo invito e un sincero apprezzamento per la scelta di un argomento tanto impegnativo: il senso perduto.

È vero, nell’istruzione abbiamo smarrito il cammino.

Avete appena sentito Yongzhi Li. Ebbene non vi è dubbio che le nostre società, le nostre tecnologie si siano evolute molto più velocemente della nostra capacità di dare risposte all’istruzione.

Questa è la realtà a cui siamo arrivati e ve la descriverò con un esempio.

Mio fratello ha iniziato la sua carriera come falegname. Quando cominciò gli diedero un pezzo di legno e gli dissero:” Crea qualcosa di significativo”. Lo fece e diventò bravissimo a creare oggetti in legno. Qualche anno dopo gli dissero: “Puoi produrre molto di più se anziché fare tutto il lavoro da solo, lo dividi in tante parti e ne assegni ciascuna a una persona diversa; ci sarà chi taglia il legno, chi fa le misure e così via.” Accolse la proposta e tutto andò molto bene. Ebbe un gran successo e diventò ricco. Poi un giorno entrarono i robot nella sua azienda e gli dissero: “Noi possiamo fare tutte queste cose molto meglio, molto più velocemente e a minor costo. E non avere preoccupazioni per te, tu non corri nessun rischio, diventerai un lavoratore della conoscenza.”  Ma negli anni a venire, è accaduto lo stesso anche con i lavoratori della conoscenza.

Immaginate ora di essere stato un insegnante qualche decennio fa. Qual era il vostro ruolo? Avevate davanti i vostri studenti e dovevate capire chi erano, cosa volevano diventare e come potevate aiutarli nel loro percorso di crescita. Eravate un istruttore, ovviamente, ma eravate anche un coach, un mentore, un facilitatore, uno psicologo e anche un assistente sociale. Per educarli e accompagnarli nel loro cammino svolgevate tutti questi ruoli insieme. Ma poi sono entrati gli esperti nelle scuole e hanno detto: “Dividiamoci questi compiti. Tu che sei così bravo nell’insegnamento, farai solo quello. Assumeremo qualcun altro che si occupi del lavoro sociale ed esternalizzeremo molte altre funzioni”.

Poi sono entrati nelle aule i   GPT e hanno detto:” Noi possiamo fare queste cose meglio. Possiamo farle in modo più veloce e interessante e i vostri studenti non si annoieranno più.”

Ecco dove siamo arrivati. Allora dovremo seriamente interrogarci su cosa ci riserva il futuro, che appare sempre più imprevedibile e incerto.

La vera grande domanda è stata posta dal progetto di Human Flourishing dell’OCSE: “Cosa ci rende umani?

Insegniamo ai ragazzi il latino e la trigonometria, ma le grandi domande sulla vita, sulla morte, sull’amore, la domanda sul perché siamo qui su questo pianeta, di tutto questo a scuola non parliamo, rimane tutto fuori dalla scuola.

Ma queste sono le uniche vere grandi domande che ci rendono umani. L’idea fondamentale di Human Flourishing è come possiamo integrare, non sostituire, l’intelligenza artificiale. L’unica ragione di aver paura dell’intelligenza artificiale è la degradazione delle capacità umane per renderle più simili a ciò che sanno fare i computer.

Allora dobbiamo pensarci.

Ma prima daremo un breve sguardo a come siamo arrivati ​​a questo punto.

Istruzione investita da fenomeni dirompenti

In questo momento, i nostri occhi sono ancora puntati sulla pandemia, che ha sconvolto in modo massiccio l’istruzione, al punto che alcuni credono che nulla sarà più come prima. Per la prima volta la scuola si è trovata di fronte a un fenomeno che le ha imposto un’incredibile accelerazione per affrontare in tempo reale situazioni inedite.

Ma anche altri fenomeni stanno sconvolgendo il mondo.

Il cambiamento climatico sconquasserà le nostre vite molto più della pandemia, mentre l’intelligenza artificiale, ancora una volta, ci metterà alla prova.

E ci sono molti altri fenomeni dirompenti.

Il futuro è incerto e imprevedibile, non lo conosciamo, ma dobbiamo diventare molto più agili nell’immaginare scenari futuri e nel capire che cosa potranno significare per noi e per gli altri. Più saremo rapidi ed efficaci nel prevedere le future trasformazioni, più preparati saremo ad affrontarle.

Le indagini internazionali come PISA ci dicono che oggi non abbiamo ancora sviluppato nei giovani una formazione adeguata ad affrontare i cambiamenti in essere.

Prendiamo la matematica. Il tipo di ragionamento matematico di cui si ha bisogno oggi è molto diverso da quello che era sufficiente al tempo di PISA 2003. Alcune cose sono diventate molto più facili, poiché la tecnologia ha digitalizzato le routine matematiche, ma altre sono diventate più difficili. Se si vuol capire il cambiamento climatico o una pandemia occorre avere una buona comprensione degli esponenziali, essere in grado di distinguere il segnale dal rumore e pensare in termini di probabilità.

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Il problema è che PISA mostra che in tutti i Paesi dell’OCSE le competenze matematiche dei quindicenni non sono progredite e, infatti,  dal 2018 sono diminuite bruscamente di 15 punti. Se si pensa che 20 punti equivalgano a un anno scolastico, si ha un’idea dell’entità di questo declino. E alcuni Paesi sono scesi molto di più: la Finlandia, ex Paese dell’OCSE, ha registrato un calo di 60 punti dal 2003, l’equivalente di tre anni scolastici.

Si potrebbe pensare che sia tutto a causa della pandemia, ma questa ha rappresentato solo una parte del declino. 

Il positivo riavvio di alcuni Paesi

La cosa incoraggiante è che un gruppo di Paesi ha mostrato una tendenza opposta e registrando buoni progressi nell’ultimo decennio. Questi Paesi ci mostrano cosa è possibile fare.

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Dal grafico potete vedere i risultati di Singapore siano passati da buoni a ottimi e abbiano continuato a progredire anche durante la pandemia.

Oppure guardate Macao, il Giappone e l’Estonia.

Anche il Portogallo, l’Ungheria e Israele hanno registrato buoni progressi, anche se di recente sono diminuiti.

La Turchia ha visto notevoli progressi e sono anche molto aumentate le iscrizioni scolastiche.

La Romania e la Repubblica Moldova hanno avuto un certo successo.

All’estremità inferiore della graduatoria delle prestazioni si può vedere come il Qatar abbia ottenuto notevoli progressi. Anche il Montenegro è avanzato e così pure Perù, Colombia e Macedonia del Nord.

Il Brasile è un altro di quei Paesi che hanno simultaneamente aumentato le iscrizioni scolastiche e la qualità dell’istruzione.

Tutto questo è riscontrabile dalle classifiche internazionali di PISA, che sono sempre guardate con molta attenzione.

il punto che voglio evidenziare è che alcuni sistemi educativi continuano a progredire. Quindi non è un compito impossibile, si può senza dubbio migliorare.

Dietro la posizione di ciascun Paese nelle classifiche dei sistemi di istruzione c’è una storia. E molti dei sistemi educativi che vedete oggi in posizioni avanzate non ci sono arrivati da molto tempo.

L’intelligenza artificiale e il suo evolutivo rapporto con gli umani

Guardando a quanto è avvenuto, possiamo constatare che le cose facili da insegnare e testare sono diventate anche facili da digitalizzare e automatizzare. Le attività di routine stanno scomparendo dal nostro lavoro e dalla nostra vita: in questo campo i computer hanno la meglio.

Contemporaneamente sono in aumento i compiti ad alta intensità tecnologica.

Mettete insieme le due cose e avrete un’idea di come sarà il futuro del lavoro.

Noi umani dobbiamo essere molto più bravi a gestire l’ambiguità, l’incertezza, a stabilire i nostri obiettivi, a essere creativi, a delineare il quadro generale.

L’intelligenza artificiale è molto più agile a risolvere problemi specifici, ma non ha ancora la nostra capacità di sviluppare il pensiero laterale.

Prendiamo l’esempio del linguaggio

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Abbiamo confrontato in modo rigoroso i livelli di competenza umana con gli attuali livelli di prestazione dei sistemi di PNL (Processing Natural Language, Elaborazione del Linguaggio Naturale).

Nel grafico è possibile vedere come si collocano i livelli di prestazione dell’IA rispetto a quelli degli Esseri umani nei seguenti 3 macro ambiti: 

 

  1. Dialogo (ambito aperto) (Conversazione automatizzata su qualsiasi argomento),
  2. Rispondere a domande (Rispondere a una domanda basandosi su un contenuto dato, per es. pagina di Wikipedia, ChatGTP),
  3. Reperimento di informazioni (Identificare i contenuti rilevanti per una determinata domanda/argomento, ad es. motori di ricerca)

L’Intelligenza artificiale ha ancora molti limiti, ma migliorerà. Dal grafico si vede che nel dialogo non è ancora molto efficace, e in realtà lo sappiamo tutti quanto sia frustrante parlare con un chatbot!  Quando però si chiede di rispondere a domande la prestazione è pari a quella umana e se passiamo al reperimento di informazioni è addirittura superiore.

All’OCSE monitoriamo questi sviluppi con molta attenzione, perché ci aiuta ad anticipare l’evoluzione dell’intelligenza artificiale.

ChatGPT non è nato dal nulla. In realtà è stato uno sviluppo abbastanza prevedibile. Dal 2016, avevamo assistito all’emergere di un modello linguistico di grandi dimensioni, poi l’azienda OpenAI ha deciso di lanciarlo nel pubblico, ma quella tecnologia esisteva già, non era nata in quel momento.

Oggi possiamo prevedere l’evoluzione dei modelli dell’IA.

A breve termine migliorerà:

  • la tracciabilità, ossia la capacità di rintracciare e individuare le fonti, cosa che oggi non avviene, e di migliorare le citazioni;
  • l’accuratezza, ossia la capacità di incorporare il fact-checking.

A medio termine migliorerà:

  • l’interpretazione, intesa come comprensione della semantica delle query e come stile di scrittura più naturale.

A lungo termine ci si può aspettare:

  • una maggiore originalità, che spinga ad andare oltre la sintesi dei dati di addestramento;
  • la riduzione dei bias, cioè la diminuzione dei pregiudizi nei dati di addestramento degli algoritmi, che determinano risultati distorti.

Rispetto a quest’ultimo punto, possiamo dire che la stessa cosa vale per gli umani. Gli insegnanti in classe sono spesso di parte, lo si riscontra quando si comparano voti e prestazioni degli studenti. Si hanno giudizi diversi in base alla provenienza, al genere ecc…

Con l’evoluzione nel lungo termine dei modelli dell’IA abbiamo visto che è possibile ridurre il rischio di mantenere i bias dei dati di addestramento e quindi ridurre interpretazioni distorte.

Per questo motivo, dobbiamo preparare meglio studenti e insegnanti a usare gli strumenti dell’IA e a sostenerne attivamente l’accesso. Insieme agli insegnanti dobbiamo co-creare standard e linee guida e fornire a tutti l’opportunità di apprenderne gli usi appropriati e inappropriati, aiutarli a gestire i rischi.

Competenze, atteggiamenti e valori integrati nei curricoli di molti Paesi

Competenze, atteggiamenti, valori per il 2030 nei curricoli

Ora, come rispondono i sistemi educativi a questa difficile fase di transizione?

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Come OCSE abbiamo studiato molto attentamente come stanno entrando nei curricoli nuove competenze, quelle che dovrebbero essere presenti ovunque nel 2030.

Dala figura potete vedere che il pensiero critico, che è oggi forse una delle risorse più importanti, sta venendo incorporato nei programmi nazionali dalla maggior parte dei Paesi.

E questo avviene quando i risultati di lettura in PISA sono ancora allarmanti. Nei Paesi OCSE meno della metà dei quindicenni sa distinguere i fatti dalle opinioni, cosa – come noto – oggi cruciale. È davvero così difficile distinguere i fatti dalle opinioni in un testo semplice? In realtà non lo è, ma le nostre scuole non sono ancora in grado di adottare metodologie adeguate a fare apprendere questa abilità. Si lascia credere agli studenti che ciò che è scritto nel libro di testo sia la verità e si chiede loro di ripetere esattamente ciò che vi è contenuto. Non si mette nulla in discussione. Sono di formazione uno scienziato e mi è difficile accettare come insegniamo la scienza a scuola, vale a dire come fosse una religione. Spieghiamo agli studenti una determinata teoria scientifica, poi diamo loro degli esercizi e alla fine verifichiamo se sanno dare la risposta giusta, ossia quella che noi crediamo sia giusta. Questo non ha nulla a che fare con la scienza. La scienza è sempre stata indagine, ha sempre messo in discussione la saggezza consolidata, non ne ha mai rivendicato la sua riproduzione.

La cosa positiva è che molti Paesi stanno iniziando a comprendere l’importanza di queste competenze e stanno tentando di introdurle nei curricoli.

Far apprendere il pensiero critico è ora almeno una buona intenzione. Ugualmente la risoluzione dei problemi e imparare a imparare.

Le abilità sociali cominciano a essere introdotte nelle scuole, anche se c’è ancora discrepanza tra le intenzioni e la realtà.

Una prospettiva ampia sulle competenze in PISA 2022

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Anche PISA prende in conto altre dimensioni delle competenze, benché la sua priorità rimanga la valutazione delle prestazioni scolastiche.

In PISA 2022 l’OCSE ha identificato 9 tematiche essenziali ai fini della piena realizzazione, del benessere, della soddisfazione e della qualità della vita. Esse sono:

  1. Prestazioni scolastiche. Si riferisce al rendimento, alle conoscenze e alle abilità cognitive che gli studenti hanno acquisito nel corso della loro formazione e alla misura in cui riescono a utilizzare ciò che hanno appreso per risolvere i problemi della vita reale.
  2. Benessere psicologico. Si riferisce alla misura in cui gli studenti provano emozioni positive, sono soddisfatti della loro vita e credono che la loro vita abbia un significato e uno scopo.
  3. Agentività e impegno. Considera se gli studenti hanno la capacità e la volontà di intervenire positivamente sulla propria vita e sul mondo che li circonda, fissando obiettivi, riflettendo sui propri ruoli e responsabilità e agendo responsabilmente per migliorare se stessi e portare cambiamenti positivi.
  4. Considera la capacità degli studenti di adattarsi di fronte al cambiamento, di resistere a situazioni stressanti e difficili, la loro fiducia in se stessi e la loro autonomia come discenti.
  5. Coinvolgimento e impegno con la scuola. Si riferisce alla misura in cui gli studenti attribuiscono valore al tempo trascorso a scuola, si impegnano nello studio per ottenere buoni risultati e collaborano con gli insegnanti per creare un ambiente di apprendimento produttivo.
  6. Qualità delle relazioni e vitalità della comunità. Questo aspetto coglie sia la quantità che la qualità delle reti sociali degli studenti. Riflette la misura in cui gli studenti si sentono accettati e apprezzati dai loro coetanei e contemporaneamente percepiscono il sostegno e l’attenzione dei genitori e degli insegnanti.
  7. Equilibrio tra studio e vita privata. Significa dedicare tempo sufficiente al lavoro scolastico e allo stesso tempo dedicare tempo agli altri aspetti della propria vita, comprese le opportunità sociali, sportive e culturali.
  8. Benessere materiale e culturale. Considera se gli studenti godono di condizioni di vita adeguate al loro sviluppo cognitivo ed emotivo e se hanno un ambiente domestico che offre opportunità di sviluppo culturale.
  9. Apertura alla diversità. Si riferisce alla capacità degli studenti di stabilire legami profondi e rispettosi con persone provenienti da contesti culturali diversi; alla loro consapevolezza e apertura nei confronti di prospettive diverse nonché alla disponibilità a conoscere la lingua, le abitudini e le convenzioni degli altri.

Punti di forza e aree di miglioramento in 3 Paesi

Diamo ora uno sguardo ai risultati di questi aspetti in alcuni Paesi. Esamineremo in particolare Italia, Albania e Finlandia.

ITALIA

Cominciamo dall’Italia. Rispetto ai risultati PISA sulle competenze scolastiche, so che c’è molta insoddisfazione, ma in realtà l’Italia raggiunge 7 punti su 10, quindi non va male.

Guardate i risultati in lettura, matematica e scienze, si sono avvicinati alla media OCSE. Quindi si tratta di un risultato discreto.

Ma osservate ora il livello del benessere psicologico, è molto al di sotto della media OCSE. E così è per molte altre dimensioni.

Improvvisamente, nel momento in cui guardiamo oltre i risultati scolastici, ci troviamo di fronte a un quadro del tutto diverso.

ALBANIA

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Prendiamo ora in esame l’Albania. È una situazione opposta a quella italiana. I risultati scolastici sono bassissimi meno di 2 punti su 10, ma gli studenti sono felici e sanno dare un senso alla loro vita.

A questo punto viene da chiedersi se ci si trovi davvero davanti a una scelta: se gli studenti sono felici non imparano molto, oppure se hanno un livello alto di apprendimento sono infelici.

Ma non è così!  Ora vi mostro i risultati di un terzo paese: la Finlandia.

FINLANDIA

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Ultimamente molti in Finlandia lamentano un forte calo nei risultati scolastici. Ed è vero. La Finlandia era solita conseguire 10 punti su 10 e collocarsi in cima alla classifica. Ora ottiene otto punti e mezzo. Si tratta quindi di una notevole diminuzione nel rendimento scolastico. Ma se guardiamo il quadro generale, vediamo che gli studenti finlandesi hanno un alto benessere psicologico e un elevato grado di resilienza, che è una caratteristica particolarmente importante di questi tempi, e sono inoltre aperti alle diversità.

Quello che intendo dire è che, quando parliamo di piena realizzazione umana, ci troviamo di fronte a un quadro molto diverso da quello dei soli risultati scolastici. Ed è per questo che nel contesto dell’indagine PISA, prestiamo molta attenzione a tutte le diverse dimensioni.

Dal digitale una rivoluzione per l’apprendimento?

Abbiamo cominciato affermando che la scuola non ha tenuto il passo con lo sviluppo della digitalizzazione, ora vedremo quali prospettive si preannunciano con l’attuale accelerazione della transizione dell’educazione digitale.

L’accelerata transizione dell’educazione digitale

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La figura mostra le varie fasi di sviluppo dell’educazione digitale e insieme l’accelerazione di tale transizione.

Quando ho iniziato a lavorare all’OCSE, ed è stato molto tempo fa, mi sembrava futuristico poter videochiamare persone dall’altra parte del mondo, anche se era già realizzabile; ora tutti lo possono fare quotidianamente. Allo stesso modo oggi, quando si parla di intelligenza artificiale, di robot e di tecnologia blockchain nel settore dell’istruzione, ad alcuni può forse suonare futuristico, ma il futuro è già qui.

Vediamo allora alcune delle attività possibili grazie alla digitalizzazione, anche se la loro generalizzazione nelle scuole è ancora lontana.

Apprendimento personalizzato

Il digitale può rendere più facilmente praticabile l’apprendimento personalizzato, oggi così difficile da realizzare. Prendiamo uno studente che sta studiando matematica al computer. Ebbene, anche se vi sembra incredibile, il computer sa capire come sta imparando ed è in grado di rendere il suo apprendimento molto più granulare e adattivo. E tutto questo è fattibile sia a scuola che a casa.

 

Gamification dell’apprendimento

Imparare col digitale può anche trasformarsi in un divertimento. Gli studenti amano gli ambienti di apprendimento basati sui giochi, così la gamification è diventata un interessante terreno di esplorazione per la didattica. È un’esperienza immersiva, stimolante e coinvolgente. Inoltre, può essere organizzata per livelli di difficoltà crescente, che seguono il naturale processo di apprendimento.

La Realtà Aumentata

La Realtà Aumentata (Augmented Reality, AR) è una tecnologia che arricchisce l’ambiente reale, sovrapponendo alla nostra percezione del mondo fisico elementi digitali, quali immagini o informazioni. I vantaggi per l’apprendimento sono un miglioramento dell’attenzione e della concentrazione, nonché della memorizzazione delle nozioni, che vengono “apprese facendo”.

La Realtà Virtuale

La Realtà Virtuale (Virtual Reality, VR), a differenza di quella aumentata, crea un ambiente totalmente simulato che sostituisce la realtà fisica, e immerge gli studenti in mondi digitali autonomi. Si tratta di un’esperienza molto coinvolgente, poiché è sicuramente più motivante per uno studente fare personalmente un esperimento scientifico in un laboratorio virtuale, piuttosto che ascoltare l’insegnante che ne racconta i risultati. Le potenzialità educative della Realtà Virtuale sono inimmaginabili

Peer learner: imparare insegnando

Alcuni ricercatori in Giappone hanno scoperto che a volte i bambini imparano molto più velocemente quando sono loro a spiegare le cose ad altri, persino a un robot. Si sta sviluppando quindi un nuovo ruolo interessante per i robot: il peer learner. L’idea si basa sull’effetto apprendimento-insegnamento, ovvero sull’idea che spiegare il materiale di studio ad altri rafforzi la comprensione dello stesso alunno.

Analisi della classe

La tecnologia può permettere di considerare lintera classe come un sistema digitale, capace di catturare tutto ciò che in essa accade.

Può trattarsi di qualsiasi cosa, dalle interazioni degli studenti con i loro dispositivi al livello di attenzione dell’intera classe.

L’analisi dell’apprendimento in classe può quindi mettere a disposizione degli insegnanti tantissime informazioni così da rendere visibile l’invisibile.

Feedback professionale

La tecnologia digitale può anche dare ai docenti in tempo reale importanti feed back professionali, che favoriscono una migliore comprensione delle proprie azioni di insegnamento. Possono rendersi conto per quanto tempo parlano, dove si muovono, a quali studenti prestano maggiore attenzione, a quali attività dedicano più cura, ecc. Nella figura qui riportata, l’insegnante può notare che ha trascorso molto più tempo con gli studenti situati sul lato sinistro dell’aula rispetto a quelli disposti sul lato destro.

Reintegrazione di apprendimento e valutazione

E ora una questione che mi sta particolarmente a cuore: la reintegrazione di valutazione e apprendimento. Uno dei più grandi errori che abbiamo commesso nella storia dell’istruzione è stato quello di separare l’apprendimento dalla valutazione. Gli studenti trascorrono anni e anni di apprendimento, accumulano un’infinità di nozioni, e poi un giorno li richiamiamo e chiediamo loro di ripetere quello che sanno in un ambiente ristretto e in un tempo forzato. E lo chiamiamo esame. Tale modo di procedere ha reso l’apprendimento superficiale e molto limitato. Gli studenti memorizzano tantissime cose e altrettanto in fretta le dimentichiamo.

Una delle critiche più frequenti che riceviamo su PISA è che testiamo cose che magari sono state apprese in quinta elementare e non in seconda superiore. Dovremmo, cioè, testare solo quello che è stato studiato poco più del giorno prima. Ma non può e non deve essere così. In PISA testiamo intenzionalmente l’esperienza cumulativa degli studenti, perché imparare per la vita significa interiorizzare ciò che si apprende.

Ora, con la tecnologia abbiamo la possibilità di reintegrare apprendimento e valutazione, possiamo ricevere immediati feedback che saranno utilissimi sia all’insegnante, sia all’alunno, sia alla scuola. Questo davvero cambierà il futuro: la valutazione vi dirà in tempo reale come va il singolo alunno, la singola classe e tutta la scuola.

Sono state sviluppate anche importanti valutazioni basate sui giochi, che possono sfumare il confine tra la valutazione tradizionale e l’apprendimento, massimizzando il “flusso” e premiando gli studenti per aver dimostrato di padroneggiare processi cognitivi, piuttosto che per aver memorizzato fatti.

Le valutazioni digitali possono:

  • applicare la moderna teoria psicologica alla valutazione;
  • integrare elementi formativi e sommativi;
  • misurare competenze “difficili da misurare”;
  • misurare i costrutti con una granularità molto maggiore, concentrandosi maggiormente sull’interazione e sul coinvolgimento.

Ma si tratta di un settore ancora agli inizi che richiederà ulteriori ricerche e investimenti.

Tempo di uso dei dispositivi digitali a scuola

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Nel grafico si vede:

1) il tempo trascorso a scuola dagli studenti sui dispositivi digitali per l’apprendimento (in blu);

2) il tempo trascorso a scuola dagli studenti sui dispositivi digitali per il tempo libero (in verde).

Se si confrontano questi dati con le ore di lezioni regolari svolte dagli studenti (losanga blu scura), si nota che l’uso della tecnologia copre ormai gran parte della giornata scolastica. Per gli studenti il mondo digitale è diventato il mondo reale.

La questione dirimente a questo punto è sapere se trascorrere tanto tempo online sia una cosa positiva o negativa. Vediamo cosa ci dicono i risultati in matematica

Tempo speso sui dispositivi digitali a scuola e risultati in matematica

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La risposta sembra variare a seconda dell’uso che si fa della tecnologia. Quando la tecnologia viene usata per l’apprendimento, la relazione tra le ore di uso della tecnologia e il rendimento in matematica è praticamente piatta.

Ma quando la tecnologia viene usata per il tempo libero, i risultati dell’apprendimento diminuiscono drasticamente.

Le distrazioni digitali sono pertanto un problema reale nelle nostre scuole e non solo in termini di peggiori risultati scolastici. Si riscontra anche un più basso senso di appartenenza, un minore benessere mentale, più povere relazioni sociali.

Fiducia degli studenti nell’apprendimento autonomo

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Durante la pandemia, l’apprendimento a distanza è stato l’ancora di salvezza per l’istruzione e gli studenti hanno dovuto motivarsi a imparare in modo autonomo per tutto il periodo di chiusura della scuola.

In seguito, li abbiamo interrogati per sapere se si sentissero pronti nel caso in cui si ripresentasse una situazione analoga. È interessante notare che, mentre in molti Paesi gli studenti appaiono in grado di utilizzare i programmi di videocomunicazione, risulta invece problematica l’auto-motivazione.

Si guardi nel grafico il Giappone: solo un terzo degli studenti esprime fiducia nell’auto-motivazione a svolgere il lavoro scolastico.  È noto invece che l’auto-motivazione non è importante solo in caso di pandemia, ma è assolutamente necessaria nel corso della vita per l’aggiornamento e la riqualificazione.

 

Distrazioni digitali

Vediamo ora di esaminare quelle che ho definito distrazioni digitali.

Distrazioni digitali durante le lezioni di matematica

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Se esaminiamo questo grafico notiamo che nella maggior parte dei Paesi, durante le lezioni di matematica, una percentuale significativa, per quanto minoritaria, di studenti dichiara di distrarsi con i propri dispositivi digitali e, in molti casi, di essere distratta da altri studenti che usano tali dispositivi (v. i triangoli blu). In Argentina, Uruguay e Cile, queste distrazioni digitali riguardano addirittura la maggioranza degli studenti.

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Nervosismo e ansia da “astinenza” dei dispositivi digitali

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In questo secondo grafico si nota un altro fenomeno: nella maggior parte dei Paesi, un grande numero di studenti viene preso dall’ansia quando non ha accanto a sé i propri dispositivi digitali.

 

Guardate nel grafico la Turchia o la Malesia, dove il fenomeno riguarda quasi il 70% degli studenti.

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Esiti dell’ansia da “astinenza” dai dispositivi digitali

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I dati ci mostrano anche le conseguenze di questo tipo di ansia da “astinenza” dal proprio dispositivo digitale: i risultati in matematica peggiorano. E questo effetto, in base a PISA, supera quello della pandemia.  Ma non è tutto, si registra anche una minore soddisfazione della propria vita, una certa difficoltà a gestirsi e minore resistenza allo stress.  

 

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 Dispositivi digitali, distrazione e politiche scolastiche

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Gli studenti che usano lo smartphone a scuola durante la maggior parte delle ore di lezione di matematica, hanno 1,4 volte più probabilità di essere distratti rispetto ai compagni che non li usano.

In questa situazione, come si può intervenire per eliminare o diminuire significativamente questo fenomeno? Sappiamo che non è stata riscontrata una grande differenza dove c’ è, su tale tema, una codificata politica scolastica, né dove gli insegnanti hanno stabilito regole per l’uso degli smartphone durante le lezioni. L’unica cosa che fa calare decisamente le distrazioni è il divieto di portare gli smartphone a scuola (v. barra rossa nel grafico).

In conclusione, è tempo che i nostri sistemi educativi assumano la responsabilità di risolvere tale fenomeno. Ma cosa si può fare? In realtà la maggior parte dei tentativi di insegnanti e dirigenti scolastici di rieducare su tale materia i propri studenti non ha sortito alcun effetto misurabile. L’unico risultato abbastanza visibile viene dal divieto di usare lo smartphone a scuola. Ma se si va in questa direzione, come si metteranno in grado gli studenti di padroneggiare la tecnologia? Quindi, ancora una volta, occorrerà ricercare soluzioni innovative e creative.

Gli insegnanti
Insegnamento e cura degli allievi

Vorrei in conclusione tornare agli insegnanti.

Durante la pandemia è emerso con chiarezza che l’apprendimento non è un’attività transazionale, ma un processo sociale e relazionale.

Quindi la questione forse più degna di attenzione rimane la relazione studenti-insegnanti.  A essere sincero i dati raccolti dall’indagine PISA su tale tema sono quelli che più mi hanno colpito e preoccupato.

Supporto da parte degli insegnanti

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Abbiamo chiesto a gruppi di studenti di raccontare le loro esperienze durante la chiusura della scuola nel periodo della pandemia.

Questi i risultati visibili nel grafico: in Vietnam, quasi 9 studenti su 10 hanno dichiarato che i loro insegnanti erano disponibili ad aiutarli e solo il 30% si è sentito solo. Ma in Giappone, soltanto il 40% degli studenti ha sentito di poter contare sui propri insegnanti e un’uguale percentuale si è sentita sola.

In media, in tutti i Paesi, quasi un terzo degli studenti ha ritenuto che i propri insegnanti non fossero disponibili quando ne avevano bisogno.  È un risultato davvero preoccupante.

Troppi studenti sentono che i loro insegnanti non si curano di loro, ignorano le loro aspirazioni e i loro sogni. Tutto questo mina la loro sicurezza e la loro autostima.

È una situazione che deve essere intenzionalmente portata al centro dell’attenzione, non deve essere lasciata agli accadimenti fra singoli docenti e singoli studenti.

Apprendimento e relazione affettiva con gli insegnanti

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Dal grafico si vede che durante la pandemia gli studenti che hanno percepito la disponibilità dei loro insegnanti ad aiutarli in caso di bisogno, hanno maturato maggiore sicurezza nell’auto-apprendimento, e hanno ottenuto punteggi più elevati, corrispondenti a circa un anno scolastico in più. Quando abbiamo analizzato più a fondo questo aspetto, abbiamo anche scoperto che i Paesi, dove il supporto degli insegnanti è migliorato negli ultimi anni, hanno ottenuto anche risultati migliori in matematica.

Tutto questo spiega anche perché il numero di ore di lezione non sia un elemento determinante. Ciò che conta davvero è la qualità delle interazioni tra studenti e insegnanti.

Apprendimento e benessere

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Abbiamo poi chiesto agli studenti quali supporti hanno avuto durante la pandemia. Dal grafico si può notare che, in media nei vari Paesi, la metà degli studenti ha ricevuto lezioni virtuali dal vivo, materiale su una piattaforma di apprendimento e compiti.

L’aspetto più preoccupante è che solo il 13% degli studenti dica di aver avuto qualche insegnante che si sia informato di come stava e meno del 20% ha ricevuto consigli su come studiare, in alcuni Paesi la percentuale è stata addirittura inferiore al 10%.

In un tempo in cui si aspira alla piena realizzazione umana, al Human Flourishing, dobbiamo interrogarci molto più intenzionalmente sul senso dell’insegnare. Cosa vogliamo ottenere? Cosa rende la nostra funzione diversa dal ruolo svolto dall’intelligenza artificiale? Come possiamo ideare, progettare ambienti di apprendimento che valorizzino la nostra umanità? Quale tipo di curricolo? Come creare una rete di relazioni dentro e fuori la scuola che supporti questi obiettivi? E quando avremo risposte a queste domande, come potremo progettare sistemi educativi sostenibili?

Ma voglio concludere con un dato positivo. I confronti internazionali ci mostrano che, per quanto difficili siano i cambiamenti, alcuni Paesi hanno intrapreso il giusto cammino, e così tante scuole.

Pertanto, anche se i risultati complessivi sono deludenti, molte scuole sono sulla buona strada e dovremo fare il possibile per supportarle nel loro complesso percorso.

Grazie

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