1. Introduzione
Nell’ultima tornata dell’indagine PISA, svoltasi nel 2022 e che aveva come materia focus[1] la matematica, la differenza sulla scala di competenza[2] fra il punteggio dei ragazzi, 482, e quello delle ragazze, 461, è stata nel campione italiano di 21 punti, la più alta fra i Paesi OCSE, tra i quali la differenza media si attesta a 9 punti. Il dato della minore abilità delle ragazze in matematica rispetto ai loro coetanei maschi è stato ripreso e variamente commentato dalla stampa con accenti di più o meno marcata preoccupazione. Sul tema è intervenuto anche, in un articolo sul quotidiano Il Messaggero, il sociologo Luca Ricolfi, sulle cui argomentazioni, tese a contestare quella che egli considera una “falsa teoria”, ci proponiamo di tornare in seguito.
Ma prima di questo, è innanzitutto il caso di esaminare in modo più analitico e approfondito di quanto gli articoli di stampa non abbiano fatto i dati sul divario di genere in matematica che emergono da PISA 2022.
A questo riguardo, precisiamo che le analisi di cui si illustreranno nel prosieguo i risultati non prendono in esame l’intero campione italiano, ma solo gli studenti – per altro la grande maggioranza – che frequentavano nell’anno 2022 la seconda classe di un istituto di istruzione secondaria di secondo grado, cioè la classe “modale” nel nostro Paese[3], e che hanno partecipato sia all’indagine PISA sia alla rilevazione INVALSI dello stesso anno[4], cosa che ha permesso di integrare la base di dati di PISA con ulteriori informazioni, in essa non presenti, tra cui, in particolare il voto in matematica del primo quadrimestre.
2. Il gap di genere in matematica
Cominciamo innanzitutto col ricordare, in primo luogo, che il gap di genere in matematica non è una novità di Pisa 2022 ma era apparso anche nelle precedenti edizioni dell’indagine, nelle quali il punteggio medio delle femmine in Italia e tra i Paesi OCSE è ogni volta risultato significativamente inferiore a quello dei maschi [5], come si può vedere dal grafico 1, che mostra le differenze di risultato tra ragazzi e ragazze dal 2000, anno di debutto di PISA, al 2022.
In secondo luogo, il gap è pervasivo: fra i 37 Paesi OCSE che hanno partecipato a PISA 2022, in 34 si è registrato un vantaggio dei maschi in matematica – nella maggior parte dei casi statisticamente significativo – e solo in tre le femmine hanno ottenuto un punteggio più alto dei loro coetanei: in due di essi (Norvegia e Slovenia), tuttavia, la differenza è piccola e non significativa, mentre l’unica eccezione all’andamento generale è rappresentata dalla Finlandia, dove le femmine hanno raggiunto un punteggio significativamente superiore a quello dei maschi di 5 punti.
Per quanto riguarda l’Italia, la differenza di risultato tra maschi e femmine si registra sia sulla scala complessiva di competenza matematica, sia sulle sottoscale di contenuto e di processo[6] che la compongono. Il fatto che la matematica fosse nel 2022 la materia principale ha infatti comportato che le domande del test PISA relative a questo ambito disciplinare fossero più numerose rispetto ai quesiti di comprensione della lettura e di scienze, e che, accanto al punteggio sulla scala totale, siano disponibili anche i punteggi sulle singole sottoscale.
Nel nostro campione, costituito come già detto dai soli studenti di seconda superiore, le differenze di risultato delle femmine rispetto ai maschi in ogni sottoscala e nella scala complessiva sono leggermente superiori a quelle registrate nel campione totale e sempre statisticamente significative, andando da un minimo di 17 punti in “Dati e incertezza” e in “Interpretare e valutare” a un massimo di 31 in “Formulare”.
Il grafico 2 mostra i punteggi di ragazzi e ragazze e le differenze di punteggio sulle sottoscale e sulla scala complessiva del test PISA di matematica.
La differenza di prestazioni tra maschi e femmine in matematica si riflette anche nella percentuale di ragazzi e ragazze che si collocano in ciascuno dei sei livelli in cui la scala di competenza è scandita. I livelli, ordinati gerarchicamente dal più alto al più basso, forniscono, diversamente dai punteggi numerici che sono una misura puramente quantitativa, un’informazione qualitativa su ciò che gli studenti quindicenni sono in grado di fare, o, in altre parole, sulla loro capacità di affrontare problemi di varia natura e difficoltà in ambito matematico: uno studente che si trova a un dato livello dovrebbe infatti essere in grado di portare a termine con successo tutti i compiti dei livelli precedenti al suo, oltre ai compiti del livello suo proprio (ma non quelli del livello successivo).
Disaggregando per genere la percentuale degli studenti che si situano ai diversi livelli, si può constatare (grafico 3) che le femmine sono in proporzione maggiore dei maschi nei livelli bassi della scala di competenza (1 e 2) e in proporzione minore nei livelli alti (4, 5 e 6), mentre al livello 3, intermedio, la proporzione delle prime e dei secondi è pressoché eguale. La forbice tra maschi e femmine si apre sempre più a partire dal livello 4 in poi. La diversa percentuale di maschi e femmine che si collocano ai vari livelli della scala incide sul loro risultato, facendo sì che la dimensione della differenza tra gli uni e le altre non sia la stessa lungo tutta la scala ma – come osservato anche nel rapporto internazionale PISA 2003[7] – si ampli soprattutto ai livelli più elevati. Un fenomeno opposto accade sulla scala di competenza di lettura, dove i maschi ottengono un punteggio medio inferiore a quello delle femmine e dove la differenza di genere si allarga verso l’estremità inferiore della scala, tendendo invece a chiudersi verso l’estremità superiore. Stando al rapporto nazionale italiano di PISA 2022, al 10° percentile la differenza di punteggio tra maschi e femmine è di 1 punto in più in matematica e di meno 35 punti in lettura, mentre al 90° percentile la differenza è, rispettivamente, di 36 punti in più e 9 punti in meno[8].
Quanto sopra detto spiega perché, quando si disaggregano i risultati in matematica per tipologia di istituto[9], il divario tra maschi e femmine varia rispetto alla differenza media rilevata a livello nazionale: esso risulta minimo negli istituti professionali, frequentati in genere da studenti con minori abilità, e più alta nei licei e negli istituti tecnici.
Il grafico che segue (4) mostra i punteggi medi di maschi e femmine e le differenze tra i primi e le seconde in ciascuna tipologia di scuola.
Da notare anche che il divario tra maschi e femmine appare più contenuto nei licei scientifici, che, diversamente dagli altri licei e dagli istituti tecnici, suddivisi al loro interno in una pluralità di indirizzi con programmi differenti, hanno il medesimo curricolo e il medesimo monte ore settimanale di insegnamento della Matematica.
Quest’ultimo punto merita di esser particolarmente sottolineato, in quanto la semplice differenza del punteggio nazionale PISA di maschi e femmine – che per altro è il solo dato riportato dalla stampa – non tiene conto della diversità dei curricoli e del numero di ore settimanali di insegnamento della matematica dei vari indirizzi in cui l’istruzione secondaria di secondo grado si articola in Italia, diversità che ha un peso sulla qualità dell’apprendimento, contribuendo ad accentuare il divario di genere.
3. Il profilo sociale e psicologico di maschi e femmine
Altri elementi di cui la differenza del punteggio in termini assoluti non tiene conto sono i condizionamenti di tipo sociale e psicologico che influenzano il rendimento in matematica di ragazzi e ragazze e che il questionario studente di PISA indaga attraverso la raccolta di informazioni su una serie molto ampia di variabili individuali in grado di incidere, positivamente o negativamente, sul risultato nel test.
Le inchieste in campo educativo sul rapporto tra origine sociale e risultati scolastici hanno dimostrato che tra la prima e i secondi esiste una correlazione positiva: gli alunni socialmente avvantaggiati conseguono, in genere, risultati migliori degli studenti svantaggiati, anche se ciò non implica un rapporto di tipo deterministico.
PISA misura la qualità della famiglia d’origine degli studenti tramite un índice denominato Escs, o índice di status socio-economico-culturale[10]. A livello nazionale l’Escs influisce sulla prestazione in matematica nella misura di un aumento di circa 35 punti in funzione della crescita di una unità dell’indice. Nel campione di studenti qui analizzato, l’incidenza dell’Escs è complessivamente un po’ più bassa: 33 punti in media; tuttavia l’effetto dell’Escs non è lo stesso per ragazzi e ragazze, ma risulta più accentuato per i primi rispetto alle seconde: 35 punti versus 29, una differenza sul cui significato si tornerà più avanti.
La tabella seguente riporta, in ordine alfabetico, otto indicatori[11], calcolati sulla base delle risposte al questionario, che misurano la percezione dei propri atteggiamenti, sentimenti ed emozioni nei confronti della matematica da parte degli studenti rispondenti.
Indice | Descrizione |
ANXMAT | Ansietà verso la matematica |
FAMCON | Sentimento soggettivo di familiarità con concetti matematici |
MATHEASE | Percezione della matematica come più facile per sé delle altre materie |
MATHEFF | Autoefficacia nella matematica formale e applicata |
MATHEFF21 | Autoefficacia nel ragionamento matematico e in abilità rilevanti per l’epoca attuale (ad es.: saper programmare, usare software elettronici, ecc.) |
MATHMOT | Motivazione alla riuscita in matematica |
MATHPERS | Sforzo e persistenza nello studio della matematica |
MATHPREF | Preferenza per la matematica rispetto a ogni altra materia |
È importante sottolineare, come il rapporto internazionale PISA 2022[12] rileva, che un valore negativo o positivo su un indice non significa che lo studente possegga un dato attributo in misura minore o maggiore di zero, ma indica semplicemente che lo studente ha risposto alle domande del questionario su cui l’indice è costruito più negativamente o più positivamente di quanto non abbiano fatto i suoi coetanei nei Paesi OCSE. Ciò che qui interessa, in ogni caso, non sono tanto i valori registrati su ciascun indice dai ragazzi e dalle ragazze italiani rispetto alla media dei Paesi OCSE ma gli scarti fra i valori degli uni e delle altre, rappresentati nel grafico 5.
Come si può vedere, su tutti gli indicatori che hanno una relazione positiva con la riuscita in matematica i maschi hanno valori superiori a quelli delle femmine – con una sola eccezione – mentre il contrario accade per quelli che hanno con la riuscita una relazione negativa; il divario è particolarmente evidente per l’ansia nei confronti della matematica e per il senso di autoefficacia, quasi metà di una unità di deviazione standard nel primo caso (0,44) e circa un terzo nel secondo (su entrambi gli indici che misurano l’autoefficacia la differenza tra maschi e femmine è pari, in valore assoluto, a 0,32).
Per ciò che riguarda la prima variabile, la ricerca psicologica ha da lungo tempo dimostrato[13] che l’ansia, se moderata e tenuta sotto controllo, genera uno stato di attivazione generale, noto come arousal, che, fino a un dato punto, favorisce la concentrazione e l’impegno nel compito che si ha di fronte, ma che, se il suo livello cresce oltre un certo limite, incide negativamente sui processi cognitivi, disorganizzandoli; il grado di arousal interagisce con la difficoltà del compito da affrontare
peggiorando la prestazione nei compiti complessi, difficili o non famigliari, migliorandola in quelli più semplici.
Quanto all’autoefficacia, dalla ricerca psico-sociale emerge che la fiducia in sé, nella propria capacità di saper gestire adeguatamente attività e situazioni, è positivamente associata con il successo effettivamente ottenuto in vari settori[14]. Le persone con un elevato senso di autoefficacia personale appaiono più inclini a considerare le difficoltà come un’occasione per mettere alla prova se stessi, anziché come ostacoli insormontabili, reagiscono più prontamente ad eventuali esperienze di frustrazione invece di abbandonarsi a sentimenti depressivi, si focalizzano sulle soluzioni dei problemi e fanno l’uso migliore delle risorse a disposizione.
Prima di proseguire, è comunque opportuno rilevare che non è chiaro quale sia la direzione della relazione tra ansia e autoefficacia da una parte e risultato in matematica dall’altra, e cioè se sia l’esperienza dell’insuccesso o, in alternativa, del successo a generare in un caso ansietà nei confronti della matematica e nell’altro una percezione positiva delle proprie capacità, oppure se accada il contrario.
Come si constata dal grafico 5, l’unico indicatore su cui la differenza tra maschi e femmine è a favore di queste ultime è lo sforzo e la perseveranza nello studio della matematica. Quest’ultimo aspetto si ricollega a un’altra differenza tra ragazzi e ragazze che emerge dalle risposte al questionario studente e che concerne il tempo complessivamente dedicato ogni giorno allo svolgimento dei compiti a casa e, all’interno di questo, allo studio, in particolare, della matematica: mentre i maschi dichiarano di impiegare per i compiti a casa fra le 3 e le 4 ore al giorno (media=3,3), le femmine riferiscono di impiegare più di 4 ore (media=4,2); tuttavia, la percentuale del tempo dedicato quotidianamente alla matematica su quello totale è più alta per i maschi rispetto alle femmine, benché ciò sia probabilmente anche da porre in relazione col fatto che i ragazzi più frequentemente delle ragazze sono iscritti a indirizzi di scuola secondaria di secondo grado dove lo spazio occupato dalla matematica nel curricolo è maggiore.
La distribuzione di maschi e femmine fra i vari tipi di scuola è infatti tutt’altro che omogenea, come si vede dal successivo grafico 6, che, per altro, riflette soltanto in parte gli squilibri nella ripartizione di maschi e femmine nell’istruzione secondaria di secondo grado poiché considera solo i canali principali ma non i numerosi indirizzi in cui questi si articolano al loro interno e ai quali maschi e femmine sono iscritti in proporzioni, il più delle volte, molto diverse tra loro: si pensi, ad esempio, all’indirizzo industriale dell’istituto tecnico, frequentato quasi esclusivamente da maschi, e, all’opposto, al liceo delle scienze umane, dove è preponderante la presenza femminile.
Ciò non è senza conseguenze per il tema di cui ci stiamo occupando: la segregazione di genere che si verifica di fatto tra la maggior parte degli indirizzi dell’istruzione secondaria di secondo grado nel
nostro Paese può comportare una deriva, al di là di quanto formalmente stabilito dai programmi ufficiali, del curricolo effettivamente insegnato, con, non di rado, un abbassamento delle esigenze in materia di insegnamento-apprendimento della matematica e delle scienze nelle classi frequentate, unicamente o quasi, da femmine[15].
Se, tenuto conto di quanto fin qui detto, si conduce un’analisi di regressione[16] per esaminare in che misura il gap di genere varia quando si mettono sotto controllo le variabili summenzionate che più incidono sul risultato del test PISA, si può constatare che, a parità di origine sociale e di tipo di scuola frequentata, la differenza del punteggio in matematica di una studentessa rispetto a uno studente si riduce a 13 punti e che, quando si controlla, in aggiunta, anche per il livello di ansia e il senso di autoefficacia, essa si restringe a 7 punti (pur restando statisticamente significativa) di contro ai 23 punti della differenza media tra maschi e femmine inizialmente rilevata nel nostro campione.
4. Voti scolastici, punteggi PISA di matematica e background degli studenti
Per approfondire ulteriormente il quadro, vorremmo, infine, richiamare l’attenzione su altri due aspetti che meritano di esser sottolineati.
Il primo è la relativa discrepanza che sussiste tra la valutazione degli insegnanti, espressa mediante un voto decimale, e il risultato ottenuto nel test PISA di matematica da maschi e femmine. A parità di livello sulla scala di competenza matematica, il voto attribuito dagli insegnanti alle ragazze è, in ogni tipo di scuola, un po’ più alto di quello assegnato ai ragazzi. Analogamente, mentre il punteggio medio raggiunto dalle femmine nel test PISA è, come s’è visto, inferiore in ogni tipo di scuola al punteggio medio dei maschi (vedi grafico 4), il loro voto medio risulta sempre più alto rispetto a quello di questi ultimi. I due grafici seguenti (7 e 8) illustrano la situazione testé descritta.
Dal grafico 7, si evince, in primo luogo, che tra voti degli insegnanti in matematica e prestazioni degli studenti – sia maschi che femmine – nel test PISA esiste una relazione positiva: man mano, infatti, che il livello sulla scala di competenza sale (asse orizzontale), cresce in parallelo anche il voto medio (asse verticale). Tuttavia, il voto attribuito alle ragazze a ogni livello è sempre, mediamente, un po’ più alto di quello attribuito ai ragazzi. Quella che si potrebbe chiamare la “sopravvalutazione” delle ragazze rispetto ai maschi è comprovata anche dal confronto tra il punteggio medio PISA e il voto medio ottenuto da maschi e femmine in ogni tipo di scuola, come mostra il grafico 8. Si noti anche, en passant, che le medie dei voti di matematica nei vari tipi di istituto non si discostano molto dall’uno all’altro (il voto medio nei licei è 6,5 e negli istituti professionali 6,1), nonostante le notevoli differenze di prestazione tra i rispettivi studenti testimoniate dalle indagini nazionali e internazionali, ma non soltanto.
Ciò non significa affatto – si badi – che gli insegnanti non valutino in maniera adeguata i propri studenti. Come la letteratura di ricerca dimostra[17], i voti scolastici, diversamente dal risultato di una prova “oggettiva”[18], non sono direttamente comparabili tra loro, e ciò in quanto le valutazioni degli insegnanti – al di là delle differenze individuali nei criteri, più o meno severi, utilizzati – sono inevitabilmente condizionate dal contesto in cui si trovano a operare: il voto dato a uno studente in una classe dove il livello medio degli alunni è basso cambierebbe se lo stesso alunno fosse assegnato a una classe dove il livello medio è elevato. Inoltre, i voti scolastici riflettono, di fatto, anche caratteristiche degli studenti, come l’impegno nello studio, l’intensità e continuità di applicazione, la disciplina in classe, ecc. che esulano dal puro e semplice livello di capacità e che rappresentano aspetti della personalità e del comportamento in cui le femmine, in genere, si distinguono positivamente rispetto ai loro compagni maschi. Quest’ultima osservazione spiega perché, come si è visto dai due grafici precedenti, le ragazze ottengano a scuola, in generale, voti migliori dei ragazzi a parità di grado di competenza misurato da uno strumento oggettivo.
Il secondo punto su cui vorremmo richiamare l’attenzione riguarda il background dei ragazzi e delle ragazze del nostro campione. Ricordiamo, innanzitutto, come già anticipato, che lo status socio-economico-culturale esercita mediamente un peso maggiore sul risultato in matematica dei maschi rispetto alle femmine. Se poi si esamina, in ciascun tipo di scuola, l’indice medio di status di maschi e femmine presi separatamente, si può constatare, come mostra il grafico 9, che il valore dell’Escs registrato dalle seconde è sempre inferiore a quello dei primi, in particolare nei licei e negli istituti tecnici, mentre negli istituti professionali lo scarto è nettamente più piccolo.
A ulteriore conferma del più basso status delle ragazze rispetto ai ragazzi in ogni tipo di scuola, si può notare, dal successivo grafico 10, che la distribuzione percentuale di maschi e femmine all’interno dei quartili[19] dell’indice di status vede una maggiore presenza di femmine rispetto ai maschi nei due quartili inferiori (primo e secondo) e una loro minore presenza nei due quartili superiori (terzo e quarto) della distribuzione, specie nei licei, nella tradizione italiana deputati a preparare alla prosecuzione degli studi a livello universitario.
Come interpretare questo dato, per certi versi inaspettato? L’ipotesi che avanziamo, suffragata anche dalla discrepanza prima messa in luce tra valutazione degli insegnanti e valutazione mediante uno strumento oggettivo, è che la scuola opera di fatto – anche se non intenzionalmente – una più rigida selezione nei confronti dei maschi, da un lato espellendo con più frequenza dal sistema scolastico i ragazzi di basso status sociale o orientandoli verso percorsi di minore prestigio, e dall’altro favorendo, a parità di status e di capacità potenziali, la permanenza nella scuola e la mobilità ascensionale delle ragazze. Ciò contribuisce anche a spiegare perché esse siano sovrarappresentate nei licei e sottorappresentate negli istituti tecnici e nell’istruzione e formazione professionale: nel campione qui esaminato, sul totale delle femmine, il 64% frequentava un liceo e il 36% un istituto tecnico o professionale di contro al 52% e al 48%, rispettivamente, sul totale dei maschi[20].
5. Considerazioni conclusive sul gap di genere in matematica
Riassumendo, dalle analisi effettuate sugli studenti dell’istruzione secondaria di secondo grado del campione italiano di PISA 2002, emerge che i maschi superano le femmine sia sulla scala complessiva di competenza matematica che sulle sottoscale di contenuto e di processo. Il gap di genere, inoltre non è uguale lungo tutta la scala ma si amplia ai livelli più alti e si restringe a quelli più bassi.
Il profilo delle ragazze, dal punto di vista sociale e psicologico, si rivela diverso da quello dei ragazzi, in particolare sotto alcuni aspetti: in primo luogo, l’effetto dello status socio-economico-culturale sul risultato in matematica è più forte per i maschi che per le femmine; in secondo luogo queste ultime mostrano, rispetto ai maschi, più alti livelli di ansia e una minore fiducia in se stesse e nella propria capacità di riuscita in matematica. Infine, ragazzi e ragazze a 15 anni sono iscritti in proporzioni differenti in indirizzi di studio caratterizzati da un diverso numero di ore e da un diverso curricolo di matematica, più o meno approfondito. Se si controlla l’impatto dell’Escs e del tipo di scuola frequentata, il divario tra maschi e femmine da 23 punti scende a 13 punti, per calare ulteriormente a 7 punti quando si controlla anche per l’ansia nei confronti della matematica e il senso di autoeficacia.
Sotto l’aspetto dell’equità di genere, il funzionamento del sistema scolastico appare ambivalente: da un lato esso sembra, di fatto, agire in modo “discriminatorio” nei confronti degli alunni di genere maschile, favorendo così indirettamente la mobilità ascensionale delle ragazze; dall’altro lato, però, il maggior successo di queste ultime nei termini di quella che potremmo chiamare la “valutazione istituzionale” – il che sfocia anche in un più alto tasso di conseguimento del diploma di scuola superiore e di partecipazione agli studi universitari – se da un certo punto di vista rappresenta un traguardo raggiunto sulla via delle pari opportunità, rischia di trasformarsi in una “vittoria di Pirro”, giacché resta legato a scelte “tradizionali” degli itinerari educativi, dapprima a livello di scuola secondaria di secondo grado e poi di istruzione terziaria, portando molte donne ad autoescludersi dai percorsi universitari incentrati sulle discipline STEM e, di riflesso, dalle professioni meglio remunerate e ricercate, con il risultato, alla fine, di riprodurre la storica divisione tra le “due culture” secondo un clivage di genere.
Qualora vi fosse la volontà di perseguire politiche scolastiche volte a rendere il sistema educativo più equo dal punto di vista del genere, l’intero impianto dell’istruzione secondaria di secondo grado andrebbe rivisto.
6. Qualche riflessione finale sulle argomentazioni di Luca Ricolfi
Per approfondire ulteriormente la discussione, vorremmo dedicare, infine, qualche riflessione, come annunciato nell’introduzione, agli argomenti con cui il sociologo Luca Ricolfi ha messo in discussione il gap di genere nel test PISA di matematica.
La prima questione che egli solleva riguarda la presunta dipendenza del gap dagli stereotipi culturali che condizionerebbero le scelte delle donne, limitandone la libertà e l’autonomia. A questo proposito viene proposta da Ricolfi, citando la sociologa Catherine Hakim[21], una visione alternativa secondo cui le scelte delle donne nell’ambito degli studi, delle professioni, e in generale degli stili di vita, che i critici denunciano come “tradizionali”, sarebbero frutto non dell’influenza esercitata dai modelli culturali ma di “genuine preferenze” del genere femminile.
Pur non negando che oggigiorno gli spazi di libertà delle donne si siano fortemente allargati rispetto al passato, è però difficile accettare che i diversi ruoli che la società propone loro – e, sottolineiamo, agli uomini – nella famiglia e nella società non abbiano un peso rilevante nel condizionare la scelta degli uni e delle altre tra le opzioni disponibili. Tuttavia, cionostante, di fronte ad alcune decisioni, ad esempio sui percorsi di studio da intraprendere, le donne sono, in un certo senso, “più libere” rispetto agli uomini: mentre infatti la pressione sociale, aprendo a questi ultimi come sola possibilità di realizzazione il successo nel lavoro, li spinge a orientarsi verso percorsi che diano sbocco a occupazioni richieste dall’attuale mercato del lavoro e convenientemente retribuite, essa è senz’altro, da questo punto di vista, meno forte sulle donne, per le quali non è considerato disdicevole realizzarsi prioritariamente come mogli e madri, anziché in una carriera lavorativa. Un dato interessante che emergeva da PISA 2003 era che la motivazione strumentale[22] allo studio della matematica, più bassa nelle ragazze rispetto ai ragazzi, rappresentava un importante predittore della scelta degli studi universitari e dell’attività professionale: nei Paesi dove lo scarto tra maschi e femmine su questa variabile era maggiore, la percentuale di donne laureate in matematica o in informatica era al di sotto della media OCSE[23].
La seconda questione che Ricolfi pone è perché si insista sul peggior risultato in matematica delle ragazze rispetto ai ragazzi e non altrettanto sul divario tra maschi e femmine nella comprensione della lettura, in questo caso a sfavore dei primi, che si registra in PISA. Su questo punto non si può non concordare: un sistema scolastico che intenda essere equanime nei confronti di tutti gli alunni dovrebbe, infatti, porsi come ideale obiettivo di offrire ad ognuno le stesse opportunità di sviluppo cognitivo e di crescita personale, indipendentemente dall’origine sociale, dal genere o dall’etnia. E a questo riguardo è lecito, come s’è visto, nutrire qualche dubbio sull’equità del trattamento riservato ai maschi dal nostro sistema scolastico.
Quello su cui non è invece possibile essere d’accordo è l’ultimo argomento avanzato da Ricolfi per contestare la supposta minore abilità delle femmine in matematica: i test PISA – e INVALSI – non rappresenterebbero, secondo il sociologo, una misura attendibile della capacità matematica, che sarebbe invece meglio giudicata dagli insegnanti. Non essendo questo lo spazio per entrare in profondità nell’argomento, ci basti qui rinviare a quanto detto nel paragrafo 4 e alla letteratura sul tema. Si aggiunga anche che il fatto che negli scrutini e nell’esame di terza media le femmine vadano meglio dei maschi in tutte le materie, compresa la matematica, circostanza che smentirebbe per Ricolfi il dato dell’inferiorità femminile in quest’ambito emergente da PISA, non è una sorpresa se si tien conto della maggiore diligenza nello studio delle ragazze rispetto ai ragazzi che fa sì che esse ottengano a scuola, come s’è visto, voti migliori dei loro compagni. Senza contare, poi, che l’esame di licenza media in Italia è totalmente affidato agli insegnanti di ogni singola scuola e la valutazione finale che ne scaturisce riproduce nella grande maggioranza dei casi il voto d’ammissione[24]. Inoltre, dai test internazionali e nazionali, si evince che il gap di genere in matematica è in Italia meno evidente nella scuola primaria e secondaria di primo grado, non organizzata in filiere, e che esso si accentua nella secondaria di secondo grado, articolata in una pluralità di indirizzi in cui la matematica non ha ovunque la stessa importanza.
Per chiudere, la differenza di genere che l’indagine PISA sui livelli di apprendimento mette in luce sia in matematica che in lettura ma con esiti opposti nei due casi per maschi e femmine, costituisce una questione dalle molte sfaccettature e in cui intervengono diverse componenti tra loro interagenti, non riducibili a un unico fattore. Essa dunque, mancando ancora una risposta sicura e definitiva, merita di essere ulteriormente indagata e approfondita.
.
.
***
Note