Robert D. Putnam e il "Capitale Sociale"

 

COME IL CONTESTO SOCIALE INFLUENZA I RISULTATI EDUCATIVI

Su questo sfondo, desidero ora indicare alcune possibili risposte alle nostre questioni centrali: in che modo il capitale sociale e la coesione sociale influenzano l'educazione? E (cosa più importante) in che modo l'educazione influenza il capitale sociale e la coesione sociale?

La correlazione tra capitale umano e capitale sociale è molto stretta, non per definizione o tautologicamente, ma empiricamente. Gli individui e le comunità con alti livelli di capitale umano (educazione e formazione) sono anche caratterizzati da alti livelli di capitale sociale nelle sue varie forme. Una correlazione non è sempre la dimostrazione dell'esistenza di un rapporto causale, ma vi sono in questo caso prove sufficientemente attendibili che la causalità agisce in entrambi i sensi, vale a dire che il capitale sociale promuove l'acquisizione di capitale umano e a sua volta l'educazione promuove l'accumulazione di capitale sociale. Per tale ragione, chiunque sia interessato ad uno dei due lati dell'equazione dovrebbe essere interessato anche all'altro. Desidero illustrare, per prima cosa, in che modo il capitale sociale può favorire il processo educativo, e quindi come l'educazione possa contribuire al capitale sociale e sviluppare per questa via la coesione sociale. Per il tipo di conoscenze che possiedo , mi baso soprattutto su constatazioni riferite agli Stati Uniti, ma non ho ragioni di dubitare che in senso ampio tali generalizzazioni si applichino anche ad altri paesi dell'OCSE.

Noi siamo interessati ai risultati dell'educazione, come i punteggi conseguiti nei test di profitto e le percentuali di studenti che completano gli studi . Un'ampia varietà di studi indica che il capitale sociale è un input importante del processo educativo. Parlando in termini generali, possiamo distinguere tra il capitale sociale “ dentro le pareti scolastiche”, e cioé le reti sociali all'interno della scuola, e il capitale sociale “fuori dalle pareti scolastiche”, cioè le reti sociali che legano la scuola alla più ampia comunità. “Dentro le pareti scolastiche” è ampiamente riconosciuto che, fra gli studenti, le reti di pari hanno una forte influenza sia sulle loro aspirazioni che sul processo educativo stesso. Questo fenomeno è ancora più marcato, negli Stati Uniti almeno, al livello universitario, dove è provato che gli studenti dei College imparano di più gli uni dagli altri che dalla istruzione formale. ( ad Harvard, per esempio, il fattore che maggiormente incide sulla formazione, è l'eccezionale qualità degli altri studenti, non la qualità del corpo docente, un fatto che tende ad abbassare l'auto-stima mia e dei miei colleghi).

Un altro aspetto del capitale sociale “dentro le pareti scolastiche”, che di recente è stato dimostrato avere forti effetti educativi, è il grado di fiducia e coesione tra docenti e organi di direzione. Si è scoperto che una caratteristica distintiva delle scuole altamente efficaci è un clima di cooperazione all'interno della comunità scolastica (nota 3).

Fuori dalle pareti della scuola, i legami sociali coi genitori e le comunità sono una risorsa altrettanto importante. La letteratura americana che documenta gli effetti del coinvolgimento dei genitori sul successo scolastico dei figli è davvero vasta, e può essere sintetizzata con questa semplice citazione: “Quando i genitori sono coinvolti a scuola, i loro figli vanno più avanti negli studi e le scuole che essi frequentano sono migliori” (nota 4).

Al di là dei genitori, il proverbio africano “Ci vuole un villaggio per crescere un bambino” è diventato un luogo comune nelle discussioni contemporanee sull'educazione in America. Un'interessante questione che sorge da questo appello al coinvolgimento della comunità è se certi tipi di villaggio facciano un lavoro migliore di altri nel crescere ed educare i bambini. I dati statistici che io ed altri abbiamo raccolto indicano chiaramente che gli atteggiamenti e il comportamento che i genitori hanno verso il processo educativo sono influenzati più profondamente e direttamente dalla forza dei legami familiari e comunitari che non dal livello socio-economico o dal carattere etnico delle comunità. In effetti, le prove indicano che i punteggi dei test o i tassi di abbandono scolastico sono meglio predetti da misure del capitale sociale della comunità che non da misure della qualità degli insegnanti o dalla dimensione della classe o dalla spesa per alunno (nota 5 ) . Per fare un esempio molto diverso di come il contesto sociale possa favorevolmente influenzare l'apprendimento, vorrei citare l'esempio del “modello di Reggio-Emilia”, oggetto di tanti elogi; non è un caso che tale modello sia emerso nella regione italiana che, in base a molte altre misure, ha uno fra i più alti livelli di capitale sociale, di impegno civile, e di coesione sociale in Italia. Similmente, prove recenti raccolte nel Regno Unito indicano, stando a ciò che ci è riferito, che il capitale sociale della comunità è un predittore significativo dei risultati scolastici degli studenti, al netto dell'influenza di altre variabili.

Una ragione per cui gli studenti che provengono da gruppi minoritari o da ambienti di povertà sono svantaggiati dal punto di vista scolastico è proprio che essi mancano della possibilità di accedere ad un produttivo capitale sociale, sia all'interno che all'esterno della scuola. Pertanto una strategia per sostenere le scuole con risultati sotto la media è stata di promuovere una comunità più attiva e di collegare più direttamente i genitori e i membri della comunità con le scuole(nota 6) . Una strategia complementare che si è dimostrata efficace è l'uso di mentori (ossia insegnanti non professionisti a tempo parziale del posto) che possono portare abilità, esperienza, energia, e attenzione dalla comunità nella scuola. Per esempio, un programma che ha avuto successo negli Stati Uniti, denominato Gruppi d'Esperienza, poggia su adulti in pensione specificamente formati (spesso essi stessi membri di gruppi minoritari) per fare da mentore a ragazzi svantaggiati nella scuola in modo sistematico (nota 7).

Nessun dubbio che i momenti e le modalità specifiche in cui il capitale sociale influenza i risultati educativi variano da un paese all'altro, e che ciò che funziona in un contesto culturale può non funzionare in un altro. Ma l'evidenza empirica indica con forza che i decisori politici interessati ad elevare gli standard educativi debbono preoccuparsi del contesto sociale dell'educazione (sia dentro che fuori la scuola), tanto quanto si curano dei computers, dei libri di testo e della qualificazione degli insegnanti.

(nota 3)
Per l'evidenza sperimentale su questo punto, vedi: Anthony Bryk e Barbara L. Schneider, Trust in Schools: A Core Resource for Improvement (New York: Russell Sage Foundation Press, 2002)

(nota 4)
Henderson, A. T. e Berla, N. (Eds.), A New Generation of Evidence: the Family is Critical to Student Achievement (Washington, D.C.: National Committee for Citizens in Education, 1994), p. 1

(nota 5)
Robert D. Putnam, "Community-Based social capital and Educational Performance", in Making Good Citizens: Education and Civil Society , Diane Ravitch e Joseph Viteritti, eds. (New Haven: Yale University Press, 2002). La generalizzazione nel testo è robustamente dimostrata, una volta che si tenga sotto controllo molte altre potenziali variabili confondenti, come la povertà, la razza, la dimensione della classe, la spesa educativa, la struttura familiare, e così via.

(nota 6)
Dennis Shirley, Community Organizing for Urban School Reform (Austin: University of Texas Press, 1997); Mark R. Warren, Dry Bones Rattling: Community Building to Revitalize American Democracy (Princeton, NJ: Princeton University Press, 2001); e Archon Fung, Empowered Participation: Reinventing Urban Democracy (Princeton, NJ: Princeton University Press, 2004).

(nota 7)
Vedi: Robert D. Putnam e Lewis Feldstein (con Don Cohen), Better Together: Restoring the American Community (New York: Simon & Schuster, 2003), cap. 9.

©2004 ADi Associazione Docenti Italiani