Buongiorno. Mi chiamo Nick Chambers.
Vi presenterò brevemente quello che fa la nostra associazione, una charity.
Prima, però, lasciatemi dire che sono stato un insegnante anch’io. Ho insegnato scienze e tecnologia in una scuola inglese. Sono diventato insegnante perché mio padre era insegnante. Era un insegnante brillante e ha vinto premi per l’insegnamento. Io non ero come lui, me la cavavo, ma non ero come lui. Ma una cosa l’ho fatta. Ho portato nella scuola persone del mondo del lavoro, per mostrare ai bambini che cosa avrebbero potuto fare da grandi e per risvegliare in loro la voglia di impegnarsi per realizzare il loro futuro.
E posso assicurarvi che questi incontri generavano sempre grande motivazione e entusiasmo nei ragazzi e nelle ragazze.
Dopo sette anni ho lasciato la scuola, ma non ho abbandonato l’interesse per l’istruzione e ho creato questa associazione benefica per aiutare gli insegnanti a tessere rapporti proficui tra scuola e mondo del lavoro.
Education&employers
La nostra associazione è nata nel 2009, circa 14 anni fa, proprio con la finalità di mettere in relazione istruzione e mondo del lavoro. È importante chiarire che queste relazioni partono sempre dalle esigenze del mondo della scuola, non avviene mai il contrario. L’obiettivo è di ispirare, motivare, far sì che i bambini e i ragazzi sviluppino tutte le loro potenzialità. Mi riferisco in particolare a quelli che provengono da contesti svantaggiati, perché è soprattutto a loro che mancano modelli ed esperienze di riferimento.
Nel corso degli ultimi 14 anni, abbiamo condotto numerose ricerche per capire l’importanza di queste connessioni fra scuola e mondo del lavoro e abbiamo redatto oltre settanta rapporti. Quello che abbiamo scoperto è che quando bambini e ragazzi hanno la possibilità di incontrare persone del mondo del lavoro i loro orizzonti si allargano, le loro aspirazioni aumentano, gli stereotipi di genere vengono messi in discussione.
Quando dico mondo del lavoro intendo qualsiasi lavoro: amministrazione pubblica, associazioni private del terzo settore, ospedali, musei, insomma l’intera gamma dei mestieri e delle professioni.
L’aspetto più significativo del nostro lavoro è l’aumento della motivazione, quella sorta di intimo desiderio che spinge a fare le cose. Stiamo cercando di capire come motivare i bambini a fare le cose da soli, non perché glielo si dice, ma perché sono mossi dalla propria spinta interiore.
Uno dei risultati più importanti delle nostre ricerche, peraltro ampiamente citato, riguarda i NEET, i ragazzi che non sono né a scuola, né nel lavoro né in formazione. È stato esaminato un campione di giovani tra i 19 e i 24 anni. È stato chiesto loro: “Che esperienze hai avuto quando eri a scuola?” E il 26% di quelli che non ricordavano alcun incontro con il mondo del lavoro non frequentava più la scuola, né altra formazione, né lavorava, erano entrati a far parte dei NEET. Invece fra quelli che avevano avuto almeno quattro incontri con il mondo del lavoro la percentuale di NEET scendeva dal 26% al 4,3%.
La ricerca Drawing the future
Oggi fa parte della politica del Governo inglese aiutare i giovani a incontrare persone del mondo del lavoro, perché si è compreso che è un fattore che può ridurre l’abbandono scolastico. Si tratta quindi di una scoperta davvero importante.
Alcuni anni fa abbiamo fatto una ricerca molto semplice: abbiamo chiesto a 66 bambini di otto anni di disegnare un pompiere, un chirurgo e un pilota.
Ecco il video:
Questo video ha superato 100 milioni di visualizzazioni ed è stato replicato in tutto il mondo. E, grazie ad ADi, ora abbiamo anche la traduzione italiana
ma allora erano solo due classi, 66 bambini, per questo abbiamo pensato di raccogliere dati su un campione più grande.
Così nel 2017 abbiamo fatto una cosa molto semplice: abbiamo chiesto a bambini di tante diverse parti del mondo di disegnare su un foglio di carta la figura del lavoro che avrebbero voluto fare e di dire chi o che cosa li aveva ispirati. Era la prima volta che facevamo una cosa del genere. L’esperienza, che abbiamo chiamato Drawing the future, Disegnare il futuro, ha coinvolto 19 Paesi e 20.000 bambini dai 7 agli 11 anni. Purtroppo non c’era l’Italia in quel momento.
I risultati sono stati chiari. Abbiamo scoperto che a partire dall’età di sei-sette anni gli stereotipi di genere sono già evidenti in ogni Paese del mondo. Abbiamo anche scoperto che i lavori scelti dai bambini di sette anni sono molto simili a quelli dei diciassettenni. Abbiamo poi verificato che la scelta dei bambini di 7 anni è soprattutto influenzata dalla famiglia e dalla TV. E sempre più dai social media.
Pochissimi bambini (meno dell’1% in Gran Bretagna) ha avuto modo di prendere a modello persone provenienti dal mondo del lavoro. Le aspirazioni di carriera dei bambini hanno ben poco a che fare con le esigenze occupazionali previste dal mondo del lavoro, e questo ha un impatto negativo sull’economia. I bambini dei Paesi in via di sviluppo spesso hanno aspirazioni più alte, aspirano a occupazioni più qualificate che in altri Paesi.
Nella tabella sono sintetizzati i risultati di questa ricerca nel Regno Unito.
In UK il lavoro più importante per le ragazze è l’insegnamento. Perché? Perché gli insegnanti sono una fonte di ispirazione e perché la maggior parte degli insegnanti di scuola primaria sono donne. È questo che le bambine vedono ed è questo che desiderano fare da grandi. Per i maschi è lo sport l’attività che esercita il richiamo più forte.
Poi abbiamo chiesto se conoscessero qualcuno che faceva il lavoro che avevano disegnato. Naturalmente la maggior parte ha indicato componenti della famiglia o parenti stretti o i vicini.
Abbiamo quindi domandato dove avevano ricavato le informazioni quando non provenivano da qualcuno che conoscevano personalmente. In tal caso la TV rappresenta senz’altro la più grande fonte di informazione, mentre all’ultimo posto si collocano le persone del mondo del lavoro venute a far visita nella scuola, solo l’1%. Una percentuale purtroppo bassissima, mentre non ci sono particolari difficoltà a dare ad alunni e studenti la possibilità di incontrare diversi modelli di mestieri e professioni. È molto difficile cambiare le altre cose (la famiglia, il vicinato) ma questa è una cosa che possiamo cambiare.
I risultati sono molto simili in tutte le parti del mondo.
Non c’è nessuna differenza significativa, per esempio, fra Inghilterra e Australia anche se quest’ultima si trova dall’altra parte del globo.
Se facciamo un salto in Bangladesh troviamo ragazze che vogliono diventare medici, scienziati, piloti di linea, ingegneri. Risultati analoghi li abbiamo avuti in un’indagine simile condotta di recente in Uganda.
Il governo neozelandese ha fatto una ricerca con un campione molto grande, 7700 bambini dai 7 ai 13 anni di ogni parte del Paese. Era allora ministro dell’istruzione Chris Hipkins, divenuto poi Primo Ministro.
La domanda era: ”Quali persone conoscete che fanno il lavoro che voi vorreste fare?”
In cima alla classifica si trovano i familiari, gli amici di famiglia, in fondo, le persone che sono andate in visita nella scuola, solo lo 0.5%.
Per questo in Nuova Zelanda hanno lanciato un programma insieme a noi per cercare di fare in modo che i bambini possano incontrare più modelli di riferimento.
Un altro aspetto considerato dalla ricerca neozelandese è stato il disallineamento tra posti di lavoro e aspirazioni dei giovani. Una questione peraltro presente in tutto il mondo. E questo è in parte dovuto al fatto che i giovani non hanno idea di dove siano i posti di lavoro disponibili. E come possono saperlo? E perché mai gli insegnanti dovrebbero sapere dove ci sono posti di lavoro? Non è il loro mestiere. Ma il problema c’è ed è grande.
Su questi temi ho fatto un articolo per il World Economic Forum.
Il grafico si riferisce al Regno Unito. Non c’è bisogno di capire quali settori sono le diverse “C”, interessa vedere che il grigio indica dove c’è offerta di lavoro, l’arancione chiaro ciò che hanno scelto i bambini di sette anni, l’arancione scuro quello che hanno scelto i diciasettenni. Si vede chiaramente il disallineamento tra i settori in cui c’è offerta e le scelte di bambini e ragazzi e anche la somiglianza delle scelte fra i due gruppi di età. Questo sta a dimostrare che l’influenza esercitata a sette anni spesso continua fino ai 17.
Un Rapporto molto interessante è il Dream Jobs, Il lavoro dei miei sogni, realizzato dall’OCSE. Questo Rapporto ha mostrato quanto siano limitate le aspirazioni dei quindicenni e quanto grande sia il gender gap, il divario di genere. E ancora mostra quanto prevalgano i lavori tradizionali nelle scelte dei giovani.
Istantanea su tre classi di scuola primarie in Italia
E ora veniamo al sondaggio italiano svolto grazie ad ADi. È un piccolo sondaggio, non c’è un campione rappresentativo, non è una ricerca. È semplicemente un’istantanea di tre scuole, a Bologna, Napoli e Teramo, tanto per avere un’idea di ciò che, del lavoro, possono immaginare i ragazzi e le ragazze italiane. Prima di questo sondaggio, abbiamo analizzato, con l’aiuto di UNIONCAMERE, le previsioni dei fabbisogni occupazionali per il periodo 2022-2026. Con questo non intendo dire che l’istruzione debba appiattirsi sull’offerta dei posti di lavoro, assolutamente no, ma non può nemmeno ignorarla completamente. Questo grafico illustra per l’appunto le previsioni dei fabbisogni occupazionali.
Ora vediamo come si confrontano questi dati con quello che immaginano di fare i bambini dai sette agli undici anni.
Per vederlo abbiamo fatto una cosa molto semplice. Abbiamo preso un foglio di carta che gli insegnanti hanno dato ai loro alunni: una facciata per il disegno e l’altra per rispondere a semplici domande. Tutto questo per capire quali sono le influenze esercitate sui ragazzini e quali sono le motivazioni che li spingono a scegliere questo o quel lavoro.
Un’esperienza molto semplice e anche molto bella, basta vedere il libro che una scuola ha realizzato con i disegni dei bambini. È stata un’opportunità entusiasmante molto coinvolgente per gli alunni.
Tra le domande vi erano: “Conosci qualcuno che fa questo lavoro? Perché vuoi fare questo lavoro? Vuoi andare all’università?”. Il tutto non richiede molto tempo, e i dati raccolti sono davvero straordinari.
Non ho intenzione di analizzare tutti i dati perché non sono statisticamente validi, ma su una domanda voglio soffermarmi. Abbiamo chiesto a tutti se maschi e femmine possono fare gli stessi lavori. E la risposta è stata davvero molto incoraggiante. Quasi tutti sono stati d’accordo che nel lavoro non c’è differenza fra maschi e femmine, solo meno dell’1% ha risposto negativamente. Trovo che questo atteggiamento dei più giovani sia molto promettente. Devo aggiungere però che è così a parole, ma quando si tratta di scegliere il lavoro, le differenze di genere tornano a galla.
Si possono considerare anche altri elementi, come le condizioni svantaggiate, la lingua parlata a casa, l’atteggiamento nei confronti dell’apprendimento e molte altre cose che aiutano a interpretare i dati.
Questi sono i risultati. In cima alla classifica dei lavori c’è in assoluto il calcio. Penso che molti disegni di calciatori siano stati fatti anche da ragazze, il che è piuttosto incoraggiante. Abbastanza in alto si colloca anche lo chef. Mi dicono che attualmente in Italia ci sono programmi TV di cucina molto popolari e questo può avere influenzato tale scelta. Ma mi fermo un attimo sulla quantità di idee… sono davvero tante!
Un’altra delle domande che abbiamo fatto è stata: “Perché vuoi fare questo lavoro?” Beh, le ragioni sono state davvero tante e diverse. Anche in questo caso, dipende dalla zona in cui ci si trova. Per farvi un esempio, nell’Uganda rurale, molti lavori scelti dai bambini erano legati alla salute, perché avevano visto e vissuto tanti problemi di salute. Molte ragazzine per esempio volevano diventare ostetriche.
Ma torniamo alle risposte italiane sul motivo della scelta. Eccone alcune: “Perché voglio diventare famoso. Perché voglio guidare l’Italia verso un futuro migliore. Un’ambizione piuttosto audace. Oppure perché mi piace cantare, perché voglio essere felice. Tutte buone intenzioni, non vi pare?
Ed ecco alcuni dei disegni. Sono molto belli!
C’è la cantante, c’è la pianista e quella che vuole la laurea per fare l’attrice e la ballerina. Poi il calcio. E ancora tecnici che si occupano di investimenti, vendite e bitcoin, quindi con un occhio ai soldi. Poi un’agopunturista, un’insegnante di storia, uno chef. C’è il direttore che entra nell’ufficio… con la cravatta, l’elmetto, la valigetta…
Da chi hanno preso ispirazione? Ovviamente dalla TV, che mantiene una grande influenza, e poi dagli insegnanti, che rimangono un modello fantastico.
L’azione Inspiring the future
Ora vorrei soffermarmi su ciò che abbiamo fatto in Inghilterra per aiutare i bambini ad avere accesso a un maggior numero di modelli occupazionali. L’obiettivo era quello di trovare un modo semplice di mettere in contatto le scuole con il mondo del lavoro. Gli insegnanti sono infatti già molto impegnati, costantemente sotto pressione e non hanno bisogno di cose da fare in più, ma caso mai in meno. Così abbiamo cercato di rendere le cose più semplici possibile.
Ora, la tecnologia ha rivoluzionato il modo di connettersi, di comperare e vendere prodotti, di scambiare idee, di incontrare persone. Ma non credo che ci siamo resi conto di quanto possa essere potente per allargare la gamma delle persone che i giovani incontrano. E allora perché non utilizzarla per rivoluzionare il modo in cui i bambini possono orientarsi e trarre ispirazione per il loro futuro da chi lavora? Perché non farlo quando è noto che gran parte delle aspirazioni e del futuro dei giovani dipende da questi contatti?
Quindi la nostra idea, su cui abbiamo lavorato per 10 anni, è stata quella di usare tutte le possibilità offerte dal digitale per dare ai bambini e ai ragazzi le più ampie opportunità di incontrare persone del mondo del lavoro, che possono trovarsi ovunque ed essere occupati a tutti i livelli, dall’apprendista al manager.
A questo fine abbiamo creato un sito online chiamato Inspiring the future. Per gli insegnanti è molto semplice da usare. Hanno accesso a un grande database di volontari appartenenti ai più diversi settori del mondo del lavoro.
La responsabilità dell’utilizzo del database è degli insegnanti e dei presidi, sono loro a decidere chi invitare. Entrano nel sito, vedono i profili e cliccano su quello più adatto al loro scopo. Questi incontri sono particolarmente importanti per i ragazzi che provengono da contesti svantaggiati o vivono in zone rurali, perché non hanno modelli di ruolo a cui riferirsi, a differenza di chi vive in una famiglia benestante e magari nel centro di una grande città.
Voglio sottolineare quanto sia importante per alunni e studenti capire perché apprendono le discipline. Qual è lo scopo della matematica, delle scienze, della geografia o della storia? Se vogliamo che i ragazzi si applichino nello studio dobbiamo fargli vedere, fargli percepire l’importanza di ciò che apprendono. Devono convincersi che se imparano potranno fare tante più esperienze nella vita, viaggiare, fare un lavoro che piace, essere più felici.
Ciò che voglio dire, usando una metafora, è che è molto più facile prevenire un incendio che spegnerlo. Quindi se vogliamo prevenire l’abbandono scolastico, dobbiamo affrontare la causa alla radice. E gran parte della causa sta proprio nella mancanza di motivazione ad apprendere.
Il sito di cui vi ho parlato finora, Inspiring the future, è stato predisposto per la scuola secondaria di primo e secondo grado, per ragazzi dagli 11 ai 18 anni.
La tappa successiva è stata una versione specifica per la scuola primaria, che si chiama Primary Future. Il software è simile a quello di Inspiring the future. Anche questo molto semplice. Le scuole possono facilmente cercare volontari del mondo del lavoro in base alle varie discipline o ai diversi settori lavorativi.
Nella scuola primaria l’incontro con il mondo del lavoro non riguarda tanto le carriere ma la motivazione, il coinvolgimento emotivo, l’entusiasmo. L’enfasi è sull’esplorazione, sull’accendere l’immaginazione sul rendere significativo l’apprendimento, sullo sfidare idee preconcette e stereotipi radicati, non facendo discorsi, ma dando l’opportunità di incontrare persone che diventano modelli.
I bambini, ovunque si trovino nel mondo, sono curiosi. Vogliono imparare, vogliono informarsi, amano la scoperta. In questo caso si tratta di scoprire il mondo del lavoro.
facciamo salire le persone su un palcoscenico. Si mettono quattro o cinque persone sul palco e i bambini fanno loro delle domande per cercare di capire quale è il loro lavoro. Domande alle quali i volontari devono rispondere semplicemente con un si o un no.
All’inizio ci sono domande standard. Per esempio: “Usi la matematica nel tuo lavoro? Lavori insieme a una squadra? Indossi l’uniforme? Lavori in ufficio? Devi viaggiare per il tuo lavoro? Devi aver fatto l’università per il tuo lavoro? Ma la cosa diventa più interessante quando i bambini cominciano a porre le loro domande.
Poi i volontari se ne vanno e quando tornano chiedono: allora quale pensate che sia il nostro lavoro?… possono dare degli indizi, portare in scena degli oggetti del loro lavoro, è un momento divertente, e poi si siedono a parlare con i bambini. Vanno nelle classi e parlano con i bambini seduti intorno a un tavolo, di persona, ma si può anche fare virtualmente. È come uno speed networking, ma sono i bambini a prendere in mano la situazione e i bambini adorano questo, e anche i volontari. È una cosa così semplice… Si chiama “parlarsi”.
Le sessioni virtuali interattive, in sincrono, completano le attività locali di persona consentendo l’accesso diretto a decine di migliaia di modelli di ruolo da tutto il Paese e fuori dal proprio Paese. Consentono alle scuole di connettersi e vedere direttamente i luoghi di lavoro. E credo che questo sia un aspetto davvero entusiasmante a cui pensare, le esperienze che i bambini fanno e che noi abbiamo il potere di cambiare.
Due disegni per ispirare il futuro
Vorrei concludere con due disegni delle vostre scuole…che hanno a che fare con l’accendere l’immaginazione.
Questo è il disegno di un ragazzino che da grande vuole costruire fuochi d’artificio, come suo zio.
E questo, che è imperdibile, è il disegno di un’alunna che vuole diventare Presidente della Repubblica!
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