Premessa ADi
L’articolo che segue, a cura di Paolo Gallana, è interessante perché offre il punto di vista di chi lavora quotidianamente nella scuola e sperimenta direttamente le attese e le incertezze legate alla riforma dell’istruzione tecnica e professionale. Il personale scolastico nutre delle aspettative concrete e il contributo di Gallana aiuta ad orientarsi all’interno di un quadro normativo italiano ancora instabile.
Ciò detto, sebbene la legge 121/2024 rappresenti un passo avanti nel riconoscimento della filiera tecnico-professionale, essa non risolve le questioni di fondo, ben analizzate da Arduino Salatin nella sua “ANALISI E COMMENTO DELLO SCHEMA DI DDL VALDITARA SULLA FILIERA TECNOLOGICO-PROFESSIONALE” per ADi. Secondo Salatin “in Italia non esiste ancora un vero e proprio sistema VET (Vocational Education and Training è l’acronimo inglese utilizzato per denominare i sistemi di istruzione e formazione professionale) nonostante siano trascorsi oltre 40 anni dalla “legge quadro” n.845/1978, 18 anni dal Decreto legislativo 226/2005 e 7 anni dal lancio della “via italiana al duale” (2016). In particolare, è sotto gli occhi di tutti che il diritto costituzionale alla IeFP (introdotto dal 2001) non viene ancora garantito a tutti i cittadini e in tutte le Regioni”.
Si può dire poi che l’attuazione di riforme senza ulteriori o maggiori oneri per la finanza pubblica è già una condanna a non produrre cambiamenti strutturali e duraturi.
Per quanto riguarda la quadriennalizzazione dei percorsi – che ADi sostiene da tempo suggerendo anche un profondo ripensamento del curricolo per renderlo più essenziale – il timore è che si finisca semplicemente per concentrare in quattro anni ciò che oggi è previsto per cinque.
Le questioni da sempre richiamate da ADi (unificazione di IP e IeFP, organico e governance unitaria, autonomia autentica delle scuole nella progettazione curricolare e ridefinizione dell’esame di Stato coerente con il profilo tecnico-professionale) restano, pertanto, aperte e decisive per costruire un sistema coerente con gli standard europei della formazione professionale richiamato da Salatin nella sua ancora attuale analisi del novembre 2023.
L’istruzione tecnica in Italia: una riforma in sospeso
di Paolo Gallana
I sistemi scolastici di molti Paesi si trovano oggi di fronte a cambiamenti profondi che impongono una vera e propria trasformazione.
Nonostante ciò, la loro missione di fondo resta la stessa: la formazione integrale della persona umana, favorendo al tempo stesso la piena realizzazione individuale e la partecipazione consapevole alla vita civile, sociale ed economica della collettività.
Questo significa puntare su tre aspetti fondamentali:
- lo sviluppo umano e culturale della persona;
- la formazione alla cittadinanza attiva, responsabile e democratica;
- lo sviluppo delle competenze nella progettualità professionale.
In un mondo attraversato da rapide e profonde trasformazioni sociali, culturali e tecnologiche, il compito della scuola è oggi più complesso che mai. L’istituzione scolastica, infatti, non è un soggetto esterno ai cambiamenti in corso: da un lato li subisce, dall’altro ha la responsabilità di contribuire a orientarli, formando il capitale umano che dovrà guidare e realizzare l’innovazione.
È generalmente riconosciuto che le trasformazioni sociali in atto dipendono in modo rilevante dal cambiamento del paradigma tecnologico e questo pone l’istruzione tecnica e professionale al centro dell’attenzione, richiedendo un ripensamento sull’assetto didattico e organizzativo che le consenta di rispondere in modo efficace alle nuove sfide e di assolvere pienamente alla propria funzione educativa e formativa.
Dalle riforme del passato alle nuove sfide
Anche per questo la riforma è rientrata tra gli obiettivi principali del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), un obiettivo, tuttavia, segnato da lentezze e incertezze che rischiano di comprometterne la portata innovativa.
Un nuovo processo di riforma dell’Istruzione professionale era già iniziato nel 2017 con il D.Lgs n° 61 del 13 aprile e con il successivo Decreto Ministeriale n° 92 del 24 maggio 2018. Il legislatore aveva colto il fatto che i cambiamenti introdotti con la riforma dell’istruzione professionale prevista con il D.P.R. n° 87 del 15 marzo 2010 non erano sufficienti e occorreva prevedere una forte accentuazione della personalizzazione didattica, rendere più efficace la didattica per competenze e favorire l’inserimento degli istituti professionali nella realtà sociale ed economica del territorio.
Il quadro normativo creato per l’istruzione professionale risulta essere adeguato, ma la sua realizzazione non è stata sorretta da un sufficiente investimento finanziario in risorse umane e strumentali, tale da consentire una reale evoluzione del sistema, con la conseguenza che la riforma rischia di realizzarsi a macchia di leopardo. Gli istituti che la stanno attuando sono quelli che hanno avuto dirigenti e docenti stabili, capaci di cogliere l’esigenza di cambiamento, sorretti da strutture amministrative in grado di contribuire alla ricerca e gestione dei fondi necessari alla realizzazione delle innovazioni richieste e che operano in aree territoriali i cui attori sono interessati e disponibili a collaborare con la scuola. Ma la contestuale realizzazione di tutte queste quattro condizioni non è molto frequente.
Con il D.L. 144 del 22 settembre 2022 “Ulteriori misure urgenti in materia di politica energetica nazionale, produttività delle imprese, politiche sociali e per la realizzazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR)” sono state adottate le prime misure per la riforma degli istituti tecnici. L’art. 26 indica come fine della riforma “poter adeguare costantemente i curricoli degli istituti tecnici alle esigenze in termini di competenze del settore produttivo nazionale, secondo gli obiettivi del Piano nazionale di ripresa e resilienza, orientandoli anche verso le innovazioni introdotte dal Piano nazionale «Industria 4.0», in un’ottica di piena sostenibilità ambientale” e prevede la “revisione dell’assetto ordinamentale dei percorsi dei suddetti istituti, in modo da sostenere il rilancio del Paese consolidando il legame tra crescita economica e giustizia sociale”. L’obiettivo della riforma disegnata nel decreto legge del 2022 pone al centro le esigenze del settore produttivo e la sua concreta attuazione prevedeva che entro 180 giorni fossero emanati i decreti attuativi che dovevano rispondere ad alcuni precisi criteri:
- ridefinire i profili dei curricoli vigenti, allo scopo di rafforzare le competenze linguistiche, storiche, matematiche e scientifiche, la connessione al tessuto socioeconomico del territorio di riferimento, favorendo la laboratorialità e l’innovazione;
- valorizzare la metodologia didattica per competenze, caratterizzata dalla progettazione interdisciplinare e dalle unità di apprendimento, nonché aggiornare il Profilo educativo, culturale e professionale dello studente e l’incremento degli spazi di flessibilità;
- determinare gli specifici indirizzi e i relativi quadri orari, senza determinare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica;
- prevedere meccanismi volti a dare la continuità degli apprendimenti, nell’ambito dell’offerta formativa dei percorsi di istruzione tecnica, con i percorsi dell’istruzione terziaria nei settori tecnologici, inclusa la funzione orientativa finalizzata all’accesso a tali percorsi, anche in relazione alle esigenze del territorio di riferimento; tutto ciò in coerenza con quanto disposto in materia di ITS Academy e in materia di lauree a orientamento professionale abilitanti;
- prevedere attività formative destinate al personale docente degli istituti tecnici, finalizzate alla sperimentazione di modalità didattiche laboratoriali e innovative, coerentemente con le specificità dei contesti territoriali;
- prevedere a livello regionale o interregionale la possibilità di accordi, denominati «Patti educativi 4.0», per l’integrazione e la condivisione delle risorse professionali, logistiche e strumentali di cui dispongono gli istituti tecnici e professionali, le imprese, gli enti di formazione accreditati dalle Regioni, gli ITS Academy, le università e i centri di ricerca, anche attraverso la valorizzazione dei poli tecnico-professionali e dei patti educativi di comunità, nonché la programmazione di esperienze laboratoriali condivise;
- prevedere la possibilità dell’erogazione diretta da parte dei Centri provinciali di istruzione per gli adulti (CPIA) di percorsi di istruzione tecnica qualora non erogati in rete con le istituzioni scolastiche di secondo grado;
- prevedere misure di supporto allo sviluppo dei processi di internazionalizzazione degli istituti, al fine di realizzare lo Spazio europeo dell’istruzione in coerenza con gli obiettivi dell’Unione europea in materia di istruzione e formazione professionale.
Il decreto-legge portava la firma dell’allora primo ministro Mario Draghi e fu convertito con la legge n° 175 del 17 novembre 2022 a firma del primo ministro Giorgia Meloni.
I decreti attuativi però non furono emanati nonostante che presso il Ministero operasse una commissione per la riforma dell’istruzione tecnica, i cui lavori non risultano essere stati pubblicati.
Nuove commissioni, vecchie incertezze
Sedici mesi dopo, nel marzo 2024, il Ministro dell’Istruzione e del Merito, con un proprio decreto, ha affidato ad una commissione coordinata dalla prof.ssa Loredana Perla, professoressa ordinaria di Didattica e Pedagogia Speciale dell’Università degli Studi di Bari Aldo Moro, la redazione delle indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione e, a seguire, la redazione delle linee guida per la scuola secondaria di secondo grado.
A oggi sappiamo che la commissione sta lavorando alla redazione delle linee guida, ma non vengono resi noti i documenti di lavoro.
Non avendo il Ministero promosso un dibattito pubblico, in accompagnamento alla redazione delle nuove linee guida, il 30 giugno scorso la rivista “Tuttoscuola”, insieme alle riviste “Scuola democratica” e “Nuova Secondaria”, hanno promosso un webinar online per proporre dei suggerimenti alla Commissione che sta lavorando alla loro stesura.
Fino a questo momento non è noto se le nuove linee guida per la secondaria di secondo grado verranno emanate con decreto e assorbiranno i decreti attuativi previsti per la riforma dell’istruzione tecnica o se questi saranno emanati con specifici atti coerenti e coordinati con le linee guida in elaborazione.
Filiera tecnico-professionale
Nell’agosto 2024, in seguito ad un disegno di legge governativo, il Parlamento ha approvato la legge 8 agosto 2024 n° 121 che istituisce la “Filiera formativa tecnico-professionale” il cui scopo dichiarato è quello di rispondere alle esigenze educative, culturali e professionali delle giovani generazioni e alle esigenze del settore produttivo nazionale secondo gli obiettivi del Piano nazionale “Industria 4.0”. Un aspetto positivo della legge è che essa pone sullo stesso piano le esigenze degli studenti con quelle del sistema produttivo, mentre il Decreto-legge del settembre 2022 relativo alla riforma dell’istruzione tecnica poneva come obiettivo l’adeguamento dei curricoli alle esigenze del settore produttivo nazionale, senza riferimenti alle esigenze delle studentesse e degli studenti.
La legge 121/2024 comporta diverse innovazioni normative nel sistema d’istruzione e formazione nazionale.
- Prevede l’attuazione di percorsi quadriennali sperimentali di istruzione secondaria di secondo grado attraverso i quali deve essere assicurato agli studenti e alle studentesse il conseguimento delle competenze previste nel profilo educativo, culturale e professionale dei percorsi quinquennali, nonché le conoscenze e le abilità dell’indirizzo di studi di riferimento. L’attuazione dei percorsi quadriennali deve essere attuata con le stesse dotazioni organiche del percorso quinquennale, senza determinare esuberi di personale.
- A decorrere dall’anno scolastico e formativo 2024/2025, sui territori può essere istituita la filiera formativa tecnologico-professionale, costituita dai percorsi quadriennali sperimentali di istruzione secondaria di secondo grado, dai percorsi formativi degli Istituti tecnologici superiori (ITS Academy) e dai percorsi di istruzione e formazione tecnica superiore (IFTS).
- Le regioni, attraverso specifici accordi, possono aderire alla filiera formativa tecnologico-professionale inserendo, nella programmazione regionale del sistema d’istruzione e formazione, la presenza di percorsi previsti nella filiera e definendone le modalità realizzative.
- Nell’ambito della filiera formativa tecnologico-professionale, le regioni e gli Uffici Scolastici Regionali possono stipulare accordi, anche con la partecipazione degli ITS Academy, delle università, delle istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica e di altri soggetti pubblici e privati, per integrare e ampliare l’offerta formativa dei percorsi sperimentali.
- Gli accordi tra i soggetti della filiera possono prevedere l’istituzione di reti formali di collaborazione didattica e organizzativa, denominate “campus”, e afferenti ai poli tecnico-professionali. I campus hanno, quali possibili scopi: la condivisione di spazi, risorse e servizi; il favorire la creazione di ambienti di apprendimento innovativi; la promozione della didattica laboratoriale; la creazione di strumenti per rafforzare il legame tra scuola e mondo del lavoro.
- Le studentesse e gli studenti che hanno conseguito il diploma professionale al termine dei percorsi di istruzione e formazione professionale (IeFP) possono accedere ai percorsi formativi degli ITS Academy, a due condizioni:
- l’ente di formazione con il quale conseguono il titolo deve aver aderito alla filiera formativa tecnologico-professionale;
- il loro percorso deve aver ricevuto una validazione attraverso un sistema di valutazione dell’offerta formativa basato sugli esiti delle rilevazioni degli apprendimenti predisposte dall’Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione (INVALSI).
Al verificarsi di queste condizioni gli studenti dell’istruzione e formazione professionale possono sostenere l’esame di Stato presso l’istituto professionale, statale o paritario, assegnato dall’Ufficio Scolastico Regionale territorialmente competente, senza effettuare un esame preliminare, o frequentare un corso annuale integrativo.
- Presso il Ministero dell’Istruzione e del Merito è prevista la costituzione di una struttura tecnica per la promozione delle filiere formative tecnico-professionali e un comitato di monitoraggio delle filiere.
L’attuazione delle nuove norme relative alla filiera tecnico-professionale dovrà avvenire nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Tuttavia, occorre precisare che, per la costituzione dei “Campus”, la legge prevede uno stanziamento di 10 milioni di euro per il 2024 e di 5 milioni di euro per i due anni a seguire.
Basandoci sull’esperienza di altre riforme, si constata che è estremamente difficile che la loro concreta attuazione possa avvenire prevalentemente sulla base di una razionalizzazione delle risorse esistenti. Soprattutto nella prima fase di attuazione, occorre mettere in gioco risorse umane, strutturali e finanziarie aggiuntive necessarie per formare il personale, rivedere gli assetti organizzativi, acquisire le strutture necessarie, formulare nuove e diverse programmazioni didattiche.
In precedenza, con il D.M. 203 del 10 ottobre 2023 erano state individuate 10 aree tecnologiche entro le quali potevano essere istituiti gli ITS Academy e descritte le figure professionali da formare nelle diverse filiere. Non tutti i corsi dell’istruzione tecnico-professionale trovano un immediato riscontro nelle filiere individuate. In particolare, occorre rilevare che non è prevista una specifica filiera tecnologica professionale per i servizi alla persona, anche se vi sono indicatori che evidenziano, in tale ambito, una esigenza crescente di professionisti e di strumenti innovativi.
Percorsi quadriennali: tra buone intenzioni e ostacoli concreti
Il Ministero ha realizzato diverse iniziative rivolte agli istituti d’istruzione tecnica e professionale per promuovere la realizzazione dei percorsi quadriennali e ha agito in più direzioni per favorire la nascita delle filiere formative tecnico professionali. Queste azioni trovano difficoltà nella loro concreta attuazione in assenza dei decreti attuativi della riforma dell’istruzione tecnica con i quali dovranno essere definiti i nuovi indirizzi di studio e i profili educativi, culturali e professionali degli studenti e delle studentesse in uscita dai corsi.
Per quanto riguarda le azioni da porre in campo da parte degli istituti scolastici, oltre al limite dovuto alla mancanza del nuovo quadro degli indirizzi, risulta particolarmente complesso elaborare curricoli verticali realistici che, in quattro anni, consentano agli studenti di raggiungere gli stessi obiettivi di apprendimento previsti in percorsi quinquennali.
Le difficoltà derivano soprattutto da due ragioni oggettive. La prima si riferisce ai tempi che gli studenti dovrebbero dedicare allo studio e alla formazione per acquisire in 4 anni abilità e conoscenze previste in un percorso pensato per un piano quinquennale; l’altra ragione deriva dal fatto che lo sviluppo del giovane in fase adolescenziale, normalmente, vede tra i 17 e i 19 anni il consolidamento dell’identità personale e una fase di maturazione del pensiero ipotetico-deduttivo. Considerando anche solo questi due elementi, i percorsi quadriennali dovrebbero opportunamente prevedere una riformulazione del Profilo Educativo Culturale e Professionale (PECuP), rendendolo compatibile con un percorso di durata quadriennale e con un’uscita prevista a 18 anni. Occorre, inoltre, essere consapevoli che i giovani che entrano oggi nei percorsi dell’istruzione secondaria superiore risentono ancora di quanto avvenuto negli anni del Covid che hanno determinato un mancato percorso di scolarizzazione di diversi mesi. Questo dato è comunemente rilevato dai docenti e influisce sul piano degli apprendimenti acquisiti.
I provvedimenti del 2024-2025 e il nodo dei curricoli
Il 31 dicembre 2024 il Consiglio dei ministri ha approvato il Decreto Legge n° 208. L’art. 9 del decreto prevede che, con Decreto del MIM, dall’anno scolastico 2025/2026, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, siano individuate le misure necessarie per una prima attuazione della riforma degli Istituti tecnici. Il Decreto ministeriale attuativo n° 269 del 31 dicembre 2024 è stato pubblicato l’11 febbraio 2025. Nell’atto ministeriale si prevede che gli Istituti scolastici, nell’ambito della loro autonomia, procedano fin dall’anno scolastico 2025/2026 ad effettuare l’aggiornamento dei curricoli in vigore attraverso:
- il rafforzamento delle competenze generali linguistiche, storiche, matematiche e scientifiche, giuridiche ed economiche e delle competenze tecnico-professionali riguardanti i profili in uscita;
- l’implementazione della connessione al tessuto socioeconomico-produttivo del territorio di riferimento, favorendo la laboratorialità, l’innovazione e l’apporto formativo delle imprese e degli enti del territorio;
- la valorizzazione della metodologia didattica per competenze, caratterizzata dalla progettazione interdisciplinare e dalle unità di apprendimento;
- l’aggiornamento del Profilo educativo, culturale e professionale (PECUP) dello studente;
- la definizione di meccanismi volti a dare la continuità degli apprendimenti nell’ambito dell’offerta formativa dei percorsi di istruzione tecnica con i percorsi dell’istruzione terziaria nei rispettivi settori tecnologici;
- l’attuazione di specifiche attività formative destinate al personale docente degli istituti tecnici, finalizzate alla sperimentazione di modalità didattiche laboratoriali, innovative, coerentemente con le specificità dei contesti territoriali.
In base al decreto ministeriale, l’aggiornamento del Profilo educativo, culturale e professionale deve avvenire con riferimento a quello previsto nell’allegato A del decreto legislativo 17 ottobre 2005 n° 226 e dei profili in uscita caratterizzanti i diversi percorsi di studio, adattandolo alla necessità di promozione delle materie STEM e alle esigenze del territorio.
Il Decreto Ministeriale, che prevede l’avvio del processo di riforma fin dall’anno scolastico 2025/2026, non ha visto una sua concreta attuazione in gran parte degli Istituti. Da un lato, è mancata in questo caso un’azione di promozione diffusa sui territori, relativa alla conoscenza del decreto e delle sue potenzialità innovative, d’altro lato, la maggioranza degli Istituti hanno ritenuto inopportuno utilizzare risorse umane e finanziarie per predisporre una revisione dei curricoli che dovrà poi essere rivista successivamente, all’atto dell’emanazione dei decreti ministeriali relativi ai corsi dell’istruzione tecnica.
Il 7 aprile 2025 il Governo ha approvato il Decreto-legge n° 45 “Ulteriori disposizioni urgenti in materia di attuazione delle misure del Piano nazionale di ripresa e resilienza e per l’avvio dell’anno scolastico 2025/2026”. L’art. 1 del decreto reca disposizioni urgenti per l’attuazione della riforma degli Istituti tecnici. Il D.L. prevede che l’attuazione della riforma avvenga dall’anno scolastico 2026/2027 a partire dalle classi prime.
Tale Decreto-legge, convertito in legge 5 giugno 2025 n. 79, determina:
- il Profilo educativo, culturale e professionale (P.E.Cu.P.) dello studente, a conclusione dei percorsi di istruzione tecnica del secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione, innovando quello previsto dalla normativa del 2005 e richiamato nel precedente decreto ministeriale del dicembre 2024;
- i risultati di apprendimento comuni a tutti i percorsi dell’Istruzione tecnica;
- i risultati di apprendimento comuni a tutti i percorsi del settore economico;
- i risultati di apprendimento comuni ai percorsi del settore tecnologico ambientale;
- gli strumenti organizzativi e metodologici da adottare per l’attuazione dei nuovi curricoli;
- l’organizzazione dei percorsi, prevedendo un monte ore dell’area d’istruzione generale nazionale e un monte ore flessibile per l’istruzione di settore.
Quadri orari e indirizzi: l’urgenza di un regolamento
Rispetto all’organizzazione dei percorsi, viene introdotta l’importante novità di prevedere un monte ore rilevante nelle aree d’indirizzo messo a disposizione della scuola. Nel 1° biennio tale quota è di 66 ore annue, nel secondo biennio di 99 ore annue e nel quinto anno di 231 ore. Nel primo e secondo biennio, le ore a disposizione dell’istituto possono essere distribuite in modo diverso nei due anni. Questa previsione accresce l’autonomia degli istituti e rende possibili percorsi più aderenti alle esigenze del territorio e alle aspettative degli studenti.
Il comma successivo dispone che, per il riordino della disciplina degli istituti tecnici, il governo adotti un regolamento su proposta del Ministro dell’Istruzione e del Merito, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze e acquisito il parere della Conferenza unificata Stato-Regioni.
Il regolamento è indispensabile per procedere ad attuare la riforma negli istituti, in quanto con esso devono essere definiti gli indirizzi e le loro articolazioni, i corrispondenti quadri orari, e i risultati di apprendimento con riferimento al profilo educativo culturale e professionale dello studente introdotto nel decreto-legge. Il regolamento era atteso dagli istituti entro il mese di agosto, al fine di procedere alle conseguenti operazioni necessarie per predisporre il curricolo d’istituto, entro l’avvio delle iniziative di orientamento rivolte agli studenti della scuola secondaria di secondo grado e delle loro famiglie. Le decisioni più importanti che gli istituti devono assumere riguardano gli indirizzi da attivare e le eventuali declinazioni, sulla base delle esigenze dei diversi territori e delle aspettative degli allievi e richiedono una necessaria riflessione sul come utilizzare il monte ore a disposizione dell’istituto e sul come progettare il percorso formativo.
Allo stato attuale (fine di ottobre 2025), il regolamento non è stato ancora reso noto e la necessaria procedura di approvazione non è stata avviata. Per contro, le iniziative di informazione agli studenti e alle famiglie rispetto all’offerta formativa 2026/2027 stanno iniziando. Mentre i licei e gli istituti professionali possono presentare la loro offerta formativa nei diversi saloni dell’orientamento e presso le sedi degli istituti di secondaria superiore, gli istituti tecnici non sono in grado di fornire le informazioni necessarie per presentare i corsi riformati che dovrebbero offrire nel successivo anno scolastico. Conseguentemente, tali istituti si stanno orientando a presentare i corsi previsti nell’ordinamento del 2010 e non quelli che dovrebbero essere attuati a partire dall’anno scolastico 2026/2027.
Il governo, con un ulteriore Decreto-legge, il n° 127 del 9 settembre 2025, ha disposto che, a decorrere dall’anno scolastico 2026/2027, i percorsi della filiera tecnologico-professionale rientrino nell’offerta formativa del secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione. Il dirigente scolastico potrà proporre al Ministero dell’Istruzione e del Merito la candidatura per l’attivazione dei percorsi della filiera formativa tecnologico-professionale, alle condizioni definite dalle norme finora emanate e a quelle che saranno introdotte da un decreto del Ministro, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del Decreto-legge. Tuttavia, gli istituti che vorrebbero introdurre uno o più corsi quadriennali nella loro offerta formativa hanno difficoltà nel farlo, in quanto mancando il regolamento attuativo della riforma che definisce gli indirizzi e i quadri orari, non hanno le informazioni necessarie per la loro progettazione a meno di predisporla sulla base dell’ordinamento del 2010, sapendo di dover rimetterla in discussione nel momento in cui regolamento verrà emanato.
Questa situazione di incertezza pone l’istruzione tecnica in notevole difficoltà tra forze che vogliono mantenere lo status quo e mancanza di un quadro normativo certo che impedisce alle spinte riformatrici di poter operare.
Le domande aperte
I ritardi che frenano una riforma tanto necessaria producono effetti che vanno ben oltre le difficoltà dei singoli istituti: mettono in discussione la capacità del sistema di rispondere alle sfide del presente.
L’obiettivo dichiarato della riforma è chiaro: porre l’istruzione tecnica nelle condizioni di essere un soggetto capace di “… sostenere il rilancio del Paese consolidando il legame tra crescita economica e giustizia sociale”.
Ma se questa ambizione è reale, allora alcune domande non possono restare senza risposta:
- quali sono i motivi che stanno determinando i ritardi nel predisporre il necessario completamento del quadro normativo della riforma?
- come si può attuare una riforma strutturale “..nei limiti delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente” senza un investimento serio su personale, laboratori e innovazione?
- le studentesse e gli studenti dell’istruzione tecnica sono chiamati ad unire corpo e mente per partecipare in modo consapevole ad un processo di trasformazione del mondo che è auspicabile vada nella direzione di uno sviluppo socialmente, ambientalmente ed economicamente sostenibile. Come possono le scuole formare giovani pronti a guidare la transizione sostenibile se restano prigioniere di vincoli finanziari e incertezze normative?
Sono domande che non ammettono rinvii. Perché dal futuro dell’istruzione tecnica dipende, in larga parte, anche il futuro del Paese.