Lo scorso 27 Novembre si è tenuto a Roma un Convegno nella Sala Protomoteca del Campidoglio in ricordo di Clotilde Pontecorvo, ad un anno dalla sua scomparsa.
Il titolo del Convegno, “Un’idea di educazione. Il contributo di Clotilde Pontecorvo per l’educazione del futuro” ha messo in luce l’originalità del lavoro scientifico, istituzionale e sociale svolto negli anni da questa studiosa.
La scuola come campo di ricerca educativa interdisciplinare
Sin dagli esordi della sua carriera Clotilde ha condotto ricerche sull’educazione scientifica di base – in una prospettiva ampia per cui la storia e gli studi sociali rientrano in questo ambito – in collaborazione con studiosi di discipline diverse, fisici (Paolo Guidoni, Matilde Vicentini Missoni) e biologi (Maria Arcà) storici (Stefano Gasparri, Franco Pitocco), operanti all’università di Roma alla fine degli anni ’70 dello scorso secolo. Proprio la collaborazione in gruppi di ricerca multidisciplinari è stata la cifra caratteristica del suo lavoro. La collaborazione di ricerca non riguardava solo i colleghi universitari, ma implicava il lavoro congiunto con i docenti di scuola; con loro si discuteva in una relazione simmetrica sulle caratteristiche della cognizione che si attivavano in classe, su ciò che costituiva ostacolo cognitivo per gli studenti e sui modi con cui si fronteggiavano, inquadrando l’intera problematica nella prospettiva vygotskiana, vale a dire riconoscendo all’apprendimento la funzione di promozione dello sviluppo, anche in anni in cui la prospettiva dominante appariva essere quella piagettiana. Va sottolineato inoltre, che la scuola quindi non era la destinataria di proposte e ricerche maturate “altrove” (quasi sempre in laboratori) ma, come particolare “contesto naturale” era un campo di ricerca educativa a pieno titolo; per tale ragione l’interlocuzione con i docenti era aspetto fondamentale della ricerca.
L’apertura internazionale e l’incontro con Emilia Ferreiro
Questo filone di studi si è giovato sin dall’inizio di intensi scambi internazionali, come nel caso di quelli con Robert Karplus (USA) fisico impegnato nel rinnovamento dei curricoli scientifici statunitensi, dopo lo smacco dello Sputnick sovietico, che è stato l’ispiratore della ricerca per la tesi di laurea di Marina Pascucci Formisano; in anni in cui l’apertura internazionale non era una caratteristica diffusa, il Centro per insegnanti istituito alla fine degli anni ’70 presso l’istituto di Fisica (“nuovo edificio”) della Sapienza ospitava incontri con studiosi di diversi Paesi: David Olson (USA), Jacques Vonèche (Neuchatel), William Corsaro (USA), e in seguito l’argentina Emilia Ferreiro e la svizzera Anne Nelly Perret-Clermont, per citare solo alcuni nomi. L’incontro con Emilia Ferreiro è stata proprio l’occasione per introdurre in Italia i suoi studi pionieristici e seminali sulla letto-scrittura dei bambini che ha aperto orizzonti nuovi su questo tema.
Discutendo s’impara
Lo studio dell’interazione cognitiva in classe, i modi con cui le docenti conducevano discussioni ha consentito di approfondire la questione del ragionamento in classe così come si determina quando si discute in termini di problem solving collettivo. In altre parole, già agli inizi degli anni ’80 infatti, divenne chiaro nel gruppo di ricerca coordinato da Clotilde che pensiero critico, collaborazione e ascolto reciproco, con il riconoscimento delle ragioni altrui, potevano essere promossi mediante specifici modi di lavorare in classe e non solo soft skill di cui si auspicava l’acquisizione. Il testo collaborativo “Discutendo si impara” rappresenta in tal senso uno dei migliori risultati dei lavori svolti in quegli anni.
Ascolto delle innovazioni
Nel convegno, oltre alla fitta presenza di studiosi che negli anni hanno fatto ricerche con Clotilde e il suo gruppo, sono stati ospitati anche gli interventi delle associazioni professionali dei docenti – l’ADi con Chiara Tamanini era tra questi – perché Clotilde ha svolto un’intensa attività di lavoro con loro, attenta anche a ciò che avveniva al di fuori dei contesti accademici istituzionali e alle innovazioni che si realizzavano; riteneva infatti questo un impegno costitutivo del suo essere studiosa di psicologia dell’educazione, sia nell’ascolto/accompagnamento delle innovazioni educative, sia nel promuovere riforme e innovazioni sul piano politico, volte a migliorare la formazione dei docenti nei diversi gradi scolari. Ha così partecipato a diverse commissioni ministeriali per la riforma dei curricoli della scuola primaria e dell’infanzia; ha coordinato la commissione del Comune di Roma per la stesura delle 8 Tesi per la scuola dell’infanzia; ha fatto parte della Commissione del Consiglio Italiano per le Scienze Sociali che ha messo a punto proposte per l’inserimento delle scienze sociali nei curricoli della scuola secondaria di secondo grado. Non sempre queste proposte sono andate in porto, come in questo ultimo caso, ma l’impegno di Clotilde non ne risultava diminuito. La proposta poi, di formazione dei docenti di scuola secondaria di secondo grado, realizzata mediante l’istituzione delle SSIS ha rappresentato uno dei suoi contributi più rilevanti sul tema.
Gli altri temi di ricerca
Sono anche altri i temi di ricerca approfonditi da Clotilde con diversi gruppi di ricerca, l’ultimo dei quali ha riguardato lo studio delle interazioni a tavola tra genitori e bambini sempre in collaborazione con studiosi di altri Paesi (USA e Svezia) che ha messo in luce questioni relative all’identità, alle regole, alla competenza sociale, con modalità di ricerca innovative – videoregistrazioni nelle case di partecipanti– e analisi multi-metodo.
Si può facilmente comprendere, anche da questa breve descrizione, che la scomparsa di Clotilde Pontecorvo priva la psicologia dell’educazione italiana di una delle voci più importanti che l’hanno caratterizzata per quasi cinquanta anni.