Buongiorno a tutti. È un vero piacere essere qui per diversi motivi. Innanzitutto è la prima volta che parlo in Italia. Passeggiando per le strade di Bologna nei giorni scorsi, sono rimasto incantato dalla bellezza e dalla cultura di questa città, che mi ha ricordato quanto le culture occidentali, la cultura in generale, debbano all’Italia. Il secondo motivo è che amo parlare agli insegnanti perché credo sinceramente che siano le persone più importanti nella società, perché hanno la società di domani nella loro mente, nel loro cuore e nelle loro mani.
Terzo sono stato molto ispirato dalle presentazioni di ieri e ho condiviso fortemente tutto ciò che è stato detto e tutto ciò che abbiamo ascoltato, dall’importanza delle relazioni, al concetto di amore sociale, passando per l’importanza della musica. Insomma, potrei dedicare tutto il mio intervento a dirvi che cosa mi è piaciuto di ieri.
Se avessi saputo che cosa si diceva prima di me o se avessi preparato la mia presentazione ieri sera sarebbe stata un po’ diversa.
Poiché le nostre idee, i nostri valori, le nostre convinzioni sono plasmati dalla nostra biografia, vorrei condividere alcuni brevi aspetti della mia biografia, perché sono direttamente collegati al progetto educativo di cui voglio parlare.
Il primo aspetto riguarda le mie origini. Anche se sono qui per parlare del Bhutan e della Felicità Interna Lorda, in realtà mio padre era vietnamita e la mia vita è stata plasmata dalla guerra del Vietnam perché appartengo alla generazione della guerra e ho avuto l’opportunità, insieme a mia moglie, di tornare in Vietnam poco dopo la guerra e ho visto la distruzione, la sofferenza, soprattutto la sofferenza dei bambini, e questo è stato l’inizio di un lavoro che ha portato allo sviluppo dell’istruzione per i bisogni educativi speciali, perché abbiamo visto tanti bambini che erano stati vittime della guerra, vittime dirette o indirette. Lavorare in questo campo è stato molto interessante perché non puoi attenerti al normale curriculum accademico, alla dimensione puramente intellettuale, devi trovare altri modi.
La mia ricerca legata alla felicità non era una ricerca superficiale del benessere, del tipo “tutti sono felici, tutti sorridono”, una sorta di utopia new age, ma era basata sulla domanda: come possiamo trasformare la sofferenza e intendere la felicità come il potere di trasformare la sofferenza?
Il secondo aspetto della mia vita che voglio condividere è che ho lavorato per molti anni con la comunità internazionale della Croce Rossa, che è la parte della Croce Rossa che opera nelle zone di guerra e di conflitto. Quindi, ancora una volta, la guerra è stata una parte importante della mia vita e ho assistito a molti conflitti, alla distruzione nel mondo. Naturalmente, quello che facevamo come operatori umanitari era molto utile, molto positivo, molto buono, ma mi ha lasciato il segno. Se è vero che gran parte della sofferenza è legata a persone che infliggono sofferenza ad altre persone nelle guerre, è anche vero che dietro a questo c’è una violenza strutturale, una violenza sistemica e, alla fine, coloro che infliggono la sofferenza sono solo pedine in un gioco più grande. Questi giovani che combattono non sono realmente la causa principale della guerra, non sono loro il problema. E questo mi ha portato a chiedermi se ci sia un modo per evitare che i sistemi siano così distruttivi, se sia possibile avere dei sistemi – sistemi economici, sociali, politici, educativi – che promuovano la pace e il benessere piuttosto che lo sfruttamento e la violenza. Ed è così che mi sono interessato alla Felicità Interna Lorda.
Per farla breve, la storia della felicità interna lorda ha a che fare con la visione di un giovane re. Quando il re del Bhutan ha sviluppato questa visione aveva solo 17 anni. Vedete? C’è una saggezza dell’età, ma c’è anche una saggezza della giovinezza. Quando aveva 17 anni e è salito al trono, a seguito della morte di suo padre, c’era ancora una monarchia assoluta. Il giovane monarca si chiese cosa avrebbe dovuto fare per il suo popolo e fece qualcosa di straordinario, che più leader dovrebbero fare: girò per il Paese e ascoltò la gente.
Sapete, di solito pensiamo ai leader come a coloro che parlano, ma lui capì che il leader è colui che sa ascoltare. Ascoltò il suo popolo e quando tornò cercò di riassumere ciò che aveva sentito e si disse che era difficile perché molte persone vogliono cose diverse, ma in fin dei conti ciò che tutti vogliono è essere felici, che i loro cari siano felici, che siano il più possibile liberi dalla sofferenza, e così disse che la visione del suo regno sarebbe stata quella di aumentare la felicità. A un certo punto un giornalista gli chiese: “Sì, ma qual è il PIL del suo Paese?”. Il Bhutan è un Paese molto piccolo, quindi il PIL del Bhutan è probabilmente inferiore al PIL della città di Bologna, giusto? E il re rispose: “La Felicità Interna Lorda è più importante del Prodotto Interno Lordo“.
È un concetto molto semplice ma molto profondo, ci ricorda che ovviamente la crescita economica è importante, ovviamente lo sviluppo è importante, ma non è l’obiettivo, l’obiettivo è migliorare il benessere delle persone, l’obiettivo è migliorare la qualità della vita delle persone, l’economia è al servizio delle persone e non viceversa: la felicità interna lorda è più importante del prodotto interno lordo. Questa era, in sintesi, l’intuizione, l’ispirazione che ha avuto. Ora la questione è che l’idea è bella, ma che cosa si può fare concretamente? Vorrei che ascoltaste cosa ne pensa Jigmi Y. Thinley, primo ministro del Bhutan nei primi anni duemila.

GNH, o Gross National Happiness, è la filosofia che ha guidato il processo di sviluppo del Bhutan per circa 40 anni. Si basa sulla convinzione che lo sviluppo debba avere uno scopo, che il ruolo dello sviluppo non sia semplicemente quello di promuovere una crescita economica continua e illimitata, cosa che il PIL o i modelli economici convenzionali tendono a fare e che, di nuovo, all’interno di un ambiente finito, all’interno di un mondo finito, ci siano limiti entro i quali la crescita possa avvenire, risorse naturali, sociali, e così via. Quindi, il GNH si basa sulla convinzione che lo sviluppo debba essere centrato sull’essere umano e che il suo obiettivo debba essere quello di creare quelle condizioni che consentano all’individuo di raggiungere ciò che è più importante per lui, e che ciò che è più importante è la felicità. E poi, di nuovo, la felicità, crediamo, è una condizione che può essere raggiunta quando si è in grado di bilanciare i bisogni del corpo con quelli della mente con un equilibrio tra i bisogni fisici e mentali, e allo stesso modo, l’equilibrio tra i bisogni spirituali dell’individuo umano e i bisogni materiali. Quindi, è un approccio di sviluppo centrato sull’essere umano olistico, sostenibile e inclusivo. Ora sempre più persone, insoddisfatte dei risultati del perseguire uno sviluppo economico che non viene più visto come sostenibile, vedono il GNH come un paradigma alternativo di sviluppo.
Questa è in sintesi l’idea della felicità interna lorda. Abbiamo presentato questa idea all’ONU nel 2011, è stata adottata una risoluzione, la felicità e il benessere come nuovo paradigma di sviluppo, e poi il Segretario Generale delle Nazioni Unite ha chiesto al Governo Reale del Bhutan di convocare una riunione di alto livello a New York presso le Nazioni Unite nel 2012 per riflettere su come poterla attuare.
Sono state poste tre domande: la prima è, quando si parla di felicità interna lorda, cosa si intende per felicità? Ognuno ha una definizione diversa, quindi cosa si intende per felicità? La seconda è: possiamo misurare la felicità? Sappiamo che possiamo misurare la crescita economica, il PIL, con un sistema di indicatori molto chiaro, un sistema di misurazione, ma la felicità, possiamo misurarla? Ha senso farlo? E la terza domanda è: se si può misurare, la felicità si può imparare? Altrimenti, come si la può sviluppare se non la si può imparare? Queste erano le tre domande: cos’è la felicità, si può misurare, si può imparare?
Abbiamo cercato di rispondere a queste tre domande.
Iniziamo con la prima. Abbiamo avuto un incontro molto interessante all’Earth Institute della Columbia University, al quale abbiamo invitato oltre 100 esperti provenienti da tutto il mondo per riflettere insieme su cosa sia la felicità da una prospettiva interdisciplinare e transdisciplinare, non solo psicologica, non solo sociologica, non solo economica, ma che comprendesse tutte queste prospettive insieme. Abbiamo cercato di sintetizzare i risultati di tutti questi ricercatori in modo che fossero abbastanza facili da memorizzare e condividere, e siamo giunti a una definizione semplice secondo cui la felicità ha a che fare con tre fattori principali: il primo è imparare a prendersi cura di sé stessi e a vivere in armonia con sé stessi, quindi si tratta della cura di sé, della conoscenza di sé, della trasformazione di sé; niente di nuovo, tutte le tradizioni di saggezza del mondo hanno sottolineato l’importanza della conoscenza di sé e che la conoscenza di sé è la chiave per la trasformazione di sé, e questo è il primo punto. Il secondo è imparare a prendersi cura e a vivere in armonia con gli altri e nelle prime sessioni di questo seminario abbiamo sentito in modo molto convincente l’importanza delle relazioni. La qualità delle relazioni è importante nelle scuole, nelle famiglie, sul lavoro, nella società: siamo in grado di creare relazioni premurose, amorevoli, di amicizia, empatia, compassione? Sappiamo per esperienza e dalla ricerca che la qualità delle relazioni umane determina in larga misura il nostro benessere. Il terzo punto è prendersi cura e vivere in armonia con la natura e il pianeta, e questo è il più importante nel nostro tempo, date le sfide ecologiche che stiamo affrontando. Ovviamente, se noi come umanità non impariamo a vivere in armonia con tutti gli esseri viventi, con il nostro pianeta, con gli elementi, con la natura, non ci sarà alcuna felicità perché non ci sarà futuro. Questi sono stati i tre elementi chiave che abbiamo cercato di sintetizzare per spiegare cosa intendiamo per felicità: non un edonismo superficiale, orientato al piacere, con tutti che sorridono e ridono sempre, ma qualcosa di più profondo, che va al cuore della vera felicità.
La seconda domanda era: si può misurare la felicità? Abbiamo condotto molte ricerche con un gruppo di circa 80 esperti che ha lavorato insieme per oltre un anno e siamo arrivati a individuare nove ambiti, 33 indicatori e oltre 150 variabili. Non entrerò nei dettagli tecnici, ma dirò solo che non possiamo misurare la felicità in quanto tale, ma possiamo misurare gli elementi che hanno dimostrato di contribuire alla prosperità e al benessere delle persone, tra cui la cultura, l’istruzione, l’ambiente, il benessere psicologico, la salute, il tenore di vita, la vitalità della comunità, il buon governo, l’uso del tempo e così via. Questi nove ambiti vengono misurati ogni tre o quattro anni in Bhutan per valutare lo sviluppo del Paese, ma è possibile utilizzare questi indicatori anche per valutare una scuola, un’azienda, un’organizzazione.
Non molto tempo fa, due anni fa per la precisione, abbiamo fatto un passo avanti molto importante quando abbiamo incontrato Andrea Schleicher, direttore delle rilevazioni OCSE PISA, che ci ha generosamente invitato a contribuire all’idea di come trasformare questi indicatori nazionali per applicarli alle scuole. Il risultato è stato il PISA happy life dashboard, che misura il benessere degli studenti. Dunque è possibile misurare la felicità? Sì, è possibile misurare non la felicità in quanto tale, ma gli indicatori che contribuiscono alla felicità e al benessere.
La terza domanda era: possiamo apprendere la felicità? Sì, si può imparare, e una dimensione molto importante della Felicità Interna Lorda è che è uno degli unici sistemi o quadri di indicatori che bilancia le dimensioni interiori e la dimensione sociale. Sapete che ci sono molte persone interessate alla dimensione interiore, alla psicologia positiva, il benessere umano, e poi ci sono attivisti o persone socialmente impegnate che vogliono trasformare la società, l’azione politica e così via. Ma qual è il collegamento tra le due, tra la dimensione interiore e la dimensione sociale? Questo collegamento è una caratteristica distintiva della Felicità Interna Lorda, che si concentra sul rapporto tra sviluppo interiore, trasformazione interiore e trasformazione sociale, perché l’idea centrale è che i sistemi non sono dati da Dio, i sistemi non sono leggi naturali, i sistemi sono la manifestazione del modo in cui noi esseri umani pensiamo, sentiamo, agiamo, ci relazioniamo gli uni con gli altri, ci relazioniamo con noi stessi, ci relazioniamo con la natura. Quindi, se vogliamo cambiare i sistemi in modo sostenibile, dobbiamo cambiare la nostra coscienza e non so se siate a conoscenza degli obiettivi di sviluppo interiore, ma di certo sapete che ci sono obiettivi di sviluppo sostenibile, gli obiettivi delle Nazioni Unite per il 2030. Ebbene tutti i Paesi sono in ritardo, e quando si guarda al motivo per cui i Paesi sono in ritardo, è perché non ci sono le competenze interiori necessarie per cambiare il comportamento. La Felicità Interna Lorda cerca di trovare un equilibrio, non si tratta solo di guardare dentro e non si tratta solo di cambiare la società, si tratta di trovare il giusto equilibrio tra trasformazione interiore e cambiamento sociale.
Nell’era dell’intelligenza artificiale, che ovviamente per il mondo dell’istruzione sarà una trasformazione enorme, ritengo che ci sono tre dimensioni di cui voi insegnanti sarete sempre i maestri e che la macchina non potrà mai sostituire. La prima è la saggezza basata sulla conoscenza di sé. La saggezza è qualcosa di umano perché ha a che fare con la conoscenza di sé, che la macchina non potrà mai sostituire. Inoltre, nella saggezza ci sono altre dimensioni oltre alla conoscenza, ci sono dimensioni etiche, ci sono dimensioni umane, ci sono dimensioni relazionali… La seconda dimensione che la macchina non potrà sostituire è l’empatia, la compassione. La macchina non ha alcuna empatia, può imitare l’empatia ma non può provarla, solo noi esseri umani possiamo provare empatia, avere l’intenzione di alleviare la sofferenza, di portare felicità agli altri, questa è una connessione puramente umana. La terza è l’azione compassionevole: la macchina pensa solo in termini di decisioni razionali, ma l’azione compassionevole – e ieri abbiamo sentito parlare in modo meraviglioso dell’amore sociale – va oltre ciò che la razionalità richiederebbe di fare e questo “oltre” è il valore aggiunto, questa è la dimensione umana. Riassumendo: la saggezza, l’empatia, la relazione, l’amore, l’amicizia e le azioni compassionevoli possono diventare il centro della nostra attenzione perché molto di ciò che facevamo, siamo sinceri, sarà sostituito dalle macchine, che ci piaccia o no, ma questo può essere un’opportunità.
Uno dei compiti che avevo in Bhutan era lavorare con il Ministero dell’Istruzione per sviluppare un programma chiamato “felicità transnazionale nell’istruzione” e il nostro motto era “insegnanti felici cambieranno il mondo”, perché si può insegnare matematica o scienze o lingue perché le si conoscono, ma la felicità non è qualcosa che si insegna perché la si conosce, bisogna incarnarla, giusto?
Le qualità sociali ed emotive non sono teorie, sono esperienze incarnate ed è questo che ha davvero un impatto sui vostri studenti: se vogliamo avere scuole felici, studenti felici, dobbiamo avere insegnanti felici. Sono consapevole che può sembrare utopico perché la professione di insegnante non è facile, ci confrontiamo con molte pressioni e molte sfide, eppure forse è nostra responsabilità principale essere in grado di incarnare queste qualità che speriamo che i nostri figli e studenti acquisiscano crescendo.
Dunque, per rispondere alla terza domanda: la felicità si può imparare? La felicità non si può imparare, bisognerebbe incarnarla, ma ci sono abilità che favoriscono la felicità che si possono imparare, e ce ne sono due principali: la prima è la consapevolezza o l’allenamento della consapevolezza. Ci lamentiamo che i nostri studenti non ascoltano, non sono attenti, hanno una soglia di attenzione molto breve, ma non ha senso sgridarli o rimproverarli per questo, perché l’attenzione è una competenza e può essere allenata.
Facciamo un esercizio di due minuti insieme, se siete d’accordo. Vi invito a sedervi con la schiena dritta sulla sedia per qualche minuto, a mettere i piedi sul pavimento in modo da sentirlo, potete mettere le mani sulle gambe o dove vi è più comodo, se volete potete chiudere gli occhi, non è necessario, ma se vi fa sentire a vostro agio potete farlo. Cercate di tenere la schiena dritta e riportiamo l’attenzione sul corpo. Siamo così presi dalla mente, torniamo al nostro corpo. Come ci sentiamo in questo momento nel nostro corpo? Quali sensazioni proviamo? Ci sentiamo freschi o stanchi, tesi o rilassati? Qualunque cosa sia, osserviamo semplicemente, consapevoli del nostro corpo. Sono consapevole di un respiro e, quando inspiro so che sto inspirando, quando espiro so che sto espirando. Sono consapevole del corpo, consapevole del respiro. Sono consapevole della mente, forse ci sono molti pensieri, forse è agitata, forse è tranquilla e serena, non la giudico, la sto semplicemente osservando e se noto che la mia attenzione sta divagando, la riporto semplicemente con delicatezza alla consapevolezza del corpo e del respiro. Grazie.
Ecco la consapevolezza è un aspetto, e l’altro aspetto è l’apprendimento sociale e -emotivo. Non mi addentrerò in questo argomento perché ne abbiamo parlato ieri, ma questi sono i due elementi fondamentali delle abilità che portano alla felicità e insieme creano le basi sia per gli insegnanti che per gli studenti.
In tutte queste scuole che vedete nella foto abbiamo introdotto pratiche di consapevolezza, e di condivisione emotiva, in modo che prima di iniziare la lezione gli studenti possano condividere come si sentono e avere un momento per tornare a sé stessi e questo ha avuto effetti sorprendenti.
Solo come esempio vi racconto che due anni fa la Harvard Medical School ha creato il cosiddetto Thich Nhat Hanh Institute for Mindfulness in Public Health, un intero istituto che studia l’effetto della mindfulness nella salute pubblica, compresi i bambini e i giovani.
E ora solo poche frasi sul programma delle Happy schools, un programma di formazione per insegnanti. Riteniamo che non spetti a noi dire agli insegnanti cosa fare, loro sapranno meglio di chiunque altro cosa fare, ma gli insegnanti devono incarnarlo per primi. È un programma di un anno, lo abbiamo fatto in molte scuole, prima in presenza e ora lo facciamo anche online, abbiamo oltre 30 Paesi partecipanti, l’Italia non ancora e forse quello sarà il prossimo passo.
Il programma si basa su queste tre dimensioni: cura di sé, cura degli altri e cura del pianeta. Abbiamo fatto molte ricerche per valutarne l’efficacia, i risultati sono positivi e ora è implementato in molte scuole e anche nel PISA happy life dashboard che misura il benessere degli studenti. La domanda è: cosa facciamo se vediamo che non c’è benessere? Le Happy School sono una delle possibili risposte.
Per concludere, l’anno scorso abbiamo tenuto una grande conferenza in Bhutan, erano presenti, tra gli altri, Andreas Schleicher e l’attuale primo ministro del Bhutan, che ha aperto i lavori, parlando di un movimento globale.
C’è quello che vediamo in superficie, quello che sentiamo nei media, cattive notizie, cose terribili che accadono nel mondo, ma ci sono anche molte cose buone e abbiamo davvero bisogno di creare isole di salute mentale, isole di saggezza, isole di compassione, isole di gentilezza, e un luogo come questo può essere una di queste isole. Quando tornerete nelle vostre scuole e nelle vostre classi, sarete gli ambasciatori della gratitudine, della gentilezza, della compassione e della saggezza. Dobbiamo creare una sorta di micelio che sotto di noi formi una rete che ci colleghi tutti, in modo da non sentirci soli nelle nostre classi, bensì parte di un movimento globale che vuole davvero rendere questo pianeta un posto migliore per i nostri figli e nipoti.
Grazie.