QUARTA PARTE
Una laicità forte e unificante (I)
La commissione ritiene che il principio di laicità, frutto della storia e di una pratica centenaria, ha permesso alla Francia, terra di diversità culturali e spirituali, di giungere ad un equilibrio che sarebbe inutile o pericoloso voler spezzare. La legge del 1905 deve restare alla base della convivenza in Francia. La laicità deve continuare a far rispettare la libertà di coscienza e l'eguaglianza di tutti e di tutte. È' per questo che l'emergere di nuove pratiche religiose richiede una rinnovata applicazione del principio di laicità.
Promuovere la laicità e lottare contro la discriminazione
Riaffermare e riapprendere il concetto di laicità
Riaffermare la laicità
La legge del 9 Dicembre 1905 non deve esser rimessa in discussione: il quadro che essa ha disegnato, e che resta tuttora il nostro, costituisce una conquista fondamentale che suscita l'interesse di molti Paesi, che si confrontano con le stesse sfide della Francia.
La commissione propone l'adozione d'una «Carta della laicità», che definisca i diritti e gli obblighi di ognuno. Essa potrebbe riprendere l'insieme dei principi elencati nel presente Rapporto. Tale carta, priva di valore normativo, potrebbe assumere la forma di una guida da diffondere in diverse circostanze, quali la consegna della scheda elettorale, la formazione iniziale degli operatori del servizio pubblico, l'inaugurazione dell'anno scolastico, l'accoglienza degli immigrati – con o senza contratto di accoglienza e integrazione - o l'acquisizione della cittadinanza. La commissione auspica che essa sia anche affissa nei luoghi pubblici interessati.
Si è ventilata l'adozione di un codice della laicità, che raccolga l'insieme dei testi su tale tema. La proposta non sembra convincente, poiché i testi interessati sono troppo pochi per dar luogo ad una codificazione.
La commissione ritiene che la riaffermazione della laicità non porti a rimettere in discussione lo statuto particolare dell'Alsazia-Mosella (nota5), a cui è particolarmente attaccata la popolazione di questi tre dipartimenti. Un adeguamento delle regole sembra tuttavia necessario. Deve esser preso in considerazione qualsiasi provvedimento che permetta di affermare l'eguaglianza dei credenti, degli atei e degli agnostici. La pratica attuale, che obbliga i genitori a presentare una domanda specifica perché i loro figli siano dispensati dall'insegnamento religioso, potrebbe esser modificata. Sarebbe sufficiente consegnare ai genitori un modulo all'inizio dell'anno scolastico, sui apporre un sì o un no all'offerta di tale insegnamento. Allo stesso modo, la commissione ritiene che debba essere proposto agli alunni l'insegnamento della religione musulmana, allo stesso titolo di quello delle altre religioni.
La commissione osserva che per i dipartimenti e i territori d'oltre-mare non le è stata sottoposta nessuna proposta di modifica dei loro specifici statuti.
Riapprendere la laicità
Il primo luogo di apprendimento dei valori repubblicani è e deve rimanere la scuola: insegnanti ed alunni avranno solo da guadagnare da un approfondimento del principio di laicità. La commissione si congratula della creazione, negli istituti universitari di formazione degli insegnanti (IUFM), di due moduli d'insegnamento, uno sulla filosofia della laicità e i valori della Repubblica, l'altro sull'insegnamento del fenomeno religioso e sulla deontologia laica. Tali moduli devono essere generalizzati. La commissione fa propria la proposta formulata da alcune delle persone ascoltate: far firmare una «carta della laicità» agli insegnanti, al momento del loro ingresso negli IUFM o del loro primo incarico.
IL principio fondatore della scuola, la laicità, è un tema fondamentale dell'educazione civica. Oggi, la laicità non può esser concepita senza un diretto rapporto con il principio di eguaglianza fra i sessi. La commissione propone che la laicità, che integra l'eguaglianza fra l'uomo e la donna, sia oggetto di un momento importante di studio e discussione, per esempio nel corso di una «giornata dedicata a Marianne» che potrebbe esser istituita nella settimana internazionale di lotta al razzismo.
Ogni nuovo istituto scolastico deve portare sulla facciata il trittico repubblicano (liberté , fraternité , égalité) , e questa richiesta deve figurare nel capitolato di costruzione. Per gli istituti esistenti, deve esser messo in atto un programma pluriennale per l'apposizione del trittico e sottoposto ai Consigli d'amministrazione degli istituti scolastici.
Per molti giovani, il servizio militare era l'occasione di uscire dal loro ambiente familiare e sociale e di confrontarsi con l'autorità. La coesione sociale, l'imparare a vivere insieme, il rispetto delle differenze culturali e spirituali in un quadro di laicità: la scuola non può da sola realizzare queste missioni. Potrebbe essere instaurato un servizio civile per favorire l'integrazione sociale. In mancanza di ciò, la laicità deve esser riaffermata in occasione delle giornate di chiamata per la preparazione alla difesa, che hanno il merito di riunire tutti i giovani d'una stessa classe d'età.
Lottare contro le discriminazioni sociali
È sul terreno del disagio che si sviluppano gli estremismi comunitari: la laicità non ha senso e non è legittimata se l'eguaglianza di opportunità non è assicurata su tutto il nostro territorio, se le diverse storie che fondano la nostra comunità nazionale non sono riconosciute e le molteplici identità non sono rispettate.
Combattere le discriminazioni sociali ed urbane
Il termine "città", che è all'origine di cittadinanza, è oggi divenuto l'incarnazione della perdita di senso del cittadino: esistono ormai sul suolo francese i ghetti. La commissione prende atto della creazione di un'agenzia nazionale incaricata di riqualificare le zone di segregazione sociale e del significativo aumento dei finanziamenti che l'accompagna. Essa auspica che la lotta contro le discriminazioni urbane sia assunta come priorità nazionale. La futura alta autorità indipendente che avrà la competenza nei confronti di tutte le forme di discriminazione dovrà modificare le prassi e far evolvere i comportamenti in particolare in materia di razzismo diretto o indiretto e dell'intolleranza religiosa. Le prime vittime sono i giovani che subiscono parecchie forme di discriminazione a causa della loro etnia, religione, o provenienza.
Eliminare le discriminazioni indotte dalle politiche pubbliche
Paradossalmente, lo Stato non ha ancora rispettato tutti i suoi obblighi in materia di accesso al servizio pubblico dell'istruzione. Il preambolo della Costituzione del 1946 ha però sancito il principio secondo cui «l'organizzazione dell'istruzione pubblica, gratuita e obbligatoria in tutti i gradi è un dovere dello Stato». Ora si deve purtroppo constatare che quest'obbligo costituzionale non è completamente rispettato. In alcuni comuni rurali, le famiglie sono costrette a mandare a scuola i loro figli in istituti privati sotto contratto, per carenza di scuole pubbliche. Si tratta di situazioni residuali che non devono più aver luogo.
A partire dagli anni Settanta, in un'epoca in cui l'immigrazione era considerata un fenomeno temporaneo, la Francia ha firmato con l'Algeria, la Spagna, l'Italia, il Marocco, il Portogallo, la Serbia-Montenegro, la Tunisia e la Turchia accordi bilaterali per l'insegnamento ai figli degli immigrati delle lingue e delle culture d'origine (ELCO). Gli accordi su cui poggiano gli ELCO hanno da allora avuto regolare attuazione. Ora, la commissione constata che dal diritto alla differenza si è scivolati verso il dovere di appartenenza. Questi insegnamenti hanno assunto una logica comunitaristica. È svolto da insegnanti stranieri, remunerati dai Paesi d'origine dei giovani, che, invece, sono spesso di nazionalità francese e hanno intenzione di vivere in Francia definitivamente.
Queste disposizioni spesso vanno contro l'integrazione dei giovani d'origine immigrata. La commissione raccomanda la progressiva soppressione degli ELCO e la graduale sostituzione con l'insegnamento di lingue vive di diritto comune. Nella scuola primaria, quest'insegnamento potrebbe essere affidato, in caso di necessità, ad associazioni accreditate dallo Stato. La situazione attuale non è soddisfacente, essendo l'insegnamento dell'arabo assicurato in prevalenza dalle scuole coraniche.
Il ministero dell'Educazione nazionale deve riconsiderare i mezzi per promuovere quest'insegnamento nella scuola, valorizzando in particolare questi corsi di lingua. Per altro verso, la commissione auspica l'introduzione di lingue straniere non nazionali (il berbero e il curdo ad esempio), sull'esempio delle lingue regionali: 2000 alunni s'iscrivono ogni anno alla prova facoltativa di berbero al baccalaureato.
La società francese non può tollerare attacchi all'eguaglianza dei sessi e al principio della promiscuità. A questo riguardo la marcia indietro fatta nei luoghi pubblici, in particolare nell'accesso alle strutture sportive, è un grave attentato all'eguaglianza. L'apertura al pubblico di queste strutture non può in nessun caso esser fondata su criteri discriminatori legati al sesso, e nemmeno alla religione, ed una disposizione legislativa potrebbe ricordare l'esigenza della mescolanza fra i sessi. Le associazioni sportive che fanno parte del servizio pubblico devonorispettare le stesse regole.
Ma la commissione insiste sulla necessità d'evitare ogni confusione tra il fatto comunitario e il comunitarismo, così come tra ciò che è culturale e ciò che attiene al culto. A questo proposito, la commissione sottolinea il rischio che si correrebbe nel legare le popolazioni al solo riferimento religioso, e nel limitare il partenariato alle associazioni confessionali, quando le associazioni a vocazione culturale possono facilitare il dialogo in seno alla società francese. La Repubblica non è tenuta a legittimare l'esistenza di comunità, ma può prendere in considerazione associazioni culturali che giochino un ruolo decisivo come relé della laicità.
Lo Stato e i suoi partners, associazioni o comunità locali, trarrebbero vantaggio da una definizione dei criteri d'assegnazione degli aiuti alle strutture comunitarie: sì al finanziamento di quelle che favoriscano gli scambi, gli incontri, l'apertura alla città, no all'aiuto alle associazioni che rifiutino il dialogo col resto della società. La priorità va oggi data alle strutture che favoriscono la coesione e l'integrazione della popolazione d'una stessa città, più che alle strutture di quartiere.
Infine è necessario denunciare le convenzioni internazionali che riconoscono la poligamia o il ripudio. In materia di status personale, la Francia, come fanno già alcuni dei suoi partners europei, deve far prevalere il diritto del Paese di residenza sul diritto del Paese d'origine.
Rispettare le diversità
«Alla Moschea, almeno, esisto!»: questa esclamazione in forma di avvertimento, ascoltata dalla commissione, suona come un autentico fallimento della politica d'integrazione degli ultimi vent'anni.
Bisogna combattere l'ignoranza e i pregiudizi sui diversi aspetti della storia francese e sul fenomeno migratorio. L'insegnamento della storia della schiavitù è assente dai programmi, e quello della storia della colonizzazione, della decolonizzazione, ma anche dell'immigrazione occupa un posto insufficiente. Questi insegnamenti dovrebbero avere posto nella scuola secondaria, sia nel territorio metropolitano, sia nei dipartimenti, sia nei territori d'oltre-mare. Il futuro Centro di memoria dell'immigrazione dovrà diventare un luogo di formazione, di ricerche e di dibattiti sul fenomeno migratorio.