Il decreto varato dal CdM: un compromesso figlio di nessuno
Il faticoso compromesso corporativo raggiunto dal MIUR sullo schema di decreto (conferma del centralismo, concessione alla Regioni della "sola" istruzione professionale, garanzia di mantenimento degli organici ceteris paribus , il fragile equilibrio tra le materie, l'emarginazione dei laboratori, il quinto anno in perfetta continuità con i due bienni iniziali, ecc.) restava inopinatamente orfano, figlio di nessuno.
I contraenti si dimostravano restii a riconoscere il loro contributo e molti ritiravano la loro firma.
La prima a ritirare la firma è stata Confidustria, che dopo aver contribuito proprio alla licealizzazione dei tecnici (con la stessa motivazione del Miur, cioè per sottrarli all'influenza delle Regioni, considerata un' insidiosa iattura per gli interessi della stessa burocrazia confindustriale), non condivideva più la soluzione (vedi allegato 3).
Erano contrari gli imprenditori delle regioni maggiormente industrializzate (Veneto, Lombardia, Emilia, Toscana), che si vedevano presentare una offerta formativa tutta rivolta verso l'università, priva di un rapporto con i bisogni più urgenti del mercato del lavoro (soprattutto di quello della piccola e media industria) messo alle strette dalla competizione internazionale. Ancora oggi, anche se con contenuti diversi, il centro del mercato del lavoro di qualità è rappresentato dai tecnici specializzati (quadri intermedi) in tutti i settori industriali e dei servizi.
Per nulla soddisfatti alcuni partiti di maggioranza (soprattutto Forza Italia), che si accorgevano di aver pagato un prezzo troppo alto alla destra "storica", che ritiene ancora che le vere soluzioni del problema della secondaria "in continuità" con la tradizione siano il centralismo, il liceo universale (con una particolare attenzione per gli organici), la formazione e istruzione professionale come canali "di scarico" per i non adatti. Va inoltre messo in rilievo che il partito di maggioranza relativa (ma pure la Lega) gestisce anche le due regioni più industrializzate d'Italia (Lombardia e Veneto) e non può restare insensibile al fatto che i punti più "qualificanti" della Riforma sono marcatamente caratterizzati dalle esigenze del Meridione (cultura "disinteressata", curricoli liceali rivolti verso carriere pubbliche, elusione dei problemi di formazione legati al mercato del lavoro privato, accentuato centralismo, ecc.).
Anche la Sinistra, particolarmente silenziosa sulla Riforma del secondo ciclo diventa sempre meno silenziosa quando si deve confrontare con le rivendicazioni delle Regioni.
I giochi, che sembravano ormai fatti alla metà di luglio, si riaprono a settembre .
E siamo arrivati ad oggi .