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Il riordino dei cicliIV. La valorizzazione delle specifiche professionalità maturate dal
personale docente e la sua eventuale riqualificazione e riconversione |
La legge di riordino prevede un impegno particolare rispetto alla questione degli insegnanti, che vanno considerati risorsa strategica.
La presenza di insegnanti colti, competenti e fortemente motivati all’innovazione è condizione essenziale per un qualificato e reale processo di cambiamento.
La domanda di nuova professionalità
e il nuovo profilo docente
Le riforme in atto chiedono a tutti gli insegnanti più rilevanti responsabilità culturali, etiche, più approfondite competenze socio-psico-pedagogiche, relazionali e organizzative. Sono responsabilità che competono a ogni ciclo scolastico e prefigurano perciò una sostanziale
unicità della funzione docente articolata per materia di insegnamento e per fascia di età.
Emerge, ancora più che nel passato, la necessità di un docente:
colto
,
in grado di padroneggiare la propria disciplina;
riflessivo
,
in grado di riflettere sulle scelte didattiche e metodologiche e di verificare i risultati, in un processo di continua valutazione e autovalutazione;
competente
rispetto alle conoscenze socio-psico-pedagogiche;
capace
di interagire con tutti i soggetti, interni ed esterni, della vita della scuola, di lavorare in équipe.
In conclusione, non si tratta di creare professionalità ex novo, ma di rintracciare, far emergere, valorizzare e potenziare professionalità già presenti nella scuola.
La promozione e il
riconoscimento di percorsi di arricchimento professionale
In linea di tendenza, tutti i docenti dovranno diventare docenti “ricercatori”. È emersa comunque, anche all’interno della Commissione di studio, l'idea di una carriera che preveda diversi gradi
di docenza. Si tratta di un’ipotesi che intende misurarsi apertamente con un dibattito complesso e difficile, che ha molte altre sedi e luoghi di discussione.
In ogni caso è necessario realizzare nelle scuole un'anagrafe delle competenze e delle professionalità, cioè la documentazione del curriculum personale e dell'arricchimento professionale maturato in servizio, che può essere la
base per l’attribuzione di compiti e responsabilità (ad esempio, compiti legati all’attuazione del Piano dell’offerta formativa, coordinamenti disciplinari, accoglienza dei nuovi docenti, sportelli di consulenza, progetti particolari).
Il problema resta quello di individuare i criteri di valutazione e di certificazione
. Impresa più semplice per quanto riguarda i crediti professionali istituzionalmente certificabili (lauree, titoli, anni di servizio, attività di formazione in servizio), più difficile per quanto riguarda esperienze professionali vissute nella scuola.
Altri problemi riguardano:
se i soggetti valutatori debbano essere esterni o interni alla scuola. In quest’ultimo caso occorrerebbe ridefinre, nel contesto della riforma degli organi collegiali,
organismi come
il comitato di valutazione;
il collegamento tra valutazione e certificazione delle scuole e delle reti di scuola con quella del Servizio nazionale di valutazione sulla qualità del sistema scolastico;
le modalità del coinvolgimento di studenti e genitori nei processi di valutazione.
Un progetto generale per la formazione in servizio
Il progetto generale di formazione in servizio dovrà indicare:
gli obiettivi generali da raggiungere;
le risorse culturali e professionali necessarie a sostenere l’impegno dei collegi e dei singoli docenti.
Il piano dovrà misurarsi con i diversi livelli di competenza ed esperienza presenti nelle scuole e con i problemi specifici legati ai diversi cicli, facendo riferimento:
nella scuola dell’infanzia
al sostegno e allo sviluppo del processo in atto per la piena, qualificata e diffusa realizzazione degli “Orientamenti 91”;
nella scuola di base
a un contesto in cui sono chiamati a convivere e collaborare docenti che provengono da formazioni differenti nonché da segmenti scolastici con proprie e consolidate tradizioni;
nella scuola secondaria
sia alle novità introdotte da una nuova ripartizione in aree e indirizzi, sia all’inedita mobilità di studentesse e studenti all’interno del sistema di istruzione e formazione.
Nella predisposizione del piano andranno privilegiate attività residenziali, piuttosto che tradizionali corsi di aggiornamento, basati su conferenze e lezioni frontali.
Sono inoltre da prendere in considerazione periodi sabbatici di formazione, come
prevede la legge di riordino, nella logica dell'autoformazione e di percorsi costruiti attraverso un sistema di crediti cumulabili nel tempo.
Il piano dovrà prevedere altresì la predisposizione di strumenti contrattuali, per agevolare l’acquisizione o il completamento di:
crediti universitari;
specializzazioni universitarie;
dottorati di ricerca disciplinari e master orientati alla didattica;
nuovi crediti in materie affini a quelle di titolarità.
Nella definizione del piano di attuazione sarà importante il supporto dell’amministrazione non solo per definire gli obiettivi generali del piano quinquennale e la distribuzione delle risorse, ma per strutturare una rete permanente di servizi di supporto alle istituzioni scolastiche: dalla consulenza tecnica alla documentazione e al collegamento tra esperienze significative a livello nazionale, territoriale, di reti di scuole.
In tale contesto vanno segnalate le esperienze "pilota" dei Centri intermedi di servizi professionali, che sono in corso presso le direzioni regionali sperimentali, con l'obiettivo di fornire alle scuole autonome consulenza sui
processi educativi e su quelli gestionali.
Una professionalità come quella fin qui delineata, esige una nuova definizione, giuridicamente determinata, in sostituzione di quella del Testo unico, cui far riferimento per:
definire la formazione iniziale e la formazione in servizio;
ipotizzare articolazioni di carriera
;
individuare compiti e funzioni aggiuntive determinati dall’organizzazione autonoma degli istituti scolastici.
È comunque all’interno della ridefinizione della funzione e della professionalità docente che vanno collocate le politiche del personale, per le quali sono peraltro previste le istituzionali sedi di contrattazione: ciò non solo per quanto riguarda i livelli retributivi, ma anche
per quanto concerne la quantificazione delle risorse da investire per la formazione in servizio e per le eventuali ipotesi di progressione di carriera.
Il ruolo del personale
Il riordino del sistema d’istruzione in scuola dell’infanzia, scuola di base e scuola secondaria pone il problema di procedere a un’aggregazione degli attuali ruoli del personale docente e di rivedere la disciplina del relativo
rapporto d’impiego, in modo da assicurare
unitarietà nell’ambito di ciascuno dei tre settori scolastici.
L’eventuale aggregazione dovrebbe riguardare, in particolare,
un unico ruolo per gli attuali
insegnanti elementari e medi.
Per evitare che l’unificazione del ruolo finisca per non valorizzare pienamente le esperienze maturate nelle diverse situazioni di servizio, è necessario costituire un’anagrafe professionale dei docenti. Tale anagrafe, organizzata per ambiti disciplinari, conterrà tutte le informazioni (titoli di accesso, corsi di formazione, titoli culturali, esperienze professionali) necessarie
per una più adeguata utilizzazione dei docenti nei vari anni di corso.
Un contributo in tal senso può essere fornito dalla costituzione di team funzionali di docenti corresponsabili di gruppi di classi o di alunni. Tale ipotesi da un lato potrebbe garantire una continuità di rapporto con le allieve e gli allievi e, dall’altro, facilitare una organizzazione flessibile e integrata del lavoro dei docenti nei sette anni del corso. In questa prospettiva l’utilizzazione dei docenti potrebbe avvenire sia garantendo la valorizzazione delle specifiche professionalità, sia prefigurando più ampie e articolate opportunità di impegno professionale
all’interno dell’intero ciclo di base.
Nella fase di prima attuazione della riforma, per quanto attiene alla scuola dell’infanzia, in ragione della specificità dell’ambito educativo di riferimento e dei suoi obiettivi formativi,
va mantenuto distinto il ruolo degli insegnanti dell’attuale scuola materna.
Anche per la scuola secondaria è necessario arrivare ad una ripartizione delle prestazioni professionali per ambiti disciplinari, nel contesto di un unico ruolo.
Si ricorda, infatti, che l’attuale sistema delle classi di concorso è articolato nelle tre tabelle:
A: classi di concorso a cattedre;
B: classi di concorso a posti di insegnante tecnico-pratico;
C: classi di concorso a posti di insegnante di arte applicata.
Tale articolazione costituisce il primo e forse più grave fattore di rigidità nella utilizzazione del personale docente e come tale dovrebbe essere superato
per poter dare attuazione alle innovazioni derivanti dalla definizione dei nuovi curricoli e dal nuovo contesto ordinamentale.
Superare l’eccessiva parcellizzazione di specifici insegnamenti presente nell’attuale sistema esige che le varie fasi di attuazione del riordino dei cicli siano accompagnate dalla aggregazione degli insegnamenti in più ampie aree disciplinari, per un miglior utilizzo dell’organico funzionale.
Tale processo, da portare a termine contestualmente alla messa a regime della riforma dei cicli scolastici, deve necessariamente tenere conto non solo dei nuovi curricoli della scuola riformata, ma anche della consistenza numerica e dell’articolazione attuale per classi di concorso
del personale insegnante.
Peraltro, nell’attuale sistema di reclutamento del personale insegnante, ci si è avviati già sulla strada dell’accorpamento delle classi di concorso in ambiti disciplinari. Secondo tale direzione si sta svolgendo la tornata concorsuale in fase di ultimazione. Un ulteriore passo
avanti può essere fatto, prendendo come riferimento l’articolazione per aree delle scuole di specializzazione per l’insegnamento secondario attivate dall’Università (vedi l’allegato B).
In conclusione, gli interventi sopra descritti consentono di valorizzare le risorse professionali, nelle seguenti direzioni:
superamento di uno dei principali elementi di rigidità, costituito dall’attuale sistema parcellizzato delle classi di concorso;
introduzione di un sistema di formazione aperto e dinamico della professionalità docente;
attivazione di processi di mobilità professionale al fine di utilizzare al meglio le competenze presenti nella scuola.
Come si è sopra evidenziato, assumono un valore strategico la formazione in servizio e i processi di riconversione professionale, nonché la costituzione di una anagrafe professionale, costantemente aggiornata.
L’attuazione del sistema sopra delineato, sia per la definizione di un ruolo unico nell’ambito di ciascuno dei due cicli, sia per l’eliminazione delle classi di concorso e l’articolazione degli
insegnamenti negli ambiti disciplinari, richiede un intervento di normazione secondaria, attraverso lo strumento del Regolamento da adottare ai sensi dell'art. 17 della legge 400.
Il Senato della Repubblica nell’approvare la legge di riordino dei cicli votava un ordine del giorno con il quale si impegnava il Governo a rimettere mano alla Legge 341/90.
L’esigenza di un ripensamento sulla formazione iniziale nasce da alcune convinzioni:
l’idea di una formazione lungo tutto l’arco della vita coinvolge anche la professione docente; la prima formazione diviene, allora, fondamento per un progressivo percorso di ricerca e sviluppo, nelle diverse stagioni della vita professionale;
i saperi disciplinari e le scienze della formazione devono confluire nella ricerca didattica che rappresenta lo specifico della professione docente; ciò comporta un ripensamento degli attuali percorsi universitari, soprattutto per quanto riguarda le facoltà i cui laureati più frequentemente
entrano nella scuola;
l’avvio dell’autonomia attribuisce ai docenti di tutti i cicli scolastici decisive responsabilità in ordine alla progettazione curricolare: ciò implica che i percorsi di formazione iniziale siano rafforzati nella dimensione disciplinare ed integrati con le scienze della formazione.
L’autonomia della scuola deve interagire con l’autonomia dell’Università, saper costruire vere e proprie forme di partenariato, soprattutto per quanto concerne i laboratori didattici e il tirocinio. Deve inoltre offrire opportunità di dialogo continuo e di integrazione tra le competenze della ricerca e dell’insegnamento universitari e quelle dell’insegnamento e della ricerca nella scuola;
la formazione iniziale dovrà essere pensata in un sistema di formazione della professione docente in cui si correlano prima formazione, ingresso in professione e formazione continua. Ciò consentirà di superare radicalmente l’attuale situazione nella quale la formazione in servizio finisce col
colmare l’assenza di una solida prima formazione;
la formazione iniziale
ispirata a principi unitari per tutti i docenti, in coerenza con la visione di sistema introdotta dalla Legge 30/2000, dovrà tenere conto delle esigenze di articolazione degli insegnamenti anche interne ai cicli di istruzione e delle possibilità di transitare nei diversi cicli scolastici, previ approfondimenti, sviluppi, riconversioni e rientri in formazione.
Per quanto concerne la struttura della formazione iniziale, sono presenti diverse posizioni che qui si ripropongono:
6 anni: una laurea triennale disciplinare più una laurea specialistica (triennio più biennio) seguita da una “specializzazione” annuale comprensiva del tirocinio. Sulla funzione e articolazione della laurea specialistica c’è diversità di opinioni: alcuni pensano che vada ancorata a una logica “disciplinare” per consolidarne la valenza scientifica, sia pur con integrazioni significative con le scienze della formazione; altri pensano che,
attraverso i 60 crediti, sui 120 complessivi, dedicati all’approfondimento delle scienze della formazione, la laurea specialistica potrebbe essere finalizzata esclusivamente alla professione docente.
5 anni : laurea triennale disciplinare più corso biennale di specializzazione all’insegnamento, ipotesi che, tra l’altro, dovrebbe consolidare e migliorare l’esperienza delle scuole di specializzazione (SISS).
Un’ulteriore ipotesi va nella direzione di una maggiore articolazione delle formazioni, da caratterizzare secondo la scansione dei 3 cicli: per gli insegnanti della scuola dell’infanzia si
propone una delle lauree in Scienze dell' educazione e formazione; per gli insegnanti della scuola di base e per quelli della secondaria si potrebbe optare per una laurea specialistica di secondo livello presso la Facoltà di Scienze della Formazione aperta a integrazioni con tutte le facoltà interessate.