Concorsone da £ 6.000.000

CONCORSO - RINVIO - CONFUSIONE

Proposte di modifica

Il  9 Febbraio l'ADi  ha incontrato il Ministro Berlinguer, al quale aveva chiesto di potere esprimere anche la propria posizione di merito sul concorso da £ 6.000.000.

Dobbiamo dire in tutta franchezza, con quella stessa franchezza con cui l'abbiamo precedentemente attaccato, che abbiamo trovato una persona attentissima a soluzioni che possano migliorare e anche profondamente modificare l'esistente. Questo è un importante segnale, perché il rinvio decretato non appare  come una semplice soluzione tattica, ma come la volontà di apportare trasformazioni anche radicali all'attuale normativa. 

Sosteniamo dunque, come abbiamo sempre sostenuto, che questo momento e che questa fase di discussione ampia che si è aperta fra gli insegnanti debba concentrarsi su proposte  positive, e approdare a dei risultati.  Sarebbe grave che la tensione di questi giorni si incanalasse  solo in manifestazioni "contro", che hanno sicuramente la forza di coagulare tensioni, rabbia e frustrazioni, ma l'assoluta incapacità di far fare un passo avanti alla condizione docente e di emanciparla come categoria  professionale.

Queste le proposte presentate

Premessa

  1. Riteniamo che sarebbe un grave errore annullare questo nuovo tentativo di introdurre una valutazione di merito  dei docenti, dopo tanti altri già falliti.

  2. Il problema ora non è solo di fare maggiore chiarezza  sul "come valutare",  ma anche sul "perché valutare" e  sul "che cosa valutare", questioni rimaste ugualmente aperte.

  3. La nostra proposta seguirà questa successione logica 1) perché  2) che cosa  3) come valutare.

Perché valutare

Le motivazioni che spingono oggi a introdurre forme di valutazione dei docenti non possono essere le stesse che spinsero il legislatore nel 1958 a varare il concorso per merito distinto. Allora non era ancora esplosa la scuola di massa e l'organizzazione scolastica era centralistico -gerarchica. La situazione oggi è opposta, la scuola è scuola di tutti, le gerarchie sono saltate, il centralismo ha ceduto il passo al decentramento e all'autonomia delle scuole. E' con questa realtà che dobbiamo fare i conti.

Il sistema di "premi" e "punizioni"  tipico di un'organizzazione gerarchica, non solo viene oggi rifiutato dai più, ma sarebbe oltre che inefficace, probabilmente dannoso. La scuola ha bisogno di un'organizzazione fondata sulla condivisione dei valori e sulla predisposizione a convergere nell'azione non su puri sistemi di controllo. 

Questa nuova organizzazione potrà efficacemente dispiegarsi solo se si supereranno  vecchi e nuovi egualitarismi, sotto cui sono andati annidandosi mediocrità e pigrizia, e se si darà vita ad una rete di responsabilità attribuite sulla base di accertate competenze, fondata su un'articolazione e differenziazione della carriera docente.

Se questo è l'obiettivo, non si tratta di valutare la normale attività di insegnamento che ciascuno docente dovrebbe sapere svolgere, ma quel "valore aggiunto" di professionalità, sia sul piano culturale che su quello organizzativo, capace di dare vita ad una fascia di "arricchimento professionale" all'interno della quale poter scegliere chi debba svolgere tutte le funzioni che le scuole autonome richiedono e che oggi sono state solo parzialmente individuate e assegnate su base quasi esclusivamente elettiva entro un corpo indistinto di docenti.

E se questa è la finalità non ha più senso dire che chi non supera la prova si sentirà un insegnante dimezzato, né che si devono cercare fondi "per tutti", sarebbe una contraddizione in termini, né  infine ha senso dire che questa selezione deve essere fatta internamente alla scuola dai capi di istituto, perché non è un problema interno, non riferendosi ad una normale valutazione dell'insegnamento, ma ad uno sviluppo professionale.

 

Se si conviene che questo è "il perché", che questa è  la motivazione vera della "valutazione esterna alla scuola",  la via da perseguire diventa  più chiara e la soluzione esiste già nel Contratto Nazionale.

Non si tratta di abolire, come tanti chiedono, l'art. 29, si tratta semplicemente di mettere in correlazione gli artt.29 e 28 del CCNL, che non sono né in contraddizione né seccamente separati. Infatti se quest'anno le "funzioni obiettivo" potevano difficilmente trovare diversa  soluzione, non esistendo una fascia di docenti  certificati, non è escluso che a regime la scelta non possa essere fatta fra docenti le cui competenze siano state certificate tramite l'art.29 (che mira ad offrire "l'opportunità di riconoscimento della crescita professionale nell'esercizio della funzione docente per favorire una dinamica retributiva e professionale in grado di valorizzare le professionalità acquisite con particolare riferimento all'attività di insegnamento").

In sintesi noi riteniamo che  la certificazione della qualità professionale (art. 29) debba essere la prima tappa della successiva articolazione di carriera  oggi solo abbozzata dall'art.28.

Il percorso potrebbe dunque essere così formulato:

  1. acquisizione del titolo di insegnante certificato o specializzato, a cui corrisponderà una specifica maggiorazione economica (ora £ 6.000.000).

  2. possibilità per coloro che hanno acquisito la certificazione di accedere ad incarichi funzionali con specifica indennità  (ora £ 3.000.0000). E' importante che esista una fascia tra cui scegliere per evitare eccessive rigidità. Dovrà inoltre essere specificato che chi assumerà incarichi dovrà essere disponibile ad una maggiore  flessibilità nell'assegnazione della sede e ad un maggior impegno di lavoro. Si tratterà di meglio ridefinire le modalità di assegnazione degli incarichi, che saranno sia interni che esterni alla scuola e dovrebbero presumibilmente seguire due indirizzi. A  titolo di ipotesi si propone la seguente suddivisione:

Un'impostazione simile è già prevista in altri paesi.

Che cosa valutare

Consideriamo la definizione degli standards professionali ( "che cosa devono sapere e saper fare gli insegnanti") una tappa ineliminabile per la certificazione dei docenti. Non si tratta di partire da zero  ma di coordinare e portare a sintesi elaborazioni da tempo intraprese, ma non ancora acquisite e condivise. 

Il docente delle scuole autonome, il docente della scuola che dovrà gestire la riforma, è molto diverso dall'immagine che molti di noi hanno dei bravi professori del proprio passato, ma è anche, dobbiamo dirlo, molto diverso dalle ipotesi che la buropedagogia va diffondendo. 

L'ADI si è assunta l'impegno di definire l'ossatura fondamentale degli standards entro la primavera, su questi andranno poi definiti quelli dei diversi gradi di scuola e delle diverse aree disciplinari. E' un lavoro complesso, ma che se ben coordinato, con il contributo di associazioni disciplinari e facoltà universitarie già impegnate in questa elaborazione non richiederà molto tempo.

Come valutare

  1. Il primo punto da chiarire è che trattandosi della selezione di docenti con un "valore aggiunto di professionalità, occorre non solo  indicare un punteggio minimo per ogni fase della selezione, ma il minimo deve essere ben oltre la sufficienza. L'antico concorso per merito distinto prevedeva che il punteggio minimo finale fosse 75/100 e che nelle prove scritta e orale la votazione non dovesse essere inferiore a 8/10. Questa strada aiuterebbe a superare lo sbarramento dei 10 anni di servizio di ruolo, che potrebbe essere abbassato a 5 (basti pensare che l'ammissione al concorso per capo d'istituto ha sempre richiesto solo 5 anni di ruolo nella docenza  e l'ammissione a quello ispettivo 9 )

  2. Il secondo punto riguarda l'ambito di riferimento delle graduatorie. E' assolutamente opportuno che la distribuzione delle quote avvenga su  graduatoria  regionale. Punteggio minimo e assegnazione regionale sono elementi fondamentali  di equità.

  3. Il terzo punto riguarda la prova strutturata nazionale. Una volta chiarito che un concorso che riguarda 530.000 docenti richiede  forme di preselezione, come tutta la normativa ha ormai stabilito, diventa forse più facile convenire che una prova nazionale è, fra tutte, la più adatta. Le altre possibili forme di preselezione sono i titoli o il giudizio del capo d'istituto. Per le finalità da noi indicate per questo concorso, entrambe ci sembrano insufficienti o poco adeguate. Se si concorda sulla prova nazionale, i punti che rimangono da chiarire riguardano la tipologia della/e prova/e e i contenuti delle stesse. Noi concordiamo sull'esigenza della maggiore obiettività possibile delle prove, ma sosteniamo che le sole prove strutturate sono strumento del tutto insufficiente. La  prova strutturata, che  misura solo sezioni di conoscenze, e mai conoscenze di ordine superiore, deve essere  affiancata da prove semistrutturate, ossia domande a risposta aperta che, a differenza delle prime, riescono a mettere in evidenza la capacità di rielaborazione delle conoscenze, di analisi e sintesi. Per quanto riguarda i contenuti delle prove, se per la scuola dell'infanzia e scuola elementare sono abbastanza definiti, per la secondaria non lo sono affatto. Noi sosteniamo che l'accertamento dell'aggiornamento disciplinare deve essere riferito a singole classi di concorso o ambiti disciplinari.  Va infine sottolineata la necessità che sia pubblicato un programma dettagliato degli argomenti delle prove e forniti esempi.

  4. Il quarto punto riguarda la così detta "verifica in situazione", a cui sono attribuiti ben 50 punti su 100. Questa parte della prova deve essere completamente modificata, e diventare lo strumento di verifica più consistente. Si propone di sostituire la "lezione in classe" o la "trattazione di un'unità didattica" con una raccolta documentale (portfolio), costruita dal candidato relativa alla sua pratica professionale. Ogni esperienza riferita deve essere documentata, analizzata nella sua costruzione, nelle sue finalità, nelle modalità di verifica, negli accorgimenti messi in atto per superare le difficoltà, negli aspetti relazionali e comunicativi con gli alunni, i genitori, i colleghi e il territorio. Il Ministero deve preventivamente indicare tipologia, contenuti e lunghezza del materiale richiesto. Il candidato deve avere almeno 4/5 mesi per predisporre il materiale, che va  poi validato dal capo d'istituto, esaminato dalla commissione, discusso con il candidato e verificato in situazione.

  5. Il quinto punto riguarda il curricolo. La proposta del portfolio  libera il curricolo dall'attuale ambiguità, metà documento amministrativo e metà autovalutazione professionale. Più che di curricolo si tratterà di una dichiarazione dei titoli culturali e professionali, autocertificata senza ricorrere alla validazione del comitato di valutazione. Il bando dovrà inoltre indicare per ciascuna voce i punteggi minimi e massimi. Appare insignificante l'inserimento fra i titoli  dell'elenco degli aggiornamenti, visto che negli ultimi anni sono stati obbligatori per tutti, e ambiguo quello relativo alle sperimentazioni, poiché spesso la partecipazione non è stata né volontaria né attiva nella fase dell'elaborazione.

  6. Infine  le commissioni esaminatrici. E' da escludere decisamente la presenza di docenti in servizio, ma anche di personale in pensione, sia docenti che capi d'istituto. Si ritiene che fino a quando non ci sarà una fascia di docenti certificati si dovrà necessariamente fare ricorso a a)  docenti universitari facendo uno specifico accordo con le facoltà che stanno avviando le scuole di specializzazione e  la formazione dei maestri, b) capi d'istituto, c) ispettori, d) eventuali valutatori esterni. Per quanto concerne la preparazione dei commissari non sono sufficienti generici corsi. Devono essere preventivamente forniti e resi pubblici gli standards professionali a cui fare riferimento, e vere e proprie guide alla valutazione, così da rendere criteri e parametri valutativi trasparenti e  più omogenei possibile.