2. La crisi dei sistemi scolastici
c) Le premonizioni di Illich
Quali sono le prospettive di sviluppo delle scuole o meglio della scolarizzazione nel corso dei prossimi decenni? Come evolverà la scuola entro la fine del secolo ? Si possono fare previsioni in merito ?
Alla luce degli elementi evocati poc'anzi le prospettive non sembrano rosee. Si possono infatti avanzare seri dubbi sulla possibilità di realizzare un sistema di scuole in grado di offrire a tutti un'istruzione di qualità compatibile con le possibilità e gli interessi di ognuno, di fornire a tutti un bagaglio minimo di competenze essenziali ritenute indispensabili per partecipare in modo attivo alla vita comunitaria, per diventare cittadini attivi delle società democratiche e per riuscire a inserirsi senza traumi nel mondo del lavoro delle economie di mercato. Ci sono scuole che riescono a raccogliere queste sfide, ma sono casi eccezionali. E' infatti irrealistico ipotizzare un insieme di centinaia di migliaia di scuole tutte sperimentali e d'avanguardia, nelle quali l'apprendimento coinvolga sempre la partecipazione degli studenti, e sia strutturato secondo modalità e ritmi diversificati in funzione delle esigenze dei singoli, dove si valorizzino le competenze, i gusti e le attitudini di ognuno e nelle quali gli alunni acquistino una conoscenza di se stessi tale da permettere a ciascuno di valutare correttamente le proprie capacità e di conquistare una sicurezza e una fiducia in se stessi proporzionate al livello delle proprie competenze e conoscenze. La realtà scolastica, così come si presenta agli inizi del XXI secolo, è molto diversa da quella ipotizzata dai teorici della scuola che hanno coltivato nei secoli precedenti il progetto di un'educazione emancipatrice di stampo umanistica, costruita in funzione di una società di spiriti liberi, che condividono uno stesso canone di riferimenti culturali, gli stessi gusti estetici e letterari, gli stessi codici di organizzazione delle pratiche discorsive. Il progetto scolastico della modernità sorto con l'illuminismo, ossia la volontà di creare una società di uomini liberi e uguali tra loro grazie all'educazione estesa a tutti, è probabilmente andato in frantumi.
All'incirca trent'anni orsono, in un saggio premonitore che suscitò molto scalpore al momento della sua pubblicazione, Ivan Illich (v. Illich, 1970) aveva denunciato gli effetti perniciosi e le illusioni della scolarizzazione generalizzata e aveva invocato la necessità di descolarizzare la società . Illich fu tra i primi a denunciare il duplice fallimento della scuola che oggi è sotto gli occhi di tutti : l'impossibilità di riuscire a fare acquisire a ognuno il bagaglio minimo vitale di conoscenze e competenze necessarie per inserirsi senza traumi nella vita sociale ed economica e quello di democratizzare la società, renderla più equa, dando ai ceti sociali sfavoriti la possibilità di uscire, grazie all'istruzione, dal vicolo cieco della povertà. Su entrambi i fronti, il bilancio era per Illich negativo : la scuola si era rivelata un'istituzione poco efficace nella trasmissione delle conoscenze, così come l'estensione della scolarizzazione non è riuscita a rendere più equa e democratica la società. Non si può dimostrare che con un'istruzione prolungata delle giovani generazioni un paese diventi più competitivo sul mercato mondiale e nemmeno si può provare che con livelli d'istruzione più elevati l'inserimento nel mercato del lavoro sia meno arduo o che si è meglio attrezzati per fronteggiare le incertezze di una società globalizzata, regolata da leggi dettate dalla mondializzazione dei beni e dei servizi (v. Robinson,1997). L'estensione della scolarizzazione invece di attenuare le disparità le ha accentuate, creando indirizzi di studio e programmi d'insegnamento prolungati, accessibili solo a una minoranza di privilegiati - “i capitalisti del sapere” come li definisce Illich – che si accaparrano l'accesso ai posti di potere nella politica, nell'economia, nella vita sociale e nel mondo scientifico (v.Bourdieu e Passeron, 1964; 1970; Baudelot e Establet, 1972; Terrail, 2002). Infine, Illich fa notare che la scuola è diventata un feudo dei docenti e dei professori, che si considerano i soli detentori del sapere e in quanto tali i soli abilitati ad insegnarlo e a legittimarne l'acquisizione, mediante gli esami e i diplomi. Questo è il risultato dello sforzo immane di scolarizzazione intrapreso nelle società contemporanee (v. Meyer e co., 1992; Vincent, 2000). Per Illich, la sola via per evitare il fallimento scolastico consiste nella soppressione del servizio statale d'istruzione e nella liberalizzazione di tutte le risorse che la società consacra alla scuola. Questa soluzione, che prospetta la cessazione pura e semplice di ogni finanziamento pubblico alla scuola, permetterebbe, secondo Illich, di annullare gli effetti perversi della scolarizzazione prodotti dai sistemi scolastici statali odierni. Il denaro pubblico, invece di essere utilizzato per finanziare costosi apparati scolastici, dovrebbe essere distribuito direttamente alle famiglie e agli studenti sotto forma di crediti o di assegni educativi, spendibili lungo il corso dell'esistenza, che ogni cittadino riceve alla nascita per pagare i corsi di istruzione o di formazione che frequenterà.