Nuovi scenari

Questa perdurante ripartizione cartesiana del tempo e dello spazio è stata recentemente messa in discussione da due fenomeni di rilevanza storica:

•  il riconoscimento – in famiglia, nella società e nella cultura - della soggettività dello studente e la conseguente rivendicazione del “tempo scelto”, cioè di un diritto a gestire liberamente, per i propri bisogni personali, un certo numero di ore della giornata, sottratte allo studio e in concorrenza col tempo assegnato alla professione di allievo. Un tempo che viene speso soprattutto per le relazioni con i pari sia dentro che fuori dello spazio e dell'orario assegnato alle lezioni o allo svolgimento dei compiti.

•  la presenza sempre più invadente dell'exstrascuola, cioè di attività di apprendimento e formazione centrate sui consumi, che sono in evidente polemica con la struttura tradizionale del curricolo scolastico, che gradualmente viene eroso e perde la propria centralità e il proprio prestigio nell'agenda quotidiana di molti giovani studenti.

Queste due dimensioni hanno aggredito la ripartizione standardizzata del tempo e hanno dato origine a comportamenti imprevedibili con esiti che purtroppo non sono oggetto di ricerca.
La dimensione temporale e la sua traduzione amministrativa (gli orari) è un oggetto sconosciuto in Italia sia sotto il profilo storico che psicosociale e antropologico. Un' “ignoranza opportunistica”, come abbiamo visto e come direbbe un sociologo come Myrdal. Comunque sia della dimensione dello stare a scuola dei ragazzi noi non sappiamo quasi nulla. Termini della ricerca europea come vie scolaire, schooling, métier d'étudiant, tolerance for education non fanno parte della riflessione pedagogica italiana. Discipline come l'ergonomia, l'igiene, la cronopsicologia scolastiche e lo studio dei “ritmi di apprendimento” non hanno alcuna legittimità accademica nell'ambito delle cosiddette scienze dell'educazione. Le altre scienze non ritengono che si tratti di argomenti degni di studio.

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