Le strategie di autodifesa degli studenti (1/2)

Le prime reazioni

Il processo incrementale di ore e discipline non è avvenuto senza conflitti.

Al suo inizio, verso la fine degli anni '70, si possono riscontrare le prime silenziose opposizioni degli studenti non organizzati in “movimento”. Essi, in accordo con le famiglie, hanno iniziato a dare l'assalto al tempo scuola nei suoi punti più deboli: le ore di educazione fisica e l'ora di insegnamento della religione cattolica. L'Amministrazione, messa in allarme dalle corporazioni, è intervenuta tempestivamente con provvedimenti amministrativi che pochi ricordano (C.m. 17 luglio 1987, n.216):

Tale istanza (di esonero dalle lezioni, n.d.a.), qualora accolta, non esimerà l'alunno dal partecipare alle lezioni di educazione fisica, limitatamente a quegli aspetti non incompatibili con le sue particolari condizioni soggettive. Sarà cura del docente di educazione fisica coinvolgere gli alunni esonerati dalle esercitazioni pratiche, sia nei momenti interdisciplinari del suo insegnamento, sia sollecitandone il diretto intervento e l'attiva partecipazione in compiti di giuria e arbitraggio e più in generale nell'organizzazione delle attività”.

Così,oggi, tutti, anche gli infermi gravi, debbono frequentare le lezioni di educazione fisica, cioè assistere alle evoluzioni dei loro compagni di classe. E allo stesso obbligo sono tenuti anche i giovani campioni di atletica, o di qualsiasi altra specialità sportiva, che praticano all'esterno e con dovizia di tempo ben altri allenamenti.
Ugualmente, tutti coloro che non intendono avvalersi dell'insegnamento della religione sono tenuti a frequentare attività alternative (C.m. 28 ottobre 1987, n.316).
Nessuno sconto dunque sull'orario obbligatorio. La breccia è stata tempestivamente chiusa e la minaccia sventata.

Ma gli studenti non si sono scoraggiati ed hanno scelto una tattica meno ingenua di aggiramento: intaccare l'orario giornaliero con ritardi di massa e permessi di uscita altrettanto collettivi.
A questo punto, le scuole sono state costrette a scendere a patti ed hanno risposto silenziosamente con una graduale riduzione dell'ora di insegnamento a 45/50 minuti, per consentire di non “invadere” il tempo libero del pomeriggio, che proprio in quegli anni ('80) stava diventando il simbolo del diritto ad una vita “privata” per molti ragazzi e ragazze. Anche in questo caso l'Amministrazione è dovuta intervenire con circolari di contenimento del fenomeno, ma questa volta senza alcun successo evidente (C.m. 22 settembre 1979, n.243).
Troppo tardi: ormai tra gli studenti e gli altri attori della scena scolastica avevano sottoscritto una sorta di contratto, dei cui effetti siamo ancora testimoni.

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