Il periodo fascista: associazionismo di Stato
La prima riforma del fascismo giunto al potere nel 1922, insieme ad altre forze politiche, fu la riforma della scuola.
Il 27 aprile 1923 il Consiglio dei ministri approvò la riforma della scuola media, nella prospettiva di un più accentuato centralismo statale, che si rifletté nell'organizzazione della scuola attraverso una più marcata centralizzazione burocratica. In questo modo si tese a controllare il personale della scuola che, come abbiamo visto, era stato protagonista di battaglie e iniziative innovative negli anni precedenti.
I criteri che furono alla base del nuovo stato giuridico, emanato con il Decreto del 7 ottobre 1923, furono quelli di un evidente "autoritarismo e verticismo burocratico" (A. Broccoli).
Fra le caratteristiche della riforma si sottolineano:
una dipendenza gerarchica pressoché completa dell'insegnante dall'amministrazione scolastica;
un accrescimento dell'autorità e delle prerogative del preside, degli ispettori e dei direttori;
l'attribuzione del solo potere consultivo ai Consigli scolastici, al Consiglio superiore della P. I, nominato dal ministro, come i rettori delle università.
La situazione dell'associazionismo degli insegnanti cambiò radicalmente dopo il delitto Matteotti del 1925, quando venne instaurata la dittatura del fascismo.
Sul terreno più specificatamente sindacale venne creata la Confederazione fascista della scuola, che tenne il primo congresso il 5 dicembre 1925 con la partecipazione di 8000 rappresentanti; vi intervenne lo stesso Mussolini, il quale affermò che tutti gli insegnanti, dalle scuole elementari all'università, dovevano essere rappresentati da un'unica organizzazione sindacale.
Con il Decreto dell'1 luglio 1926 vennero sanciti gli obiettivi del fascismo nel campo dell'associazionismo, una volta esclusa ogni forma di sindacato; furono create le associazioni nazionali nei settori ritenuti dal governo essenziali per avere un controllo della vita nazionale: la scuola, gli impiegati pubblici, le ferrovie, le poste e telegrafi e le aziende di Stato. Il compito affidato a queste associazioni nazionali fu esplicitamente quello di "partecipare alla costruzione dello Stato Fascista".
I sindacati dei professori medi e universitari furono sciolti e sostituiti dall'"Associazione nazionale degli insegnanti fascisti", che si chiamò "Associazione fascista della scuola", alle dirette dipendenze della direzione del Partito fascista, con compiti culturali, assistenziali e politici; essa segnava la fine del precedente, libero associazionismo degli insegnanti. Tutte le sedi dell'associazionismo prefascista furono chiuse, integrate o assorbite nell'Opera Nazionale Dopolavoro fondata sempre nel 1926, e trasformate in "Case del fascio".
In conclusione, l'Associazione fascista della scuola raccolse gli insegnanti dalle elementari all'università: l'iscrizione non era obbligatoria, però una disposizione ministeriale considerò titolo di merito per avanzamenti di carriera l'iscrizione al Partito fascista o all'Associazione.