ASPETTI METACOGNITIVI

Che cos’è la metacognizione

Per metacognizione si intende l’accesso consapevole e il controllo del proprio pensiero e della propria conoscenza (Flavell, 1970; Brown, 1978; Cornoldi, 1995).
Il prefisso meta davanti a cognizione, indica una cognizione di secondo livello. Un buon apprendimento richiede che il ragazzo si sia certamente impegnato a fare determinati compiti, ma richiede anche che si controlli dall'alto, come se si guardasse dall'esterno e si chiedesse: “Sto andando nella direzione giusta o devo cambiare? Mi sto avvicinando a quello che mi è stato chiesto oppure no?” Il ragazzo deve cioè essere capace di controllare il proprio pensiero, la propria conoscenza. In sintesi ciò significa essere gestori del proprio apprendimento: “Mi controllo e mi rendo conto se sto andando nella direzione giusta”.
Esistono:

    1. Conoscenze metacognive (es. conoscenza delle strategie)
    2. Abilità metacognitive (es. pianificazione, auto-monitoraggio e auto-controllo)

Il funzionamento metacognitivo si sviluppa nel corso dell'infanzia e dell'adolescenza ((Schneider, 2011).
C'è moltissima letteratura che documenta che le capacità metacognitive sono correlate con i risultati scolastici. Migliore è questa capacità di accesso consapevole e di controllo, migliori sono risultati scolastici (Carr, 2011; De Bruin et al., 2011;Mayer, 2011; Siegler & Lin, 2011).

Esempi di accesso e controllo della propria conoscenza

Vi riporto un esempio che ho tratto dalla sbobinatura di quello che mi ha detto una bambina di 5^ classe primaria, nel corso di una mia collaborazione con l’insegnante nel campo dell’educazione scientifica. Il nostro scopo era fare diventare l’apprendimento delle scienze coinvolgente a livello cognitivo motivazionale.
Nell’esempio che vi riporto, si trattava di fare capire il concetto di buoni conduttori e di cattivi conduttori.

Avevamo messo dei cubetti di ghiaccio in contenitori diversi: in una teiera d’acciaio, in un vasetto di vetro, in una scatola di polistirolo tipo gelato, e in un maglione di lana.

Abbiamo fatto prevedere ai bambini in quale contenitore si sarebbe sciolto prima il cubetto di ghiaccio. Nelle due classi che io ho frequentato, tutti avevano previsto, come potete immaginare, che i cubetti si sarebbero sciolti prima nel maglione di lana, perché nel linguaggio quotidiano il maglione tiene caldo.

Ora leggiamo cosa dice questa bambina di 5^ primaria, perché è un esempio splendido di metacognizione, esternalizza il suo pensiero come se lo avesse in mano.

Io ci sto riflettendo ma non riesco a capire una cosa, quello che ho visto con i miei occhi durante un esperimento mi pare davvero incredibile, ma voglio mettermelo in testa.
Allora, prima Lucia ci ha fatto mettere dei cubetti di ghiaccio in vari contenitori e ci ha chiesto di fare delle ipotesi: dove si sarebbe sciolto per primo e dove si sarebbe sciolto per ultimo il ghiaccio. I contenitori sono fatti di acciaio, di vetro, di polistirolo, di plastica e di lana (è un maglione). Io, come tutti i miei compagni, avevo previsto che il ghiaccio si scioglieva per primo in mezzo alla lana perché la lana è calda e per ultimo nel contenitore di acciaio perché è freddo. Incredibile proprio! Si è sciolto per primo il cubetto di ghiaccio che era stato messo nel pentolino di acciaio e invece il cubetto che è in mezzo al maglione di lana è ancora quasi tutto intero. Ma è possibile? Ci sto pensando ma non so darmi una spiegazione: se la lana è calda perché non l'ha sciolto? Se l'acciaio è freddo, basta toccarlo per sentirlo freddo, perché non l'ha tenuto duro? Devo ragionarci su e capire questo mistero, forse insieme si riesce a dare una spiegazione che convince”. (5^ prim.)

Dice: “E’ strano io non riesco a capire”, si rende cioè conto che c'è un problema di conoscenza, ma vuole anche risolverlo. L'insegnante non ha anticipato la spiegazione dicendo “ma la lana è ...”, ha lasciato che ci arrivassero i bambini. Ha rispettato cioè il loro percorso cognitivo, e questo succede se l'insegnante è consapevole dell'importanza di questi processi.

A questo punto vorrei riallacciarmi a quanto dicevano gli attori, alla necessità cioè di dimezzare i programmi, ridurre il numero di contenuti che i ragazzini devono apprendere, per lasciare spazio agli approfondimenti, per dare il tempo necessario a un efficace svolgersi dei processi cognitivi.

In conclusione

  • E’ possibile potenziare a scuola la conoscenza / consapevolezza metacognitiva (Mason & Gava, 2007; Thomas & McRobbie, 2001).
  • Un miglior funzionamento metacognitivo si riflette in migliori acquisizioni negli ambiti disciplinari (Chi et al., 1994; Graham & Perin, 2007; Wong et al., 2002).
  • Per saper usare in maniera flessibile una strategia, non solo bisogna acquisirla, ma anche inibire l’uso di una precedente, meno valida (Kuhn e Pease, 2010).
  • E’ cruciale saper accedere all’informazione immagazzinata nella memoria a lungo termine e tenere presente ora questa, ora quella nella memoria di lavoro per monitorare e controllare le operazioni cognitive in corso (Dunlosky e Bjork, 2008).
  • Rischio: sovraccarico del sistema. A volte c’è il rischio di sovraccarico dei sistemi cognitivi degli allievi, e bisogna esserne ben consapevoli. Molto spesso lo verifico nel corso delle mie attività di volontariato, di aiuto ai ragazzini in difficoltà a fare i compiti per casa. Ah, i compiti! Ci sarebbe da fare un convegno sui compiti per casa!

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