Premessa ADi

Lo scetticismo di diversi colleghi rispetto alla questione del copiare

Riteniamo doveroso fare una premessa alla relazione di Marcello Dei perché la reazione di un certo numero di colleghi presenti in sala è stata quella di ritenere il tema del copiare di poca o scarsa rilevanza, nella considerazione da un lato che i problemi della scuola siano “ben altri” e dall'altro che il copiare abbia in fondo “nobili” giustificazioni.

Per esempio il copiare andrebbe annoverato fra le forme di “solidarietà” e di “cameratismo” e dovrebbe stimolare gli insegnanti, non a punire, ma a modificare la didattica in senso più collaborativo e “solidale”.

O anche, secondo un'efficace espressione di Marcello Dei, il copiare “come le case chiuse di un tempo, trova sempre qualche estimatore tra i letterati e gli intellettuali in vena di sventare gli agguati e scoprire le trappole di moralisti farisei“.

La confusione in tema di valutazione

Prima di affrontare questioni etiche, ci preme sottolineare come in Italia vi sia tuttora, a noi pare, una grande confusione in tema di valutazione, in particolare fra “valutazione per l'apprendimento”, come direbbero gli inglesi (Assessment for learning), e “valutazione degli apprendimenti”.

Poco praticata la prima, si utilizza la seconda per entrambi gli scopi con non poche distorsioni.

E' solo evidente che nell'impostazione di Dei non si nega affatto l'importanza del lavoro collaborativo, del cooperative learning, dell'imparare a lavorare in team, delle forme di autovalutazione e valutazione fra pari, ma esiste un momento in cui le prove servono a misurare e certificare gli apprendimenti del singolo e lì non si può e non si deve barare.

Sono ancora troppo poche le scuole in cui si programmano verifiche comuni in corso d'anno e a fine anno per valutare attraverso prove obiettive e comparabili gli apprendimenti raggiunti, indipendentemente dal percorso fatto per conseguirli, che sta nella libertà del singolo docente. Nelle scuole dove si è costruito questo lavoro di team, di solito ci si scambiano le classi e le correzioni dei compiti, così che il docente non rivesta nei confronti dei propri alunni il duplice ruolo di guida dell'apprendimento e insieme di “controllore”, ruoli non sempre facili da conciliare.

La questione etica, i modelli di socializzazione e il nuovo contesto socioeconomico

Esiste però una questione etica su cui come educatori dovremmo, a noi pare, essere indiscutibilmente d'accordo. Quando si sentono dall'INVALSI i numerosi casi di cheating in cui non solo gli studenti copiano tra loro, ma gli stessi insegnanti contribuiscono a “taroccare” le prove, allora bisogna che ci fermiamo a considerare che qualcosa nell'educazione che impartiamo non funziona, e non funziona nel profondo.

In Ragazzi si copia Dei si chiede “Copiare è o non è una forma di apprendistato a non rispettare le regole?” e si sforza di inquadrare questo fenomeno nella trasformazione dei modelli di socializzazione e nel mutato contesto socioeconomico.

Scrive Dei:

Nel corso della storia l'insegnamento scolastico delle virtù morali varia al variare del contesto socioeconomico (…)”

Nella “società industriale fordista (…) disciplina, gerarchia, obbedienza, sottomissione all'autorità, ordine, puntualità e igiene rappresentano i valori fondamentali dell'istruzione, il ricorso alle punizioni è frequente, l'insegnamento esplicito della morale ha un grande rilievo nei curricula e nelle aule.

Negli anni 80 e 90 del secolo passato il percorso della modernità muta radicalmente. La globalizzazione, la frammentazione della produzione, l'eclissi della classe operaia, il primato della finanza sulla produzione disegnano il profilo del modello burocratico-aziendale-globale e del consumo di massa.

(…) La scuola mira a promuovere la cultura del consumo di massa che pone al centro l'individuo, la libera scelta, il privato, le attività extracurricolari, l'allentamento delle regole. Più che da cittadini tra cittadini, a scuola gli studenti si comportano da clienti/consumatori di un servizio reso alla persona.

Nell'ambito della socializzazione scolastica di tipo burocratico-aziendale-consumistico l'importanza della morale è relativamente scarsa, pluralista e implicita. (…)

Quali ricadute può avere tutto ciò sul copiare. Il potenziale della domanda “Perché non si deve copiare?” è disinnescato sul nascere dalla consapevolezza che da noi è pratica diffusa non rispettare le regole. D'altro canto l'assetto istituzionale della scuola è all'unisono con la consuetudine all'astuzia e all'adattamento”.

Ora in questa difficile fase di transizione in cui si trova la scuola, e con essa gli insegnanti, è necessario elaborare un nuovo “civismo scolastico” che, andando oltre le antiche forme di autorità e di obbedienza, sappia rimettere al centro valori come correttezza, onestà, lealtà, giustizia.

E' in questo contesto che abbiamo voluto insieme interrogarci se la sottovalutazione e la tolleranza del copiare non contribuisca a perpetrare gelatinose forme di furbizia e di raggiro delle regole, proprio quando emerge in questo Paese un bisogno acutissimo di rispetto della legalità.


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