Abstract della relazione di Rosario Drago

Notizie sul relatore

Rosario Drago, come Norberto Bottani, non avrebbe bisogno di presentazioni sul sito dell'ADi dove pubblica costantemente riflessioni ed elaborazioni sulla politica scolastica.

Uomo di grande cultura, laureato in latino, ha voluto svolgere la sua carriera di preside in istituti professionali (dove l'innovazione è più difficile ma più significativa), per approdare infine ispettore a Trento. E' uno dei più profondi conoscitori del sistema scolastico italiano e del funzionamento del Ministero della Pubblica Istruzione. Ha fatto parte di molte commissioni ministeriali tra cui quella per la redazione dei decreti sull'autonomia scolastica.

Delle sue opere, pubblicate nella collana di management scolastico della Erickson da lui diretta, ricordiamo Carta della scuola e innovazione, Professionalità e codice deontologico degli insegnanti con Alessandra Cenerini, Insegnante e maestro, Insegnanti Professionisti con Alessandra Cenerini.

Scuola e adolescenti. Due programmi?

Allarme e panico morale per gli adolescenti

L'adolescente attuale è al centro di trasformazioni che sono sotto gli occhi di tutti, rese quasi invisibili se viste attraverso il prisma deformante delle preoccupazioni degli adulti, dei genitori e degli insegnanti.

Che sia l'influenza della televisione, della musica, di internet (come un secolo fa quella del teatro popolare, del cabaret, dei romanzi) la condizione giovanile è fonte di un allarme diffuso e di un vero e proprio panico morale. I discorsi si concentrano sulla crisi della crescita, percepita nei suoi tratti negativi e patologici (droga, violenza, ecc).

Le cronache abbondano di descrizioni più o meno drammatiche. Vittime o carnefici, gli adolescenti sono spesso rappresentati in maniera estrema, e rivelatrice di una ambivalenza che non è di oggi e nemmeno di ieri: se ne condannano gli eccessi, mettendo sotto accusa le dimissioni degli adulti (i genitori incapaci di educarli), oppure si loda la loro energia e la capacità di innovazione e di rivolta, in un discorso spesso equivoco.

Forse il modo per rispondere a questa ansia contraddittoria è quella di guardare ai giovani fuori dal tempo scolastico e da quello familiare, nella sfera di una autonomia che essi proteggono dagli sguardi degli adulti e che dimostra di essere in piena trasformazione e che porta con sé sfide educative fondamentali.

Telefonare, ascoltare musica, chattare e comunicare, navigare in Internet, giocare in maniere diverse, ballare o danzare che dir si voglia, cantare, fare sport, e ben altre cose ancora in maniera spontanea ed organizzata, da soli o in gruppo, queste sono le molteplici occupazioni alle quali si dedicano glia adolescenti di oggi, fuori della scuola e più spesso anche fuori dagli spazi familiari.

Di che si tratta?

Di divertimenti e svaghi, un modo per occupare il tempo libero. Risposta insoddisfacente, perché queste attività non appartengono né al superfluo né sono sotto l'unico segno del piacere e del divertimento. Infatti, in questo infinito continente di attività che sono per principio scelte gli adolescenti crescono, si trasformano e si “costruiscono” come persone.

Esse non sono affatto, o non sono solo dei divertimenti, ma veri e propri investimenti .

La scuola italiana ha sempre avuto difficoltà a definirle: elettive, opzionali, complementari, aggiuntive, extra o para scolastiche, dopo-scuola, … Non si è trovato ancora un nome stabile. E già questo è significativo di una difficoltà degli adulti di percepire con chiarezza la loro vera natura. Potremmo chiamarle “attività scelte”, perché nonostante il controllo ansioso degli adulti e il tentativo fallito della scuola di integrarle nel tempo istituzionale, il loro principio regolatore è la SCELTA e il gusto PERSONALE degli adolescenti.

L'osservazione di queste attività non può non incontrarsi/scontrarsi con l'istituzione scolastica, centrale nel tempo quotidiano degli adolescenti.

Gli ambiti su cui è giusto concentrarsi sono tre :

a) la socializzazione come trasmissione di regole e valori ;

b) la cultura scolastica e cioè la trasmissione della tradizione ;

e, infine, quella più importante

c ) l'idea di educazione su cui dovrebbe poggiare l'offerta della scuola.

La crisi della socializzazione scolastica

La rappresentazione di un legame armonioso di norme e di valori nel mondo scolastico ha ceduto il passo alla constatazione di tensioni vissute dagli allievi tra le regole degli adulti e quelle del gruppo dei pari, tra le strategie scolastiche e le motivazioni intellettuali, tra gli obiettivi dichiarati e quelli perseguiti.

Qui il discorso degli adulti non è affatto lineare: che cosa bisogna imparare?

L'obbedienza o lo spirito critico, il rigore o la creatività, lo sforzo o l'ingegnosità, ecc.?

Tutto dipende ormai dal contesto, dai diversi protagonisti, dalle convinzioni degli insegnanti. Ma il Sistema non si accorge di questi cambiamenti e conflitti.

La cultura scolastica ha perduto il suo monopolio

Il fatto che le società moderne, che si definiscono a partire dal loro futuro, non sappiano più quale parte della loro cultura del passato trasmettere ai giovani rende fragile il progetto di far entrare le nuove generazioni in un mondo nello stesso tempo ereditato e condiviso.

L'esistenza di una “media-cultura” fa d'altra parte concorrenza alla scuola, perché la cultura del consumo di massa e la cultura accademica sono molto lontane dall'essere in armonia tra di loro come profetizzava Edgard Morin fin dagli anni '60. L'industria culturale fa di tutta l'erba un fascio, dai Promessi Sposi come dell'ultima novità o moda mediatica.

L'opposizione tra gli individui “colti” e “non coltivati” cede in parte il posto alla distinzione tra quelli che potremmo definire gli UNNIVORI, centrati su un solo tipo di consumo o di pratiche e gli ONNIVORI che riescono a combinare più tipi di consumo, a seconda dei momenti e dei contesti.

Tutti o quasi gli adolescenti sono onnivori.

Essi circolano entro diversi gruppi di riferimento culturale, sia perché la scuola introduce alcuni riferimenti accademici in un universo familiare in cui erano assenti, sia perché il gruppo dei pari e le attività scelte apportano loro un certo numero di riferimenti non scolastici.

Questa circolazione tra culture si realizza talvolta anche nella scuola a seconda delle materie e delle concezioni pedagogiche degli insegnanti, ma l'istituzione non è in grado di gestire o sostenere questi tentativi.

Qual è il principio educativo che sostiene la scuola?

È dal Dopoguerra che la scuola ha difficoltà a definire un concetto di educazione capace di legare un modello di individuo a un progetto di società. Questa definizione, inseparabile da una promessa collettiva, dovrebbe dare un senso politico alle domande ed alle esigenze della cultura scolastica.

Le ricerche convergono sulle questioni di fondo anche se divergono sulle soluzioni. Si potrebbe parlare – con i filosofi – di assenza di un modello educativo, oppure – con i sociologi – di una moltiplicazione dei modelli e delle giustificazioni concorrenti della scuola, che danno luogo a diversi riferimenti: al civismo, alla comunità educante, e ultimamente anche all'efficacia e al lavoro.

Questi interrogativi hanno avuto un parziale successo solo per la scuola dell'infanzia ed elementare; per la secondaria ci si ferma alla diagnosi negativa e alla nostalgia di una scuola che non c'è, o non c'è più.

Ma con la massificazione, l'articolazione sempre più diretta dei percorsi scolastici con le preoccupazioni dell'inserimento nella vita attiva e nella realtà economica, l'immagine dell'“uomo colto” generalista ha perso ogni smalto. Nello stesso tempo la cittadinanza ha cessato largamente di essere un progetto di formazione globale, per ridursi a un mezzo di gestione di alcune rivendicazioni di partecipazione studentesca, in un insieme di dispositivi che faticano a inserirsi nel quotidiano dei giovani e che alla fine si riducono alla lotta contro l'inciviltà, l'indisciplina e la violenza o il bullismo.

Due programmi educativi?

La scuola ha disegnato i contorni dell'adolescenza contemporanea, rendendo obbligatoria per tutti i ceti sociali un percorso scolastico sempre più lungo. Se il passaggio attraverso scuola è oggi decisivo per l'inserimento sociale, essa dimostra una acuta difficoltà – non è da oggi – a immaginare un'altra strategia educativa.

L'educazione quindi esce dalla scuola, sfugge in parte anche alla famiglia, e si realizza altrove . Cioè in una sfera eterogena di consumi, di pratiche, di passatempi e di investimenti e impegni mischiati insieme.

Le attività scelte dagli adolescenti permettono in effetti oggi una educazione nel pieno senso della parola, una educazione SENZA SCUOLA né organizzazione istituzionale globale.

Esse educano gli adolescenti perché mettono il loro carattere alla prova, per un certo numero di “esercizi” e di intrattenimenti che non hanno nulla di scolastico ma che nondimeno li segnano in positivo e in negativo. Tutta una parte di queste attività è sospettata di ricerca puramente edonistica, sinonimo di disastro educativo.

Tuttavia confrontati senza sosta e in maniera “obbligatoria” (non possono farne a meno) a un'offerta sovrabbondante di prodotti e di opportunità, a una ricerca permanente del meglio, a spinte sociali alla performance e alla realizzazione di sé, a molteplici influenze contraddittorie, all'articolazione di questo insieme con gli obblighi del tempo scolastico e famigliare, gli adolescenti sono oggi veramente messi alla prova.

Fanno continuamente scelte, conoscono un certo numero di ostacoli e di difficoltà, ma ottengono anche grandi soddisfazioni, e attingono a svariate risorse per farvi fronte. Dare un nome a queste prove, analizzarle, metterle in prospettiva con i discorsi e le rappresentazioni degli adulti , dimostrare come essi le superano, dovrebbe essere il lavoro della ricerca.

Ma bisogna prima di tutto cambiare prospettiva: gli adolescenti piuttosto che trasgredire o infrangere le norme e i principi del mondo adulto, sono invece messi di fronte a un certo numero di sfide strutturali che sono “obbligati” a raccogliere , in un processo educativo invisibile, ma molto reale.

Gli insegnanti e i genitori sono d'accordo: queste “materie scelte” sono una vera condizione dell'educazione. Ma esse non sono affatto solamente questo, sono anche un vero PROGRAMMA EDUCATIVO che non dice il suo nome e che conviene esplorare fino in fondo.

Sulla base di queste premesse ci proveremo a descrivere, con l'ausilio delle ricerche più recenti che cosa sta succedendo (o potrebbe succedere) in Italia nei tre ambiti di evoluzione della scuola (la socializzazione, il curricolo e il principio educativo), messa di fronte a questo nuovo “programma”.

I due programmi

La scuola
Gli adolescenti
Obbligatorio
Elettivo
Standardizzato
Personalizzato
Faticoso
Impegnativo
Utile alla vita e al lavoro
Disinteressato
Monomediale
Multimediale
Individuale
Di gruppo
Centrato sul dovere
Centrato sul piacere
Rivolto al passato
Rivolto al presente
Eterodiretto
Auto-formativo
Noioso
Divertente
Selettivo
Democratico
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