Mente ed educazione: modelli teorici e pratica didattica
Roberto Cubelli
Ordinario di Psicologia Generale, Università di Trento
Il recente sviluppo delle scienze cognitive, con l'acquisizione di nuove conoscenze e la disponibilità di nuove tecnologie, può costituire un'importante occasione per la formazione dei docenti e il miglioramento della pratica didattica .
Tuttavia non è sufficiente l'assunzione di ipotesi teoriche originali o l'adozione di strumenti più raffinati. Il rapporto tra scienze di base e scienze applicative deve essere caratterizzato da un costante scambio di esperienze e riflessioni, un confronto sistematico basato su modelli e dati empirici, una comunicazione non asimmetrica.
Non sempre il rapporto tra psicologia e didattica si è realizzato in modo produttivo e coerente. In molti casi si è preferito assumere posizioni di chiusura, disegnare confini disciplinari rigidi, imporre gerarchie fra i saperi e le competenze.
In passato il fallimento della comunicazione tra ricercatori di base e insegnanti ha comportato un'interpretazione inadeguata e fuorviante dei processi cognitivi e dell'apprendimento e un uso non corretto di teorie e modelli, che hanno determinato gravi difficoltà nel concreto realizzarsi dell'esperienza educativa.
Nella presente comunicazione si discuterà delle conseguenze di un male interpretato ruolo della memoria nei processi di apprendimento. In particolare si discuteranno affermazioni diffuse ma inadeguate quali (1) uno stimolo per essere memorizzato deve essere elaborato in profondità; (2) capire è imparare; (3) le strategie utilizzate nella vita quotidiana devono essere impiegate anche nello studio.
I dati disponibili, che provengono dalla ricerca sperimentale e dall'esperienza didattica, suggeriscono una totale revisione dei modelli dominanti della memoria e dell' apprendimento .