Commento |
Premessa
Il Progetto di legge presentato dal Ministro Moratti al Consiglio dei Ministri l11-01-02, si discosta per diversi aspetti dal documento di sintesi del Grl, pertanto mentre confermiamo i contenuti del commento alla "Sintesi" del Grl , dobbiamo fare ulteriori considerazioni
“Diritto” o “obbligo”? Una questione non nominalistica
Preceduto da dichiarazioni inneggianti alla modernità, l’ ”obbligo scolastico” è stato tramutato dal progetto di legge Moratti nel più liberale “diritto all’istruzione e alla formazione
” (Art. 1 comma 3 “ la Repubblica assicura a tutti il diritto all’istruzione e alla formazione per almeno 12 anni ovvero sino al conseguimento di una qualifica entro il diciottesimo anno di età.). Ma è tutto oro quello che luce? Pensiamo proprio di no
.
Il fine è quello di cancellare l’innalzamento dell’obbligo scolastico decretato dalla Legge 20 gennaio 1999, n. 9, e ripristinare la possibilità di uscire dalla scuola a 14 anni per
continuare la “formazione” anche presso i Centri regionali. Una “formazione”, quella dei Centri, che è risultata fallimentare specialmente nella fascia 15-16 anni; una “formazione” che, per definizione, non si pone la finalità di innalzare gli apprendimenti di base, come “il leggere, scrivere e far di conto” per usare termini antichi, ma più che mai attuali visti i bassissimi livelli dimostrati dai nostri ragazzi di 15 anni nella comprensione della lettura e nell’uso dei numeri ( indagine OCSE-PISA 2000).
Le contraddizioni che derivano dalla sostituzione dell’antico termine “obbligo scolastico” con il supposto più moderno “diritto all’istruzione e alla formazione” si fanno d’altra parte ben presto evidenti nello stesso testo. Nell’articolo 1 il “diritto” è infatti costretto a diventare rapidamente “dovere”
con relativa previsione di sanzioni (art.1 comma 3 “ La fruizione dell’offerta di istruzione e formazione costituisce un dovere sanzionato ai sensi degli articoli 113 e 114 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297”). E’ evidente infatti che se si possono abrogare articoli di legge, nella fattispecie l’art.1 della legge n.9/99 di innalzamento dell’obbligo scolastico, non altrettanto si può fare della Costituzione e del suo art. 34: “L’istruzione inferiore impartita per almeno 8 anni, è obbligatoria e gratuita”
.
La questione dunque è tutt’altro che nominalistica.
Noi rivendichiamo non solo il mantenimento
dell “obbligo scolastico”, ma anche, e con assoluta convinzione, il suo elevamento. Non va dimenticato
che prima della legge n. 9/99, l’Italia era uno dei Paesi con il minor numero di anni di istruzione obbligatoria. Perché chiediamo di mantenere la parola “obbligo”? Perché proprio di “obbligo” si tratta, non solo di “diritto”. Esistono infatti dei “diritti” fondamentali dei minori, come quelli all’istruzione e alla salute, che si traducono in “doveri” per chi deve tutelarli. Nel nostro caso gli “obblighi” competono
da un lato allo Stato, che deve assicurare il servizio scolastico e la sua gratuità,
ma dall’altro anche ai genitori che devono garantire che i figli vengano istruiti.
A chi obbietti che è il nuovo articolo 117 della Costituzione a utilizzare i termini “istruzione e
formazione professionale”, attribuendole alla legislazione esclusiva delle Regioni ,
rispondiamo che con “formazione “ si può ben intendere la “Formazione superiore”, o anche il “longlife learning”, la formazione per tutta la vita”, e non l’educazione dai 14 ai 18 anni.
Non c’è intenzione da parte nostra di difendere acriticamente l’obbligo scolastico, anzi abbiamo severamente criticato il modo in cui è stata applicata la legge n.9, della quale non abbiamo nemmeno condiviso la stesura testuale. Ma il problema non si risolve togliendo dalla scuola i ragazzini e ricacciandoli nei Centri. Si risolve trasformando profondamente
gli istituti professionali, costruendo diverse articolazioni, alleggerendo enormemente il numero delle discipline, dedicando una profonda attenzione all’alfabetizzazione di base, creando modalità di “insegnamento e apprendimento contestualizzati”, diffondendo forme di “apprendimento basate sul lavoro” e coerenti percorsi di alternanza scuola-lavoro. Tutto questo nella consapevolezza di quanto sia in crisi l’attuale insegnamento in aula, ma anche nella consapevolezza di quanto bisogno ci sia di una rinnovata attenzione
all’apprendimento dei “fondamentali”.
C’è infine sul “diritto-dovere” all’istruzione e formazione, un altro punto nel Progetto di legge che, così come è formulato,
risulta assolutamente ambiguo, ci riferiamo alla sua durata. L’inizio dell’articolo 1 comma 3 recita “ la Repubblica assicura a tutti il diritto all’istruzione e alla formazione per almeno 12 anni ovvero sino al conseguimento di una qualifica entro il diciottesimo anno di età.”
Delle due l’una, o gli anni sono “almeno”12 o non lo sono. Ma c’e’ dell’altro. All’articolo 4 comma 2 dello stesso Progetto si legge “Il secondo ciclo è costituito dal sistema dei licei e dal sistema dell’istruzione e della formazione professionale. Dal quindicesimo anno di età i diplomi e le qualifiche si possono conseguire in alternanza scuola-lavoro o attraverso l’apprendistato”. Ora se si scrive che dal “quindicesimo anno” si possono “conseguire
qualifiche” ma non si scrive che per ottenere una qualifica occorre un percorso almeno triennale, o quadriennale, come indicato dal Grl,
questo presunto diritto ad “almeno12 anni di istruzione e formazione” svanisce nel nulla.
Infine la questione dell’”apprendistato”. Nelle Raccomandazioni, il Grl aveva scritto : “ Raccomandiamo vivamente la creazione di un sistema di formazione in alternanza in aggiunta o in sostituzione dell’attuale apprendistato sul posto di lavoro”. Aveva quindi lasciato aperta la questione del mantenimento o meno dell’apprendistato entro il percorso della formazione. Il progetto di legge ha deciso di considerarlo all’interno del sistema dell’istruzione e della formazione, e ha collocato l’alternanza scuola-lavoro non in sostituzione ma in aggiunta all’apprendistato (Art. 4 comma 2” : “dal quindicesimo anno di età i diplomi e le qualifiche si possono conseguire in alternanza scuola-lavoro o attraverso l’apprendistato”). La nostra richiesta è invece che l’apprendistato sia tolto dal testo del progetto di legge e che non rientri nell”obbligo formativo” per due buone ragioni: a) è completamente fuori del controllo dell’istituzione scolastica, b) le esperienze fatte finora sono tutt’altro che promettenti.
Anticipo dell'iscrizione alla scuola dellinfanzia e al primo ciclo
Condividiamo e sosteniamo la scelta fatta dal Progetto di legge di consentire ai bambini e alle bambine, che compiono 3 e 6 anni entro il 30 Aprile dellanno di riferimento, di iscriversi rispettivamente alla scuola dellinfanzia e al primo anno del primo ciclo.
E invece incomprensibile il termine del 31 Agosto come data entro cui si devono compiere i sei anni per iscriversi obbligatoriamente alla prima classe. Ciò significa che chi compie 6 anni, ad esempio, il primo settembre, può non andare a scuola. In Italia ci sono ancora sacche preoccupanti di evasione e non sembra davvero opportuno incentivarla con norme di questo tipo.
Il curricolo dellultimo anno del secondo ciclo
Ci sono contraddizioni che devono essere
assolutamente chiarite in merito allultimo anno del secondo
ciclo. Si dice: Il "quinto anno ..completa il percorso..
e prevede lapprofondimento e la verifica delle
conoscenze e delle abilità caratterizzanti il profilo educativo
culturale e professionale del corso di studi"(art.4
comma 3) . Questa impostazione è ribadita allart.
6 comma 3 "Lesame di Stato conclusivo dei
cicli di istruzione considera e valuta le competenze acquisite
dagli allievi
sulla base degli obiettivi specifici di apprendimento
del corso e in relazione alle discipline dellultimo anno"
. Ma continuando leggiamo: "I licei e le istituzioni
formative del sistema dellistruzione e della formazione
professionale, dintesa rispettivamente con le Università
e con il sistema dellIstruzione e formazione tecnica superiore,
stabiliscono con riferimento allultimo anno del percorso
di studi modalità per lapprofondimento e
la verifica delle conoscenze e delle abilità richieste
per laccesso ai corsi di studio universitari
e ai percorsi dellistruzione e della formazione tecnica
superiore." Delle due luna: o si approfondiscono
le materie del corso di studi o quelle che sono coerenti con il
corso successivo, universitario o di formazione superiore. Non
si dovrà, si spera, sommare le due cose. Noi consideriamo
importante concepire il quinto anno come propedeutico al proseguimento
alluniversità o alla formazione superiore e condividiamo appieno la raccomandazione del Grl: “Raccomandiamo che i due anni terminali degli studi liceali siano concepiti con la preoccupazione dominante di orientare gli studenti verso gli studi superiori
”
Uningiustificata differenziazione nella durata dei percorsi
Nella sintesi il Grl aveva ripetutamente sottolineato che qualora si fosse optato per la durata quinquennale del ciclo secondario, non si sarebbe dovuto assolutamente differenziare tale durata fra licei e istruzione e formazione professionale. Il testo del progetto di legge prevede invece il diploma dopo 4 anni, quindi una durata quadriennale per gli istituti tecnici, con leventuale aggiunta di un anno per andare alluniversità. Questa impostazione potrà reggere solo se il quinto anno sarà per tutti di collegamento con le scelte successive universitarie o di formazione.
Il documento di sintesi del Grl aveva, giustamente, posto un fortissimo accento sulla Formazione superiore considerata la parte che
poteva maggiormente qualificare il percorso professionale. Il Grl scriveva nella Raccomandazione n.7:
“Raccomandiamo fermamente l’istituzione di un sistema di formazione superiore accanto al sistema universitario costituito da una serie di istituti di specializzazione professionale ad alto livello, paragonabili a scuole universitarie professionali.
Proponiamo che l’accesso agli istituti
di formazione superiore
sia autorizzato previa verifica dell’effettivo possesso, da parte di chi desidera l’accesso, delle conoscenze e delle abilità stabilite per seguire i corsi di specializzazione.
Gli istituti di formazione superiore possono comprendere un’ampia gamma
di specializzazioni differenziate per durata e terminalità (da 1 a 6 semestri a tempo pieno da 1 a 8/9 se posti in alternanza scuola-lavoro)”
Era assolutamente importante che questa parte, sicuramente la più innovativa, fosse accolta nel progetto di legge. Non ci si dica che questa legge non era la sede in cui inserirla , perché se questa fosse stata la logica seguita, non si sarebbe nemmeno dovuto inserire la “Formazione degli insegnanti”, che invece figura all’interno del progetto di legge. Né si può dire che essa sia di
eslusiva competenza delle Regioni, perché come per il sistema universitario
e come per tutto il sistema dell’istruzione, anche la formazione superiore dovrà essere inquadrata nelle sue linee generali a livello nazionale.
Il progetto di legge, nonostante la ferma raccomandazione del Grl, fa unicamente riferimento agli IFTS esistenti per pure questioni di raccordo con l’ultimo anno ( art 4 comma 9.
“ I licei e le istituzioni formative del sistema dell’istruzione e della formazione professionale, d’intesa rispettivamente con le Università, con il sistema dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica e con il sistema dell’istruzione e formazione tecnica superiore, stabiliscono, con riferimento all’ultimo anno del percorso di studi, specifiche modalità per l’approfondimento e la verifica delle conoscenze e delle abilità richieste per l’accesso ai corsi di studio universitari, dell’alta formazione, e ai percorsi dell’istruzione e formazione tecnica superiore.).
In conclusione, non solo non si inserisce nel progetto la formazione superiore, come punto a sé da rilanciare, reimpostare
e valorizzare, ma si fa unicamente riferimento agli attuali IFTS che, come noto, non sono mai decollati e non hanno certo qualificato la formazione professionale superiore.
E’ doveroso a questo punto chiedersi in cosa consista
e come sia stato qualificato il canale professionalizzante, cavallo di battaglia di questa riforma. Così messo, non solo non viene valorizzato, ma viene declassato e impoverito.
I tecnici passano da 5 a 4 anni, e viene, cosa grave, riesumata la formazione nei centri regionali per gli anni immediatamente successivi alla scuola media, una formazione che è stata fallimentare ed era stata giustamente superata dalla legge sull’obbligo scolastico.
Su tutto questo esprimiamo non solo serie perplessità, ma fortissime preoccupazioni
Sulla formazione degli insegnanti
1-Chiediamo che laccesso alla laurea specialistica anzichè essere subordinato "al possesso de requisiti minimi curricolari . E alladeguatezza della personale preparazione dei candidati" (art.7 comma 3) faccia esplicito riferimento a "standard di ingresso coerenti con la professione docente", in questo modo si devono valutare caratteristiche molto più pertinenti di una semplice preparazione curricolare spesso verificata tramite test.
2- Il biennio di tirocinio previsto al comma 5 dellart.7, deve concludersi con una valutazione fatta principalmente dalla scuola presso la quale il tirocinio viene svolto. Consideriamo fondamentale questa valutazione, che dovrà essere accompagnata da un portfolio e fondarsi su precisi standard di riferimento.
3- Il comma 6 dell’art.7 del Progetto di legge recita :
” Le strutture di cui al comma 5, curano anche la formazione in servizio degli
insegnanti interessati ad assumere
funzioni di supporto, di tutorato, di
coordinamento
dell’attività educativa,
didattica e gestionale delle istituzioni
scolastiche e formative.”
Appare evidente da questo comma la volontà di predisporre le condizioni per dare avvio a una carriera degli insegnanti.
L’ADI saluta con favore questa svolta da tempo sostenuta e argomentata, come condizione indispensabile per fare decollare l’autonomia delle scuole. Le scuole autonome hanno bisogno sia di una qualificata dirigenza scolastica che abbia le caratteristiche, come
viene auspicato da più parti a livello internazionale, della leadership educativa, sia di un’ organizzazione del lavoro professionale degli insegnanti che, insieme e intorno al dirigente, costituisca
un nucleo professionale autorevole, una rete di responsabilità differenziate, assunte dai docenti sulla base del possesso di qualificate e idonee competenze. Si ritiene tuttavia, che l’Università possa essere di ausilio, ma non possa essere l’istituzione che organizza la preparazione di questa fascia di più elevata professionalità. E’
innanzitutto all’interno della professione che devono svilupparsi gli strumenti per un’ulteriore specializzazione.