Quanto sono creativi i quindicenni nella risoluzione dei problemi?

Cosa dice il Focus n. 38

I quindicenni possiedono le abilità di problem solving necessarie per il 21° secolo?
 I nuovi risultati della valutazione di PISA 2012 nel problem solving svolto al computer, che ha coinvolto circa 85000 quindicenni, aiutano a rispondere a questa domanda.

La competenza nel problem solving è definita come la capacità di impegnarsi in processi cognitivi per comprendere e risolvere situazioni problematiche in cui un metodo risolutivo non è immediatamente evidente.

Nelle prove vengono utilizzate simulazioni di situazioni problematiche tratte dalla vita reale- come ad esempio un distributore automatico il cui funzionamento non è noto, o un congegno elettronico che ha un difetto di funzionamento- attraverso cui misurare le capacità di ragionamento  e  di regolazione dei processi di problem solving.
Si tratta della chiave per risolvere con successo tutte le situazioni di ricerca  che possono essere sviluppate a scuola attraverso le materie curricolari.

Gli studenti di Singapore e Corea del Sud, seguiti da quelli del Giappone, ottengono i punteggi più alti; altri quattro paesi dell’Est asiatico Cina –Macao, Cina-Hong Kong, Shangai e Taipei si posizionano tra il quarto e settimo posto (in ordine decrescente dei loro punteggi medi). Canada, Australia, Finlandia, Gran Bretagna, Estonia, Francia, Olanda, Italia, Repubblica Ceca, Germania, U.S.A., Belgio, (in ordine decrescente dei loro punteggi medi), ottengono punteggi superiori alla media OCSE, ma inferiori al precedente gruppo di Paesi dell’Est asiatico.

Nei due paesi con i migliori risultati, Corea e Singapore, gli studenti quindicenni sono capaci di impegnarsi in situazioni moderatamente complesse in modo sistematico. Per esempio il 56% degli studenti di Corea e Singapore, ma solo il 31% degli studenti dei Paesi OCSE, in media, può risolvere problemi relativi a un congegno non conosciuto che non funziona ( livello 4 nella scala di competenze PISA). Questi studenti afferrano i collegamenti tra gli elementi della situazione problematica, sanno pianificare i passi immediatamente successivi e modificare i propri piani alla luce del feedback ricevuto; sanno formulare ipotesi sulle cause del malfunzionamento del congegno e descrivere come testarlo.

Al contrario, nei Paesi con i risultati inferiori, più del 50% degli studenti non è in grado di risolvere problemi molto semplici che non richiedono di fare previsioni e sono situati in ambienti noti per gli studenti- come ad esempio determinare, per prove ed errori, quale soluzione, tra un insieme limitato di alternative, risponda meglio a un dato criterio (compito di livello 1 nella scala di competenze PISA). In Giappone e Corea, solo il 7% degli studenti ha risultati inferiori al livello 2.

 PISA rileva che, anche nei Paesi con i migliori risultati, un significativo numero di quindicenni non possiede le abilità di base nel problem-solving considerate necessarie nel mondo d’oggi e maggiormente in quello di domani. Dunque gli studenti con buoni esiti scolastici in matematica, lettura e scienze dimostrano la tendenza ad avere buone prestazioni anche nel problem-solving e ad avere risultati positivi quando sono posti di fronte a problemi in situazioni che non sono familiari, tratte da contesti extrascolastici.
Tuttavia la buona riuscita di uno studente nelle materie scolastiche di base non è necessariamente un indicatore della sua abilità nel risolvere problemi.
 In Australia, Brasile, Italia, Giappone, Corea, Cina-Macao, Serbia, Regno Unito e U.S.A., gli studenti svolgono in modo significativamente migliore il problem solving rispetto a studenti di altri paesi che hanno performance simili in lettura, matematica e scienze.
Allo stesso tempo gli studenti di Brasile, Irlanda, Corea e U.S.A., se confrontati con studenti che hanno mostrato prestazioni complessive simili, hanno risultati più validi in problemi interattivi, cioè problemi  che richiedono agli studenti di trovare le informazioni necessarie esplorando la situazione problematica e raccogliendo  un feedback sugli effetti delle loro azioni.

Nei Paesi che hanno elevati risultati complessivi, le performance nel problem solving migliori del previsto possono indicare che tali Paesi riescono a dare agli studenti opportunità di apprendimento  che li mettono in grado di trattare problemi complessi di vita reale in contesti che solitamente non si incontrano a scuola. Nei Paesi con risultati complessivi scadenti, le performance nel problem solving migliori di quelle attese possono indicare che tali Paesi non fanno il massimo per realizzare le potenzialità degli studenti nelle materie scolastiche di base.

Nel Problem Solving PISA 2012, il secondo tentativo dopo il 2003, la valutazione delle abilità di Problem Solving si è rivelata di interesse,a differenza del precedente. Nel 2003, infatti, era stato rilevato nei commenti ai dati internazionali – ed anche  in quelli a livello territoriale come in Lombardia – che i risultati di Problem Solving si sovrapponevano completamente a quelli di Matematica, per una evidente preminenza nella richiesta di esercizio di capacità logiche astratte in test carta e penna.
                                                     
Evidentemente il Framework si è evoluto, sia grazie ad una maggior sofisticazione ed operatività delle richieste, sia grazie all’utilizzo della strumentazione informatica.
E la prova ne è che la graduatoria delle prestazioni dei Paesi in Problem Solving non coincide con quella nelle tradizionali competenze di base di PISA.
In testa comunque, stanno ancora una volta i Paesi dell’East Asia che per una volta distanziano anche i Paesi del Nord Europa.

C’è da riflettere per quei ricercatori che hanno attribuito le buone performance dei quindicenni dei Paesi  asiatici al rispetto confuciano per le autorità, ad un impegno un po’ acritico ed eccessivo, per i canoni europei ed americani,.
Per altri ricercatori le cose stanno diversamente e tutto è determinato dal clima culturale e il concetto di impegno viene visto favorevolmente e non disprezzato. Citiamo da Esplorando le ragioni per il successo dell’EstAsia in PISA di Xin Ma, Cindy Jong e Jing Yuan nel testo miscellaneo Pisa, Power and Policy già più volte citato “Dunque non l’extrastudio o la pressione accademica sono le cause del successo dell’EastAsia, ma il clima della scuola, inteso non solo come comportamento degli studenti ma come più tempo sul compito e come conoscenza delle strategie di apprendimento”. Tutto è dunque determinato dal clima culturale: il concetto di armonia influisce sul clima, la difficoltà delle lingue dell’EastAsia costituisce una sfida intellettuale.

Bastava del resto avere gettato un’occhiata sulle prove PISA, per capire che non certo di quiz nozionistici si trattava, ma di prove che richiedono un uso libero della materia cerebrale, che molti insegnanti italiani giudicano perfino eccessivo e fuori dalla portata dei nostri studenti.

In Italia

Buone notizie per l’Italia. Fra i Paesi che si collocano sorprendentemente (rispetto alla tradizione PISA) sopra la media OCSE c’è anche il nostro Paese. Presenta però il solito schiacciamento nei livelli centrali, con pochi pessimi, ma anche con pochi ottimi.
Attenzione: come al solito parlare della media del Paese dice poco, se non dice addirittura il falso. In questo caso la graduatoria delle nostre regioni non si discosta per il problem solving da quella delle altre competenze di base. Insomma, il Sud non dimostra di sapere poco ma di essere più vivace e creativo delle altre parti del Paese, come taluni ancora favoleggiano.

Ignoranza creativa contro diligenza ottusa è una chiave interpretativa dei risultati dell’istruzione che sembra non funzionare.
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