Gli insegnanti nelle scuole difficili
Vi sono alcuni aspetti che sembrano più specifici del lavoro nelle scuole difficili:
un lavoro collegiale più intenso;
una preparazione delle lezioni meno orientata verso i contenuti da trasmettere;
una concentrazione delle energie dell'insegnante nella gestione della classe e nella sua imprevedibilità, collegata ad una serie di “incidenti” relativi alla valutazione, all'esercizio dell'autorità, alle tensioni e alle violenze tra gli allievi, ed anche contro gli insegnanti.
Di fronte a queste situazioni l'impegno personale e morale dei docenti risulta cruciale e Barrère (2002) descrive molte competenze socio-affettive che l'insegnante deve utilizzare per far fronte a queste condizioni particolari.
Tale differenziazione delle condizioni di esercizio del mestiere spiega, almeno in parte, le variazioni nella soddisfazione professionale degli insegnanti . Molto più delle condizioni materiali, sono infatti le condizioni relazionali che producono la soddisfazione. Maroy (2002) dimostra che la difficoltà del lavoro in classe (che è correlata alle caratteristiche oggettive della scuola) è uno dei più efficaci indicatori dell'insoddisfazione dei docenti. Anche il clima delle relazioni con il dirigente e coi colleghi sono ugualmente importanti, più delle condizioni materiali di lavoro, come la qualità dei locali o delle strutture.
Una crisi d'identità
Tutte queste trasformazioni non solo hanno modificato le condizioni professionali e reso più complesso e incerto il compito di insegnare, ma anche rimesso in discussione l'identità professionale dei docenti. I compiti prescritti all'insegnante, che si rivelano talvolta impossibili da realizzare interamente possono condurre gli insegnanti a uno stato di profonda sofferenza. Svolgere più ruoli contemporaneamente può rivelarsi piuttosto stressante e rendere più difficile la costruzione di un' identità professionale forte. A questo proposito, alcuni autori mettono in rilevo la “deistituzionalizzazione della scuola” e quella, parallela, del ruolo dell'insegnante (Dubet, 2002). Altri rilevano che gli insegnanti hanno la sensazione di vivere una “perdita di senso" e constatano che il conflitto in seno alle scuole si cristallizza sovente attorno alla definizione del mestiere: che cosa fare, in che modo farlo, ma anche a “chi” spetta fare una determinata attività.
Gli insegnanti non hanno più punti di riferimento chiari, non sanno più su cosa fare affidamento o su chi appoggiarsi, e le scuole appaiono spesso come un “succedersi di individualità e di personalità”, con la conseguenza di un diffuso disincanto verso i miti che costituiscono la base di ogni vocazione.
Questo malessere e questa insoddisfazione incoraggiano diverse strategie per sfuggire a queste situazioni, come la carriera “orizzontale” (in Francia e in Italia: gli incarichi, i distacchi, le utilizzazioni, ecc.), la mobilità, il pensionamento anticipato.
La perdita di interesse del mestiere è documentata a livello europeo e mondiale da Eurydice (2004) e dall'OCSE (2005).